Chi scrive, perché lo fa?
Re: Chi scrive, perché lo fa?
Le risposte e/o le domande di Alda si commetano da sole.
Grazie x il complimento.
Grazie x il complimento.
Re: Chi scrive, perché lo fa?
Io stesso come te, ho cominciato a scrivere giovanissimo sul mio diario, ho scritto tonnellate di pagine, ho perso nottate intere a consumare pagine e inchiostro, visto che scrivevo solo con la stilografica. Vent'anni fa, i computer esistevano già da un pezzo eppure e ne possedevo già uno, eppure scrivevo ancora su carta, perché la carta, è la carta!asettico ha scritto: Si scrive per leggersi e per essere letti. Non necessariamente in questo ordine, comunque credo che tutto abbia inizio con il famoso "diario"...lo si scrive sempre immaginado un lettore sconosciuto, che nottetempo vada a leggere quelle pagine scritte molto piu' per piacere a sè stessi che agli altri, ma negli altri si cerca la conferma.
Io ho scritto molto, moltissimo direi. Sta di fatto che dopo aver scritto, qualsiasi cosa abbia scritto, mi sono sentita meglio.
Quando si scrive per sè stessi tutto ruota comunque attorno alla propria persona, anche se con tormento e passione...quando si scrive per altri, se si è in purezza mentale ...si comunicano questi sentimenti, si comunica tormento, passione, felicità, infelicita...si condividono tutte queste emozioni...ed in un certo senso di loro un po'...ci si libera.
con osservanza
Tutto ciò premesso, dico che non ho mai scritto per gli altri, ma, l'ho fatto solo per mero piacere, in ogni caso, l'ho fatto solo per me stesso. Né tantomeno sono andato a rileggermi, non rientra nella mia filosofia di vita, così come altrettanto, non mi vado mai a guardare com'ero vent'anni fa in fotografia, perché questo? La risposta è semplice, soffro del mal di nostalgia e ciò mi mette una tristezza addosso, che ci vogliono poi settimane per scrollarmela via.
Una pagina di diario scritta, è come un giorno che se ne và. E' come un giorno che è passato, e come tale a mio parere và trattato, utilizzando poi l'arma della memoria per riportarlo in vita, e per questo, esisteno i ricordi, ma il ricordo nel tempo, si consolida, e subisce delle alterazioni ad uso e costume di chi lo utilizza per far rivivere ad altri quella stessa situazione.
Io non ho mai scritto per fare un piacere ad alcuno, ho scritto solo per rispondere alle mie esigenze, ho utilizzato la penna, per fare un piacere a me stesso, e, l'ho fatto sempre con la consapevolezza che poi una volta terminato di scrivere, se ti metti in gioco, devi sapere, che il tutto poi appartiene a chi ti legge senza condizioni.
A mio parere, la domanda Chi scrive perché lo fa? è una domanda atroce che presenta mille risvolti, mille sfaccettature, mille verità che appartengono a chiunque prenda quella stilo in mano, e cominci a sporcare d'inchiostro qualsiasi foglio bianco, il tutto probabilmente ha un origine che ci riconduce inevitabilmente a Socrate, il quale sosteneva, che non c'è più dolore atroce del sapere di non sapere, ed evidentemente chi scrive è a conoscenza di questa triste nozione che è naturalmente il sale della scrittura.
Re: Chi scrive, perché lo fa?
il sapere di non sapere, e il voler sapere e non sapere.... questo è quello che ne è uscito da una biografia, che mai pensavo di pubblicare ma che poi per una sorta forse smania di vendetta verso una sanità che non perdona se non sai difenderti... ho voluto testimoniare che si può uscirne a testa alta...un po' acciaccati ma lo si può fare...
perchè continuo a scrivere.... ? non so e non ho idea in ogni caso del perchè... sempre per non morire dentro e forse perchè ancora non ho raggiunto la pace del mio io?
perchè continuo a scrivere.... ? non so e non ho idea in ogni caso del perchè... sempre per non morire dentro e forse perchè ancora non ho raggiunto la pace del mio io?
Re: Chi scrive, perché lo fa?
Tutto cominciò per caso tanti anni or sono quando mi avventurai nella lettura dell'Iliade, una noticina mi portò fino a Lui così decisi di documentarmi in merito, prima lettura d'eccezione Il Simposio e poi via dicendo rimanendo invischiato e allo stesso tempo affascinato.
Ed ecco che finché si scrive c'è speranza di arrivare ad una soluzione quella che sia purchè sia l'ultima, quella definitiva, e metta la parola fine.
Unico accorgimento chi scrive non teme mai il giudizio insidacabile di chi legge!
Chi scrive deve avere il culo di marmo
Ed ecco che finché si scrive c'è speranza di arrivare ad una soluzione quella che sia purchè sia l'ultima, quella definitiva, e metta la parola fine.
Unico accorgimento chi scrive non teme mai il giudizio insidacabile di chi legge!
Chi scrive deve avere il culo di marmo
Re: Chi scrive, perché lo fa?
Guarda, potrei condividere ogni parola che hai detto e anche no. Il diario si scrive da adolescenti , solitamente, e non è certamente la nostalgia il sentimento che accompagna la piu' acerba delle età. Piuttosto penso sia l'insicurezza, il timore e la speranza verso il futuro, la fretta e la voglia di diventare "grandi", perchè ci si sente scomodi dentro quella scorza di ragazzini brufolosi, spesso impacciati e quasi sempre tristi e malinconici e a volte esuberanti e pieni di vita.
Il diario degli adolescenti non parla di nostalgia, ma sovente è malinconico. E mentre lo scrivi, hai paura che qualcuno lo possa leggere e nello stesso tempo è la cosa che desideri di piu'.
Poi, se con gli anni la voglia di scrivere ti rimane, saranno proprio gli anni ad incidere sulle emozioni che scrivi. Io rivedo volentieri le mie vecchie foto , ma sai che c'è? Non mi riconosco, non mi sembro io, e confrontate con quelle di oggi devo dire che decisamente mi piaccio di piu'. Ma a pensarci bene non mi riconosco solo perchè a quelle foto mancano degli anni , quindi manca una buona parte della mia vita. Credo che questo concetto io non riesca a spiegarlo bene, ma è come dicessi..."quella non sono io, io sono oggi".
E cosi' per cio' che si scrive. Pensa, ho conservato un quaderno delle superiori dove avevo commentato poesie o pezzi di prosa di alcuni autori. Spolverando molto spesso mi capita in mano e rileggo alcuni pezzi. Ecco, devo dire che probabilmente oggi riscriverei le stesse cose. Grazie, dirai tu, le poesie sono quelle , mica sono cambiate nel tempo. Si, vero, ma evidentemente il mio modo di "sentirle" è rimasto invariato.
Di fogli scritti, romanzi (che esagerata...lo so..) iniziati e mai finiti, storie e storielle che volevo scrivere e che non ho scritto ne conservo parecchi, e a volte rileggo. Ma non è la nostalgia che mi attanaglia rileggendo, piuttosto un gran senso di vergogna per aver avuto la presunzione, appunto, di voler scrivere un romanzo. Perchè sicuramente non lo stavo scrivendo per me, ma per farlo leggere. E mi interrompevo ogni volta che mi rendevo conto che era molto meglio che nessuno, amesso potesse farlo, leggesse "quelle cose".
Per me stessa credo di non aver mai scritto niente, ma lo scrivere comunque serviva a me stessa. Come ho detto, ogni volta che ho scritto qualcosa , qualsiasi...poi mi sentivo meglio, quasi bene.
Oggi non scrivo piu', anzi, scrivo ma...lo faccio tutto dentro di me. Anche questa affermazione mi rendo conto sia di difficile comprensione.
Per quello che riguarda la carta sono esattamente sulla tua stessa lunghezza d'onda.
Il diario degli adolescenti non parla di nostalgia, ma sovente è malinconico. E mentre lo scrivi, hai paura che qualcuno lo possa leggere e nello stesso tempo è la cosa che desideri di piu'.
Poi, se con gli anni la voglia di scrivere ti rimane, saranno proprio gli anni ad incidere sulle emozioni che scrivi. Io rivedo volentieri le mie vecchie foto , ma sai che c'è? Non mi riconosco, non mi sembro io, e confrontate con quelle di oggi devo dire che decisamente mi piaccio di piu'. Ma a pensarci bene non mi riconosco solo perchè a quelle foto mancano degli anni , quindi manca una buona parte della mia vita. Credo che questo concetto io non riesca a spiegarlo bene, ma è come dicessi..."quella non sono io, io sono oggi".
E cosi' per cio' che si scrive. Pensa, ho conservato un quaderno delle superiori dove avevo commentato poesie o pezzi di prosa di alcuni autori. Spolverando molto spesso mi capita in mano e rileggo alcuni pezzi. Ecco, devo dire che probabilmente oggi riscriverei le stesse cose. Grazie, dirai tu, le poesie sono quelle , mica sono cambiate nel tempo. Si, vero, ma evidentemente il mio modo di "sentirle" è rimasto invariato.
Di fogli scritti, romanzi (che esagerata...lo so..) iniziati e mai finiti, storie e storielle che volevo scrivere e che non ho scritto ne conservo parecchi, e a volte rileggo. Ma non è la nostalgia che mi attanaglia rileggendo, piuttosto un gran senso di vergogna per aver avuto la presunzione, appunto, di voler scrivere un romanzo. Perchè sicuramente non lo stavo scrivendo per me, ma per farlo leggere. E mi interrompevo ogni volta che mi rendevo conto che era molto meglio che nessuno, amesso potesse farlo, leggesse "quelle cose".
Per me stessa credo di non aver mai scritto niente, ma lo scrivere comunque serviva a me stessa. Come ho detto, ogni volta che ho scritto qualcosa , qualsiasi...poi mi sentivo meglio, quasi bene.
Oggi non scrivo piu', anzi, scrivo ma...lo faccio tutto dentro di me. Anche questa affermazione mi rendo conto sia di difficile comprensione.
Per quello che riguarda la carta sono esattamente sulla tua stessa lunghezza d'onda.
Re: Chi scrive, perché lo fa?
asettico, non posso credere che scrivere un diario sia solo per le fasi adolescenziali! E' risaputo da sempre che lo scrivere come l'esternare verbalmente possano e sono una sorta di autoanalisi o terapia della mente che appunto come dice Luigi, potrebbero con il tempo portare a una soluzione definitiva che possa mettere una parola fine ad alcuni vissuti.
Lo scrivere potrebbe permettere per alcuni vissuti una rivisitazione di se stessi, e una rielaborazione e rimodulazione delle proprie emozioni, creando appunto un finale che "liberi".
Per quanto riguarda i giudizi, secondo me aiutano a crescere, e sono un percorso che potrebbe forse ad alcuni fare male ad altri invece scivolare addosso: sempre comunque un modo per crescere.
Personalmente se non sono dettati da astio, non mi irritano affatto, ma se percepisco solo un modo per ledere, mi portano immancabilmente alla "eliminazione" della lettura degli stessi e di chi li scrive, portandomi ad ignorare.

Lo scrivere potrebbe permettere per alcuni vissuti una rivisitazione di se stessi, e una rielaborazione e rimodulazione delle proprie emozioni, creando appunto un finale che "liberi".
Per quanto riguarda i giudizi, secondo me aiutano a crescere, e sono un percorso che potrebbe forse ad alcuni fare male ad altri invece scivolare addosso: sempre comunque un modo per crescere.
Personalmente se non sono dettati da astio, non mi irritano affatto, ma se percepisco solo un modo per ledere, mi portano immancabilmente alla "eliminazione" della lettura degli stessi e di chi li scrive, portandomi ad ignorare.



Re: Chi scrive, perché lo fa?
Faccio chiarezza, ho detto di non aver mai più riletto i miei diari, non perché sono nostalgici, ma perché evidentemente, oggi mi intristiscono.asettico ha scritto: Il diario si scrive da adolescenti , solitamente, e non è certamente la nostalgia il sentimento che accompagna la piu' acerba delle età.
Il diario degli adolescenti non parla di nostalgia, ma sovente è malinconico. E mentre lo scrivi, hai paura che qualcuno lo possa leggere e nello stesso tempo è la cosa che desideri di piu'.
Per tutto il resto non mi sento di dissentire sul perché uno scrive, perché evidentemente tocca le sfere personali.
Trovo sia bello quello che riporto più sotto..
"Oggi non scrivo piu', anzi, scrivo ma...lo faccio tutto dentro di me. Anche questa affermazione mi rendo conto sia di difficile comprensione".
-
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- Iscritto il: 01/06/2009, 14:34
Re: Chi scrive, perché lo fa?
"Oggi non scrivo piu', anzi, scrivo ma...lo faccio tutto dentro di me. Anche questa affermazione mi rendo conto sia di difficile comprensione".
no no anzi e' la pura e semplice verita'.
no no anzi e' la pura e semplice verita'.
Re: Chi scrive, perché lo fa?
Alda, scusami ma non ho capito nulla di quello che hai scritto, ma temo dipenda da me e non da te. Io mi riferivo proprio al diario della fase adolescenziale, perchè era esattamente questo quello che avevo detto...." si inizia con il diario"...cercando di ricostruire il percorso di chi poi , da adulto, continua a scrivere.
L'esternare verbalmente e lo scrivere come forma di autoanalisi lo comprendo ( con molta moderazione posso anche includere la partecipazione a forum, blog, chat come inclusi in cio' che hai detto, ma dipende sempre dai modi...se uno si pone davanti agli altri per come vorrebbe essere letto ma non per come si potrebbe leggere...l'autoanalisi va a farsi friggere..e da questo possono nascere solo ulteriori frustrazioni, fino a rasentare la pericolosa possibilità di confondere la propria personalità con quella suffragata per compiacere una immagine di sè inventata...meglio...ricostruita)
Mettere fini a personali vissuti credo che comporti una grandissima capacità di sapersi riconoscere esseri umani, con tantissimi limiti, con indiscutibili sogni, con sacrosante speranze...ma con assoluta cosapevolezza : che noi si sta come d'autunno le foglie sugli alberi.
Accettare la vita ed i propri vissuti non ha nessunissimo senso se non si sa comprende (e per comprendere intendo proprio prendere dentro sè) la morte.
Noi tutti siamo una strada . Una strada che finisce. Possiamo chiamarla anche una strada senza via d'uscita. Ma è solo nostra la possibilità di come percorrere la strada, comunque finisca. In questo percorso ci sono date tante possibilità. Molte le vediamo , magari perchè appariscenti, altre nemmeno le notiamo e forse, chissà, sarebbero importanti. Altre ancora le rifiutiamo , forse perchè le reputiamo ostili, o pericolose...o semplicemnte sconosciute.
Il tuo discorso, Alda, puo' essere interessante , e lo è , almeno fino a quando non parli di giudizi e di astio.
Io temo moltissimo i giudizi degli altri. Come non potrei? Con gli altri ci vivo. Io non sono un'eremita su una grotta in un'isola deserta, sono una persona che vive con gli altri, che degli altri ha bisogno e che...spera che gli altri abbiano bisogno di lei.
Il giudizio negativo mi rattrista. Posso farmene una ragione. Tuttavia davanti ad un giudizio negativo tendo d'istinto a difendermi, portando a mio vantaggio tutte le qualità che ho ( o meglio mi riconosco) a discapito delle qualità che l'altro evidentemente non mi riconosce.
Ho detto che il giudizio negativo mi rattrista, ed è assolutamente vero. E nemmeno mi rende libera ignorare chi mi giudica negativamente. Solitamente il desiderio mio piu' prepotente sarebbe di capire il perchè. A volte la cosa è possibile , a volte no.
Credo che la differenza la faccia il grado di amicizia che hai nei confronti di chi ti giudica negativamente.
Ma sul concetto di amicizia ci vorrebbero sette o otto topic. E ancora , credo, non ne verremo a capo.
L'amicizia per me ...è una cosa di una sacralità che non dedico nemmeno a nessun dio.
Inutile dirti che la conoscenza in Internet per quanto piena di feeling per me non rappresenta nemmeno la parvenza del rapporto di amicizia, al quale ritengo si debba per forza dare la fisicità. Non chiamerei mai "amico" nessuno al quale non abbia toccato le mani o visto il sorriso o guardato gli occhi. Tutto il resto per me è solo provvisoria emulazione del sentimento di amicizia, spesso profanato con la virtualità. L'amico telefonico o virtuale mi sembra un cellophane , carta finta per situazioni...se non finte...almeno immaginarie.
Sull'astio non commento. Non so a che ti riferisci. Se ti riferisci alle critiche ad un qualsiasi tuo scritto, bè...potrei risponderti che il mettere in pubblico il tuo modo di pensare attraverso un libro puo' anche creare astio in qualcuno, ma fa parte del gioco, quando ci si rende "visibili".
Altro astio non lo comprendo. Che astio vuoi che ci sia tra persone che non hanno mai toccato i bicchieri con del vino dentro ?
L'esternare verbalmente e lo scrivere come forma di autoanalisi lo comprendo ( con molta moderazione posso anche includere la partecipazione a forum, blog, chat come inclusi in cio' che hai detto, ma dipende sempre dai modi...se uno si pone davanti agli altri per come vorrebbe essere letto ma non per come si potrebbe leggere...l'autoanalisi va a farsi friggere..e da questo possono nascere solo ulteriori frustrazioni, fino a rasentare la pericolosa possibilità di confondere la propria personalità con quella suffragata per compiacere una immagine di sè inventata...meglio...ricostruita)
Mettere fini a personali vissuti credo che comporti una grandissima capacità di sapersi riconoscere esseri umani, con tantissimi limiti, con indiscutibili sogni, con sacrosante speranze...ma con assoluta cosapevolezza : che noi si sta come d'autunno le foglie sugli alberi.
Accettare la vita ed i propri vissuti non ha nessunissimo senso se non si sa comprende (e per comprendere intendo proprio prendere dentro sè) la morte.
Noi tutti siamo una strada . Una strada che finisce. Possiamo chiamarla anche una strada senza via d'uscita. Ma è solo nostra la possibilità di come percorrere la strada, comunque finisca. In questo percorso ci sono date tante possibilità. Molte le vediamo , magari perchè appariscenti, altre nemmeno le notiamo e forse, chissà, sarebbero importanti. Altre ancora le rifiutiamo , forse perchè le reputiamo ostili, o pericolose...o semplicemnte sconosciute.
Il tuo discorso, Alda, puo' essere interessante , e lo è , almeno fino a quando non parli di giudizi e di astio.
Io temo moltissimo i giudizi degli altri. Come non potrei? Con gli altri ci vivo. Io non sono un'eremita su una grotta in un'isola deserta, sono una persona che vive con gli altri, che degli altri ha bisogno e che...spera che gli altri abbiano bisogno di lei.
Il giudizio negativo mi rattrista. Posso farmene una ragione. Tuttavia davanti ad un giudizio negativo tendo d'istinto a difendermi, portando a mio vantaggio tutte le qualità che ho ( o meglio mi riconosco) a discapito delle qualità che l'altro evidentemente non mi riconosce.
Ho detto che il giudizio negativo mi rattrista, ed è assolutamente vero. E nemmeno mi rende libera ignorare chi mi giudica negativamente. Solitamente il desiderio mio piu' prepotente sarebbe di capire il perchè. A volte la cosa è possibile , a volte no.
Credo che la differenza la faccia il grado di amicizia che hai nei confronti di chi ti giudica negativamente.
Ma sul concetto di amicizia ci vorrebbero sette o otto topic. E ancora , credo, non ne verremo a capo.
L'amicizia per me ...è una cosa di una sacralità che non dedico nemmeno a nessun dio.
Inutile dirti che la conoscenza in Internet per quanto piena di feeling per me non rappresenta nemmeno la parvenza del rapporto di amicizia, al quale ritengo si debba per forza dare la fisicità. Non chiamerei mai "amico" nessuno al quale non abbia toccato le mani o visto il sorriso o guardato gli occhi. Tutto il resto per me è solo provvisoria emulazione del sentimento di amicizia, spesso profanato con la virtualità. L'amico telefonico o virtuale mi sembra un cellophane , carta finta per situazioni...se non finte...almeno immaginarie.
Sull'astio non commento. Non so a che ti riferisci. Se ti riferisci alle critiche ad un qualsiasi tuo scritto, bè...potrei risponderti che il mettere in pubblico il tuo modo di pensare attraverso un libro puo' anche creare astio in qualcuno, ma fa parte del gioco, quando ci si rende "visibili".
Altro astio non lo comprendo. Che astio vuoi che ci sia tra persone che non hanno mai toccato i bicchieri con del vino dentro ?
Re: Chi scrive, perché lo fa?
intendevo astio con la vita... a volte leggo controsensi, oggi in effetti ho smesso poi di leggervi per problemi di connessione e forse mi sono persa dei pezzi... è interessante questo topic e non facile comunque da affrontare!


