Chi ha paura del progresso scientifico?

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Moderatori: Gaetano Intile, Robennskii

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Roberto Di Lauro
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Chi ha paura del progresso scientifico?

Messaggio da Roberto Di Lauro »

A volte quando scrivo un racconto mi esce fuori un qualcosa che somiglia ad un minestrone di idee mal rapportate, o comunque non sviluppate bene.
Nella gara letteraria dell'Estate 2023 nel racconto "Perché viaggiare nello spazio?" ci ho messo troppi argomenti. Avessi prima studiato nell'Officina del racconto ne sarebbe uscito un testo ben fatto.

Ripropongo qui una parte del testo, che richiama il titolo della mia proposta.

" ... perché tra una scoperta scientifica e il suo pieno sviluppo a volte passano secoli?
Tyler, pur non comprendendo appieno il collegamento tra le due cose, abbozza una risposta – Le posso dire che quando uno scienziato scopre qualcosa di fenomenale, prima che la massa della gente possa essere in linea con la scoperta, possono passare secoli. È un fatto normale.
Antonio, cercando di spiegarsi meglio, gli replica. – Se sono un pilota di navi spaziali, e c’è una scoperta che mi può essere utile, voglio sia sviluppata subito. Non voglio aspettare secoli per vederla sviluppata. Per cui il collegamento con la mia domanda è: perché viaggiare nello spazio, facendo tanti sacrifici, se poi ti trovi difronte al tuo ambiente lavorativo dove ci trovi tecnici, burocrati, alti ufficiali che non velocizzano lo sviluppo di scoperte scientifiche utili? Mi sono spiegato?
– Beh, diciamo di sì, anche se ci sono molte cose da considerare. Ma in ogni caso, il solo fatto che quella scoperta le possa servire, e in tempi rapidi, è un problema suo. La scienza ha i suoi tempi. Nei secoli passati, le scoperte scientifiche, e il loro sviluppo, erano messe a disposizione prima ai militari e poi ai civili. Questa è la nostra storia. Poi, sappiamo come è andata; terminata la grande guerra del ventiduesimo secolo, oggi viviamo, e da secoli, in un periodo di pace. Non c’è necessità di essere i primi contro un nemico. Viviamo tranquillamente, e con lentezza, il nostro mondo. – dice Tyler ammantando un’aurea di sapienza."

Secondo Voi, il testo citato come lo si può sviluppare per farne un bel racconto di fantascienza ?
Carla Ebli
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Carla Ebli »

I dialoghi, le domande e le risposte, si avvicendano molto bene.
Consigli su racconti di fantascienza non possono certamente partire da me che è ignorante un questo ambito. Diciamo che non lo amo molto e quindi evito.
Comunque posso dirti di mantenerti su questa linea.
Robennskii
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Robennskii »

Ciao Roberto.

Come dice Carla, trovo anch'io il tutto molto interessante. Un'ottima base di partenza. Avrei qualche suggerimento.

Quell'Antonio lì proprio non sta. A Tyler contrapponi un nome all'altezza, magari un Mendeleev, insomma qualcuno che sappia il fatto suo.

Nell'ultima riga direi: "ammantandosi di un'aura...".

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Mendeleev torna nel suo villaggio. Pochi soldi, poco pane, ma inventiva da vendere. Scende giù nel seminterrato, il sui laboratorio. Nella penombra si intravede una grossa sagoma coperta da un panno chiaro.

Dimitrij ripensa alle parole di Tyler, mentre sfiora con una mano il contorno dell'apparato. Accende la lucre e, di colpo, tira via il drappo: "Eta Shtuka" brilla al centro della stanza, pronta a stupire il mondo. O a esserne ignorata.

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La parola in russo me la sono un po' costruita con i traduttori, la puoi intendere come "quella cosa".

Solo un possibile inizio di sviluppo.
digitoergosum
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da digitoergosum »

Ciao Roberto. Difficilissimo consigliarti una strada. Ogni tanto propongo a chatgpg alcuni paletti, i più stretti possibili, eppur riconoscendo spunti interessanti, non ne ho accolto nemmeno uno. Continuo sulla mia strada autoriale. Il tuo è un incipit ma non sappiamo dove vuoi parare. Ci chiedi di inventarti un racconto. È ciò che veramente vuoi? Vuoi che costruiamo un racconto insieme (che avrebbe un suo perché)?. Il tuo potrebbe essere un incipit, una fase intermedia, una riflessione finale. Penso tu debba fornirci più informazioni.
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Susanita
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Susanita »

I racconti di fantascienza mi sono sempre piaciuti, quanto più la fantasia è spinta e meglio è. Mi piace sognare un mondo in cui l'uomo sia riuscito a portare a compimento scoperte rivoluzionarie per avviarsi all'esplorazione dello spazio o migliorare il nostro mondo in un futuro scevro da conflitti. Vabbè, forse è utopia ma sognare al momento non è ancora tassato.
Tornando al racconto lo vedo impostato bene, e spero ti possano essere utili alcune note da lettrice prima che da "scrittrice" (parola grossa ma tant'è).
Concordo con Robennskii che Antonio non sia il nome giusto, anche musicalmente. Sarà che di solito nei romanzi di fantascienza sono tutti stranieri, ma se proprio devi osare, inventati anche nomi strani, sei nel futuro quindi...Altra cosa, ma è mio gusto personale, con i dialoghi andrei sempre a capo, mettendo anche i : associati al verbo risponde, replica ecc.
Comunque sarei curiosa di vedere come prosegui, anche con l'assist di Robennskii, per vedere dove ti portano i protagonisti.
Gaetano Intile
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Gaetano Intile »

Ciao, Roberto. Ricordo quel racconto: Perché viaggiare nello spazio, con un bel punto di domanda finale. E chi ha paura del progresso scientifico?
Per fare narrativa serve essere tuttologi, o filosofi, nel senso antico della parola. Bisogna aver amore per la conoscenza. Nella speranza che una tuttologia non diventi tautologia.
Legare insieme il sostantivo progresso con l'aggettivo scientifico per me è una tautologia. Il fine ultimo della scienza, o meglio della Techne, non è il progresso, ma il suo auto potenziamento. Il progresso è un fatto umano, e non scientifico, perché la scienza serve se stessa. Ma qui mi infilerei in un dibattito che ho fatto mille volte e che qui non serve.
Prima di tutto dovresti chiarire cos'è per te il progresso scientifico. Tu dai per scontato che serva l'uomo, ma costruire armi nucleari, o biologiche in che modo serve l'uomo? Costruire un apparato produttivo da cui l'uomo viene espulso ogni giorno che passa, in che modo può aiutare l'uomo?
Nel tuo racconto il protagonista è Antonio. Un nome antico. E Antonio fa un mestiere antico, guida una nave spaziale, come duemilacinquecento anni fa i suoi antenati etruschi guidavano i carri in battaglia.
Ma il punto è, quando oggi la guerra si fa con i droni, e domani, o forse già oggi, con droni guidati da una intelligenza artificiale, l'uomo a che serve? Antonio non siede più al comando di una nave, ma in Occidente neanche più nasce.
Ma facciamo in passo indietro: il genere fantascienza, che nasce come uno spin off, si direbbe oggi, del genere letterario utopico, molto di moda in Inghilterra tra XVI e XVIII secolo.
Basti pensare a Utopia di Thomas More, o a Nuova Atlantide, di Francis Bacon, non a caso il padre della moderna epistemologia, per arrivare a Swift e ai suoi imitatori.
Cos'è l'Utopia? Dal greco Ou-Tòpos, ossia il NON LUOGO. Con quell'OU molto simile a EU, l'Eutopia (o forse anche Utopia), il buon luogo.
E infatti la fantascienza, come genere, sorge nel mondo anglosassone, non per caso. Da H.G Wells con le sue macchine del tempo a Mark Twain con i suoi viaggi alla corte di Re Artù.
L'Inghilterra del XIX secolo è forse il più, o di sicuro uno dei più, avanzati paesi del globo. E la fantascienza, come il genere utopico che l'ha preceduta, nasce da una fame di futuro. E dall'illusione che con la narrativa fantascientifica si potrebbe meglio comprendere la società presente e anche, forse soprattutto, si possa agire per indirizzare quella futura.
La fantascienza, nel corso del XIX secolo e all'inizio del XX fino alla sua età d'oro subito dopo il II conflitto mondiale, è un genere ottimista, proiettato nel futuro, e incarna i progressi della scienza e della tecnologia, i quali non sono mai visti come nemici, ma come possibilità infinita di agire e cambiare il mondo.
E anche il rapporto tra scienza e capitalismo è inteso con ottimismo, dove il presente è ricco di potenzialità e il futuro è il luogo proiettato nel tempo dove realizzare queste possibilità.
L'epoca d'oro della fantascienza corrisponde, più o meno, ai meravigliosi trenta dello stato sociale in Occidente, un periodo in cui le conquiste sociali per la popolazione occidentale crescevano di anno in anno.
Il sogno di un benessere in crescendo e sempre più ben distribuito è fino ai Sessanta una realtà che cresce col tempo.
Ma all'incirca alla metà degli anni Settanta, con la crisi del vecchio capitalismo e l'affermarsi del neoliberismo, ecco che il presente muta nella percezione generale e da pieno di potenzialità si trasforma in ricco di incognite. Per non parlare del futuro, che da luogo di realizzazione delle potenzialità presenti diventa il luogo dove ogni minaccia, ogni peggior incubo, può farsi reale.
Muta anche il rapporto con la scienza e la tecnologia. Un vero cambiamento di paradigma. Da soluzione di ogni problema la tecnologia diventa prima minaccia e poi essa stessa problema.
In questo modo la fantascienza ottimista dell'età d'oro non può sopravvivere a questo mutamento radicale di visione. La fantascienza classica muore perché il futuro non ha più nulla da dire o è solo foriero di catastrofi ben peggiori di quelle presenti.
Il futuro muore perché la scienza cessa di essere prometeica, preveggente, ma diventa il suo stesso opposto. Non figlia di Prometeo, ma di suo fratello Epimeteo, colui che non vede nulla.
La fantascienza diventa per forza di cose apocalittica, il futuro cessa di aver qualcosa da dire al presente, diventa non un NON LUOGO, ma un cattivo luogo, anzi il presente apocalittico diventa un luogo eterno e indistinto. Anche il tempo, avvolto in questa nebbia, cessa di avere senso.
La fantascienza è quindi un genere percorso da una profonda decomposizione strutturale dei suoi elementi fondanti e quelli nuovi che ha acquistato ne hanno fatto un genere diverso, come diversa è la società a cui si rivolge.
Oggi dunque la fantascienza è apocalittica, tetra, il futuro è sempre un luogo buio. Tu, invece, lo vedi luminoso.
E rispondo alla domanda del tuo racconto. Chi ha paura del progresso scientifico. Beh, oggi mi pare tutti. Tra crisi ambientale, crisi climatica, crisi demografica (ricordo che le proiezioni ISTAT per l'Italia al 2100 parlano di meno di trenta milioni di abitanti), crisi economica, guerre sempre più estese e devastanti, non c'è di che stare allegri. Quindi mi pare che tutti abbiano paura. Paura di non essere espulsi dal sistema produttivo, paura di non trovare lavoro, di non potere fare figli, o di fare figli in un mondo sempre più inospitale e violento. La paura è la cifra delle nostre società.
In uno dei tuoi racconti la Terra è diventata un luogo inospitale e i superstiti fuggono sulla Luna. È proprio quello il punto. Se si è costretti a lasciare casa perché la casa non esiste più, possono i superstiti continuare ad avere fiducia in quel progresso scientifico che li ha portati verso un orizzonte che non ha più futuro? Secondo me è su questa contrapposizione che devi affondare la lama della narrazione: tra il presente eterno disegnato dalla società della Tecnica e il presente con un futuro della vecchia tradizione d'Occidente, fatta di etica, politica, religione. Antonio è un nome antico, che ha ancora un anelito al futuro. Mentre il figlio di Elon Musk, X1Az7654, che avrà installato in testa un chip di neuralink è un uomo senza futuro, ma con un eterno presente davanti.
Hegel la chiamava la fine della storia.
Roberto Di Lauro
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Roberto Di Lauro »

digitoergosum ha scritto: 11/03/2024, 0:30 Ciao Roberto. Difficilissimo consigliarti una strada. Ogni tanto propongo a chatgpg alcuni paletti, i più stretti possibili, eppur riconoscendo spunti interessanti, non ne ho accolto nemmeno uno. Continuo sulla mia strada autoriale. Il tuo è un incipit ma non sappiamo dove vuoi parare. Ci chiedi di inventarti un racconto. È ciò che veramente vuoi? Vuoi che costruiamo un racconto insieme (che avrebbe un suo perché)?. Il tuo potrebbe essere un incipit, una fase intermedia, una riflessione finale. Penso tu debba fornirci più informazioni.
Quello che vorrei, prima di scrivere un racconto di fantascienza, è capire un pò i motivi, le paure che ci sono in giro nella società e che impediscono a persone normali di sviluppare idee (nel campo della scienza) che possono cambiare il mondo ... in meglio.
Se guardo alla nostra storia europea, nei secoli passati ne sono accadute di cose contro gli scienziati di quei periodi. Ma credo che "la caccia all'intelligente" non sia finita.
Anche se la mia "fantascienza" ha una visione positiva di come la scienza possa plasmare il futuro (il perché dal punto di vista prettamente scientifico per ora lo tengo per me), forse è meglio partire da ciò che prova la gente dinanzi ad un'innovazione, capire le loro paure, se sono proprie o indotte da altri.

Il racconto che ho postato, è solo un dialogo preso da un mio racconto. Lo si potrebbe trasformare senza problemi cercando di indirizzarlo come detto sopra.
Roberto Di Lauro
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Re: Chi ha paura del progresso scientifico ?

Messaggio da Roberto Di Lauro »

Gaetano Intile ha scritto: 11/03/2024, 10:53 ......
E rispondo alla domanda del tuo racconto. Chi ha paura del progresso scientifico. Beh, oggi mi pare tutti. Tra crisi ambientale, crisi climatica, crisi demografica (ricordo che le proiezioni ISTAT per l'Italia al 2100 parlano di meno di trenta milioni di abitanti), crisi economica, guerre sempre più estese e devastanti, non c'è di che stare allegri. Quindi mi pare che tutti abbiano paura. Paura di non essere espulsi dal sistema produttivo, paura di non trovare lavoro, di non potere fare figli, o di fare figli in un mondo sempre più inospitale e violento. La paura è la cifra delle nostre società.
In uno dei tuoi racconti la Terra è diventata un luogo inospitale e i superstiti fuggono sulla Luna. È proprio quello il punto. Se si è costretti a lasciare casa perché la casa non esiste più, possono i superstiti continuare ad avere fiducia in quel progresso scientifico che li ha portati verso un orizzonte che non ha più futuro? Secondo me è su questa contrapposizione che devi affondare la lama della narrazione: tra il presente eterno disegnato dalla società della Tecnica e il presente con un futuro della vecchia tradizione d'Occidente, fatta di etica, politica, religione. Antonio è un nome antico, che ha ancora un anelito al futuro. Mentre il figlio di Elon Musk, X1Az7654, che avrà installato in testa un chip di neuralink è un uomo senza futuro, ma con un eterno presente davanti.
Hegel la chiamava la fine della storia.
Grazie dell'intervento. Sicuramente, come detto sopra, comincerò dalla paura della gente messa difronte a qualcosa di innovativo; basta solo vedere bene però il tipo di paura, se è del proprio io o è indotta da "altri".
Circa il mio ultimo racconto, con i superstiti che scappano sulla Luna, in quel caso c'è qualcosa di apocalittico, e non di scientifico.
Se gli umani usano male la tecnologia, stravolgono la scienza a loro uso, è un problema loro, è immaturità.
Io cercherò di partire da una semplice scoperta scientifica fatta da una persona normale, e poi come riuscirà ad arrivare alla sua realizzazione; e qui subentra il suo ambiente con le sue paure. Forse, messo così il racconto potrà essere anche divertente.
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