Prospettiva, o punto di vista
Inviato: 17/05/2023, 11:42
La prospettiva è il punto ottico a partire dal quale il racconto trasmette l’informazione.
Seymour Chatman, nella sua opera più volte citata, ci ricorda che il punto di vista è sì un orizzonte percettivo, ma può anche riferirsi a una visione concettuale o prammatica.
Pertanto scrive:
“ La differenza fondamentale tra punto di vista e voce narrativa è questa: il punto di vista è il luogo fisico o l’orientamento ideologico o la situazione pratico-esistenziale rispetto a cui si pongono in relazione gli eventi narrativi. La voce, al contrario, si riferisce al discorso o agli altri mezzi espliciti tramite i quali eventi ed esistenti vengono comunicati al pubblico. Punto di vista non significa espressione, significa solo la prospettiva attraverso cui è resa l’espressione. Prospettiva ed espressione non sono necessariamente collocate nella stessa persona. Molte combinazioni possono presentarsi. Consideriamo il punto di vista in senso letterale, e cioè quello percettivo. Eventi ed esistenti possono essere percepiti dal narratore e raccontati da lui in prima persona: Mi sentii cadere, o Vidi Jack cadere, nel primo caso il narratore è protagonista, nel secondo è testimone. Oppure il punto di vista può essere assegnato a un personaggio che non è il narratore: e allora la voce narrativa distinta può farsi o non farsi udire. È il caso di: Mary, poverina, vide Jack cadere. Oppure ancora l’evento può essere presentato in modo che non risulti chiaro chi e se qualcuno lo percepisce (in questo caso la percezione non interessa): Jack cadde.”
Dunque, se la narrazione è gestita dal narratore onnisciente, che ne sa e ne dice più di qualsiasi altro personaggio (per intendersi: Narratore > Personaggio), si ha il racconto a NON FOCALIZZATO o a FOCALIZZAZIONE ZERO.
L’esempio classico di racconto a focalizzazione zero è I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Se invece la narrazione è gestita da un personaggio, di cui assume il Punto di Vista (Narratore = Personaggio, o visione con), si ha un racconto a FOCALIZZAZIONE INTERNA.
L’esempio classico è il Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello.
Se, ancora, la narrazione è gestita da un narratore che ne sa e ne dice meno di un personaggio (Narratore < Personaggio, o visione dall’esterno), si ha il racconto a FOCALIZZAZIONE ESTERNA.
Sono quei racconti che registrano fatti e parole dei personaggi senza che il lettore possa capire i loro sentimenti o pensieri.
Queste tre modalità possono però pure intrecciarsi o alternarsi in uno stesso testo: il racconto avventuroso, ad esempio, inizia quasi sempre con la focalizzazione esterna su alcuni personaggi enigmatici, o anche sul protagonista descritto misteriosamente, per proseguire con l’onniscienza, che rivela gli antecedenti dell’eroe, o con la focalizzazione su di un personaggio.
La focalizzazione è una restrizione del campo visivo rispetto all’onniscienza del racconto classico, dove il narratore non solo sa e vede tutto, penetrando nell’animo dei personaggi e interpretandone i più reconditi pensieri, ma è anche onnipresente, è ubiquo, osserva ciò che a tutti sfugge.
La focalizzazione interna può essere FISSA (tutto è filtrato dal protagonista) o VARIABILE (dove le figure focali sono un certo numero) o MULTIPLA , come nei romanzi epistolari, dove lo stesso avvenimento viene evocato varie volte a seconda dei punti di vista dei personaggi.
Facciamo un passo indietro. Prospettiva e voce, punto di vista e narratore, seppur distinte sono nel concreto sempre strettamente unite.
Prendiamo I Promessi Sposi, il romanzo presenta la figura del narratore autore onnisciente da cui sono state viste e dette le cose che avvengono nel racconto. Un modo piuttosto classico e rodato.
La peculiarità del discorso narrativo manzoniano consiste in un’accurata separazione delle parti tra il narratore e i personaggi.
Ciò permette l’autonomia del narratore nell’assumere, con la propria voce, la responsabilità dei giudizi morali, psicologici, storici, o d’altro tipo che attraversano il racconto.
Se una narrazione esiste in quanto tale, perché una voce comunica ciò che il punto di vista osserva, l’analisi critica sarà incaricata di constatare i singolari effetti estetici prodotti dall’incrocio tra prospettiva e voce narrante.
Ne I Promessi Sposi si assiste a una caratteristica alternanza tra onniscienza e la dialogicità dei punti di vista e dei discorsi dei personaggi, mentre la focalizzazione media queste istanze demandando alla prospettiva parziale e soggettiva quanto in effetti i personaggi vedono e sentono nel groviglio ambiguo delle esperienze.
Il narratore, insomma, pure se onnisciente e perciò totalmente responsabile del racconto, non prevarica sul personaggio facendogli vedere e fare ciò che vuole.
Questo metodo narrativo peculiare dà i suoi frutti migliori anche per gli effetti ironici indotti dalla distorsione delle prospettive nelle scene di massa di Renzo a Milano.
Qui di sotto un esempio con il testo manzoniano.
Di queste e altrettali cose che vedeva e sentiva (punto di vista del personaggio raccolto dalla voce del narratore), Renzo cominciò a raccapezzarsi ch’era arrivato in una città sollevata, e che quello era un giorno di conquista (punto di vista del personaggio: qui la focalizzazione recupera quasi un discorso indiretto libero), vale a dire che ognuno pigliava, a proporzione della voglia e della forza, dando busse in pagamento (punto di vista del narratore onnisciente: giudizio). Per quanto noi desideriamo di far fare buona figura al nostro povero montanaro (intervento metanarrativo del narratore sul personaggio di cui si parla: onniscienza), la sincerità storica ci obbliga a dire (distacco, autonomia del narratore) che il suo primo sentimento fu di piacere (focalizzazione).
Aveva così poco da lodarsi sull’andamento ordinario delle cose, che si trovava inclinato ad approvare ciò che lo mutasse in qualche maniera (punto di vista di Renzo: focalizzazione). E del resto, non essendo un uomo superiore al suo secolo (distacco del narratore onnisciente), viveva anche lui in quella opinione o in quella passione comune (giudizio del narratore) che la scarsezza del pane fosse cagionata dagli incettatori e dai fornai: ed era disposto a trovar giusto ogni modo di strappar loro dalle mani l’alimento che essi, secondo quella opinione, negavano crudelmente alla fame di tutto un popolo (focalizzazione: punto di vista di Renzo compartecipe dell’opinione collettiva).
La diversità delle ottiche e dei giudizi è ben rilevata, tuttavia Renzo viene istituito da Manzoni come personaggio autonomo e responsabile. Attraverso il suo sguardo noi conosciamo gli eventi, mentre il compito del narratore è mettere in rilievo il duplice e concomitante processo di stravolgimento da parte della giustizia e della folla irrazionale in cui resta coinvolto l’eroe.
Si tratta di una narrazione a eco, fra discorso del personaggio e commento del narratore, ed è uno dei moduli fondamentali e caratteristici della dialogicità polifonica del romanzo.
E ancora, secondo Genette, vi sarebbero due alterazioni principali della prospettiva: la PARALLISSI o omissione laterale, in cui il narratore offre meno informazioni di quanto non sia necessario, e la PARALLESSI o eccesso informativo, in cui il narratore dice più di quanto non sia autorizzato a dire dal codice di focalizzazione del racconto.
Un esempio di parallissi è l’omissione di un’azione o di un fatto importante da parte del personaggio focalizzato. L’alterazione opposto può consistere in un’incursione della coscienza di un personaggio durante un racconto gestito in focalizzazione esterna. Spesso la parallessi è introdotta da formule quali egli non capì che, non si accorse che… ecc.
Seymour Chatman, nella sua opera più volte citata, ci ricorda che il punto di vista è sì un orizzonte percettivo, ma può anche riferirsi a una visione concettuale o prammatica.
Pertanto scrive:
“ La differenza fondamentale tra punto di vista e voce narrativa è questa: il punto di vista è il luogo fisico o l’orientamento ideologico o la situazione pratico-esistenziale rispetto a cui si pongono in relazione gli eventi narrativi. La voce, al contrario, si riferisce al discorso o agli altri mezzi espliciti tramite i quali eventi ed esistenti vengono comunicati al pubblico. Punto di vista non significa espressione, significa solo la prospettiva attraverso cui è resa l’espressione. Prospettiva ed espressione non sono necessariamente collocate nella stessa persona. Molte combinazioni possono presentarsi. Consideriamo il punto di vista in senso letterale, e cioè quello percettivo. Eventi ed esistenti possono essere percepiti dal narratore e raccontati da lui in prima persona: Mi sentii cadere, o Vidi Jack cadere, nel primo caso il narratore è protagonista, nel secondo è testimone. Oppure il punto di vista può essere assegnato a un personaggio che non è il narratore: e allora la voce narrativa distinta può farsi o non farsi udire. È il caso di: Mary, poverina, vide Jack cadere. Oppure ancora l’evento può essere presentato in modo che non risulti chiaro chi e se qualcuno lo percepisce (in questo caso la percezione non interessa): Jack cadde.”
Dunque, se la narrazione è gestita dal narratore onnisciente, che ne sa e ne dice più di qualsiasi altro personaggio (per intendersi: Narratore > Personaggio), si ha il racconto a NON FOCALIZZATO o a FOCALIZZAZIONE ZERO.
L’esempio classico di racconto a focalizzazione zero è I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Se invece la narrazione è gestita da un personaggio, di cui assume il Punto di Vista (Narratore = Personaggio, o visione con), si ha un racconto a FOCALIZZAZIONE INTERNA.
L’esempio classico è il Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello.
Se, ancora, la narrazione è gestita da un narratore che ne sa e ne dice meno di un personaggio (Narratore < Personaggio, o visione dall’esterno), si ha il racconto a FOCALIZZAZIONE ESTERNA.
Sono quei racconti che registrano fatti e parole dei personaggi senza che il lettore possa capire i loro sentimenti o pensieri.
Queste tre modalità possono però pure intrecciarsi o alternarsi in uno stesso testo: il racconto avventuroso, ad esempio, inizia quasi sempre con la focalizzazione esterna su alcuni personaggi enigmatici, o anche sul protagonista descritto misteriosamente, per proseguire con l’onniscienza, che rivela gli antecedenti dell’eroe, o con la focalizzazione su di un personaggio.
La focalizzazione è una restrizione del campo visivo rispetto all’onniscienza del racconto classico, dove il narratore non solo sa e vede tutto, penetrando nell’animo dei personaggi e interpretandone i più reconditi pensieri, ma è anche onnipresente, è ubiquo, osserva ciò che a tutti sfugge.
La focalizzazione interna può essere FISSA (tutto è filtrato dal protagonista) o VARIABILE (dove le figure focali sono un certo numero) o MULTIPLA , come nei romanzi epistolari, dove lo stesso avvenimento viene evocato varie volte a seconda dei punti di vista dei personaggi.
Facciamo un passo indietro. Prospettiva e voce, punto di vista e narratore, seppur distinte sono nel concreto sempre strettamente unite.
Prendiamo I Promessi Sposi, il romanzo presenta la figura del narratore autore onnisciente da cui sono state viste e dette le cose che avvengono nel racconto. Un modo piuttosto classico e rodato.
La peculiarità del discorso narrativo manzoniano consiste in un’accurata separazione delle parti tra il narratore e i personaggi.
Ciò permette l’autonomia del narratore nell’assumere, con la propria voce, la responsabilità dei giudizi morali, psicologici, storici, o d’altro tipo che attraversano il racconto.
Se una narrazione esiste in quanto tale, perché una voce comunica ciò che il punto di vista osserva, l’analisi critica sarà incaricata di constatare i singolari effetti estetici prodotti dall’incrocio tra prospettiva e voce narrante.
Ne I Promessi Sposi si assiste a una caratteristica alternanza tra onniscienza e la dialogicità dei punti di vista e dei discorsi dei personaggi, mentre la focalizzazione media queste istanze demandando alla prospettiva parziale e soggettiva quanto in effetti i personaggi vedono e sentono nel groviglio ambiguo delle esperienze.
Il narratore, insomma, pure se onnisciente e perciò totalmente responsabile del racconto, non prevarica sul personaggio facendogli vedere e fare ciò che vuole.
Questo metodo narrativo peculiare dà i suoi frutti migliori anche per gli effetti ironici indotti dalla distorsione delle prospettive nelle scene di massa di Renzo a Milano.
Qui di sotto un esempio con il testo manzoniano.
Di queste e altrettali cose che vedeva e sentiva (punto di vista del personaggio raccolto dalla voce del narratore), Renzo cominciò a raccapezzarsi ch’era arrivato in una città sollevata, e che quello era un giorno di conquista (punto di vista del personaggio: qui la focalizzazione recupera quasi un discorso indiretto libero), vale a dire che ognuno pigliava, a proporzione della voglia e della forza, dando busse in pagamento (punto di vista del narratore onnisciente: giudizio). Per quanto noi desideriamo di far fare buona figura al nostro povero montanaro (intervento metanarrativo del narratore sul personaggio di cui si parla: onniscienza), la sincerità storica ci obbliga a dire (distacco, autonomia del narratore) che il suo primo sentimento fu di piacere (focalizzazione).
Aveva così poco da lodarsi sull’andamento ordinario delle cose, che si trovava inclinato ad approvare ciò che lo mutasse in qualche maniera (punto di vista di Renzo: focalizzazione). E del resto, non essendo un uomo superiore al suo secolo (distacco del narratore onnisciente), viveva anche lui in quella opinione o in quella passione comune (giudizio del narratore) che la scarsezza del pane fosse cagionata dagli incettatori e dai fornai: ed era disposto a trovar giusto ogni modo di strappar loro dalle mani l’alimento che essi, secondo quella opinione, negavano crudelmente alla fame di tutto un popolo (focalizzazione: punto di vista di Renzo compartecipe dell’opinione collettiva).
La diversità delle ottiche e dei giudizi è ben rilevata, tuttavia Renzo viene istituito da Manzoni come personaggio autonomo e responsabile. Attraverso il suo sguardo noi conosciamo gli eventi, mentre il compito del narratore è mettere in rilievo il duplice e concomitante processo di stravolgimento da parte della giustizia e della folla irrazionale in cui resta coinvolto l’eroe.
Si tratta di una narrazione a eco, fra discorso del personaggio e commento del narratore, ed è uno dei moduli fondamentali e caratteristici della dialogicità polifonica del romanzo.
E ancora, secondo Genette, vi sarebbero due alterazioni principali della prospettiva: la PARALLISSI o omissione laterale, in cui il narratore offre meno informazioni di quanto non sia necessario, e la PARALLESSI o eccesso informativo, in cui il narratore dice più di quanto non sia autorizzato a dire dal codice di focalizzazione del racconto.
Un esempio di parallissi è l’omissione di un’azione o di un fatto importante da parte del personaggio focalizzato. L’alterazione opposto può consistere in un’incursione della coscienza di un personaggio durante un racconto gestito in focalizzazione esterna. Spesso la parallessi è introdotta da formule quali egli non capì che, non si accorse che… ecc.