Diverse Visioni
Inviato: 25/09/2006, 2:55
Un mio raccontino che si trova anche sul sito OzBlogOZ.
Questa versione è leggermente diversa, cambiata dopo alcuni suggerimenti che mi sono stati dati.
Non è escluso che possa tornarci sopra e quindi non è la versione definitiva.
Diverse Visioni
La fuga, il modo più disonorevole per terminare una battaglia, e lui ne faceva parte. Abbandonati sul campo i compagni, i mercenari tedeschi e lo stesso re, stava cavalcando ormai da circa mezz’ora, senza una meta precisa, apparentemente in direzione di Bourges.
Lo scudo e la spada erano rimasti sul campo di battaglia, mentre l’elmo si trovava a terra, almeno ad una lega indietro, abbandonato come un inutile peso. I paramenti del cavallo erano ormai laceri, strappati dai rami degli alberi che correvano veloci aggrappandosi a volte alla pesante armatura.
I pensieri del cavaliere correvano avanti ed indietro. Avanti al suo futuro, al disonore, che seppure fosse stato nascosto agli altri sarebbe comunque rimasto nel suo cuore. Indietro alla battaglia, in partenza così semplice da vincere, almeno nella pura logica dei numeri. Dopo la fuga della cavalleria, chissà quale era stata la sorte del re, dei suoi compagni.
Intanto continuava a cavalcare, senza voltarsi, preda di una smania che non avrebbe voluto avere e che non riusciva a placare.
Il cavallo dava segni di cedimento, sbuffando sempre più forte arrancava con passo sempre più pesante, fino a che si fermò. Il cavaliere non cercò di spronarlo. Si guardò attorno, solo alberi e nessuna traccia di una pista o di una strada. Scese da cavallo, si liberò delle schiniere, dei guanti e della cotta che appoggiò alla base di un albero, poi si mise a sedere su una radice. Il cavallo prese a camminare lentamente, nitrendo leggermente e chinandosi di tanto in tanto a brucare la rada erba presente nell’ombroso sottobosco.
Il cavaliere guardò l’armatura. Su di essa campeggiava una grossa croce rossa. Portò la mano destra al collo, e strinse la croce d’oro che portava. Si mise in ginocchio, portando la croce alla bocca e mentre lacrime copiose iniziavano a scendere dai suoi occhi, la baciò. Si fece il segno della croce e cominciò a pregare, cercando con lo sguardo i raggi di sole che appena riuscivano ad attraversare le fitte fronde degli alberi.
La preghiera, anche se non poteva eliminare l’onta derivante dalla sua codardia, poteva essere un buon metodo per purificarsi, per capire quello che sarebbe stato della sua vita dopo un atto che riteneva irrimediabile.
“Credo in Deum, Patrem Onnipotentem,
Creatorem coeli et terrae.
Et in Jesum Christum, Filium ejus unicum, Dominum nostrum,
Qui conceptus est de Spiritu Sancto,
Natus ex Maria Virgine,
Passus sub…”
La preghiera del cavaliere si arrestò improvvisamente. In mezzo agli alberi era apparsa una luce. Una sagoma, dall’aspetto umano, quasi androgino, lunghi capelli biondi e lineamenti indefinibili. Mentre il cavallo continuava tranquillamente e brucare, il cavaliere rimase ammutolito, in ginocchio, contemplando la figura che adesso si muoveva verso di lui.
Via via che si avvicinava, la visione si faceva più nitida, mostrando un giovane volto femminile di rara bellezza. La donna si fermò a pochi metri dal cavaliere. Stava muovendo le labbra, come se parlasse, ma dalla sua bocca non usciva alcun suono.
Il cavaliere abbassò per un attimo lo sguardo, facendosi il segno della croce e tremando di terrore. La curiosità era però più forte della paura, quindi alzò di nuovo gli occhi verso la visione, che appariva trasparente. Attraverso di essa si poteva vedere il bosco.
La donna aveva qualcosa in mano, uno strano oggetto metallico grande quanto il suo palmo che portò all’altezza del viso, coprendosi l’occhio destro. Si chinò verso il cavaliere, che indietreggiò arrancando con le braccia ed il sedere a terra. L’oggetto che la donna aveva in mano sembrava una specie di terzo occhio, con una pupilla metallica che variava in grandezza.
Il cavaliere notò l’abbigliamento della donna. Sembrava che avesse una seconda pelle aderente al corpo, tanto che se ne potevano vedere oscenamente tutte le curve. Il seno era poco più che un semplice rigonfiamento all’altezza del torace. In mezzo ai seni, la seconda pelle si apriva, lasciando vedere il corpo nudo fino quasi all’ombelico.
Il cavaliere si rimise in piedi e si allontanò indietreggiando di alcuni metri. Una simile visione forse non era angelica, ma diabolica.
All’improvviso la vide, proprio sul collo. Una specie di fascia, stretta come un cappio, con al centro una grossa croce, come quella che aveva sullo scudo.
La donna abbassò il braccio destro riportando lo strano oggetto lungo il fianco. Iniziò a sorridere.
Il cavaliere non aveva più dubbi. Si rimise in ginocchio facendosi il segno della croce, poi si rialzò e corse verso il cavallo. La visione rimase immobile, sorridendo. Alzò il braccio sinistro ed abbozzò un saluto, poi, con la mano destra che stringeva ancora l’oggetto, si fece il segno della croce.
Il cavaliere diede un’occhiata alle schiniere, ai guanti ed alla cotta sul terreno. Raccolse tutto e si rivestì, poi saltò in sella al cavallo. Diede un’ultima occhiata alla visione divina, che lo osservava ancora sorridendo. Il cavaliere spronò il cavallo per tornare da dove era venuto. La battaglia lo stava aspettando.
La ragazza guardò il cavaliere andarsene via. Aprì l’oggetto che aveva in mano ed osservò di nuovo lo strano comportamento che il cavaliere aveva avuto. Pensò che adesso aveva il materiale che le serviva per la sua tesi. Il suo ologramma svanì dal 1356.
Questa versione è leggermente diversa, cambiata dopo alcuni suggerimenti che mi sono stati dati.
Non è escluso che possa tornarci sopra e quindi non è la versione definitiva.
Diverse Visioni
La fuga, il modo più disonorevole per terminare una battaglia, e lui ne faceva parte. Abbandonati sul campo i compagni, i mercenari tedeschi e lo stesso re, stava cavalcando ormai da circa mezz’ora, senza una meta precisa, apparentemente in direzione di Bourges.
Lo scudo e la spada erano rimasti sul campo di battaglia, mentre l’elmo si trovava a terra, almeno ad una lega indietro, abbandonato come un inutile peso. I paramenti del cavallo erano ormai laceri, strappati dai rami degli alberi che correvano veloci aggrappandosi a volte alla pesante armatura.
I pensieri del cavaliere correvano avanti ed indietro. Avanti al suo futuro, al disonore, che seppure fosse stato nascosto agli altri sarebbe comunque rimasto nel suo cuore. Indietro alla battaglia, in partenza così semplice da vincere, almeno nella pura logica dei numeri. Dopo la fuga della cavalleria, chissà quale era stata la sorte del re, dei suoi compagni.
Intanto continuava a cavalcare, senza voltarsi, preda di una smania che non avrebbe voluto avere e che non riusciva a placare.
Il cavallo dava segni di cedimento, sbuffando sempre più forte arrancava con passo sempre più pesante, fino a che si fermò. Il cavaliere non cercò di spronarlo. Si guardò attorno, solo alberi e nessuna traccia di una pista o di una strada. Scese da cavallo, si liberò delle schiniere, dei guanti e della cotta che appoggiò alla base di un albero, poi si mise a sedere su una radice. Il cavallo prese a camminare lentamente, nitrendo leggermente e chinandosi di tanto in tanto a brucare la rada erba presente nell’ombroso sottobosco.
Il cavaliere guardò l’armatura. Su di essa campeggiava una grossa croce rossa. Portò la mano destra al collo, e strinse la croce d’oro che portava. Si mise in ginocchio, portando la croce alla bocca e mentre lacrime copiose iniziavano a scendere dai suoi occhi, la baciò. Si fece il segno della croce e cominciò a pregare, cercando con lo sguardo i raggi di sole che appena riuscivano ad attraversare le fitte fronde degli alberi.
La preghiera, anche se non poteva eliminare l’onta derivante dalla sua codardia, poteva essere un buon metodo per purificarsi, per capire quello che sarebbe stato della sua vita dopo un atto che riteneva irrimediabile.
“Credo in Deum, Patrem Onnipotentem,
Creatorem coeli et terrae.
Et in Jesum Christum, Filium ejus unicum, Dominum nostrum,
Qui conceptus est de Spiritu Sancto,
Natus ex Maria Virgine,
Passus sub…”
La preghiera del cavaliere si arrestò improvvisamente. In mezzo agli alberi era apparsa una luce. Una sagoma, dall’aspetto umano, quasi androgino, lunghi capelli biondi e lineamenti indefinibili. Mentre il cavallo continuava tranquillamente e brucare, il cavaliere rimase ammutolito, in ginocchio, contemplando la figura che adesso si muoveva verso di lui.
Via via che si avvicinava, la visione si faceva più nitida, mostrando un giovane volto femminile di rara bellezza. La donna si fermò a pochi metri dal cavaliere. Stava muovendo le labbra, come se parlasse, ma dalla sua bocca non usciva alcun suono.
Il cavaliere abbassò per un attimo lo sguardo, facendosi il segno della croce e tremando di terrore. La curiosità era però più forte della paura, quindi alzò di nuovo gli occhi verso la visione, che appariva trasparente. Attraverso di essa si poteva vedere il bosco.
La donna aveva qualcosa in mano, uno strano oggetto metallico grande quanto il suo palmo che portò all’altezza del viso, coprendosi l’occhio destro. Si chinò verso il cavaliere, che indietreggiò arrancando con le braccia ed il sedere a terra. L’oggetto che la donna aveva in mano sembrava una specie di terzo occhio, con una pupilla metallica che variava in grandezza.
Il cavaliere notò l’abbigliamento della donna. Sembrava che avesse una seconda pelle aderente al corpo, tanto che se ne potevano vedere oscenamente tutte le curve. Il seno era poco più che un semplice rigonfiamento all’altezza del torace. In mezzo ai seni, la seconda pelle si apriva, lasciando vedere il corpo nudo fino quasi all’ombelico.
Il cavaliere si rimise in piedi e si allontanò indietreggiando di alcuni metri. Una simile visione forse non era angelica, ma diabolica.
All’improvviso la vide, proprio sul collo. Una specie di fascia, stretta come un cappio, con al centro una grossa croce, come quella che aveva sullo scudo.
La donna abbassò il braccio destro riportando lo strano oggetto lungo il fianco. Iniziò a sorridere.
Il cavaliere non aveva più dubbi. Si rimise in ginocchio facendosi il segno della croce, poi si rialzò e corse verso il cavallo. La visione rimase immobile, sorridendo. Alzò il braccio sinistro ed abbozzò un saluto, poi, con la mano destra che stringeva ancora l’oggetto, si fece il segno della croce.
Il cavaliere diede un’occhiata alle schiniere, ai guanti ed alla cotta sul terreno. Raccolse tutto e si rivestì, poi saltò in sella al cavallo. Diede un’ultima occhiata alla visione divina, che lo osservava ancora sorridendo. Il cavaliere spronò il cavallo per tornare da dove era venuto. La battaglia lo stava aspettando.
La ragazza guardò il cavaliere andarsene via. Aprì l’oggetto che aveva in mano ed osservò di nuovo lo strano comportamento che il cavaliere aveva avuto. Pensò che adesso aveva il materiale che le serviva per la sua tesi. Il suo ologramma svanì dal 1356.