A Ostia zero gradi
Arrivo a casa dopo le otto di sera.
Abito a Ostia, in un appartamento tra Corso duca di Genova e Piazza delle Repubbliche Marinare.
E’ un quartiere un pò rumoroso, ma a me piace così.
Le strade sono sempre piene di ragazzi che fanno il giro dei bar. Passano le serate proprio sotto la mia finestra, comunicando a strilli.
In compenso, il costo degli appartamenti è troppo alto.
La stanchezza si abbatte su di me a ondate, come una marea, ma io e il sonno non siamo buoni amici.
Nelle notti migliori riesco ad avere due ore di sonno REM prima che lo stress mi svegli.
Do la colpa al mio lavoro, dato che è più facile che incolpare me stesso.
Sono stato da vari medici generici, ma non ho mai ceduto all’idea di andare da uno strizzacervelli.
D’altra parte l’insonnia mi da mordente: meno sonno equivale a più produttività.
E poi molte persone trovano sexy le borse sotto gli occhi.
“Ciao, papà, come è andato il lavoro?” mi chiede Gabriele.
“I colleghi sono dei gran mattacchioni, una volta scolato qualche drink. Nah, sto scherzando: solo in ufficio diventiamo ancora più noiosi. Ho appena avuto una discussione di due ore con alcuni di loro su…una legge riguardante i pomodori siciliani”.
Mi viene incontro Alessandro. Sorride.
Mi viene incontro Simonetta. Sogghignando mi avvisa che ha avuto un problema con la macchina sull’Ostiense. Cavolo, è dovuto intervenire il carro attrezzi per portarla dal meccanico. Ahi!
“Mal di testa” le dico.
Riesco a fare una smorfia di sorriso.
“Vuoi un analgesico?” risponde.
“Sì, grazie”
Va in cucina.
“Saridon?” domanda lei da dietro la credenza in legno precomposto colore rovere sbiancato.
“Benissimo.”
Mi porge la pillola, inarcando un sopracciglio.
“Devo proprio ringraziarti per questo. Non ti sei arrabbiato!”
“Non c’é problema” le rispondo. Intanto penso a quello che diceva mio nonno: “Donna al volante pericolo costante!” Mah, è solo un luogo comune...…però…
Mi metto una vecchia T-shirt, e mi infilo a letto.
Penso a Simonetta e alla macchina. Penso a Gabriele e all’Università. Penso a Alessandro e al suo Circolo. Penso allo stipendio. Penso al teatro. Penso ad un collega. Un saccente che te lo raccomando, tutto quel che dici sbagli. Quando gli daranno il Nobel sarà ancora poco. Penso ad una collega. Femmina. Aspetto scialbo, fianchi pesanti, capelli castani, corti, con taglio tutte punte, tipo Peter Pan. Accidenti! Quella donna riesce sempre a rendermi più triste di una vedova senza pensione.
Come se non avessi abbastanza cose per la testa.
Il riposo, come previsto, rifiuta di ubbidirmi.
Mi giro.
Mi rigiro.
Faccio esercizi di respirazione e di rilassamento che mi portano vicino al sonno, e forse, per brevi periodi di tempo, a un sonno vero, da cui vengo strappato dopo pochi minuti.
Provo un enorme sollievo quando la radio sveglia suona e viene l’ora di andare al lavoro.
Faccio la doccia, indosso una camicia celeste, una giacca blu con pantaloni in tinta, e esco.
Le otto del mattino e la temperatura è rigida.
Incredibile: zero gradi!
Ostia, città che ha un buon odore nelle giornate normali, quando c’è una umidità così vellutata profuma ugualmente di salmastro.
Devo passare da un vicolo per raggiungere la fermata del bus. Diamine, il tanfo dei cassonetti della spazzatura mi colpisce come un cazzotto.
Proprio di fronte alla fermata, c’è un bar aperto.
Ordino un caffè, nero.
Bevo un sorso e faccio una smorfia.
Troppo amaro.
Caffeina in bocca, varco la porta del bar e prendo il bus.
Sono raffreddato.
Sì, cavolo. Ho dei ghiaccioli che mi pendono dal naso.
C’é altro?
No, una giornata come tante altre.
Perfetto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
A Ostia zero gradi
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A Ostia zero gradi
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Mario Pulimanti
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Re: A Ostia zero gradi
E' incredibile come riesci a rendere l'idea e a farmi immaginare com'è la tua città, con i suoi rumori, gli odori, i dialoghi, e la smorfia naturale che mi viene sul viso non essendo io un grande estimatore del caffé quando lo ordini nero al bar....
A.M.
Non c'è più dolore atroce del sapere di non sapere.
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Re: A Ostia zero gradi
Ehilà, Agapito: grazie!
Anche se spesso mi viene in mente questa frase di Woody Allen: "Il mio unico rammarico nella vita è di non essere qualcun'altro".
Anche se spesso mi viene in mente questa frase di Woody Allen: "Il mio unico rammarico nella vita è di non essere qualcun'altro".
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