Zia Navina sapeva di menta
Il sonno non arriva.
Così mi perde in un’ondata di ricordi.
Penso che per molti anni, e almeno sino a quando zia Loreda e zia Navina, sorelle di nonna Leonella, erano state in buona salute, nonna mi portava spesso a Collevecchio dalla sorelle, cosa che mi aveva consentito di essere testimone di alcune delle cerimonie tradizionali, quelle alle quali a Collevecchio avevano sempre dato un valore particolare.
L’uccisione dei maiali era la prima di queste cerimonie e adesso, ricordandola dopo che tanti anni sono passati, non provo più il senso di smarrimento che mi aveva sopraffatto in quei tempi lontani: le povere bestie, animali di due quintali e oltre, attaccate per le zampe posteriori a una trave della stalla, che venivano sgozzate, e strillavano senza commuovere nessuno; le zie che raccoglievano in grandi catini il sangue che zampillava dalle carotidi sezionate, cercando di non perderne nemmeno una goccia, destinato alla preparazione di un dolce, il sanguinaccio, dopo essere stato mescolato con cioccolata, canditi, zucchero e chissà cosa altro ancora e cotto al forno in capaci teglie di rame; la bollitura del grasso e la preparazione dei ciccioli, che riempivano l’aria di una specie di nebbia bisunta, una sorta di annuncio dei giorni dedicati a magiare tutto ciò che dell’animale non si poteva conservare, il fegato nella rete, pezzetti avvolti in piccoli brandelli di beverelli, cioè di intestino, le costole, le salsicce impastate con aglio e pepe.
Rifiutarsi di mangiare quel cibo era considerato dalle due zie una vera e propria bestemmia, ed io non me la sentivo di offenderle: così avevo preso l’abitudine di mangiare tutto ciò che mi mettevano nel piatto.
Sapori antichi!
Il sonno tarda ancora ad arrivare.
Così mi perdo ancora in altri ricordi.
Penso alla signora Maria che mi faceva vedere come si castravano i galli, nell’ottica di preparare i capponi ai quali tirare il collo per Natale, e alla cantilena con la quale accompagnava una sorta di gesto magico, bagnando il becco del povero animale nel catino pieno di acqua e aceto nel quale gli aveva disinfettato al ferita: “ C’era un gatto tutto rosa che cercava la sua sposa, la sua sposa non c’è più ed il gatto adesso è blu”.
Ah, dimenticavo zia Navina, sapeva di mente!
Ma questa volta non riesco a finire il pensiero e mi addormento.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)
Zia Navina sapeva di menta
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Re: Zia Navina sapeva di menta
del maiale non si buttava via nulla... è proprio vero le vecchie zie avevano sempre un odore particolare
A.M.
Non c'è più dolore atroce del sapere di non sapere.
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Re: Zia Navina sapeva di menta
Giusto, Agapito: 'Del maiale non si butta via niente'...
Mario Pulimanti