Mariolino Paperino

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Mario Pulimanti
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Mariolino Paperino

Messaggio da Mario Pulimanti »

MARIOLINO PAPERINO


Mi chiamo Mario.

Mario Pulimanti.

Ma molti ultimamente hanno preso a chiamarmi Mariolino Paperino perché, a loro dire, somiglio a Paperino.

Sì proprio lui, Paolino Paperino, il simpatico, ma impacciato papero disneyano.

L’antieroe per eccellenza.

Paperino è un pasticcione, combinaguai, dispettoso, irascibile, testardo, pigro, fifone, ma si ingegna sempre nel trovare una soluzione che gli eviti un po' di fatica, a volte ci riesce, ma altre volte va incontro ad un mare di guai, complicandosi la vita per una sciocchezza, soprattutto perché è perseguitato da una tremenda e proverbiale sfortuna.

Proprio come me.

Infatti, così come, sul versante femminile, esistono le mani di fata, su quello maschile esistono gli uomini veri, quelli da amaro Montenegro, capaci di salvare cavalli ma anche di aggiustare oggetti, di riparare guasti domestici, di lavare i piatti e di cucinare.

Io, ahimé, come molti altri uomini, da buon Paperino, non appartengono a questa categoria.

In realtà so fare tante altre cose.

Leggo moltissimi libri e me li ricordo.

Credo di cavarmela con la scrittura e malgrado quello che dicono certi miei colleghi, penso di lavorare con impegno e con discreta abilità.

Faccio delle belle fotografie.

E poi quando c’è da bere e da mangiare sono un vero professionista!

Ma, come dice mia moglie Simonetta, in tutto il resto, o quasi, sono un disastro.

E quando dico disastro non esagero.

Perché la mia vita è punteggiata, quotidianamente, da sconfitte imbarazzanti.

Prendiamo la botanica.

Vi dico subito che Simonetta ha il pollice verde.

Ogni pianta che lei mette in casa diventa un baobab.

Io, invece, sono una catastrofe vivente.

Ogni pianta che metto in ufficio muore dopo pochissimi giorni.

Sono l’Attila delle azalee, dei ficus e degli oleandri.

Passiamo alla cucina.

Per sintetizzare il mio rapporto con i fornelli sarò esplicito: non so cucinare nemmeno un uovo al tegamino.

Quando prendo in mano una padella divento Fantozzi.

Confondo il sale con lo zucchero.

Mi brucio le mani quando scolo l’acqua della pasta.

E le poche volte che ho provato a cuocere una bistecca i vicini hanno chiamato i pompieri per via del fumo, che ho provocato nel palazzo.

Poi c’è il bricolage.

Se c’è da attaccare un quadro mi prendo a martellate da solo.

Se devo bucare una parete col trapano mi ritrovo nel salotto dei vicini di casa.

Non parliamo dei miei maldestri tentativi quando c’è da sturare un water: provoco un maremoto e allago l’appartamento.

Se cerco di aggiustare una presa elettrica faccio saltare la corrente in tutto il quartiere.

E pensare che ero stato sul punto di rifarmi da solo l’impianto elettrico di casa.

Già, prima che i miei, saputolo, fuggissero in una sperduta isola dell’Oceano Indiano.

Un ottimo motivo per cambiare subito idea e chiamare l’elettricista di fiducia, certo!

Da solo non riesco a mettermi un cerotto al dito.

E se prendo in mano un tubetto di attaccatutto resto per tre giorni con il pollice incollato all’indice.

Piuttosto che cambiare una gomma della mia automobile, vendo l’automobile.

Perché potrei restare lì, a combattere col crick, per intere settimane.

Impazzisco quando c’è da registrare qualcosa in Tv usando il timer.

Se decido di registrare un film mi ritrovo sul nastro un documentario sulla vita delle renne nella Lapponia orientale!

L’atro giorno sono andato a trovare mia suocera a Collevecchio, un delizioso borgo collinare, immerso nel verde della Sabina.

Ho fatto tutto quello che c’era da fare: zappare, potare, ripulire, non dovevo avere rimorsi di essere accusato di stare seduto con le mani in mano.

Senza scompormi, vi avviso che mi sono tagliato un dito.

Ho acceso il fuoco nella sala da pranzo: è stato purtroppo necessario l’intervento della Protezione Civile.

Ho sbagliato, a quanto pare.

E a mia moglie che mi inseguiva facendo dondolare pericolosamente l’accetta che teneva in mano, fischiettando allegramente le ho fatto presente che doveva, invece, premiare il mio piccolo sfoggio di zelo.

Anche se, tuttavia, non è passato inosservato e ha fatto qualche danno.

Vero, posso però dire che mi sento più a mio agio con penne e matite. In fin dei conti, nessuno è perfetto!

Comunque sono un uomo fortunato perché mia moglie, nonostante tutto, è innamorata dei miei difetti e, sempre vigile sul destino dei nostri due figli, Gabriele ed Alessandro, finisce con l’essere lei il vero fulcro della famiglia, anzi ne è l’unica colonna portante.

E, anche se il suo tentativo di trasformare la nostra famiglia in una unità di cui andare socialmente fieri fallisce inevitabilmente, eppure l’amore rimane lo stesso.


Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
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