Prosa (Testi per adulti)

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Cinzia T.
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Prosa (Testi per adulti)

Messaggio da Cinzia T. »

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1) - Titolo: Inorganica

Dicono che sono malata,
ma io li guardo, li guardo in bocca e le loro parole
sono come campanelli della notte
che a volte tintinnano, o trillano nel vento,
giù, là in fondo, poco dopo la curva della piana
dove la vallata si sposta verso sinistra (o verso destra?...)
e va ad incontrare quel muro di roccia sedimentata,
propizia lastra di rimbalzo delle mie incessanti sonorità.

Dicono che sono confusa,
ché a correre a piedi nudi il sole avvolgente
e raccogliere farfalle dalle ali “m’ami o non m’ami”
o sciogliere la neve sotto la sciarpa del mio mutismo,
mi caotica il respiro e prolunga – lunga - lunghe fughe,
fugaci apparizioni di un’ombra riflessa (la mia?)
oggi attraente, tra un attimo ammiccante, domani forse feroce
dopo aver rasato ogni peluria coprente/mi.

Dicono che sono troia,
ma a succhiare un cazzo in posizione fetale
tra la lingua e il dente contratti di spasimo,
mi trova bambina raccolta nell’abbandono di lui
e quando schiumo di liquido orgasmo
e inondo il letto di squallida memoria,
a volte dimentico di aprire le mani
serrando con forza la porzione di me.

Dicono che sono sciocca
ché le stagioni non mi considerano
e il bello e il cattivo tempo è un’arte da indossare
nel guanto fradicio di maligni pensieri
e rido forte spogliandomi il freddo
o piango urlando tra le mie cosce
il caldo mestruo della rassomiglianza,
parte abbondante di lei fattucchiera.

Dicono che,
ma il nulla che m’adombra
è l’inezia della loro disarmonia.

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agalli
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Messaggio da agalli »

Prima ero una bambina
che pensava
di avere dormito a lungo,
di avere vissuto a lungo,
e quando sono diventata un frutto
ho appreso quel che mi attendeva.

Allora la vita mi ha impugnata:
la mia risata
era
bella
la mia nudità
azzurra
e il mio peccato
timido.

Hanno gettato il mio corpo nei portafortuna,
cosparso il mio cuore con il miele.
Mi hanno trasformata in un frutto
affinché io vivessi senza radici.

E da quel momento vago da un luogo all’altro.
Indosso una nuvola ogni notte e
solo io mi dico addio, solo io mi do il benvenuto.
Volo per sentirmi assolta non perché ho paura.

Quando l’ignoto mi conduce a sé
la mia costanza è il mare e nella mia unione c’è la tempesta
dell’amore che non getta ancore.

Durante le ore del giorno
esisto,
la mia risata per gli altri, il mio navigare per me.
La sera tutto si trasferisce verso il luogo in cui abita il mio organismo
(da lusingare rampolli)
e ogni mattina il tutto mi risveglia dalla mia assenza
che mi segue e non mi raggiunge mai.
Cinzia T.
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Messaggio da Cinzia T. »

Agalli,
molto bella questa tua frammentazione poetica,
quasi addolcente le sembianze della mia "ebefrenica".
Se tu me lo permetti,
vorrei rendere impersonale la tua "intromissione", usando la terza persona,
mentre io vorrei continuare il mio lavoro di studio scrittorio comparato alla dissociazione psicotica,
in questo caso sull'ebefrenia.

Ti ringrazio per l'attenzione.
agalli
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Messaggio da agalli »

Fa pure Cinzia, sono molto interessato al seguito dei tuoi lavori e vedere cosa ne esce, anche interagendo tra addolcimenti e asprimenti. Ebefrenia non ne ho mai avuta, per fortuna... Ma di dissociazioni psicotiche io sono quasi un esperto.

A presto
Andrea
Cinzia T.
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Messaggio da Cinzia T. »

Bene Andrea :-)

Ti colloco con la "visione" distaccata.
Qualora non fosse di tuo gradimento, naturalmente hai carta bianca e voce in capitolo.
:-)

Il mio seguito verrà in settimana, a "maturazione" avvenuta.

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Prima era una bambina
che pensava
di avere dormito a lungo,
di avere vissuto a lungo
e quando divenne un frutto,
apprese quel che l’attendeva.

Allora la vita la impugnò:
la sua risata
era
bella
la sua nudità
azzurra
e il suo peccato
timido.

Gettarono il suo corpo nei portafortuna,
cosparsero il suo cuore con il miele,
la trasformarono in un frutto
affinché vivesse senza radici.

E da quel momento vaga da un luogo all’altro.
Indossa una nuvola ogni notte e
solo lei si dice addio, solo lei si augura il benvenuto.
Vola per assolversi e non per paura.

Quando l’ignoto la conduce a sé
la costanza diventa il mare e nella sua unione c’è la tempesta
dell’amore che non getta ancore.

Durante le ore del giorno
esiste,
una risata per gli altri, ma il suo navigare è soltanto per lei.
La sera tutto si trasferisce verso il luogo in cui abita il suo organismo
(da lusingare rampolli)
e ogni mattina il tutto la risveglia dalla sua assenza
che la segue e non la raggiunge mai.
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Cinzia T.
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Messaggio da Cinzia T. »

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2) - Titolo: Slegata (primo distacco)




Dico-NO
All’orrore – or/ore - ore – er/ore – errore
delle loro incompiute parole
e frasi e versi e spunti e punti (fermi?) oh! unti
di sutura perversa per-verso l’occasione a loro
placante rabbonente addolcente sedante
la coscienza laterale e medianica
di quel dire in-dire snodato annodante
soltanto ciò che è bene e male.

Dico-NO
Agli sguardi di traverso
(cazzo! Ancora tra - verso – questo verso – sempre verso – solo verso )
inclinato sfacciato insistente asfissiante
IN-DA-GAN-TE!
ogni singolo MIO respiro espiro inspiro trattengo
trat/tengo tengo tutta l’aria che mi circonda
come onda mare cielo e mare e ancora onda
mentre ondeggio volo e plano un poco più lontano
senza mani, senza mano punto fermo.

Dico-NO
Ai pochi spazi chiusi a chiave
chiusi i vetri chiuso il sole chiusa l’acqua della sete,
poca sete poca fame poco sonno
poca voglia della voglia,
io che voglia ho una macchia
rosso fuoco sempre accesa
sulla pelle da piccina
sotto il piede della sera.

Dico-NO
Alle catene strette ai polsi e alle caviglie.
Non le vedo ma le sento ed ora vedo.
Mille passi pochi passi sempre quelli tutto il giorno
giro a destra (o a sinistra?)
ed incrocio ancora il punto.
Mille passi tanti passi corro i passi
ma ogni volta dopo l’altra
ecco ancora la partenza…

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Cinzia T.
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Messaggio da Cinzia T. »

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3) – Titolo: Manierismo uno di uno (frammento)



Dico… di?
E’ la maniera di compiere i gesti
oppure parlare (vuoi vedermi sputare parole?)
fors’anche camminare sopra avanzi di carne
o quando reclino la schiena dopo i colpi d’ariete
laddove slabbrata mi appresto a pestarlo
ingiuriarlo - colpirlo - infilzarlo - ammazzarlo
il placebo di ogni suo sesso.

E’ il modo di svolgerlo ( e fasciarmi?)
di corde grezze, canapa venduta in qualsiasi fioreria,
ed issarlo sollevarlo – sfinirmi senza freno –
mentre madido di salato sperma (ah! Dolce ricordanza…)
chiude a nastro adesivo dalla colla spermicida
la bocca mia senza più anima
ché a srotolarmi nei suoi umori in-corporali,
bevo anche l’ultimo singulto di lui.

E’ il metodo senza regola
di assolvere i miei peccati (quale colpa vesto il nome?)
camminandogli sul ventre tumultuoso
con tacchi a spillo rossi, rossi come il mio fermento
e m’inebrio di languidi vagiti inguinali
ogni volta che il tratto (mio) segna un punto,
posizione spodestata dal possesso
nel dominio egoistico di spettar-si.

E’ la noia di quell’unico missionario (mia la missione del baro)
a voltarmi e rivoltarmi con la frusta.
Scocca lesto sulla pelle il mio delitto,
apro i fianchi, ogni spazio da perdonare,
scrivo, sbavo, grondo e mangio!
Vivo il sacrificio affidatomi dall’esistenza
di percuotere e flagellare la mia gola
perché manco di imputata malattia.

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l.zag

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Messaggio da l.zag »

Vedo che ci diamo da fare...
agalli
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Messaggio da agalli »

In effetti... interessante Cinzia la tua rappresentazione. Non vedo molto l'Ebefrenia come dicievi, ma piuttosto una passione per qualcosa in più. Sulla stessa scia...

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Un don giovanni di turno
(Francesca Pellegrino, Andrea Galli)

Ho vissuto come un pazzo e ho sperperato il mio amore.
Dovessi in qualche modo dire di me ora nell'ebano scuro
sulle mie guance in attesa da chissà quante vite,

io,

forse, troverei il anche il modo

Tesoro ti posso fare entrare dove cammina la mia anima?

Molte facce entrarono:

- ragazze molto di più del senso di miseria
o la remunerazione o la formale ipocrisia
del pudore che mi chiude il cuore adesso,
con l’anima ormai un ventilatore, la mia parte di minimi
tremante e bruciante negli occhi col cuore d’inverno -

io,

forse, troverei anche il modo
di mostrare tutto l'affetto delle ore
sul mio viso e non il ticchettio semistonato di
orologi che non sognano altro
che disertare questi polsi
come Lazarus lanciato nel panico dalla luce del giorno.

Tesoro ti posso fare entrare dove cammina la mia anima?

Molte facce entrarono, sì:

- ora era la torcia con i capelli rossi che il vento non può spegnere,
ora una madre coi narcisi nella mano sinistra,
ora una cameriera che funambolava tra vassoi e i fumi dell’alcol,
ora una sposa che aveva ancora il gelo sulle sillabe di un "si" sbagliato,
ora uno sguardo nelle mani con più in più voglia di piangere,
ora una zingara con i suoi occhi di lacrime che guardano un nomade sporco...

prima del parrucchino furono fiumi arteriali, poi una quarantina d’anni più di loro,
avvicinandomele alle labbra, loro, liberandosi, mi accarezzavano la guancia
con il pollice -

e io,

forse,
seguendo la scia del mio stesso treno di parole,
vi direi anche delle probabili pieghe del letto,
sempre disfatto sotto i "ti amo" che
piovevano a dirotto nella stanza.

Tesoro ti posso fare entrare dove cammina la mia anima?

come un Dio che muore venerdì e ritorna in vita domenica,
come un Cristo che scala il cielo meglio di qualunque astronauta,
come il diavolo nelle sua profondità che alza le testa per guardarlo
- se è così bravo a volare lo chiameremo un fuggitivo -

E loro, le ragazze, le giovani donne,
erano un giro di rondini intorno al bel ginnasta,
ed il cielo disinnescava angosce e nodi alla gola,
nelle scintille delle loro risa
mentre collocavo dell’amore su un mangianastri,

e io,

sempre e solo di schiena - dopo -
in piedi a recuperare il tempo, riordinando
l'apparenza d'oro dell'anulare
mentre loro
avrebbero potuto avere
altri occhi
altre bocche
altra pelle e
sono certo che - per me -
non avrebbe fatto alcuna differenza.

Perché io

sono un Cristo in un'altra forma e di un credo diverso,
sono un Cristo più basso di aspettative o più pallido di un presepio magico.

Arrivederci, vi dico,
e ora taglio il collo al sole.
Cinzia T.
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Messaggio da Cinzia T. »

:-)

Sì, certo Andrea, manco di chiarezza (intenzionale),
ma dai sottotitoli pensavo si potesse dedurre.
Sto procedendo passo dopo passo,
e sto cercando di sviluppare più aspetti "ebefrenici",
con l'intento di creare più visioni/stati/stadi possibili.
Saprai meglio di me che l'ebefrenia è degenerativa
e degenera molto velocemente.
Ecco,
io vorrei proporre il suo cammino senza ritorno,
ambiendando i vari distacchi.

Complimenti a te e a Francesca per questo "Don Giovanni" dell'anima.
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