Apocalisse zombi
Apocalisse zombi
Un tema fantascientifico, nonché certamente horror, che ha sempre appassionato, è quello della fine dell'umanità. Insomma, ci vogliamo un sacco bene!
Ed è una passione assolutamente morbosa. Più ne muoiono e più ci divertiamo. Più il mondo è incasinato e meglio è.
C'è ogni tipo di apocalisse: climatica, geologica, astronomica, biologica, aliena, antropologica. Le emozioni suscitate si sprecano.
Il tema è ripreso in ogni contesto letterario, con molto successo.
Uno degli stratagemmi più gettonati e piaciuti è quello del virus che trasforma la gente in zombi, a volte dopo averli ammazzati. Ora, per carità, la fantascienza si sa, inventa, ma come una cosa morta e putrefatta possa rianimarsi proprio è dura da capire... più che morti direi ancora vivi a metà, ma comunque belli che andati.
In ogni caso, a voi piacciono gli zombetti?
Perché? E' una curiosità mica da ridere. Perché vi inseguono senza tregua, perché sono brutti e schifosi, o perché sono fondamentalmente morti e quindi è divertente ucciderli (di nuovo)?
Ho sempre avuto la curiosità di comprendere il perché un mondo alla fine, senza speranza, con minacce a ogni angolo, sia così interessante.
C'è qualcosa in noi, di ancestrale, di nascosto, che ci vuole vedere ancora selvaggi. Ma non è di per sé la violenza il punto. Non può essere solo questo. Randellare la gente morta che gorgoglia ha il suo fascino, certo. Ma è piuttosto la situazione di costante pericolo a essere intrigante. Quell'adrenalina che scorre nelle vene a ritmo serrato. L'idea ancestrale che i pericoli sono ovunque e bisogna stare sempre all'erta, così come lo eravamo quando eravamo più prede che predatori. Un ritorno alle origini, anche se, quella apocalittica, è una natura distorta e corrotta.
La società, con la sua logica stringente, con le sue regole vincolanti, anzi, direi coercitive, ci costringe a comportarci in modo robotico e prevedibile, omologato. Per nulla spontaneo, stressante. Ci costringe all'uso di tutte le nostre risorse per restare sempre all'erta, ma non con la paura che ci ammazzino, ma con la paura di sfigurare, di non essere adeguati, di diventare poveri. Di restare da soli. Siamo sempre all'erta sì, ma in modo diverso, innaturale. Siamo come preda di un dio che ci vuole focalizzati su cose materiali, su pensieri fissi e ossessivi, ripetitivi, senza fine. E del tutto inutili. Come se fossimo sempre stati zombi, al "cervello" basta sostituire qualunque altra fissazione. "Soldi, soldi".
D'altra parte, a livello cinematografico, gli zombi iniziano a funzionare veramente, quando diventano una mimica del nostro stile di vita consumista e destinato a fallire.
La fine della civiltà appare come una liberazione da questi vincoli assordanti, il ritorno al silenzio, per ascoltare il sussurro del mondo e della sua natura predatoria. Predatoria, certo, ma onesta.
Ah, che liberazione non dover più seguire la routine. Ah, che gioia non dover più pensare al denaro, agli impegni presi con chicchessia. Adesso sì che c'è da prendersi la responsabilità di essere vivi. Ora sì che bisogna tenere gli occhi aperti ed essere vivi davvero! Altrimenti si finisce come gli zombi.
Da un certo punto di vista, uccidere gli zombi, è uccidere il nostro io che ci ha stancato, lasciando spazio all'evoluzione, che possa trasformarci in qualcos'altro, di più interessante. Qualcosa che non è più umano, ma nuovo. E gli zombi rimangono indietro, incapaci di tenere il passo.
Chi è con me quando scoppia l'apocalisse?
Ed è una passione assolutamente morbosa. Più ne muoiono e più ci divertiamo. Più il mondo è incasinato e meglio è.
C'è ogni tipo di apocalisse: climatica, geologica, astronomica, biologica, aliena, antropologica. Le emozioni suscitate si sprecano.
Il tema è ripreso in ogni contesto letterario, con molto successo.
Uno degli stratagemmi più gettonati e piaciuti è quello del virus che trasforma la gente in zombi, a volte dopo averli ammazzati. Ora, per carità, la fantascienza si sa, inventa, ma come una cosa morta e putrefatta possa rianimarsi proprio è dura da capire... più che morti direi ancora vivi a metà, ma comunque belli che andati.
In ogni caso, a voi piacciono gli zombetti?
Perché? E' una curiosità mica da ridere. Perché vi inseguono senza tregua, perché sono brutti e schifosi, o perché sono fondamentalmente morti e quindi è divertente ucciderli (di nuovo)?
Ho sempre avuto la curiosità di comprendere il perché un mondo alla fine, senza speranza, con minacce a ogni angolo, sia così interessante.
C'è qualcosa in noi, di ancestrale, di nascosto, che ci vuole vedere ancora selvaggi. Ma non è di per sé la violenza il punto. Non può essere solo questo. Randellare la gente morta che gorgoglia ha il suo fascino, certo. Ma è piuttosto la situazione di costante pericolo a essere intrigante. Quell'adrenalina che scorre nelle vene a ritmo serrato. L'idea ancestrale che i pericoli sono ovunque e bisogna stare sempre all'erta, così come lo eravamo quando eravamo più prede che predatori. Un ritorno alle origini, anche se, quella apocalittica, è una natura distorta e corrotta.
La società, con la sua logica stringente, con le sue regole vincolanti, anzi, direi coercitive, ci costringe a comportarci in modo robotico e prevedibile, omologato. Per nulla spontaneo, stressante. Ci costringe all'uso di tutte le nostre risorse per restare sempre all'erta, ma non con la paura che ci ammazzino, ma con la paura di sfigurare, di non essere adeguati, di diventare poveri. Di restare da soli. Siamo sempre all'erta sì, ma in modo diverso, innaturale. Siamo come preda di un dio che ci vuole focalizzati su cose materiali, su pensieri fissi e ossessivi, ripetitivi, senza fine. E del tutto inutili. Come se fossimo sempre stati zombi, al "cervello" basta sostituire qualunque altra fissazione. "Soldi, soldi".
D'altra parte, a livello cinematografico, gli zombi iniziano a funzionare veramente, quando diventano una mimica del nostro stile di vita consumista e destinato a fallire.
La fine della civiltà appare come una liberazione da questi vincoli assordanti, il ritorno al silenzio, per ascoltare il sussurro del mondo e della sua natura predatoria. Predatoria, certo, ma onesta.
Ah, che liberazione non dover più seguire la routine. Ah, che gioia non dover più pensare al denaro, agli impegni presi con chicchessia. Adesso sì che c'è da prendersi la responsabilità di essere vivi. Ora sì che bisogna tenere gli occhi aperti ed essere vivi davvero! Altrimenti si finisce come gli zombi.
Da un certo punto di vista, uccidere gli zombi, è uccidere il nostro io che ci ha stancato, lasciando spazio all'evoluzione, che possa trasformarci in qualcos'altro, di più interessante. Qualcosa che non è più umano, ma nuovo. E gli zombi rimangono indietro, incapaci di tenere il passo.
Chi è con me quando scoppia l'apocalisse?
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Re: Apocalisse zombi
Invece i viaggi nel tempo, il teletrasporto, il motore a curvatura (o quello ad improbabilità) son cose che capiamo tutti al volo anche nelle loro implicazioni...
Nì. Mi piace la gnoccolona che li ammazza senza mnco spettinarsi (alla faccia dell'Umbrella Corp)
Perché è gnocca quasi quanto Ida.
Guarda che, di base, si salva solo la gnocca. Tutti gli altri tendono a fare una brutta fine, specie quelli che le fanno la corte.
Mah. A quel punto, anche Tarzan allora.dixit ha scritto: ↑07/09/2022, 14:15 Ma è piuttosto la situazione di costante pericolo a essere intrigante. Quell'adrenalina che scorre nelle vene a ritmo serrato. L'idea ancestrale che i pericoli sono ovunque e bisogna stare sempre all'erta, così come lo eravamo quando eravamo più prede che predatori. Un ritorno alle origini, anche se, quella apocalittica, è una natura distorta e corrotta.
Dopo i 16 anni, giusto l'ultima, per eventuali multe, arresto in flagrante o cose similidixit ha scritto: ↑07/09/2022, 14:15 La società, con la sua logica stringente, con le sue regole vincolanti, anzi, direi coercitive, ci costringe a comportarci in modo robotico e prevedibile, omologato. Per nulla spontaneo, stressante. Ci costringe all'uso di tutte le nostre risorse per restare sempre all'erta, ma non con la paura che ci ammazzino, ma con la paura di sfigurare, di non essere adeguati, di diventare poveri.
Poi dipende: ci son contesti in cui da solo resta quello che si adegua alle "regole della società-stato" e non a quelle della "società-gente per bene con cui vivi che giusto ieri ha rapinato una banca"...
E da quando in qua esiste un dio che non lo fa? Guarda che il dio degli Zombie fa uguale: cambia al limite l'oggetto, ma se resti ossessivo su te stesso i Numi, vaticinati da chi intanto se ne approfitta, son solo contenti.
Non ho capito da che punto di vista. La gnoccolona ammazza gli zombie. Semmai, mentre lo fa, mi zombizza, mica mi rende più indipendente.dixit ha scritto: ↑07/09/2022, 14:15 Da un certo punto di vista, uccidere gli zombi, è uccidere il nostro io che ci ha stancato, lasciando spazio all'evoluzione, che possa trasformarci in qualcos'altro, di più interessante. Qualcosa che non è più umano, ma nuovo. E gli zombi rimangono indietro, incapaci di tenere il passo.
Io ci sto. Però solo se c'è anche la gnoccolona, sennò ciccia.
(adesso, si fa per scherzare, eh? Dai, metti giù quel libro...)
Babbani non si nasce, si diventa - poi si fanno anche miracoli
Re: Apocalisse zombi
Babbano, se mai tu diventassi uno zombi, non temere, ci penserò io a te
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Re: Apocalisse zombi
Nella mia mente hard-scifi, non ritengo Fantascienza gli zombie, ma amo tutto l'ambaradan che gli va dietro: le cause, gli eventi, i personaggi eccetera. Se questo corollario resta nell'ambito "credibilmente fantascientifico" e quindi compensa abbondantemente ciò che invece per me è "solo" Fantasy, allora per gli zombie posso chiudere un occhio.
Quindi per me, la fine dell'Umanità non sarà popolata da zombie, ma da altro: che questo altro siano alieni o macchine, va bene, purché siano credibili.
Quindi per me, la fine dell'Umanità non sarà popolata da zombie, ma da altro: che questo altro siano alieni o macchine, va bene, purché siano credibili.
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Re: Apocalisse zombi
Mah, alla fine, son dei lobotomizzati che seguono una dieta particolare. Tolto il dettaglio che sarebbero morti in (lenta) decomposizione e contagiosi, mica detto che non finirà così.
L'importante è che ci sia la gnoccolona. O, almeno, che torni Ida.
L'importante è che ci sia la gnoccolona. O, almeno, che torni Ida.
Babbani non si nasce, si diventa - poi si fanno anche miracoli
Re: Apocalisse zombi
Gli zombie saranno la forza lavoro del futuro...
Re: Apocalisse zombi
Secondo me sono anche la forza lavoro del presente, ma va bè.