Esercizio numero sette

Sezione nella quale si svolgono gli esercizi previsti da questa iniziativa.
Gaetano Intile
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Esercizio numero sette

Messaggio da Gaetano Intile »

Scrivete due racconti, ma utilizzando il medesimo testo: nel primo dovete inserire un narratore palese e onnisciente, il punto di vista del protagonista, la terza persona al tempo passato e dei dialoghi. Trasformate poi questo testo con un narratore nascosto, punto di vista del protagonista e prima persona al tempo passato e discorso indiretto libero al posto dei dialoghi. Lunghezza a piacere.
Vi faccio un esempio di come dovrebbe essere sviluppato. Identico racconto, ma con diversa struttura.
Secondo voi qual è il più riuscito?

Narratore palese e onnisciente, punto di vista del protagonista, terza persona, tempo passato:

Era una calda sera d'estate quando Marco si ritrovò seduto al bar del suo locale preferito. Aveva bisogno di una pausa dalla routine quotidiana e dal caldo della città. Guardando intorno, vide che tutti sembravano un po' stanchi e annoiati, tranne una ragazza seduta al tavolo vicino al suo. Era assorta nella lettura di un libro e sembrava immersa in un mondo tutto suo.

Marco non riuscì a resistere alla curiosità e le chiese cosa stesse leggendo. La ragazza sollevò lentamente lo sguardo, prese fiato e gli rispose con un sorriso timido: "Sto leggendo un libro di poesie di Pablo Neruda, mi piace molto." Marco si sedette di fronte a lei e iniziò a chiacchierare, scoprendo che si chiamava Sara e che aveva appena finito gli studi in letteratura.

I due iniziarono a parlare di poesia, di libri e di arte. Marco si sentiva a suo agio con Sara e, a un certo punto, si sorprese a condividere con lei i suoi pensieri più profondi. "Non so bene cosa sto cercando nella vita," confessò Marco. "A volte mi sembra di essere bloccato, di non riuscire a uscire dalla mia zona di comfort." Sara lo guardò negli occhi, con un'attenzione che lo sorprese. "Ti capisco," gli rispose. "Anche io mi sento spesso persa, ma credo che l'importante sia continuare a cercare, a non arrendersi."

Tra i due nacque una strana e intensa complicità. Marco si sentiva come se avesse trovato una parte di sé stesso che non sapeva di avere. Sara gli regalò il suo libro di Neruda e lui le promesse di ricambiare il gesto, magari regalandole un libro di poesie scritto da lui stesso.

Narratore nascosto, punto di vista del protagonista, prima persona, tempo passato, discorso libero indiretto:

Era una sera d'estate e mi ritrovai seduto al mio locale preferito, stanco della routine quotidiana e del caldo torrido della città. Guardando intorno, notai una ragazza seduta al tavolo accanto al mio, immersa nella lettura di un libro.

Non riuscii a resistere alla tentazione e le chiesi cosa stesse leggendo. Mi rispose che era un libro di poesie di Pablo Neruda e che lo amava molto. Sedetti di fronte a lei e iniziammo a parlare di libri, arte e poesia. Mi sentii subito a mio agio con lei e cominciai a confidarle i miei pensieri più intimi.

Le dissi che a volte mi sentivo bloccato, come se non riuscissi ad uscire dalla mia zona di comfort e che non sapevo bene cosa cercassi nella vita. Lei mi guardò negli occhi e mi rispose che capiva perfettamente, che anche lei si sentiva spesso persa ma che l'importante era continuare a cercare, a non arrendersi mai.

Si creò tra noi una strana e intensa complicità, come se avessimo trovato una parte di noi stessi che non sapevamo di avere. Le promisi di ricambiare il suo gesto regalandole un libro di poesie di mia scrittura. Mi sentii stranamente leggero e felice in quella calda sera estiva, sapendo che avevo trovato una persona con cui condividere il mio amore per la poesia.
Robennskii
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Robennskii »

Per me il secondo.
Gaetano Intile
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Gaetano Intile »

Roberto ha scritto: 29/05/2023, 16:24 Per me il secondo.
Anche per me il secondo racconto è il più riuscito: il discorso libero indiretto e il narratore nascosto insieme trasformano il testo.
Robennskii
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Robennskii »

Narratore palese e onnisciente, punto di vista del protagonista, terza persona, tempo passato
===================

Il capitano si precipitò fuori dal mezzo, davanti a una folla sbigottita. Ricevette un rapido aggiornamento sulla situazione, che da subito apparve in tutta la sua gravità. Quando gli porsero la scheda con le informazioni sommarie e la foto, sentì un tonfo al cuore.

Prima di parlare sistemò il casco giallo: era solo un modo di sfuggire agli sguardi della gente. Di colpo portò l'altoparlante alla bocca:
-Raquel, sono il Capitano O'Neal. Non m’importa di quello che ti hanno raccontato finora… se stai su quel cornicione pronta a gettarti avrai il tuo fottutissimo, valido motivo.

La giovane non rispose. Lui incalzò:

-Se vuoi andare fino in fondo, io capirò. Ma tu devi promettermi una cosa ed è la mia sola richiesta. Che prima di fare quel passo rifletterai su quanto ti sto per dire e, se troverai degne le mie parole, mi lascerai salire lassù con te.

Raquel fece un cenno del capo e si sedette in attesa. O’Neal tirò un breve sospiro. Poi riprese:

-Solo il caso ha voluto che sia tu lassù: ci sarei potuto essere io. Credimi, ho vissuto un momento della mia vita in cui c’è mancato tanto così: avevo la tua stessa età. So cosa ha fatto tuo padre, ma lui non c’è più. Voglio raccontarti del mio. Ti prego, fammi salire!

Un silenzio carico di emozione conquistò la folla. Per un lungo minuto, a parlare non furono che i pensieri di ognuno. La ragazza si alzò.

-Capitano, hai un cuore buono che sa raccontare più e meglio delle tue labbra. Ora credi tu a me: presto sarò lassù e gli dirò che lo hai perdonato.

-No… ti prego, no!

O’Neal cadde in ginocchio, tra urla di terrore.
Gaetano Intile
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Gaetano Intile »

Ciao, Roberto.
L'onniscienza del narratore si ricava per me unicamente da questo intervento della voce: "Un silenzio carico di emozione conquistò la folla. Per un lungo minuto, a parlare non furono che i pensieri di ognuno. La ragazza si alzò."
Altro non vedo, ho capito che ami i dialoghi.
Proviamo adesso questi benedetti/maledetti dialoghi a trasporli in un discorso indiretto libero con un narratore nascosto.
Vedrai che risultato.
Robennskii
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Robennskii »

Narratore nascosto, punto di vista del protagonista, prima persona, tempo passato, discorso libero indiretto.

=======

Mi precipitai fuori dal mezzo, davanti a una folla sbigottita. Il volto del caposquadra che mi veniva incontro non prometteva nulla di buono, e le prime informazioni sommarie me lo confermarono. La foto che vidi spillata sulla scheda fu un vero colpo al cuore.

La pressione era insostenibile : con un gesto inutile sistemai il casco, pur di sfuggire qualche istante agli sguardi impietriti della gente accorsa. Portai di colpo l'altoparlante alla bocca e sollevai il capo verso Raquel.

Le dissi chi ero e che non mi importava di cosa le avevano raccontato fino a quel momento. Che se stava su quel cornicione, un motivo valido doveva pur esserci.

Il suo silenzio mi convinse a proseguire, così decisi di giocarmi il tutto per tutto: avrebbe ascoltato ciò che avevo da dirle e, se le mie parole si fossero rivelate degne di attenzione, sarei salito da lei.
Raquel fece un cenno del capo e si sedette in attesa. Io tirai un breve sospiro e incalzai.

Le dissi che rivedevo me lassù al posto suo, quando, alla stessa età, avevo mancato per un niente di attuare quel gesto disperato. Perché sapevo cosa aveva fatto suo padre, e volevo raccontarle del mio.

Percepii l’intensa emozione della folla. Per un lungo minuto mi sembrò di poter udire i pensieri di ognuno.
Poi la ragazza si alzò e si rivolse a me. Con voce calma mi rassicurò: credeva a quanto stavo raccontando. Disse che avevo un cuore buono, capace di parlare più e meglio delle mie labbra. Ma aggiunse che presto sarebbe andata lassù, dove avrebbe potuto far sapere a mio padre che lo avevo perdonato.

In un impeto disperato urlai e caddi in ginocchio, mentre la follia dell'orrore si levava tutt'attorno.
Gaetano Intile
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Gaetano Intile »

Roberto ha scritto: 31/05/2023, 8:00 Narratore nascosto, punto di vista del protagonista, prima persona, tempo passato, discorso libero indiretto.

=======

Mi precipitai fuori dal mezzo, davanti a una folla sbigottita. Il volto del caposquadra che mi veniva incontro non prometteva nulla di buono, e le prime informazioni sommarie me lo confermarono. La foto che vidi spillata sulla scheda fu un vero colpo al cuore.

La pressione era insostenibile : con un gesto inutile sistemai il casco, pur di sfuggire qualche istante agli sguardi impietriti della gente accorsa. Portai di colpo l'altoparlante alla bocca e sollevai il capo verso Raquel.

Le dissi chi ero e che non mi importava di cosa le avevano raccontato fino a quel momento. Che se stava su quel cornicione, un motivo valido doveva pur esserci.

Il suo silenzio mi convinse a proseguire, così decisi di giocarmi il tutto per tutto: avrebbe ascoltato ciò che avevo da dirle e, se le mie parole si fossero rivelate degne di attenzione, sarei salito da lei.
Raquel fece un cenno del capo e si sedette in attesa. Io tirai un breve sospiro e incalzai.

Le dissi che rivedevo me lassù al posto suo, quando, alla stessa età, avevo mancato per un niente di attuare quel gesto disperato. Perché sapevo cosa aveva fatto suo padre, e volevo raccontarle del mio.

Percepii l’intensa emozione della folla. Per un lungo minuto mi sembrò di poter udire i pensieri di ognuno.
Poi la ragazza si alzò e si rivolse a me. Con voce calma mi rassicurò: credeva a quanto stavo raccontando. Disse che avevo un cuore buono, capace di parlare più e meglio delle mie labbra. Ma aggiunse che presto sarebbe andata lassù, dove avrebbe potuto far sapere a mio padre che lo avevo perdonato.

In un impeto disperato urlai e caddi in ginocchio, mentre la follia dell'orrore si levava tutt'attorno.
Ciao, Roberto.
Ormai sei una furia, prolifico e rapido come Stephen King.
Hai centrato il bersaglio solo in parte. Col discorso indiretto libero ci siamo e il punto di vista è quello, corretto, del protagonista. Sui tempi verbali sei maestro. Ahimé, a mio avviso, hai mancato di centrare il bersaglio col narratore. Hai adoperato un io narrante, ma la voce è quella del protagonista e perciò non è affatto nascosta. Se vuoi adoperare un io narrante come narratore nascosto la voce che racconta la storia deve esser presente all'interno della trama ma non può essere direttamente identificabile come un personaggio. Ad esempio, potrebbe essere il punto di vista impersonale di un osservatore esterno che descrive gli eventi senza rivelare la propria identità. In alcuni casi, ad esempio, la voce narrante nascosta può essere rivelata solo alla fine del racconto, quando il lettore scopre l'identità del narratore.
Ti ricordo che il narratore nascosto è il narratore che non si fa notare durante la narrazione, ma che rimane dietro le quinte e non viene esplicitamente menzionato all'interno del testo. Al contrario, il narratore palese è quello che si mostra apertamente, facendosi notare attraverso commenti, giudizi, o descrizioni personali. In altre parole, il narratore palese è come se fosse un personaggio a sé stante che parla direttamente al lettore, mentre il narratore nascosto agisce più come un "regista" della storia, controllando il flusso degli eventi senza farsi notare. La scelta tra il narratore nascosto e quello palese dipende infatti dallo scopo che l'autore vuole raggiungere con la sua narrazione.

Mi sono permesso di rendere il tuo testo con quello che io ritengo sia un narratore nascosto, non un io narrante, ma una voce impersonale che però si evidenzia al lettore col punto di vista del protagonista.
Si precipitò fuori dal mezzo, gli occhi della folla sbigottita puntati addosso. Il volto del caposquadra non prometteva nulla di buono e le informazioni preliminari sembravano confermarlo. La foto che vide spillata sulla scheda fu un vero colpo al cuore.

Sentì la pressione diventare insostenibile e per sfuggire agli sguardi scrutatori, sistemò il casco con un gesto inutile. Portò l'altoparlante alla bocca e alzò lo sguardo verso Raquel, determinato a raggiungere la ragazza sul cornicione.

Con voce impavida, le disse chi era e che non gli importava di ciò che le avevano raccontato finora. Se stava lì, c'era sicuramente un buon motivo.

Il silenzio di Raquel lo spinse a continuare e decise di rischiare il tutto per tutto. Se avesse parlato abbastanza bene, sarebbe salito da lei. Raquel fece un cenno del capo ,si sedette, e lo ascoltò attentamente.

Lui le raccontò di come si fosse trovato in quella stessa condizione, pronto a quel gesto disperato, quando aveva la stessa età di Raquel. Voleva anche raccontarle la verità sul padre di Raquel.

Sentì la folla emozionata intorno a lui. Per un attimo, sembrò poter udire i pensieri di tutti. Infine, Raquel si alzò e gli disse di credere alle sue parole. Gli disse che aveva un cuore buono e in grado di esprimersi meglio delle sue labbra, ma anche che avrebbe dovuto raggiungere suo padre lassù per chiedere il perdono.

In una manifestazione disperata di follia e orrore, cadde in ginocchio mentre urlava, sentendo la folla esplodere attorno a lui.

Spero di essere stato chiaro, Roberto. Se qualcosa non ti quadra dimmelo.
Robennskii
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Robennskii »

Ciao Namio, grazie dell'analisi. Per inciso, cerco di continuare a scrivere anche qui al meglio delle mie possibilità affinché gli esercizi siano strumenti, non il fine ultimo. Questo perché chi legge possa, magari, appassionarsi a questa tua bella iniziativa.

Sapevo che qui ci saremmo trovati in mare aperto. Intendo, con il concetto di narratore nascosto. Ma ti confesso che sono stato tratto in errore dalla consegna che parlava di prima persona.

Ho letto la tua rimodulazione, molto efficace. Si percepisce ciò che vuoi dire e trovo che sia utilissima per spiegare. In particolare, il primo periodo rivela bene la transizione da narratore a protagonista.

Se pensi sia il caso che io lavori ancora sul mio testo, sono più che disponibile.
Gaetano Intile
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Gaetano Intile »

Hai cambiato Nick, Roberto? Errore mio quello della
prima persona. Dovevo mantenere la terza come nel primo esercizio. Hai sbagliato per colpa mia. Pensavo all'io narrante e ho fatto un'equivalenza con la prima persona. Cosa poi impossibile da cociliare. Hai fatto bene a farmelo notare. Eheheh, in alto mare ci sono finito io.
Giovanni p
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Re: Esercizio numero sette

Messaggio da Giovanni p »

Buonasera, Gaetano questi sono i due racconti, mi dispiace essere stato così lento a pubblicarli.

Grazie mille in anticipo dei tuoi consigli e della tua analisi.



1)

Marius fissava le navi sparire verso l'orizzonte stringendo forte la stoffa che gli bendava la mano destra. Non si accorse subito di aver riaperto la ferita, fu solo quando le navi furono troppo lontane per essere viste che si accorse di avere il palmo e le dita zuppe di sangue. Fissò la benda intrisa di rosso girando solo il collo verso di essa, il resto del corpo rimase bloccato.

- Marius, la sua ferita sanguina!

Dietro di lui stava strisciando Girad, Marius lo fissò con indifferenza, come aveva fatto poco prima con il sangue che macchiava la benda.

- Vede, Marius...lei non deve rammaricarsi...continuò Girad seperggiandogli intorno con un insolita cautela, temendo quasi che l'altro potesse esplodere.
- Girad, gentilmente...
- Comandi!
- Veda di non rompermi i coglioni.

Marius fissò per l'ultima volta l'orizzonte farsi color pesca, poi se ne andò verso la città lasciandosi il mare alle spalle, evitando Girad nella maniera più esplicita possibile. La città si preparava per la sera, i ristoranti apparecchiavano i loro tavoli e i lampioni presero a fare luce. Camminando senza una meta precisa sentì che la ferita si era bloccata e il sangue nella benda si era seccato.
“ Maledetto magister Guida” pensò Marius con la fronte che si riempiva di rughe.
Quella partenza era un errore, come tutto il viaggio del resto.



2)

Era quasi sera, vidi le navi sparire verso l’orizzonte col tramonto che abbagliava il mare. Provai a trovare un po’ di serenità, a cavarla fuori dal tramonto sul mare, ma nulla. Senza neanche rendermene conto stavo stringendo il pugno destro, mi resi conto dopo poco di aver riaperto la ferita e di aver inzuppato di sangue la benda che mi fasciava. Fu quel cretino di Girad ad interrompere il crescere del mio rancore, facendomi notare che la mia ferita sanguinava, gli avrei voluto chiedere se per lui fossa tanto strano vedere una ferita sanguinare, ma decisi di ignorarlo. Lui mi fissò con la sua solita espressione beota sulla faccia, poi mi consigliò di non rammaricarmi. Cercai di non guardarlo, d’altronde sentivo l’impulso di spaccargli la faccia, ma dovevo resistere, la giornata era già stata abbastanza complicata. Mi limitai a dirgli di non rompermi i ciglioni e me ne andai senza guardarlo e senza dargli il modo di controbattere. Lasciai il per addentrarmi nella città, sentendo il sangue rapprendersi e la benda attaccarsi alla pelle della mano. Maledetto magister Guida, maledetta quella spedizione e tutti i problemi che ne sarebbero derivati.
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