Pagina 1 di 1

La voce invisibile del vento

Inviato: 21/02/2012, 12:27
da Mario Pulimanti
LA VOCE INVISIBILE DEL VENTO

Mi chiamo Mario ed abito ad Ostia.
Nessuno sa niente di me.
Mi sono tenuto fuori dai radar.
Le persone che hanno conosciuto mio padre, affermano che sono il suo ritratto.
Lui, il poeta Antonio Valeriano, ha più volte mostrato il proprio coraggio, ma ancora di più ne ha dimostrato nell’ultima battaglia, quella contro la malattia che nel giorno di pasquetta del novantadue lo ha ucciso, ma non piegato.
Se sono in difficoltà, penso: papà ti prego fai qualcosa.
Lo so che ci sei, da qualche parte.
So che mi vedi.
Ho sempre fatto tesoro dei suoi consigli.
So quando è il tempo di passare all’azione o di starne fuori.
Tuttavia ci sono cose che facciamo perché ne abbiamo voglia e altre che facciamo perché ci tocca. Questione di sopravvivenza.
Sono fortemente attratto dalla pittura di rottura, che rifiuta il neoclassicismo ottocentesco vetusto e arrogante.
Ammiro l’opera coraggiosa dei primi espressionisti e dei secessionisti viennesi. Mi illumino davanti alle scomposizioni cubiste di Cezanne e Picasso, mi esalto con le pennellate di Van Goch, piango con Munch e le sue angosce dilatate.
C’è molto vento oggi a Ostia.
Erba bianca di brina si stende lungo il prato di Piazza delle Repubbliche Marinare.
Raggiungo la spiaggia.
E’deserta.
Sto sulla riva e guardo con occhi astiosi mare.
Sembra scosso da una corrente molto forte.
Anch’io mi sento scorrere via.
Sono sempre stato uno di quei pesci furbi che ridono quando vedono l’amo camuffato con la mollichella di pane.
Girano alla larga.
Diversa è la storia quando ti ritrovi dentro la rete e neanche tu sai come ci sei finito.
Io non lo auguro a nessuno.
Neanche al mio peggior nemico.
Ho una certa  considerazione del mio spirito critico.
Anche se non amo molto i dettagli.
Troppi dettagli significano sempre difficoltà, e difficoltà significano un disturbo della mia pace interiore, e questo non posso sopportarlo.
Preferisco, comunque, non immischiarmi in problemi che mi risultano troppo sgradevoli e mi getterebbero soltanto nella più penosa incertezza e inquietudine laddove, proprio per far uso della mia ragione, avrei bisogno di certezza e di quiete.
Incontro Claudio.
Mi presenta Olga, una ragazza moldava.
Sottovoce mi informa che non si tratta di una fidanzata ma solo di un’oasi di affettuosità, tenerezze e sospiri.
Li saluto e continuo a passeggiare.
Dall’alto del Pontile, contemplo il mare.
Che bello vedere una tale, sconfinata immensità.
Meraviglioso trovarsi davanti a qualcosa di cui non riesci a scorgere la fine.
Scruto l’orizzonte che si perde nell’acqua.
Rimango per qualche istante con lo sguardo perso in lontananza.
Poi guardo verso il punto in cui il mare si ricongiunge alla terra.
A riva si scorgono cinque gabbiani vicino a delle imbarcazioni.
Incontro Gabry ed Alex.
Gabriele ha 25 anni e Alessandro 17, ma mi ricordo bene quando erano piccoli.
La visita dell’ostetrica.
Il bagnetto, il cambio dei pannolini.
Gli annessi e connessi: i marsupi, le carrozzine, i lettini, le culle di vimini, i biberon, gli sterilizzatori.
Adoravo tutto questo.
Passavo la metà delle mie ore non lavorative a cullarli.
Stanno andando a Cineland, con una comitiva di amici.
Toh…Giorgio…quanto tempo che non lo vedo!
Sta andando ad un ricevimento di una sua amica.
Mi invita a seguirlo.
Mi faccio convincere.
La sua amica é una vedova di quasi sessant’anni decisamente in carne, per non dire che i vestiti neri d’ordinanza le esplodono in prossimità di ascelle, addome e fianchi.
Mi presenta il capomastro di una piccola impresa edile, il titolare di un negozio di ferramenta e l’impresario di pompe funebri…sono abile a chinarmi per palparmi rapidamente i testicoli simulando di controllarmi i lacci delle scarpe.
In quel momento un bambino rosso di capelli mi finisce addosso, sfiorando una pericolosa collisione nelle parti basse e rovesciando il suo carico di patatine fritte.
Per un attimo accarezzo l’idea di proporgli un gioco innocente: “Vieni tesoro, ti faccio vedere quanto è divertente mettere i ditini in quei due buchetti nella parete là in basso…”.
Ma una matrona elegantissima strattona il piccolo per un braccio, spinge col tacco le patatine sotto un mobile e dice ringhiosamente: “Vieni, vieni con mamma, e siediti col tuo cuginetto…”
Saluto e vado via.
Ha cominciato a piovere.
Intorno a me, passi stanchi di casalinghe affannate
Impronte di scarpe da tennis di finti poveri
Tracce di suole che hanno ballato poco e male in tutti i locali di Ostia.
Sotto la pioggia siamo tutti uguali, puzziamo alla stessa maniera.
Torno a casa.
Guardo una foto di papà.
Lui amava ripetermi che “la vita non è una corsa che si può vincere.La fine della corsa è la stessa per tutti: si muore. Il punto non è vincere la corsa, Mariuccio. Il punto è come la si corre. In altre parole, non si tratta di vincere o di perdere, ma di come si gioca la partita. E tu, Mariuccio, corri. Non ti fermare mai.”
Arrivarono Natali.
Capodanni.
San Valentini.
Pasque.
Arrivò la Pasquetta del novantadue.
E continuai a correre.
E ogni tanto mi sembra di sentire la sua voce, nel vento.
Afferro la foto e la tengo stretta a me, e piango, piango, piango, finché non esce più niente.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)