L'ultima creazione - di Franca Scapellato

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Pardan
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L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Pardan »

Tiè, vi mando il racconto bocciato per LTL Seeds; il finale non mi piace, è "tirato via", posso fare di meglio... e lo farò ;)


Aveva fame. Aveva molta fame. Un metro per volta, faticosamente, strisciò nella polvere della cantina. Le ossa spezzate, dalle quali era stato estratto tutto il midollo, crepitarono con un rumore di rami secchi quando vi passò sopra.
Si appiattì per scivolare attraverso la fessura della porta, fluendo come una gigantesca ameba su per le scale. La porta della cantina era divelta, e il portone della casa, parzialmente sventrata dalle esplosioni, pendeva inclinato sui cardini. Era giorno, ma all’esterno era quasi buio come nella cantina, e freddo: l’inverno nucleare era iniziato. Lui non aveva un apparato visivo: i suoi sensi si limitavano ad un olfatto sensibile all’emissione di alcune sostanze chimiche volatili, e a sensori distribuiti appena sotto il tegumento, che registravano le vibrazioni del terreno e dell’aria. Si appiattì lungo un muro ancora in piedi, una lunga striscia grigiastra coperta di polvere, immobile. Avvertiva la presenza di cibo nelle vicinanze, ma era sostanza viva, e si muoveva troppo rapidamente. Attese. Aveva fame, ma era troppo debole per allontanarsi.

Nel buio, centinaia di piedi si muovevano in una marcia disordinata. C’era una nave, aveva detto qualcuno, attraccata giù al porto e ancora intatta; avrebbe potuto portare i sopravvissuti lontano dalle città distrutte, lontano dalle radiazioni. La voce era corsa per la città, e i pochi superstiti in grado di muoversi si erano radunati, arrancando stancamente attraverso strade ingombre di macerie e ammorbate dall’odore dei cadaveri insepolti. I più attrezzati avevano torce elettriche, altri usavano accendini, o rimediavano stracci avvolti su pezzi di legno, che bruciavano con un odore acre. A tratti, senza parlare, qualcuno si staccava dal gruppo, si infilava in un negozio attraverso una vetrina sfondata ed emergeva poco dopo con un pacco di biscotti stretto al petto o una lattina di conserva. Qualcuno si fermava, scosso da conati di vomito, poi riprendeva la marcia. Qualcuno si lasciava cadere esausto e rimaneva lì, nel buio. I compagni continuavano il cammino senza una parola, senza voltarsi.

– Vai tu, io non ce la faccio.
La donna si abbandonò vicino allo scheletro di un autobus rovesciato.
– Dai, Marta, ormai ci siamo quasi – la incoraggiò il suo compagno, ripetendo senza convinzione una frase già usata troppe volte.
– Vai, mi sento troppo male; e poi, vedi? – Marta passò una mano tremante tra i capelli, e alcune ciocche le rimasero impigliate alle dita – É inutile, eravamo troppo vicini all’esplosione, che senso ha andare avanti?
– Ti prego, tesoro, io non riesco a portarti, tirati su, potremo andare via, in un posto dove ci cureranno.
– I miei bambini... Lucia, Stefi, voglio i miei bambini! I miei...
Il marito si inginocchiò a fatica, dirigendo la torcia sul viso di lei: gli occhi, infossati, erano vitrei, il respiro affannoso e interrotto. Non si poteva illudere, ne aveva visti tanti finire così, come Lucia, come il piccolo Stefi. Sedette stancamente vicino a Marta, tenendole la mano. Accanto a loro la coda della folla continuava ad avanzare nell’oscurità, con un mormorio indistinto. Passarono, e si fece silenzio: si udiva solo il sibilo del vento attraverso le finestre sfondate e il rantolo della donna morente.

Poco dopo, l’uomo contemplò per l’ultima volta il viso della moglie, finalmente sereno. Si alzò a fatica, si aggiustò lo zaino sulle spalle e riprese il cammino.
Appena si fu allontanato, una forma indistinta si mosse, strisciando con sicurezza nell’oscurità.

Cibo! Scivolò rapidamente nel buio, guidata dal tropismo verso i gas della decomposizione. Si appiattì, allargandosi sul cadavere, avvolgendolo come un sudario grigiastro, mentre i succhi digestivi scindevano le proteine e assorbivano le sostanze nutrienti, con mostruosa efficienza. Finalmente poteva nutrirsi, per crescere, per scindersi, per crescere nuovamente e dividersi ancora, insensibile alle radiazioni, in un ciclo senza scopo e senza fine.

L’arte, la poesia, la scienza, retaggio di millenni di umanità, erano state spazzate via dalle guerre insensate che si erano succedute in un tragico crescendo: restavano soltanto i resti anneriti dei grattacieli, qualche mozzicone di ponte, l’atmosfera oscurata dalla polvere radioattiva e, a strisciare nel buio, una creatura sperimentale fuggita da un laboratorio distrutto: l’ultima creazione dell’homo sapiens.
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zio chester
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da zio chester »

Stile impeccabile, ma ovviamente la brevità richiesta ha mozzato il testo. Fossi in te proverei a lavorarci su per il prossimo Nasf, dando nuove ragioni di essere per la "creatura". Sarebbe un peccato non sfruttare l'atmosfera già creata...
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Pardan
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Pardan »

Grazie zio, non preoccuparti, non butto niente, riciclo ;D
Sto pensando a quella roba stortignata della prossima 3L, poi c'è NASF e in mezzo il premio Kataris (chi vuole partecipare è il benvenuto: ci sono racconti BSG ma anche di fantascienza "normale", se ne possono inviare 2 per categoria):

http://www.galaxyclub.org/wp-content/up ... o-2013.pdf

Non si vince niente, ma il concorso è gratuito. Io lavoro meglio se ho una scadenza, quindi partecipo volentieri 8)
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Marco Signorelli
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Marco Signorelli »

l'idea è buona, probabilmente non è stato selezionato per l'effetto "spezzato"; mi spiego: ci sono due livelli narrativi, quello della cosa e quello dell'umanità. Perfetto per un racconto lungo o un romanzo, non per un breve racconto. Se avessi incentrato tutto sulla nuova creatura ignorando gli uomini se non come cibo che cammina, l'effetto sarebbe stato migliore.
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Pardan
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Pardan »

Marco Signorelli ha scritto:l'idea è buona, probabilmente non è stato selezionato per l'effetto "spezzato"; mi spiego: ci sono due livelli narrativi, quello della cosa e quello dell'umanità. Perfetto per un racconto lungo o un romanzo, non per un breve racconto. Se avessi incentrato tutto sulla nuova creatura ignorando gli uomini se non come cibo che cammina, l'effetto sarebbe stato migliore.

Forse hai ragione... non ci avevo pensato, condividere serve :-)
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carlo
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da carlo »

a me piace, e credo (come si è visto con il mio fallimentare racconto per l'ultimo le tre lune, i cui limiti comprendo benissimo) che sia giusto provare con testi MOLTO brevi a entrare ne le tre lune, perchè comunque gli ebook vengon letti quasi sempre su monitor, è un tipo di concorso che proprio per questo secondo me è giusto stimoli verso racconti il più brevi e concisi possibile, per quanto questo poi aggiunga sicuramente dei limiti alla narrazione.
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Pardan
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Pardan »

Sì, imparare ad essere concisi è un bell'esercizio. Proverò a riscriverlo con un unico pdv, quello dell'amebona 8)
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Massimo Vaj
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Re: L'ultima creazione - di Franca Scapellato

Messaggio da leggere da Massimo Vaj »

Anch'io penso sia il caso di accentrare il racconto su un suo aspetto che gli consenta di allontanarsi dalle cronache che, anche quando ben scritte com'è questo il caso, rientrano nel già visto che riempie i film sull'esodo di sopravvissuti a termine. Adottare un punto di vista diverso da quelli usualmente considerati è sempre conveniente, anche se la visuale di un'ameba che si nutre di moribondi non dev'essere così lontana da quella di un ricco umano che fa la carità al povero, considerato essere quasi un umano... ;)
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