Culo di ferro? non ? il nome di una rock band. Non ? il titolo forte di una storia di emarginazione ambientata nei sobborghi di una citt? del villaggio globale A chiunque si trovasse in libreria e fosse colto da curiosit? per un titolo cos? insolito, consiglio di prenderlo tra le mani, aprirlo e andare subito alla terza di copertina. La citazione di J. Conrad : ?Il viaggio ? pi? importante della meta? non ? ancora sufficiente per dipanare il mistero, infittito dalla frase successiva ?Niente di nuovo se non fosse che il viaggio della vita deve, in qualche modo, finire.? Il nome Simon Bolivar lo ritroviamo solo alla fine : una delle folli/stupide esistenze che hanno abitato questo mondo, assieme a Ges? Cristo e Don Chisciotte (singolare l?abbinamento con due figure che avrebbero potuto entrambe essere reali o frutto dell?invenzione letteraria). Sandro Maffei ha voluto ridisegnare la vita ?da romanzo? di Simon Bolivar, eroe sudamericano morto nel 1830, un nome fra i tanti sui libri di storia, in occidente un nome sconosciuto ai pi? o conosciuto solo parzialmente, in quanto legato ai movimenti degli indipendentisti sudamericani che all?inizio dell?Ottocento si ribellarono al governo coloniale spagnolo. L?autore sicuramente non concorder? con questa introduzione, ch? per lui e per molti sudamericani, gente incolta cos? come intellettuali, storici e penne prestigiose quali Garcia Marquez, Bolivar ? una presenza ancora viva e inscindibile dall?attuale mondo americano, un eroe, un padre della patria, un precursore politico. Il romanzo, e proprio per questo ?romanzo?, non ? una semplice ricostruzione storica, n? una biografia. E? un viaggio, che attraversa la vita di Simon Bolivar partendo dalla fine, dal suo ultimo giorno di vita. Si apre con la narrazione in prima persona, ? Bolivar che parla, stremato dalla sua ultima, fatale crisi polmonare. A questo punto potremmo pensare che la storia si dipaner? con flash-back narrati dallo stesso protagonista. Non ? cos?. Il passaggio ? breve e ci coglie di sorpresa. Un?altra voce si inserisce, ? il narratore che parla e il salto temporale va dal 1830 al 1822 : l?ingresso trionfale a Quito? Non ho intenzione di togliere al lettore il piacere della scoperta, ma ritengo sia doveroso un approccio alla struttura del romanzo, che si rivela originale ed efficace proprio nelle tecniche utilizzate per il superamento delle aspettative create dal genere biografico. La narrazione si svolge su cinque livelli differenti. Il corpo centrale ? costituito dall?oggi (16 e 17 dicembre 1830), ovvero Simon Bolivar che narra in prima persona dal letto di morte, e dalle conversazioni con l?amico ed estimatore Posada nel giugno 1830, durante il periodo di riposo presso la sua tenuta, che precede l?ultimo viaggio del libertador verso Cartagena. Tra queste due narrazioni si inserisce l'autore che fa riemergere la storia, il percorso che dal 1819 sino al 1829 port? alla liberazione di Venezuela, Colombia e Per? dal dominio spagnolo. E? un percorso in citt? talvolta sconosciute ? molti nomi sono quelli dell?epoca ? di personaggi che interagirono con Bolivar, di battaglie, strategie, accordi e tradimenti, di amori e passioni. Con pochi tratti essenziali e con molta misura, l?autore riesce a coinvolgerci in una storia sconosciuta, tanto da farla rivivere non solo per voce dei grandi personaggi ? Montilla, Sucre, Santander, Morillo e lo stesso Bolivar ? ma anche attraverso la magia ricreata dalle descrizioni dei luoghi e del contesto sociale e storico. Il ?coro? storico ? costituito, oltre che dal narratore, da altre due (sue) voci : quella dell?inviato di guerra del Correo (giornale dell?epoca) e quella del fedele attendente di Bolivar : Jos? Palacios. Questi due personaggi meritano una digressione. Non sappiamo quanto siano reali n? quanto essi abbiamo costituito un ulteriore artificio che permettesse all?autore di avvicinarsi ancor pi? al campo polveroso di una battaglia o alla nuda realt? di fatto di certi eventi storici. Quanto il giornalista si dimostra sicuramente un pretesto per analizzare da vicino ci? cui lo storico non avrebbe mai potuto attingere, la visione oggettiva, ?in diretta? degli avvenimenti descritti con la foga di un inviato speciale pieno di tutto lo spirito dell?epoca, e anche della sua retorica, tanto la figura di Palacios rivela una forza e una dignit? proprie. Non sappiamo per certo quanto tale figura sia documentata, n? se un attendente sapesse scrivere, e bene, all?epoca, eppure i brani tratti dal suo diario, secchi e pieni della profonda verit? della parola essenziale, contribuiscono a darci un?altra visione della storia : quella fatta di polvere, di fango, quella vera, vissuta in prima persona, sul campo, con la paura di non sopravvivere, la fame, la stanchezza, la solidariet? e la fedelt? al proprio Generale, colte senza il bisogno di mistificazioni. Senza dubbio una trovata geniale, che permette all?autore di rafforzare il tema centrale del romanzo : la dicotomia tra storia e mito, tra verit? e mistificazione, tra amore e tradimento. I dialoghi con Posada contribuiscono a chiarire questo aspetto. Il libertardor inizia ad abbandonare la maschera, quella che hanno voluto fargli indossare i politici e il popolo, quella che egli stesso ha scelto di indossare per rafforzare la sua immagine. Tutto ci? accade nel momento in cui nel suo ambiente si ventila il suo ritorno in Europa, dopo le ultime cocenti delusioni seguite alla presa del potere di uomini ritenuti fidati, quali Santander, che, per paura o per brama di potere, lo stanno lentamente estromettendo dalla cosa pubblica. La delusione di Bolivar ? tangibile, espressa con lunghe pause e prolungati silenzi durante la narrazione, che Posada non osa interrompere, lasciando che il flusso dei ricordi del protagonista si esprima a suo piacimento. Nelle sue parole cogliamo il rammarico: ogni citt? o villaggio conquistati e liberati dagli spagnoli, diventano citt? e villaggi da riconquistare non appena egli volti le spalle, gli ideali della rivoluzione si frantumano negli interessi personali dei singoli governatori, tanto da fargli sostenere con amarezza che il Sudamerica ? ingovernabile, vuoi per i suoi piccoli ?tiranni?, vuoi per la scarsa coscienza politica dei suoi abitanti. E? cos? che Bolivar ci fa rivivere la ?sua? visione della storia, facendo addirittura cadere il velo steso dalla retorica ufficiale su alcuni avvenimenti epici (velo che egli stesso non si preoccup? di dissolvere a suo tempo) : l?attentato contro la sua persona ai Caraibi e la battaglia vittoriosa di Ayacucho che permise di porre fine alla guerra nel Per?. Allo stesso modo, cadono i veli per quanto riguarda la sua relazione con Manuela, l?unica indomita donna degna di avere un posto al suo fianco. Il Generale ? conosciuto per i suoi costumi libertini e per la fame insaziabile di nuove conquiste. Comprensibile, per i costumi dell?epoca e comprensibile anche perch? la vita di Bolivar non fu quella di un uomo qualunque : ? era in grado di cavalcare per ore ed ore senza mai fermarsi, ?non posso stimare quanta strada abbia percorso a cavallo, avr? fatto due volte il giro del mondo. Molti soldati lo chiamavano ?Culo di ferro???. Una donna difficilmente avrebbe potuto ottenere da lui la devozione e la presenza di un fedele consorte. Manuela era donna di pari forza e altrettanto infedele, eppure ? l?unica alla quale il Generale ? forse ? abbia detto ?ti amo?. Il suo nome viene citato parecchie volte, quasi a livello evocativo, ma appare come personaggio solo nelle ultime pagine e nella chiusa del romanzo. L?incontro burrascoso con Manuela e la narrazione degli eventi di Ayacucho sono due momenti cardine nella narrazione, poich? da questo momento in poi, Bolivar si presenta a tutto tondo, agonizzante, e, seppur ancora combattivo contro un nemico pi? forte di lui, pacificato con la storia, con la sua vita personale. La narrazione ci conduce quindi, sommessamente, con tempi sempre pi? stretti, al climax finale. Cos? come il ?ti amo? inatteso scaturito alla fine dello scontro violento con Manuela che pure non porta pace, ma corrisponde ad un?ammissione dolorosa (?sottovoce e con un amore che mai aveva riservata a nessun?altra?), cos? il suo testamento spirituale ? pieno di sincera e umile devozione verso il proprio Paese (?ho lavorato con disinteresse, trascurando i miei averi e persino la mia pace; mi sono allontanato dal potere quando mi sono convinto che non avevate pi? fiducia in me?i miei nemici hanno ? calpestato ? ci? che per me era pi? sacro, la mia reputazione e il mio amore per la libert??Io non cerco altra gloria all?infuori del consolidamento della Colombia, tutti dovete lavorare per il bene inestimabile dell?unione??) Ci commuove, la morte di Bolivar e ci sentiamo come Manuela, ?piangendo lacrime che l?avrebbero accompagnata fino al suo ultimo giorno?. Eppure non si tratta di una consacrazione, nelle pagine precedenti abbiamo imparato a conoscere un personaggio carico di mille sfaccettature, arrogante, falso, spregiudicato, crudele, astuto, opportunista. L?autore ce lo presenta con ironia in certi momenti della sua vita di libertino, passando dalla derisione all?irriverenza. Sar? stato il suo ennesimo trucco, quello di portarci completamente dalla sua parte alla fine? Per lasciarci spiazzati di fronte a tutte le opinioni e congetture maturate sino ad allora? E? un romanzo. Senza nulla togliere alla solida conoscenza storica e agli studi compiuti dall?autore. Un romanzo dove storia e invenzione si intrecciano indissolubilmente. Un romanzo giocato sulle note di un blues raffinato e non di una melodia andina. Se il lettore lo vorr?, potr? andare a scoprire questa figura affascinante nelle cronache o sui libri di storia. Oppure accoglierlo nella galleria dei personaggi di romanzo pi? cari del proprio vissuto.
Angiewoo
Culo di ferro, che ? il titolo del libro di Sandro Maffei di cui voglio raccontarvi, era il nome con cui alcuni soldati chiamavano Simon Bolivar, il generale, ?era in grado di camminare a cavallo per ore ed ore?. Come avrete gi? capito il libro di cui vi sto parlando parla di Simon Bolivar, non ? una biografia n? il resoconto storico delle sue imprese. Culo di ferro ? un romanzo storico scritto col cuore. Se una delle qualit? pi? preziose di un libro ? quella di trascendere il tempo e lo spazio e di farti viaggiare in pi? luoghi, in tempi e stati d?animo diversi, contemporaneamente?. Questo libro ci riesce e lo si pu? leggere da diverse angolature e d? sempre punti di vista e spunti di riflessione nuovi.. User? un?immagine per raccontarvi una delle sensazioni che mi ha suscitato questo libro: ? come se il generale Bolivar, fosse seduto in mezzo ad un cortile, magari in sella al suo cavallo?. E noi potessimo spostarci e osservarlo, guardarlo, talvolta quasi spiarlo, ogni volta da una finestra diversa e vedere ogni volta una diversa sfaccettatura dell?eroe, del generale, ma soprattutto dell?uomo Bolivar?.. Tessere di un puzzle complesso, lati talvolta sorprendenti e inaspettati se ci rifacciamo a qualche stereotipata immagine di eroe che si annida nei cassettini della nostra mente. Sandro ci racconta Bolivar scardinando questi schemi e per far questo sembra voler giocare anche con diversi piani linguistici e narrativi, oltre che con quell?immediatezza che gli appartiene e che ci ?tira dentro? al suo romanzo cos? come un esperto attore ? capace di tirare il suo pubblico sul palcoscenico. Questi diversi piani linguistici e narrativi, come i vetri colorati di un caleidoscopio, si compongono sapientemente, creando una piacevole armonia che fa si che questo libro si legga con coinvolgimento e curiosit? e man mano che si va avanti il generale Bolivar scende dal piedistallo dell?eroe senza perdere niente del suo valore, anzi, acquistando un lato umano che, a mio parere, impreziosisce ancora di pi? questa incredibile figura. Non voglio raccontarvi il libro, sarebbe riduttivo e fuorviante e questa, del resto, non ? una ?classica? recensione. User? semplicemente alcune frasi tratte dalla presentazione del libro stesso e vi dir? che la storia ? raccontata in prima persona dallo stesso Bolivar giunto al termine dei suoi giorni, partendo dalla fine. Nella presentazione del libro si legge:? ?Il viaggio ? pi? importante della meta. Niente di nuovo se non fosse che il viaggio della vita deve, in qualche modo finire. In questo mondo ci sono stati tre stupidi: Ges? Cristo, Don Chisciotte ed io, soleva dire Culo di Ferro e mai parole furono pi? appropriate. Passioni, coraggio, vilt?, amori e tradimenti: questi sentimenti hanno condizionato la sua vita. E quella di milioni di altri uomini. Simon Bolivar ha avuto una vita da romanzo. Culo di Ferro ? il romanzo della sua vita. Di un sogno diventato incubo.? Mi colpisce quanto al piano storico e romanzesco si affianchi un percorso interiore in cui questo libro, se vogliamo, ci fa fare. Passione, coraggio, vilt?, amori e tradimenti, Bolivar, nel romanzo sembra a volte quasi essere il doppio di ognuno di noi: lui, l?eroe non esce sconfitto ma forse ? reso ancora pi? vero e pi? forte da quelle contraddizioni e da quegli opposti, talvolta solo apparenti, che lo abitano. Contraddizioni e opposti che sono spesso l?unico modo per essere eroi. Di Simon Bolivar sappiamo ci? che ? scritto nei libri di storia: un eroe, un padre della patria, certamente un precursore politico. Morto nel 1830 era stato legato ai movimenti degli indipendentisti sudamericani che all?inizio dell?800 si ribellarono al governo coloniale spagnolo. Dedic? la sua vita alla causa dell?indipendenza e seppe sfruttare le risorse politiche ed economiche che gli permisero di raggiungerla. Non riusc? per? ad imporre n? i suoi modelli costituzionali n? i suoi piani di confederazione. Le tappe storiche e la vita di Bolivar, ci vengono presentate da Sandro Maffei, conoscitore profondo del personaggio, con una chiave di lettura decisamente nuova, facendo scendere l?eroe dal piedistallo e ?liberando? cos? la figura di Bolivar da ?quella certa distanza? che spesso ci separa dagli eroi. Le vicende, i luoghi, i personaggi del libro, ci consentono di trovare in noi un pezzettino di Bolivar, di Posada, di Manuela. C?? il percorso di un uomo che scopre in s? un soldato e che evidentemente sa bene che con piccoli eserciti in un sudamerica senza strade, , attraverso pianure e montagne l?arte militare non poteva essere una scienza bens? un complesso di audacia e precisione. Nella storia del Libertador si intrecciano gli ideali, talvolta con la profonda delusione. C?? il segno lasciato dagli incontri?. Da Alexander Von Humboldt a Simon Rodriguez, i luoghi: da Caracas, all?Europa a Santa Marta. Le donne e gli amori da Teresa a Manuela. Sandro ci porta in un viaggio di andata e ritorno in cui si parte con un?idea dell?eroe eroe che viaggiando fra le pagine del libro diventa davvero ?umano? con il suo carico di eroismo ma anche di sane, umane debolezze. Alla fine del viaggio ci re-impadroniamo dell?eroe, di quel personaggio complesso, arricchito da virt? e contraddizioni. Quale libro di storia ci racconta il ?Ti amo? che il generale dice a Manuela e ci dice che il fiore preferito di Bolivar erano le orchidee azzurre???.
Claudia Cavaliere
[size=18px][/size]
Recensioni di "CULO DI FERRO" di Sandro Maffei
-
- Nuovo arrivato
- Messaggi: 3
- Iscritto il: 02/07/2006, 16:19
- Località: parma