Spore

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Giuseppe Novellino
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Spore

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SPORE

di Andrea Viscosi

Ediz. I Sognatori


“AD 2019 - Robert Kerrigan aveva deciso, molto tempo prima, che non sarebbe morto in ospedale”.
Così comincia “Spore”, il primo racconto dell’omonima raccolta. E quello che segue è a dir poco inquietante. Il protagonista non pensa solo a dove morire, ma anche a come trattare le proprie spoglie. Seguendo una moda da poco affacciatasi sulla scena del mondo, egli ordina che, dopo il decesso, il suo cadavere venga schiaffato in un decompikit. “Si tratta di una tuta nella quale finirà il mio corpo. La troverete nel mio armadio. La tuta è infestata di spore e di funghi, organismi che proliferano nutrendosi di sostanze in decomposizione: decampi coltura. Le spore adesso sono inattive, e possono sopravvivere in questo stato per secoli, ma quando mi infilerete nella tuta la riempirete anche di un mix di minerali e soluzioni attivatrici, che daranno inizio al processo.” “E che cosa ne sarà di te, papà?” domanda il figlio. “Diventerò quei funghi. Loro si nutriranno di me e mi reintrodurranno nel ciclo di vita del pianeta. Sarò sempre parte di questo mondo.” Quale sarà l’esito? Anni dopo, il decompikit diventa obbligatorio. I cimiteri e i crematori sono aboliti e ovunque crescono funghi che sono le reincarnazioni dei defunti e spargono spore ovunque. E se il lettore pensasse, a questo punto, a una semplice invasione del globo terracqueo, dovrebbe piacevolmente ricredersi. Qualcosa di ben più catastrofico è destinato a scaturire da quell’insensato costume.
Ma c’è dell’altro in questo libro di fantascienza: un’incredibile sfasatura esistenziale tra ieri e oggi; un’area circoscritta, in cucina, che fa marcire la frutta a vista d’occhio e si rivela una vera e propria macchina del tempo; una società futura diretta dal Dottipardo, dove le nascite e le morti sono debitamente programmate; la clonazione di grandi uomini dell’Ottocento che dovranno salvare un’umanità sull’orlo del baratro; un robot, guardiano del faro, che manda segnalazioni ad eventuali navigatori spaziali; un’invasione effettuata dalle macchine, a cui assistiamo seguendo una cronologia impazzita; strani scherzi di un cervello particolare; e infine una nuova, incredibile “soluzione finale”.
Scritti bene, con una prosa limpida, semplice e funzionale, come si conviene al genere fantascientifico puro, questi racconti riescono a intrattenere il lettore in modo intenso e senza cadute. Vivaci per l’originalità delle idee, fanno prevalere il divertimento intellettuale, ma riescono a trasmettere alcune idee sulle quali vale la pena tornare ogni tanto a riflettere, come per esempio la cieca fiducia nella tecnologia, l’intolleranza, la tentazione dell’apprendista stregone. E tutto ciò nel sano costume della fantascienza, che non è letteratura solo di evasione. L’autore di questo libro, chiaramente appassionato del genere, conosce bene la lezione e dimostra di sapere usare tutti i trucchi per attirare l’attenzione. E quando è riuscito in questo primo intento, fa anche il resto.
Il lettore, alla fine di ogni racconto, non può fare a meno di abbozzare un amaro sorriso, prima di sintonizzare la mente su considerazioni decisamente inquietanti.
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