Cocotte, da "I colloqui"I.
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto...
II.
?Piccolino, che fai solo soletto??
?Sto giocando al Diluvio Universale.?
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chin? come chi abbia
fretta d'un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baci? di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch'io viva rivedr? l'incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serr? con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
?Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate l???
?S?... vedi la mia mamma e il mio Pap???
Subito mi lasci?, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai pi? tardi)
un vano sogno di maternit?...
?Una cocotte!...?
?Che vuol dire, mammina??
?Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!?
Co-co-tte... La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d'ovo e di gallina...
Pensavo deit? favoleggiate:
i naviganti e l'Isole Felici...
Co-co-tte... le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate...
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III.
Un giorno - giorni dopo - mi chiam?
tra le sbarre fiorite di verbene:
?O piccolino, non mi vuoi pi? bene!...?
?? vero che tu sei una cocotte??
Perdutamente rise... E mi baci?
con le pupille di tristezza piene.
IV.
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent'anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso... Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere pi? viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oim?! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico gi? fa mala prova
l'ultimo amante disert? l'alcova...
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d'un bacio e d'un confetto,
dopo vent'anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo!
Da quel mattino dell'infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t'aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei pi? quella
che mi baci? quattrenne? Oggi t'agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifar? bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno ? nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state... Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent'anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia...
Vieni! T'accoglier? l'anima sazia.
Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacier?; rifiorir?, nell'atto,
sulla tua bocca l'ultima tua grazia.
Vieni! Sar? come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d'allora.
Il bimbo parler? con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sar? come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.
GUIDO GOZZANO
GUIDO GOZZANO
PER LA BIOGRAFIA SI VEDA IN BASSO, IL POST DI HOMBRE SINCERO
R: GUIDO GOZZANO
Il giuramento
Ritorna col redo,
mi guarda sott'occhi;
un bacio le chiedo:
mi fissa nelli occhi
con occhi sicuri -
e vuole
che giuri.
- O molle trifoglio,
o mani di gelo!
Che bene ti voglio!
Ti giuro sul cielo! -
Solleva una mano,
mi dice:
?? lontano!?.
- Che sete di baci!
Morire mi pare.
Ah! Come mi piaci!
Ti giuro sul mare! -
Riflette un secondo,
mi dice:
?? profondo!?.
Biancheggia sospesa
in fondo al tratturo
la Chiesa. - Ti giuro
fin sopra la Chiesa! -
Sorride bambina,
mi dice:
?? calcina!?.
- Il fieno ci copra.
Ah! T'amo di fiamma!
Ti giuro fin sopra
la testa di mamma: -
Mi guarda supino,
mi dice:
?assassino!?.
M'irride, ma poi
si piega ?...m'inganni??
- Ti giuro, se vuoi,
pei belli vent'anni! -
Solleva lo sguardo,
mi dice:
?bugiardo!?.
brava naoko, Gozzano ? uno dei miei poeti preferiti!
L'analfabeta
Nascere vide tutto ci? che nasce
in una casa, in cinquant'anni. Sposi
novelli, bimbi... I bimbi gi? corrosi
oggi dagli anni, vide nella fasce.
Passare vide tutto ci? che passa
in una casa, in cinquant'anni. I morti
tutti, egli solo, con le braccia forti
compose lacrimando nella cassa.
Tramonta il giorno, fra le stelle chiare,
placido come l'agonia del giusto.
L'ottuagenario candido e robusto
viene alla soglia, con il suo mangiare.
Sorride un poco, siede sulla rotta
panca di quercia; serra per sostegno
fra i ginocchi la ciotola di legno;
mangia in pace cos?, mentre che annotta.
Con la barba prolissa come un santo
arissecchito, calvo, con gli orecchi
la fronte coronati di cernecchi
il buon servo somiglia il Tempo... Tanto,
tanto simile al Nume pellegrino,
ch'io lo vedo recante nella destra
non la ciotola colma di minestra,
ma la falce corrusca e il polverino.
Biancheggia tra le glicini leggiadre
l'umile casa ove ritorno solo.
Il buon custode parla: ?O figliuolo,
come somigli al padre di tuo padre!
Ma non amava le citt? lontane
egli che am? la terra e i buoni studi
della terra e la casa che tu schiudi
alla vita per poche settimane...?.
Dolce restare! E forza ? che prosegua
pel mondo nella sua torbida cura
quei che ritorna a questa casa pura
soltanto per concedersi una tregua;
per lungi, lungi riposare gli occhi
(di che riposi parlano le stelle!)
da tutte quelle sciocche donne belle,
da tutti quelli cari amici sciocchi...
Oh! il piccolo giardino ormai distrutto
dalla gramigna e dal navone folto...
Ascolto il buon silenzio, intento, ascolto
il tonfo malinconico d'un frutto.
Si rispecchia nel gran Libro sublime
la mente faticata dalle pagine,
il cuore devastato dall'indagine
sente la voce delle cose prime.
Tramonta il giorno. Un vespero d'oblio
riconsola quest'anima bambina;
giunge un riso, laggi? dalla cucina
e il ritmo eguale dell'acciottolio.
In che cortile si lavora il grano?
Sul rombo cupo della trebbiatrice
s'innalza un canto giovine che dice:
anche il buon pane - senza sogni - ? vano!
Poi tace il grano e la canzone. I greggi
dormono al chiuso. Nella sera pura
indugia il sole: ?Or fammi un po' lettura:
te beato che sai leggere! Leggi!?.
Me beato! Ah! Vorrei ben non sapere
leggere, o Vecchio, le parole d'altri!
Berrei, inconscio di sapori scaltri,
un puro vino dentro il mio bicchiere.
E la gioia del canto a me randagio
scintillerebbe come ti scintilla
nella profondit? della pupilla
il buon sorriso immune dal contagio.
Gli leggo le notizie del giornale:
i casi della guerra non mai sazia
e l'orrore dei popoli che strazia
la gran necessit? di farsi male.
Ripensa i giorni dell'armata Sarda,
la guerra di Crimea, egli che seppe
la tristezza ai confini delle steppe
e l'assedio nemico che s'attarda.
Poi cade il giorno col silenzio. Poi
rompe il silenzio immobile di tutto
il tonfo malinconico d'un frutto
che giunge rotolando sino a noi.
E m'inchino e raccolgo e addento il pomo...
Serenit?!... L'orrore della guerra
scende in me: cittadino della Terra,
in me: concittadino d'ogni uomo.
Ora il vecchio mi parla d'altre rive
d'altri tempi, di sogni... E pi? m'alletta
di tutte, la parola non costretta
di quegli che non sa leggere e scrivere.
Sereno ? quando parla e non disprezza
il presente pel meglio d'altri tempi:
?O figliuolo il meglio d'altri tempi
non era che la nostra giovinezza!?.
Anche dice talvolta, se mi mostro
taciturno: ?Tu hai l'anima ingombra.
Tutto ? fittizio in noi: e Luce ed Ombra:
giova molto foggiarci a modo nostro!
E se l'ombra s'indugia e tu rimuovine
la tristezza. Il dolore non esiste
per chi s'innalza verso l'ora triste
con la forza d'un cuore sempre giovine.
Fissa il dolore e armati di lungi,
ch? la malinconia, la gran nemica,
si piega inerme, come fa l'ortica
che pi? forte l'acciuffi e men ti pungi?.
E viene allo scrittoio, se m'indugio:
?Ah! Gi? i capelli ti si fan pi? radi,
sei pallido... Da tempo ? che non badi
per queste carte al remo e all'archibugio.
Chi troppo studia e poi matto diventa!
Giova il saper al corpo che ti langue?
Vale ben meglio un'oncia di buon sangue
che tutta la saggezza sonnolenta?.
Cos? ragiona quegli che non crede
la troppo umana favola d'un Dio,
che rinneg? la chiesa dell'oblio
per la necessit? d'un'altra fede.
Dice: ?Ritorna il fiore e la bisavola.
Tutto ritorna vita e vita in polve:
ritorneremo, poich? tutto evolve
nella vicenda d'un'eterna favola?.
Ma come, o Vecchio, un giorno fu distrutto
il sogno della tua mente fanciulla?
E chi ti apprese la parola nulla,
e chi ti apprese la parola tutto?
Certo, fissando un cielo puro, un fiume
antico, meditando nello specchio
dell'acque e delle nubi erranti, il Vecchio
lesse i misteri, come in un volume.
Come dal tutto si rinnovi in cellula
tutto; e la vita spenta dei cadaveri
resusciti le selve ed i papaveri
e l'ingegno dell'uomo e la libellula.
Come una legge senza fine domini
le cose nate per se stesse, eterne...
Tanto discerne quei che non discerne
i segni convenuti dagli uomini.
Ma come cadde la tua fede illesa:
fede ristoratrice d'ogni piaga
per l'anima fanciulla che s'appaga
nei simulacri della Santa Chiesa?
Come vedi le cose? Senza fedi,
stanco, sul limitare della morte,
sai vivere sereno, o vecchio forte,
sorridere pacato... Come vedi?
Guardi le stelle attingere i fastigi
dell'abetaia, contro il cielo, e l'orsa
volger le sette gemme alla sua corsa:
senti il ritmo mac?bro delle strigi
e il frullo della nottola ed il frullo
della falena... Pel sereno illune
spazi tranquillo, vecchio saggio immune.
La tua pupilla ? quella d'un fanciullo.
Qualche cosa tu vedi che non vedo
in quell'immensit?, con gli occhi puri:
?Buona ? la morte? dici e t'avventuri
serenamente al prossimo congedo.
Ancora sento al tuo cospetto il simbolo
d'una saggezza mistica e solenne;
quello mi tiene ancora che mi tenne
strano mistero, di quand'ero bimbo.
Allora che su questa soglia stessa
mi narravi di guerre e d'altri popoli,
dicevi del Mar Nero e Sebastopoli,
dei Turchi, di Lamarmora, d'Odessa.
E nel mio sogno s'accendean le vampe
sopra le mura. Entrava la milizia
nella citt?: una citt? fittizia
quali si vedono nelle vecchie stampe,
le vecchie stampe incorniciate in nero:
...i panorami di Gerusalemme,
il Gran Sultano, carico di gemme...:
artificiose, belle pi? del vero;
le vecchie stampe, care ai nostri nonni
...il minareto e tre colonne infrante,
il mare, la galea, il mercatante...
citt? vedute nei miei primi sonni.
Ed ora, o vecchio, e sazi la tua fame
sulla panca di quercia, ove m'indugio;
altro sentiero tenta al suo rifugio
il bimbo illuso dalle stampe in rame.
le poesie sono tratte da "la via del rifugio", Gozzano ? un poeta che passa dall'estrema semplicit? alla vera sperimentazione con naturalezza rara, e ha lasciato dei versi a tratti davvero deliziosi. Si trovano molte poesie "no copyright" dell'autore in rete, propongo di utlizzare questo spazio cos?, lasciando parlare lui, cerco poi di pubblicare in un altro topic la sua biografia.
Ritorna col redo,
mi guarda sott'occhi;
un bacio le chiedo:
mi fissa nelli occhi
con occhi sicuri -
e vuole
che giuri.
- O molle trifoglio,
o mani di gelo!
Che bene ti voglio!
Ti giuro sul cielo! -
Solleva una mano,
mi dice:
?? lontano!?.
- Che sete di baci!
Morire mi pare.
Ah! Come mi piaci!
Ti giuro sul mare! -
Riflette un secondo,
mi dice:
?? profondo!?.
Biancheggia sospesa
in fondo al tratturo
la Chiesa. - Ti giuro
fin sopra la Chiesa! -
Sorride bambina,
mi dice:
?? calcina!?.
- Il fieno ci copra.
Ah! T'amo di fiamma!
Ti giuro fin sopra
la testa di mamma: -
Mi guarda supino,
mi dice:
?assassino!?.
M'irride, ma poi
si piega ?...m'inganni??
- Ti giuro, se vuoi,
pei belli vent'anni! -
Solleva lo sguardo,
mi dice:
?bugiardo!?.
brava naoko, Gozzano ? uno dei miei poeti preferiti!
L'analfabeta
Nascere vide tutto ci? che nasce
in una casa, in cinquant'anni. Sposi
novelli, bimbi... I bimbi gi? corrosi
oggi dagli anni, vide nella fasce.
Passare vide tutto ci? che passa
in una casa, in cinquant'anni. I morti
tutti, egli solo, con le braccia forti
compose lacrimando nella cassa.
Tramonta il giorno, fra le stelle chiare,
placido come l'agonia del giusto.
L'ottuagenario candido e robusto
viene alla soglia, con il suo mangiare.
Sorride un poco, siede sulla rotta
panca di quercia; serra per sostegno
fra i ginocchi la ciotola di legno;
mangia in pace cos?, mentre che annotta.
Con la barba prolissa come un santo
arissecchito, calvo, con gli orecchi
la fronte coronati di cernecchi
il buon servo somiglia il Tempo... Tanto,
tanto simile al Nume pellegrino,
ch'io lo vedo recante nella destra
non la ciotola colma di minestra,
ma la falce corrusca e il polverino.
Biancheggia tra le glicini leggiadre
l'umile casa ove ritorno solo.
Il buon custode parla: ?O figliuolo,
come somigli al padre di tuo padre!
Ma non amava le citt? lontane
egli che am? la terra e i buoni studi
della terra e la casa che tu schiudi
alla vita per poche settimane...?.
Dolce restare! E forza ? che prosegua
pel mondo nella sua torbida cura
quei che ritorna a questa casa pura
soltanto per concedersi una tregua;
per lungi, lungi riposare gli occhi
(di che riposi parlano le stelle!)
da tutte quelle sciocche donne belle,
da tutti quelli cari amici sciocchi...
Oh! il piccolo giardino ormai distrutto
dalla gramigna e dal navone folto...
Ascolto il buon silenzio, intento, ascolto
il tonfo malinconico d'un frutto.
Si rispecchia nel gran Libro sublime
la mente faticata dalle pagine,
il cuore devastato dall'indagine
sente la voce delle cose prime.
Tramonta il giorno. Un vespero d'oblio
riconsola quest'anima bambina;
giunge un riso, laggi? dalla cucina
e il ritmo eguale dell'acciottolio.
In che cortile si lavora il grano?
Sul rombo cupo della trebbiatrice
s'innalza un canto giovine che dice:
anche il buon pane - senza sogni - ? vano!
Poi tace il grano e la canzone. I greggi
dormono al chiuso. Nella sera pura
indugia il sole: ?Or fammi un po' lettura:
te beato che sai leggere! Leggi!?.
Me beato! Ah! Vorrei ben non sapere
leggere, o Vecchio, le parole d'altri!
Berrei, inconscio di sapori scaltri,
un puro vino dentro il mio bicchiere.
E la gioia del canto a me randagio
scintillerebbe come ti scintilla
nella profondit? della pupilla
il buon sorriso immune dal contagio.
Gli leggo le notizie del giornale:
i casi della guerra non mai sazia
e l'orrore dei popoli che strazia
la gran necessit? di farsi male.
Ripensa i giorni dell'armata Sarda,
la guerra di Crimea, egli che seppe
la tristezza ai confini delle steppe
e l'assedio nemico che s'attarda.
Poi cade il giorno col silenzio. Poi
rompe il silenzio immobile di tutto
il tonfo malinconico d'un frutto
che giunge rotolando sino a noi.
E m'inchino e raccolgo e addento il pomo...
Serenit?!... L'orrore della guerra
scende in me: cittadino della Terra,
in me: concittadino d'ogni uomo.
Ora il vecchio mi parla d'altre rive
d'altri tempi, di sogni... E pi? m'alletta
di tutte, la parola non costretta
di quegli che non sa leggere e scrivere.
Sereno ? quando parla e non disprezza
il presente pel meglio d'altri tempi:
?O figliuolo il meglio d'altri tempi
non era che la nostra giovinezza!?.
Anche dice talvolta, se mi mostro
taciturno: ?Tu hai l'anima ingombra.
Tutto ? fittizio in noi: e Luce ed Ombra:
giova molto foggiarci a modo nostro!
E se l'ombra s'indugia e tu rimuovine
la tristezza. Il dolore non esiste
per chi s'innalza verso l'ora triste
con la forza d'un cuore sempre giovine.
Fissa il dolore e armati di lungi,
ch? la malinconia, la gran nemica,
si piega inerme, come fa l'ortica
che pi? forte l'acciuffi e men ti pungi?.
E viene allo scrittoio, se m'indugio:
?Ah! Gi? i capelli ti si fan pi? radi,
sei pallido... Da tempo ? che non badi
per queste carte al remo e all'archibugio.
Chi troppo studia e poi matto diventa!
Giova il saper al corpo che ti langue?
Vale ben meglio un'oncia di buon sangue
che tutta la saggezza sonnolenta?.
Cos? ragiona quegli che non crede
la troppo umana favola d'un Dio,
che rinneg? la chiesa dell'oblio
per la necessit? d'un'altra fede.
Dice: ?Ritorna il fiore e la bisavola.
Tutto ritorna vita e vita in polve:
ritorneremo, poich? tutto evolve
nella vicenda d'un'eterna favola?.
Ma come, o Vecchio, un giorno fu distrutto
il sogno della tua mente fanciulla?
E chi ti apprese la parola nulla,
e chi ti apprese la parola tutto?
Certo, fissando un cielo puro, un fiume
antico, meditando nello specchio
dell'acque e delle nubi erranti, il Vecchio
lesse i misteri, come in un volume.
Come dal tutto si rinnovi in cellula
tutto; e la vita spenta dei cadaveri
resusciti le selve ed i papaveri
e l'ingegno dell'uomo e la libellula.
Come una legge senza fine domini
le cose nate per se stesse, eterne...
Tanto discerne quei che non discerne
i segni convenuti dagli uomini.
Ma come cadde la tua fede illesa:
fede ristoratrice d'ogni piaga
per l'anima fanciulla che s'appaga
nei simulacri della Santa Chiesa?
Come vedi le cose? Senza fedi,
stanco, sul limitare della morte,
sai vivere sereno, o vecchio forte,
sorridere pacato... Come vedi?
Guardi le stelle attingere i fastigi
dell'abetaia, contro il cielo, e l'orsa
volger le sette gemme alla sua corsa:
senti il ritmo mac?bro delle strigi
e il frullo della nottola ed il frullo
della falena... Pel sereno illune
spazi tranquillo, vecchio saggio immune.
La tua pupilla ? quella d'un fanciullo.
Qualche cosa tu vedi che non vedo
in quell'immensit?, con gli occhi puri:
?Buona ? la morte? dici e t'avventuri
serenamente al prossimo congedo.
Ancora sento al tuo cospetto il simbolo
d'una saggezza mistica e solenne;
quello mi tiene ancora che mi tenne
strano mistero, di quand'ero bimbo.
Allora che su questa soglia stessa
mi narravi di guerre e d'altri popoli,
dicevi del Mar Nero e Sebastopoli,
dei Turchi, di Lamarmora, d'Odessa.
E nel mio sogno s'accendean le vampe
sopra le mura. Entrava la milizia
nella citt?: una citt? fittizia
quali si vedono nelle vecchie stampe,
le vecchie stampe incorniciate in nero:
...i panorami di Gerusalemme,
il Gran Sultano, carico di gemme...:
artificiose, belle pi? del vero;
le vecchie stampe, care ai nostri nonni
...il minareto e tre colonne infrante,
il mare, la galea, il mercatante...
citt? vedute nei miei primi sonni.
Ed ora, o vecchio, e sazi la tua fame
sulla panca di quercia, ove m'indugio;
altro sentiero tenta al suo rifugio
il bimbo illuso dalle stampe in rame.
le poesie sono tratte da "la via del rifugio", Gozzano ? un poeta che passa dall'estrema semplicit? alla vera sperimentazione con naturalezza rara, e ha lasciato dei versi a tratti davvero deliziosi. Si trovano molte poesie "no copyright" dell'autore in rete, propongo di utlizzare questo spazio cos?, lasciando parlare lui, cerco poi di pubblicare in un altro topic la sua biografia.
GUIDO GOZZANO
A NAOKO, CARLO E... GUIDO
Guido, io vorrei che tu, che i Decadenti
siate presenti ogni volta che grido,
fra le righe. o come macchie solari,
se rido, classicista incandescente.
Xyz
Guido, io vorrei che tu, che i Decadenti
siate presenti ogni volta che grido,
fra le righe. o come macchie solari,
se rido, classicista incandescente.
Xyz
yz
GUIDO GOZZANO
bella, davvero!
grazie per la dedica! :D
grazie per la dedica! :D
- hombre sincero
- Grande Autore
- Messaggi: 2197
- Iscritto il: 11/05/2004, 23:03
- Località: Livorno
R: GUIDO GOZZANO
Guido Gustavo Gozzano (che si fa poi chiamare soltanto Guido) nasce a Torino il 19 dicembre del 1883.
Si iscrive alla facolt? di legge, ma non giunge mai a laurearsi, preferendo interessarsi di letteratura seguendo - all'universit? di Torino - i corsi di Arturo Graf, insieme ad un gruppo di giovani con i quali successivamente costituisce il gruppo dei crepuscolari torinesi.
Lo scrittore, di salute malferma, non riesce mai ad ottenere un lavoro fisso, ma partecipa comunque attivamente alla vita culturale e mondana della Torino di inizio secolo.
Nel 1907 rivela il suo desiderio di rifugiarsi nella poesia scacciando le aspirazioni mondane con la pubblicazione de La via del rifugio. Qui, lontano da mire intellettualistiche, rivela la sua originalit?. Sempre nel 1907 inizia una relazione con la scrittrice Amalia Guglielminetti, ma le sue condizioni di salute peggiorano e lo portano alla tubercolosi.
Nel 1911 appare il suo libro pi? importante: I colloqui, i cui componimenti vengono disposti in tre sezioni: Il giovanile errore, Alle soglie e Il reduce.
Per tutto il corso della sua vita Gozzano collabora a giornali e riviste con recensioni letterarie, fiabe per bambini (ricordiamo I due talismani del 1914 e La principessa si sposa del 1917, postuma) e novelle (L'altare del passato del 1918 e L'ultima traccia del 1919, entrambe postume).
Muore a Torino il 9 agosto 1916.


Chiedo cortese ai sigg Amministratori di inserire l'argomento indicato a margine in uno spazio piu consono alla discussione che stiamo trattando.
Per quanto sopra, sono costretto a ricordarVi che "Grandi Autori" e' stato creato appositamente e risulta sicuramente lo spazio piu appropriato per indicare quanto riportato nel contenuto del suddetto argomento.
Ordine signori Ordine!
eh eh eh "ordine" dallo Hombre non ve lo aspettavate??? :ey4:
Si iscrive alla facolt? di legge, ma non giunge mai a laurearsi, preferendo interessarsi di letteratura seguendo - all'universit? di Torino - i corsi di Arturo Graf, insieme ad un gruppo di giovani con i quali successivamente costituisce il gruppo dei crepuscolari torinesi.
Lo scrittore, di salute malferma, non riesce mai ad ottenere un lavoro fisso, ma partecipa comunque attivamente alla vita culturale e mondana della Torino di inizio secolo.
Nel 1907 rivela il suo desiderio di rifugiarsi nella poesia scacciando le aspirazioni mondane con la pubblicazione de La via del rifugio. Qui, lontano da mire intellettualistiche, rivela la sua originalit?. Sempre nel 1907 inizia una relazione con la scrittrice Amalia Guglielminetti, ma le sue condizioni di salute peggiorano e lo portano alla tubercolosi.
Nel 1911 appare il suo libro pi? importante: I colloqui, i cui componimenti vengono disposti in tre sezioni: Il giovanile errore, Alle soglie e Il reduce.
Per tutto il corso della sua vita Gozzano collabora a giornali e riviste con recensioni letterarie, fiabe per bambini (ricordiamo I due talismani del 1914 e La principessa si sposa del 1917, postuma) e novelle (L'altare del passato del 1918 e L'ultima traccia del 1919, entrambe postume).
Muore a Torino il 9 agosto 1916.


Chiedo cortese ai sigg Amministratori di inserire l'argomento indicato a margine in uno spazio piu consono alla discussione che stiamo trattando.
Per quanto sopra, sono costretto a ricordarVi che "Grandi Autori" e' stato creato appositamente e risulta sicuramente lo spazio piu appropriato per indicare quanto riportato nel contenuto del suddetto argomento.
Ordine signori Ordine!
eh eh eh "ordine" dallo Hombre non ve lo aspettavate??? :ey4:
Hombre Sincero
-
- Macchina da scrivere
- Messaggi: 369
- Iscritto il: 20/04/2005, 19:16
- Località: borgo vercelli
- Contatta:
GUIDO GOZZANO
Mi piace la semplicita' di Gozzano e le sue descrizioni messe in poesia, in questi giorni provo a leggere qualche suo componimento. Sono alla ricerca di una mia maturazione poetica, quindi ho molta fame di letture!