Tra noi - racconto di Tomas Carosella bocciato in Unseen
Inviato: 02/04/2013, 14:21
TRA NOI
Anthony capì subito che qualcosa non andava. John non aveva preparato la cena, come faceva di solito, ed era seduto sul divano con un bicchiere di whiskey. Non beveva mai da solo.
“Ciao John, qualcosa non va?”
“Ciao Anthony, dimmelo tu.”
- allora è proprio brutta – pensò Anthony.
“Non parlare per enigmi, che vuoi dire?”
“Tony, lì ci sono le tue analisi. Ero in ansia e le ho aperte.”
“Quindi?”
“Stai benissimo. Ma al laboratorio ho fatto fare anche le analisi del dna. Doveva essere una sorpresa, per cominciare le pratiche per l’adozione. Sai che il nuovo protocollo lo prevede.”
“Cosa stai cercando di dirmi?”
John lo fissò per un momento senza parlare.
“Come hai potuto prendermi in giro per tutto questo tempo? Chi sei? Cosa diavolo sei?”
Anthony impallidì. “Non ti ho mai preso in giro Johnny, mai da quando ci conosciamo.”
“Cazzo Antony smettila, il tuo dna non è umano, santo iddio, te ne rendi conto? Con chi sto vivendo da tre anni, con cosa sto vivendo?”
“Guardami negli occhi Jonny. Stai vivendo con me, un essere che ti ama. Cosa cambia se sono leggermente diverso?”
“Leggermente diverso? Io non so neanche cosa tu sia. Mi hai mentito. Sono terrorizzato, te ne rendi conto? Non volevo neanche tornare a casa. Ho pensato di chiamare la polizia, o addirittura di comprare una pistola. Cosa sei, si può sapere? Perché sei qui? Perché non hai documenti di soggiorno?”
John vide la disperazione dipingersi negli occhi di Antony, una disperazione talmente umana. “Perché non mi dici che le analisi sono sbagliate? Perché non scoppi in una delle tue risate? Dimmi che le analisi sono sbagliate Tony.”
Antony scosse la testa lentamente, con un sorriso amaro dipinto sul volto.
“Io non sono umano, ma allo stesso tempo lo sono.”
“Non raccontarmi stronzate. Per rispetto verso quello che c’è stato in questi tre anni, anche se non so più cosa hanno significato per te.”
“La stessa, identica, meravigliosa, storia d’amore che è stata per te Jonny.”
“Ma tu sei qualcosa di diverso, lo capisci? Dimmi chi sei. Mostrami cosa sei! Anche se significherà la fine di tutto.” John urlava ora, paonazzo.
“Proprio tu mi accusi per la mia presunta diversità? Con quello che hai subito al college? Con quello che abbiamo subito insieme più di una volta? Ti sto raccontando la verità. Calmati, ti prego, e ascoltami.
Appartengo a una razza molto antica, che si è dispersa milioni di anni fa, ed evoluta, dopo millenni, in un modo che ci farà sopravvivere a qualsiasi evento. Ci chiamiamo Omolok, ma non c’è un noi e un altri, è questo che devi capire.”
“Basta cazzate. Quanti siete, cosa volete?”
“Io non lo so John, credimi. Non so quanti siamo su Io, né su Giove, né nella maledetta galassia. La nostra specie, studiando l’estinzione di migliaia di altre, ha fatto in modo di diventare tutte le altre, in maniera da sopravvivere a qualsiasi guerra, malattia, stella che si esaurisce..”
“Siete una specie di parassiti insomma. Anche tu..”
“No John. Non ci nutriamo né appoggiamo in alcun modo alle altre creature. Viaggiamo per l’universo come organismi dormienti, finchè non incontriamo un pianeta abitato dove poterci svegliare. Ma non lo invadiamo. Siamo singoli individui. Abbiamo perso ogni ricordo o esperienza di cosa eravamo. Noi diventiamo ciò che incontriamo, uomo o qualsiasi altra razza aliena, per usare il vostro vocabolario.”
“Va bene Antony, se è il tuo vero nome. Ma come fai a non sentirti un imbroglione? Come funziona quando ti svegli?”
“Certo che mi chiamo Antony. Noi seguiamo la normale evoluzione della specie che incontriamo. Così io sono nato da una donna. Se fossi stato in un mondo in cui si nasce per divisione cellulare, sarei nato così. Io non mi sento un imbroglione, mi sento umano quanto te Jonny. Tutto quello che sai del mio passato è reale. ”
“Ma come potete avere un’identità? Come potete essere voi stessi, essendo altro?”
“Non ragionare con categorie umane. La nostra identità è essere ciò che ci circonda. Per noi non c’è altro. So che non è facile comprendere.”
“Io..io..Dio santo, perché non me l’hai detto?”
“Perché sarebbe stato perfettamente inutile. Inutile perché io sono umano quanto te Jonny, se non per qualche sequenza elicoidale leggermente diversa.”
Antony avanzò verso il tavolo dov’era seduto il compagno. John si irrigidì, ritraendosi verso le schienale.
“Non puoi avere paura di me.”
“Invece ce l’ho. Scusami Tony, ma non sono più sicuro di chi ho davanti. Sei tu, il solito dolce e intelligente Tony, ma allo stesso tempo non lo sei.”
“Vedi John, se tu mi sparerai, io morirò. Se tu continuerai a vivere con me, fino alla fine dei nostri giorni, come spero, mi vedrai morire di vecchiaia. O per una malattia. Una malattia umana. Mi vedrai perché sono sicuro che me ne andrò prima di te, ti amo troppo perché avvenga il contrario, non lo sopporterei. Capisci fino a che punto sono uguale a te? Non viviamo una vita diversa dalla vostra, non siamo immortali. O meglio, se qualche Omolok è nato o nascerà tra degli immortali, anche lui lo è o lo sarà probabilmente. Ma io non lo invidio, non mi interessa, io sono un uomo.”
“Perché mantenete questo ricordo allora, questa percezione? Perché sai di essere qualcosa di leggermente diverso, come dici tu?”
“Questa è una gran bella domanda Jonny. Sapessi quante volte me la sono fatta. Ho provato a darmi un paio di risposte. La prima è che, a volte, in alcune civiltà, com’è successo oggi tra noi, possiamo essere riconosciuti. E sarebbe troppo complicato scoprirlo così, troppo scioccante.
La seconda è che forse, un giorno, la nostra evoluzione prenderà un’altra strada, e ritorneremo ad avere tutti la stessa forma. Perciò è necessario mantenerne almeno un concetto, per quanto lontano, nel pensiero di ogni Omolok disperso per l’universo. Per quanto, per quello che ne so io, al momento non siamo nemmeno in grado di riconoscerci.”
“O forse non ne hai incontrato nessuno.”
“O forse non ne ho incontrato nessuno, certo.”
John guardò lontano, oltre il balcone. Giove, splendido e immenso, incombeva oscurando l’intero orizzonte.
“E se arrivasse uno come te. E vi riconosceste?”
“Non lo so John, è un’eventualità così assurda. Dove vuoi arrivare?”
“Se scoprissi che sei fatto per lui. Per lei. Insomma, hai capito.”
“John. A questo stai pensando?”
“Certo Tony. Più a questo che a qualsiasi altra cosa. Non so bene cosa sei. Ma so bene chi sei. Ci metterò un po’ a digerirla, ma so cosa provo per te, so come ti prendi cura di me, so quanto mi stimi e quanto io stimo te.”
“Oh Jonny..”
“Lasciami finire. E non voglio che un bastardo ti porti via solo perché rispetto a me ha un dna più simile al tuo, capisci? Io sono la tua anima gemella. Io Tony, e nessun altro, stronzo di un alieno.”
Antony aveva il sorriso più bello e stravolto che gli si fosse mai dipinto in faccia. Afferrò le mani di John, che lo fissava con occhi arrossati. “Non mi interessa assolutamente incontrare nessun altro Omolok, o Arturiano, o Centauriano, o nessuna di quelle altre razze che conosciamo. Che conosciamo noi uomini, Jonny. Tu sei l’unico essere che amo, per quanto dotato di tutti i peggiori difetti della razza umana.”
Anthony capì subito che qualcosa non andava. John non aveva preparato la cena, come faceva di solito, ed era seduto sul divano con un bicchiere di whiskey. Non beveva mai da solo.
“Ciao John, qualcosa non va?”
“Ciao Anthony, dimmelo tu.”
- allora è proprio brutta – pensò Anthony.
“Non parlare per enigmi, che vuoi dire?”
“Tony, lì ci sono le tue analisi. Ero in ansia e le ho aperte.”
“Quindi?”
“Stai benissimo. Ma al laboratorio ho fatto fare anche le analisi del dna. Doveva essere una sorpresa, per cominciare le pratiche per l’adozione. Sai che il nuovo protocollo lo prevede.”
“Cosa stai cercando di dirmi?”
John lo fissò per un momento senza parlare.
“Come hai potuto prendermi in giro per tutto questo tempo? Chi sei? Cosa diavolo sei?”
Anthony impallidì. “Non ti ho mai preso in giro Johnny, mai da quando ci conosciamo.”
“Cazzo Antony smettila, il tuo dna non è umano, santo iddio, te ne rendi conto? Con chi sto vivendo da tre anni, con cosa sto vivendo?”
“Guardami negli occhi Jonny. Stai vivendo con me, un essere che ti ama. Cosa cambia se sono leggermente diverso?”
“Leggermente diverso? Io non so neanche cosa tu sia. Mi hai mentito. Sono terrorizzato, te ne rendi conto? Non volevo neanche tornare a casa. Ho pensato di chiamare la polizia, o addirittura di comprare una pistola. Cosa sei, si può sapere? Perché sei qui? Perché non hai documenti di soggiorno?”
John vide la disperazione dipingersi negli occhi di Antony, una disperazione talmente umana. “Perché non mi dici che le analisi sono sbagliate? Perché non scoppi in una delle tue risate? Dimmi che le analisi sono sbagliate Tony.”
Antony scosse la testa lentamente, con un sorriso amaro dipinto sul volto.
“Io non sono umano, ma allo stesso tempo lo sono.”
“Non raccontarmi stronzate. Per rispetto verso quello che c’è stato in questi tre anni, anche se non so più cosa hanno significato per te.”
“La stessa, identica, meravigliosa, storia d’amore che è stata per te Jonny.”
“Ma tu sei qualcosa di diverso, lo capisci? Dimmi chi sei. Mostrami cosa sei! Anche se significherà la fine di tutto.” John urlava ora, paonazzo.
“Proprio tu mi accusi per la mia presunta diversità? Con quello che hai subito al college? Con quello che abbiamo subito insieme più di una volta? Ti sto raccontando la verità. Calmati, ti prego, e ascoltami.
Appartengo a una razza molto antica, che si è dispersa milioni di anni fa, ed evoluta, dopo millenni, in un modo che ci farà sopravvivere a qualsiasi evento. Ci chiamiamo Omolok, ma non c’è un noi e un altri, è questo che devi capire.”
“Basta cazzate. Quanti siete, cosa volete?”
“Io non lo so John, credimi. Non so quanti siamo su Io, né su Giove, né nella maledetta galassia. La nostra specie, studiando l’estinzione di migliaia di altre, ha fatto in modo di diventare tutte le altre, in maniera da sopravvivere a qualsiasi guerra, malattia, stella che si esaurisce..”
“Siete una specie di parassiti insomma. Anche tu..”
“No John. Non ci nutriamo né appoggiamo in alcun modo alle altre creature. Viaggiamo per l’universo come organismi dormienti, finchè non incontriamo un pianeta abitato dove poterci svegliare. Ma non lo invadiamo. Siamo singoli individui. Abbiamo perso ogni ricordo o esperienza di cosa eravamo. Noi diventiamo ciò che incontriamo, uomo o qualsiasi altra razza aliena, per usare il vostro vocabolario.”
“Va bene Antony, se è il tuo vero nome. Ma come fai a non sentirti un imbroglione? Come funziona quando ti svegli?”
“Certo che mi chiamo Antony. Noi seguiamo la normale evoluzione della specie che incontriamo. Così io sono nato da una donna. Se fossi stato in un mondo in cui si nasce per divisione cellulare, sarei nato così. Io non mi sento un imbroglione, mi sento umano quanto te Jonny. Tutto quello che sai del mio passato è reale. ”
“Ma come potete avere un’identità? Come potete essere voi stessi, essendo altro?”
“Non ragionare con categorie umane. La nostra identità è essere ciò che ci circonda. Per noi non c’è altro. So che non è facile comprendere.”
“Io..io..Dio santo, perché non me l’hai detto?”
“Perché sarebbe stato perfettamente inutile. Inutile perché io sono umano quanto te Jonny, se non per qualche sequenza elicoidale leggermente diversa.”
Antony avanzò verso il tavolo dov’era seduto il compagno. John si irrigidì, ritraendosi verso le schienale.
“Non puoi avere paura di me.”
“Invece ce l’ho. Scusami Tony, ma non sono più sicuro di chi ho davanti. Sei tu, il solito dolce e intelligente Tony, ma allo stesso tempo non lo sei.”
“Vedi John, se tu mi sparerai, io morirò. Se tu continuerai a vivere con me, fino alla fine dei nostri giorni, come spero, mi vedrai morire di vecchiaia. O per una malattia. Una malattia umana. Mi vedrai perché sono sicuro che me ne andrò prima di te, ti amo troppo perché avvenga il contrario, non lo sopporterei. Capisci fino a che punto sono uguale a te? Non viviamo una vita diversa dalla vostra, non siamo immortali. O meglio, se qualche Omolok è nato o nascerà tra degli immortali, anche lui lo è o lo sarà probabilmente. Ma io non lo invidio, non mi interessa, io sono un uomo.”
“Perché mantenete questo ricordo allora, questa percezione? Perché sai di essere qualcosa di leggermente diverso, come dici tu?”
“Questa è una gran bella domanda Jonny. Sapessi quante volte me la sono fatta. Ho provato a darmi un paio di risposte. La prima è che, a volte, in alcune civiltà, com’è successo oggi tra noi, possiamo essere riconosciuti. E sarebbe troppo complicato scoprirlo così, troppo scioccante.
La seconda è che forse, un giorno, la nostra evoluzione prenderà un’altra strada, e ritorneremo ad avere tutti la stessa forma. Perciò è necessario mantenerne almeno un concetto, per quanto lontano, nel pensiero di ogni Omolok disperso per l’universo. Per quanto, per quello che ne so io, al momento non siamo nemmeno in grado di riconoscerci.”
“O forse non ne hai incontrato nessuno.”
“O forse non ne ho incontrato nessuno, certo.”
John guardò lontano, oltre il balcone. Giove, splendido e immenso, incombeva oscurando l’intero orizzonte.
“E se arrivasse uno come te. E vi riconosceste?”
“Non lo so John, è un’eventualità così assurda. Dove vuoi arrivare?”
“Se scoprissi che sei fatto per lui. Per lei. Insomma, hai capito.”
“John. A questo stai pensando?”
“Certo Tony. Più a questo che a qualsiasi altra cosa. Non so bene cosa sei. Ma so bene chi sei. Ci metterò un po’ a digerirla, ma so cosa provo per te, so come ti prendi cura di me, so quanto mi stimi e quanto io stimo te.”
“Oh Jonny..”
“Lasciami finire. E non voglio che un bastardo ti porti via solo perché rispetto a me ha un dna più simile al tuo, capisci? Io sono la tua anima gemella. Io Tony, e nessun altro, stronzo di un alieno.”
Antony aveva il sorriso più bello e stravolto che gli si fosse mai dipinto in faccia. Afferrò le mani di John, che lo fissava con occhi arrossati. “Non mi interessa assolutamente incontrare nessun altro Omolok, o Arturiano, o Centauriano, o nessuna di quelle altre razze che conosciamo. Che conosciamo noi uomini, Jonny. Tu sei l’unico essere che amo, per quanto dotato di tutti i peggiori difetti della razza umana.”