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Bollettino N.1/2006



progetto e realizzazione

Alberto Bertoni - Stefano Massari

Giancarlo Sissa



Redazione

Alberto Bertoni - Mimmo Cangiano

Gianfranco Fabbri - Stefano Massari

Giancarlo Sissa - Nicola Vacca



www.fuoricasapoesia.blogspot.com



spedito: 2 gennaio 2006

copie: 6377


RaW immagine di Sylvia Mair






voltato l?anno . in questo tempo minaccioso e disorientante non cessa il cicaleccio ?illuminato? ?democratico? ?santificante? che su ogni campo fabbrica e propina direzioni e fedelt? sempre meno adeguate alla vertigine crescente di questo presente che chiede non un nome solo - non una sola strada . nel nostro infinitamente piccolo tentiamo di tenere aperta e costruttiva la nostra progettualit? ? individuale e condivisa ? fedeli all?esperienza fatta e liberi dal dubbio dell?inutilit? . liberi anche dall?ansia di un futuro frettoloso e dal fiato corto . quel che ci tocca ? la domanda per nulla emblematica ma concreta e sanguinante - scoscesa e corale - di questo presente - senza mai perdere la volont? indispensabile dell?ascolto e della memoria . auguri . Lorenzo Chiuchi? ha appena pubblicato IRIDE INCENDIO (NIEBO, Ed. La Vita Felice diretta da Milo De Angelis) . apriamo nel suo urto necessario violento cristallino - nella sua tensione all?apice - dove la parola si compie dentro l?attimo incandescente in cui esistenza e visione collidono . l?inizio di un cammino pericoloso e fondamentale . entusiasmante . __ verso la fine di gennaio saranno disponbili i DVD di SECOLOZERO n.0/1 (tuttora disponibile su WEB fino al 7 gennaio) e n.2 di cui daremo notizia nel prossimo bollettino . buon inizio del cammino . a presto . sm





1. IRIDE INCENDIO di Lorenzo Chiuchi?





Gerarchie



I

Il dolore ha del magnete la voce,

chiama costellazioni le attese,

albeggia sprofondato

? ed ecco ? diastole e unghie:

?Chi non sei? Chi sei stato??.

Ecco: ? iniziato.



II

La melodia dell?eco

pi? distante del nome

pi? leale del cielo?



brancola la risposta

e il fiore vive senza permesso,

? l?eco, ? l?adesso.



III

?Il cancello ? fatto di spine e tempo:

spingi, sanguina, entra?.









Oggi c?? il fuoco a delimitare

il chiodo delle pupille,

l?urto del grido,

il gesto interrotto e dimenticato.



Oggi c?? il fuoco a consacrare

inasprire e vanificare.



E nessuno ? cenere

nessuno deve spiegazioni al vento.









Bisogna riscrivere

scrivere

l?impero dei presagi,

dire: ?Diventate!?

alle corde vocali e alla prosa che salva?



bisogna inventare nomi immobili

fiamme d'argento,

minuti e luce che assediano il diluvio.



Diventa frana di luce

nel canto disperato

diventa frana di luce

del tuo sogno di nomi.









Ingranaggio di nervi e vecchi sguardi,

disillusione divina e fuoco

nelle carni brune,

allegoria e danza di dolore,

soffio di arterie trafitte,

adunata di bestie

che risplendono della vacuit?

delle destinate.



Interminato elenco

di silenzio duro:

l?icore sparso

l?inverno

un?effimera che perde i colori.









Caddero le stelle come metalli tarlati d'incenso,

rigarono in un graffio lo sfondo

di un mare di resti neri.



Caddero una dopo l'altra finch? stanche

di comparsare tremolanti discese, vollero desiderare

e non rimase che il desiderio.









Una porta che si apre,

un canto d?avvicinamento.

Trentadue anni in fuochi che bruciano vocali?

santificano asce di luce.







La poesia

una porta che si apre,

una luce che gela la grafia?

ma io sogno come il cielo.

Io sono immobile come il fuoco:

n? disprezzo n? amore:

dal divieto trasgredito affiorano i miei occhi.

Guardami.

Appartengono a Selene

e a chi non li vuole.

Guardami ora.

Aspetto la rima mancata, senza eco,

quando ? carminio inginocchiato nelle vene,

quando ? giglio nero.



Guarda, la porta ? aperta.









Bianco: come la colomba che una mattina di maggio vidi sul ciglio della strada e pensai che stesse aspettando qualche occhio di poeta a corto di fantasia? bianco: come povero quadrante di orologio di stazione, meccanica contabile vecchiezza sempre in attesa? acciaio di lame nelle quali mi specchio e mi inciprio il cervello- ruvido: di strada strisciata sulle ginocchia, cadendo veloci e l?anima strappata- bianco: alba bianca cieca: pathos di Caronte che attende i viaggiatori e stacca loro le teste? vino: in gocce lungo le tempie e raccolto da un bacio? musica: di stelle che regalano idrogeno e esplodono in semibiscrome di ferro.



La danza

Parlammo di come si fabbricano aerei di carta e sogni di sangue, di come toccarsi senza innocenza e dell?innocenza, delle radici che nascono e spaccano il cranio dei poeti un passo pi? vicini all?inferno e un metro distanti dai miei indifferenti, parlammo del navigare a vista e del Nord rifiutato, del ferro delle ossa e di quello delle armi necessarie, dello spendersi per niente e niente in cambio, delle parole inservibili da sporcare a morte quel che resta e quello che non sar?, del dolore che ? mai redento e mai lo sar?, parlammo del masticare un respiro e del lasciarlo perdere perch? stanco da far piet?, del cullare il bambino di un altro. del cadere ridendo, dell?uccidere e del ?perch? no??, parlammo dell?ossessione che chiamiamo Dio e diventa ciste e trappola, del solletico leggero artiglio alla nuca, della gioia-ghigliottina da bruciare in cenere di foglia e benzina e brivido.








Lorenzo Chiuchi?



(Perugia 1973)

Ha pubblicato studi su Hoffmann, Hrabal, Camus e Char in Estetica (Il Melangolo); e Davar (Diabasis); un dialogo fra Luigi Pareyson e Sergio Quinzio in Sergio Quinzio, il messia povero (Rubbettino, 2004). Ha tradotto Icarus in Assisi del poeta americano Murray Bodo (Minerva Edizioni, 2001). Ha curato la traduzione italiana dei seguenti saggi di Albert Camus: L?artista in prigione (Davar, I/2003, Diabasis) Ren? Char (Davar, II/2005, Diabasis). Sempre di Camus ha curato e commentato Metafisica cristiana e neoplatonismo (Diabasis, 2004) La devozione alla croce, adattamento dell?opera di Calder?n de la Barca.

E? appena uscita la raccolta poetica Iride incendio (Niebo, Ed. La Vita Felice, Milano), con una intorduzione di Milo De Angelis. Insegna all'Accademia Lingua Italiana Assisi.






2. ADORNO, GLI INTELLETTUALI E IL PERSONALE DI CUCINA di Mimmo Cangiano







?Il sacrificio dell?autodisciplina intellettuale riesce troppo facile a chi lo esegue perch? si possa pensare che si tratti veramente di un sacrificio?.

Nell?oggi e nell?attuale italiano ?mondo della poesia? vive indistruttibile e diffuso un sentimento di amore nei confronti di ci? che cade verso il basso, verso il familiare, verso una ?mezza cultura? a cui si da il nome, ahinoi, di vita. Il poeta medio, costretto ormai dalle circostanze a procurarsi di che vivere con attivit? pi? o meno manuali, continua ad avvertire un sacrosanto senso di colpa verso gli esponenti, in senso intellettuale ed economico, di una classe sociale pi? bassa. Invece di agire nel senso di una trasformazione della societ? si comporta per? da illuminato, tiene saldi per s? i propri privilegi e nel frattempo distribuisce mance, ? disposto ad avallare, dall?alto di ci? che inconsciamente considera la propria posizione, le supposizioni dell?illetterato come poesia, salvaguardando per s?, ad ulteriore dimostrazione di una natura di classe, l?elaborazione dello stile, mascherando poi i suoi limiti nei termini di responsabilit? sociale e comunicabilit?. Ci? si spiega in quanto l?intellettuale avverte che l?uomo comune non ? in grado di mettergli ?i bastoni fra le ruote?: la mancata presa d?atto del ?mondo poetico? come luogo di lavoro, non differente nelle sue modalit? dall?universo dei baristi o dal cosmo degli idraulici, getta le basi del nostro moralismo nella condanna di litigi, mezzucci e simili. Ma se questa ? la societ? cos? come l?abbiamo tirata su in millenni di civilt?, non possiamo sperare che la ?corporazione poesia? abbia al suo interno leggi differenti, anche la poesia ? infatti una sovrastruttura decretata dai rapporti economici fra gli appartenenti alla specie uomo. I poeti per? sembrano non capirlo e fuggono in campagna o ?accorrono a frotte nei templi indiani?.



3. FUORIRIGA a cura di Nicola Vacca







Salutiamo con favore la nascita di una nuova casa editrice. Soprattutto quando essa decide di occuparsi anche di poesia. Da qualche mese sul mercato, la romana AZIMUT si ? gi? fatta notare grazie alla qualit? dei libri pubblicati. Basta dare un?occhiata al sito (www.azimutlibri.com) per rendersi conto dell?originalit? del progetto editoriale. Adriana Merola e Guido Farneti sono gli artefici di questa nuova avventura che propone il libro come oggetto prezioso, che va difeso dal desiderio del mero apparire. Adriana, avvocato e pittrice, (sono infatti tutte sue le copertine dei volumi pubblicati) e Guido, poeta prima che editore, hanno in comune la grande passione per i libri. Questo infinito amore per la parola ha ispirato la fondazione della loro casa editrice, intesa finalmente come luogo d?incontro di diverse espressioni artistiche che interagendo tra loro danno vita a nuovi linguaggi, creando commistioni per raccontare storie ogni volta diverse. Questa ? la formula di successo del marchio editoriale, tutto giovane ? pieno di entusiasmo creativo. La conferma arriva dalla 4? edizione di PIU? LIBRI PIU? LIBERI, la fiera della piccola e media editoria che si ? tenuta a Roma all?inizio di dicembre del 2005. Lo stand di AZIMUT ha registrato un forte numero di presenza e di vendite, confermandosi come la vera novit? dell?intera manifestazione. Ma ? con la poesia, come dicevamo, che la casa editrice tenta di conquistare i lettori italiani. Al fiuto di Guido Farneti si deve infatti la scoperta e la pubblicazione nella nostra lingua di un poeta straordinario come Leopoldo Mar?a Panero.

Pensavamo che la setta dei poeti maledetti si fosse estinta con la scomparsa di Baudeleaire, Rimbaud e Verlaine. Non speravamo mai di incontrarne uno nel terzo millennio. Invece il miracolo ? avvenuto. Il suo nome ? Leopoldo Mar?a Panero, spagnolo di Madrid, classe 1948. Panero ? considerato l?autore pi? radicale della poesia spagnola degli ultimi tempi. Egli inizi? a vent?anni il suo scontro ininterrotto con le istituzioni psichiatriche e sociali. Nel 1968 tent? di suicidarsi due volte, ha conosciuto il carcere per motivi di droga, fu ricoverato ripetutamente in diversi manicomi. Ha trascorso maggior parte della sua vita internato in ospedali psichiatrici. Attualmente ? recluso nel sanatorio di S.Francisco de Paula nell?isola di Gran Canaria. Passa il suo tempo a scrivere. Ha pubblicato pi? di trenta libri di poesia, narrativa e saggistica. Sconosciuto nella nostra lingua, arriva adesso nelle librerie tradotto magnificamente da Ianus Pravo, ?Narciso nell?accordo estremo dei flauti? (Azimut, pp.155, euro 11) la sua opera pi? importante scritta a Parigi alla fine degli anni settanta del secolo scorso. Grazie alla sensibilit? , l?opera poetica di un genio della poesia europea ? finalmente messa a disposizione dei lettori appassionati di libri di poesia. Poeta dalle tinte forti, Leopoldo Mar?a Panero si definisce un discepolo della follia. Inseguendo l?idea sublime del personale naufragio esistenziale, Panero spinge il disastro della sua vita fino all?esperienza estrema e in quest?ambito conduce una ricerca disperata della sua identit?: non scrivo perch? sono condannato, ma sono condannato perch? scrivo. E? la follia il teatro estremo in cui naufraga la sua stagione all?inferno: Chiunque attraversi il tunnel della Paura /giunge fatalmente all?Ultimo Specchio/dove una donna avvinghiata al tuo scheletro/ci mostra/faccia a faccia/l?inferno degli occhi sigillati/degli occhi per sempre spenti in una maschera/ di morta rappresentando nell?aldil? il teatro/estremo:/ cos? io guardai gli occhi che cancellarono la mia/anima/cos? ho guardato un tempo che non esiste/nell?Ultimo Specchio. La genialit? visionaria di Panero ? attraversata da una follia tutta metafisica, allucinata da una scrittura crudele che non finisce mai di abitare la casa della pazzia. La canzone consumata della sua follia ci regala momenti di altissima poesia che derivano dall?apoteosi lirica di un cuore che si smaschera e mette a nudo tutte le ragioni schiette di una scrittura che cerca nella parola un?apoteosi di senso. Leopoldo Mar?a Panero ? un autore titanico, che nella sua opera tenta una disperata difesa del mondo della parola contro il mondo del sorriso. Nella perfetta tradizione letteraria della poesia maledetta elegge la follia a sua Madonna, unica Signora con la quale danzare ai limiti del mondo, nel tentativo estremo di cogliere fuori cornice lo spirito convertito in teatro vuoto. Il delirio di ?Narciso nell?accordo estremo dei flauti? rappresenta il labirinto senza scampo di un?esperienza poetica in cerca nelle ragioni dell?assoluto: l?essenza dell?unica bellezza che esiste. Quella che insieme a terrore genera nell?incubo il sentiero azzurro della pazzia.







4. DUELIBRI a cura di Gianfranco Fabbri







Gianfranco Lauretano ? un autore che rappresenta molto bene le istanze dell?uomo attuale. Con buona perizia si dipinge in OCCORREVA CHE NASCESSI (Marietti Editore, 2005), l?ultima sua raccolta di poesie, dove pare che riesca ad affrontare la propria componente spirituale attraverso una contenuta (se non addirittura quieta) ?disperazione? esistenziale. Lo scostamento dei versi dal loro senso stretto dona nel contempo fastidio e piacere: fastidio, a causa del ?fuggir per la tangente?, senza avere annotato con pi? sostanziale materia ci? che si voleva asserire; piacere, perch? ne deriva una forte allusivit?, un?ambiguit? che in poesia ? sempre di buon auspicio. Chiaro ? comunque il senso di isolamento (proprio dell?uomo inteso come ?isola?) che Lauretano fa pervenire al lettore, sempre cos? in bilico quest?ultimo tra un ?l?ggere apparentemente diretto? e un sentirsi pedina passiva. Parrebbe chiara l?ansia della ?verit? schiacciante? - l?esistenza ammessa del Dio, e le sue conseguenze - : una verit? che produce, a livello stilistico, un accumulo nominale, un gettar frasi (versi) come additivi stornanti. Gianfranco, al di l? dell?apparenza dolce, fornisce un sentimento trattenuto di violenza inconsapevole, che riesce ad avvolge il lettore e lo fa entrare in un continuo ?ossimoro? con ?l?altra parte? del testo. Vengono avanti frattaglie di eros, subito connesse con l?etica e la sovrastruttura della educazione formativa. Si registrano reticenze spettacolari e anche una certa fatica nel rendere tirato a smalto il ?discorso?: tant?? che la parte centrale della raccolta subisce una pur necessaria flessione generale, costituita da aspetti pi? convenzionali. Ma con la sezione ?Ancora mattino? si risorge, grazie alla verace osservazione dell?ambiente esterno. Si perdono le filacce logico-riflessive e si procede nella coloristica di un paesaggio psico-geografico, fatto di stanze, di ore serotine e di oggetti ordinari. L?uomo, qui, ritorna alla propria sovranit?, cancella i pur necessari dubbi sull?esistenza e si dichiara ?animale? multiforme. Adesso ? al centro della fede e si dota del Dio relativo. Il dichiararsi ?cristiano?, in altri luoghi e su altre pagine, avrebbe dato fastidio: qui no. La proclamazione (non la confessione) viene esplicitata con la leggerezza, la maturit? e il candore necessari a riunire l?adulto con il fanciullo, per rendere veritiero il titolo di questo libro interessante.




Leggendo l?ultimo libro di Stefano Guglielmin, COME A BEATO CONFINE (Book Editore) ho avuto modo di sperimentare il senso dell?impotenza intellettuale nel comprendere subito ci? che l?autore voleva comunicarmi, circa il proprio mondo cos? complicato e sottile. Mi ha aiutato la citazione posta ad inizio raccolta, una magnifica frase di Deleuze che cos? intona: ??noi tutti diciamo ?io? soltanto attraverso i mille testimoni che contemplano in noi, ma ? sempre un terzo a dire io?. Con una tale, convincente dichiarazione, mi sono inoltrato nella prima delle cinque parti, intitolata: Io dovrebbe. Sin dall?inizio mi sono reso conto della trasgressione sintattica messa a disposizione dei vari frammenti: una sorta di lotta tra il significante del concetto di ?io? e il verbo che lo segue. Il poeta riferisce di una storia scissa? D? la responsabilit? ad un soggetto prestanome?

Questo di Guglielmin ? un libro sulla lucidit? mentale. Un viaggio nei profondi lacerti della lingua: un?impresa, per certi versi, simile a quella di Zanzotto e di Celan. La battaglia del vocabolo ? caratterizzata dal tentativo di avvicinarsi al significato dell?oggetto/idea prescelto. Quattro sono le sezione ulteriori: si passa da Io fatica e migra in cui il Soggetto narrante acquisisce, attraverso echi di sinestesie, peduncoli elementari del linguaggio, per mezzo dei quali l?io parrebbe volgersi ad altre forme situazionali. Neppure l?autore sa dove andare; sembrerebbe metabolizzare le alghe delle acque profonde dell?inconscio; acque fredde e concusse al buio sottomarino. La terza parte, dal titolo A nuovo rivo egli s?avvia prevede un maggiore impegno nel creare strappi sintattici. L?io parrebbe qui perdere, a poco a poco, la dignit? della terza persona per acquisire un senso pi? vicino alla prima persona. Da uno strappo-respiro all?altro, Guglielmin ci rende un poco pi? edotti sull?estetica dell?urto sincopato. Tant?? che nella quarta sezione, Noi, non ? difficile cogliere la tendenza del Soggetto ad accogliere proliferazioni dell??io?. Si vedono entrare in scena, seppure in modo ancora timido ed impacciato, i ?te?, i ?me?, secondo una dinamica di copula carnale. L?ultima parte si intitola Dappertutto e vede l?esondare delle metastasi dell??io? nel ?noi? pi? stretto: una sorta di esito tumorale in fase di pre/morte. Questa sezione ci offre testi-prosa, ad effetto accumulativo, con numerose cuciture automatiche delle frasi, che talvolta si rigirano su se stesse in modo paratattico, ed altre, invece, si evidenziano con regole ipotattiche. Il poeta ? mirabile operaio del sottosuolo psichico ? in vista del discorso di commiato, si fa pi? informe e tende verso il sottovuoto spinto. Tanto informe, si fa, quanto disperato nel darsi un codice di auscultazione che serva a descrivere il mondo esterno in modo analogo a quello interiore, fin qui visitato. Si tratta di lanciare una sorta di S.O.S. agli uomini, ai figli, affinch? non divengano ?muti?, di fronte ai futuri, disastrosi eventi comunicativi.
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Bollettino N.2/2006



progetto e realizzazione

Alberto Bertoni - Stefano Massari

Giancarlo Sissa



redazione

Alberto Bertoni - Mimmo Cangiano

Marco Ercolani - Gianfranco Fabbri Stefano Massari - Pier Damiano Ori Giancarlo Sissa - Nicola Vacca



spedito: 7 febbraio 2006

copie: 6474


www.fuoricasapoesia.blogspot.com






Vivere in uno stato di tensione permanente, intollerabile. La terra in una scodella, al centro del freddo. Leggere con la pancia, con il sapere del sangue (Baudelaire aveva uno specchio nella pancia, che rifletteva la citt?, il fango dopo la neve). Stiamo nel tempo della scellerata impostura, in quello che Ernesto De Martino definiva, ma ad altro proposito, ?il cattivo passato, il tempo che non fu scelto? (in ?La terra del rimorso?). ?E per tre giorni gagliardamente danz? risanando? . Signoria della taranta. Ma noi non abbiamo danza che salvi o esorcizzi, o dobbiamo cercarla lontano, in ombre incandescenti di Flamenco (ne riparleremo). Noi, assediati dall?acqua marcia del guasto sguardo, siamo foglie nere nel tramonto. L?anima che manca istupidisce le radici dell?occhio. La musica cerca un varco, scava poesia, esce dalle condizioni del disprezzo. Per quanto vivi nel fianco di una bestia buia siamo corpi, lupi, riscatto. Guariamo dal servaggio gli elementi del rispetto. I nostri occhi costeggiano l?inverno come vele. Il poeta ? tutte le finestre del mondo.

Giancarlo Sissa





1. IL BENE MATERIALE di Paolo Febbraro





?Mi fa male il viso. La tempia

conta i rintocchi dell?emicrania;

lacrima l?occhio per un grano

di questa terra gi? frantumata.

Alberi di colori vi affondano

spremendo acqua alle mie narici.

Anche sul labbro s?? aperto

un fiore virale che, secco,

ritorner?. Splende il rigoglio

del mio degrado. ? questo il momento

di compiere l?essere prediletto?.









?Non lo affermo in principio.

Ingenuamente plurali,

avete il travaglio dell?io

e del predominio. Non sono mali

diversi: vi salva l?ipocrisia.

La guerra non ? insostituibile

se non ? sterminio,

perfetta nostalgia?.









?La vostra arte della variazione

mi ha perso nell?universale.

Ma l?ateismo della religione

ha il contrario nella poesia,

non nel sale della ragione.

Ritorno al mio primo detto.

Non pi? la vostra croce di fantasia:

voglio chiudermi nel mio dialetto?.









?Ho sentito un frusc?o. Forse

era scrittura, forse la coscienza.

Vento oggettivo, mi hai rigato

con la tua voce, interrompendomi

nella presenza. E adesso guardati:

sei verticale. Ormai snudato dalla poesia,

ti sfoglia piano la mia demenza?.









Le giovani donne soffrono perch? i mariti

d?estate le amano, a sera, quando

pi? a lungo le guardano nude:

e loro, stanche e accese, li amano pure.

E sentono tendersi il ventre,

spossessarsi di loro, e danno il sangue

in perdite lunghe o in siringhe

sterili, per tradursi in numeri,

e si aprono a sonde che alle viscere

designano urgenze. E la prima

sera d?autunno, nell?istante

in cui il cielo cede e si sgrana

nero, si svegliano magre e arrochite

e il dolore attento le presidia

salendo dai fori che alle pance

giovani e bianche hanno tolto

vita e insidie. Sussurrano allora

mai pi?, ed ? insieme

l?infanzia che hanno perso e non dato,

l?inverno estraneo che supereranno.





Carta semplice



Capitano, arresti quella donna:

eccola che esce dal buio

letto dove ha remato

nei sogni, e molto appreso.

Prego, uno stato di fermo

agli angoli della bocca, nelle viscere

desolate, manette

a quei polsi snodati

dal movimento. Capitano,

so che tutto ci? non ?

nella sua prassi, che Lei

perde lasciando andare

ma sono pronto, in compenso,

a confessare che la mia giovent?

? un ostaggio condannato

non pi? negoziato,

che sono disposto a svendere

certi ricordi che Lei conosce,

a un prezzo, Capitano,

di pronta consumazione.

Mi rivolgo all?ufficiale onorato

non all?uomo di mondo,

al dio della distrazione

che non ho mai pregato.








Paolo Febbraro

(nato nel 1965 a Roma). Come poeta ha esordito con la silloge Disse la voce, compresa nel volume collettivo Poesia contemnporanea. Quarto quaderno italiano (Guerini e Associeti, 1993) e poi confluita nel libro poetico Il secondo fine (Marcos y Marcos 1999). Nel 2003 ? apparso il prosimetro Il Diario di Kaspar Hauser (L?Obliquo). Come critico letterario, dirige con Giorgio Manacorda l?Annuario di Poesia edito da Castelvecchi, ha curato la raccolta dei Poeti italiani della ?Voce? (Marcos y Marcos 1998) e un?ampia antologia della Critica militante (Poligrafico dello Stato 2001).

I testi qui presenti sono tratti dal terzo libro poetico, intitolato Il bene materiale, ancora inedito.








2. FUORIRIGA a cura di Nicola Vacca







Corrado Bagnoli, Fuori i secondi, Edizioni La Vita Felice, Milano 2005

La scrittura vera ? una realt? inseparabile con tutto quello che accade. Nella poesia la traccia di senso di quello che accade nella parola spesso lo incontriamo nella biografia. Certamente la poesia discende dalla vita, scaturisce dalla materia vivente dell?autore. Cosa succede quando il poeta si trova alle prese con la pienezza della propria esistenza? La sua scrittura lascia sulla pagina impronte di poesia, presenta scene, disegna frammenti, riproduce momenti, espressioni di stati d?animo della vita dell?autore. Nella dimensione della poesia come la vita prende corpo il respiro lungo di una parola poetica che racconta l?esperienza della memoria: tutto precipita nella consistenza della materia. Il poeta, con questa dimensione, incontra nel quotidiano il luogo in cui la coscienza perde il suo movimento nell?intreccio di relazioni umane che compongono il mistero della vita. Sono pochissimi i poeti che con sincerit? autentica inseguono l?intreccio tra poesia e vita per raccontare il vero movimento tellurico che rivoluziona la coscienza: l?essere di quel che siamo. Soltanto l?invenzione della parola che scaturisce dal vero delle cose pu? realmente proporre l?aderenza alle forme naturali della vita come unico modo di esistere.

Uno di questi ? certamente Corrado Bagnoli, poeta da sempre attento a narrare, abbandonandosi sempre alla grammatica pura della parola poetica, quella concretezza della vita che ? custodita in quel vero delle cose con cui fare i conti, per leggere in profondit? il cuore dell?uomo. Alla poesia, come unica scrittura che accoglie in s? la presenza dello spazio e del tempo, il poeta lombardo dedica un magistrale romanzo in versi: Fuori i secondi. In un respiro lungo dal carattere esistenziale, Bagnoli concepisce la vita come un infinito piano-sequenza in cui tutto accade per essere rivelato e profondamente vissuto. La storia di Augusto, un pugile che ogni volta sale sul ring per affrontare l?esistenza come un combattimento, ? il meraviglioso espediente che il poeta usa per narrare l?epica del quotidiano che raggiunge nella sacralit? della vita il suo realizzarsi.

Con grande memoria sentimentale, Bagnoli si perde nel culto delle piccole cose. Nel passaggio dall?esperienza alla scrittura egli ? un osservatore che percepisce la poesia che discende dalla vita, carne necessaria allo spirito In questo contesto, fatto di mutamenti, la parola poetica ? quel luogo in cui l?esperienza, la parte e il tutto coincidono.



Gabriela Fantato, nell?introduzione, spiega ampiamente la portata rivoluzionaria del libro di Bagnoli: ?La concretezza della vita che pulsa in Fuori i secondi mi consente di avvicinare quest?opera, la sua scrittura, alla scrittura di un film: lo spettatore ? lettore vede e sente ci? che accade sulla pagina.La scrittura si fa sguardo, dunque e anche tatto e olfatto e fa entrare il mondo che accade sulla pagina?.

La bellezza della parola naturale che diviene verit? sulla scena della vita. E? questa la vera rivoluzione della parola nuda di Corrado Bagnoli, che nel raccontare la vita del suo protagonista chiede all?interiorit? dei personaggi di esprimere non soltanto sulla pagine, la viva voce della poesia che racconta l?invenzione della vita che accade nell?esperienza del mondo: ?Ancora qualche secondo e sarebbe stato solo,/solo contro un altro che era solo contro di lui./Non era la prima volta, ma ogni volta ? come /se fosse .la prima./Soltanto, ogni volta,sai /un po? meglio che cosa ti puoi aspettare da te./Fuori i secondi. E poi ? solo, contro un altro/che ? solo contro di lui./Le gambe disegnano/archi a scansare il fiato presente dei pugni,/il sangue gira pi? veloce al cervello a scrutare/negli occhi un anticipo, un segno del colpo che viene. Con grande immediatezza la materia dell?esperienza che il poeta mette in scena nel suo racconto, di cui il ring ? la metafora esistenziale, ? colma di segni non codificati dalla metafora. Il moto dell?esistenza che accade, l?intreccio delle passioni con i sentimenti, il ripercorrere il cammino di un?epoca attraverso il codice esistenziale di una generazione che abbraccia la vita per dare origine ad altra vita. E? questa la visione del mondo che Bagnoli dipinge nel suo romanzo in versi.



Vita fedele alla vita in cui la poesia dei gesti, delle impressioni, delle emozioni, dei sentimenti, ma anche dei fatti sa essere presenza dell?esprimibile e dell?inesprimibile valore inequivocabile della necessit? di una testimonianza. Tutta la vita che pulsa in Fuori i secondi richiama alla nostra attenzione l?agire di una certa poesia, oggi troppo in fretta dimenticata, che interpreta la voce quotidiana degli uomini, propone i contenuti della volont? e del sapere, sempre attenta a pensare quei mutamenti epocali che segnano ogni cambiamento. Un valore etico di testimonianza che l?autore ha voluto ribadire nel dare una doppia voce al libro.

La voce ? quella della versione dialettale in brianzolo di Piero Marelli, che si legge nel testo a fronte. Bagnoli ha deciso di affidare a Marelli (tra i pi? importanti poeti bilingue, premiato recentemente per l?intera sua opera con il prestigioso Premio Giovanni Pascoli) il ruolo della seconda voce per dare conto al lettore anche della trasformazione linguistica delle generazioni che si avvicendano nel racconto del suo libro. Infatti la versione di Marelli ? scritta nel dialetto della Brianza, luogo in cui Bagnoli e la sua famiglia ancora vivono. Gli stessi luoghi che sono al centro della sua poesia che tesse le trame della vita, che racconta, solo come sa fare la poesia vera, tutto quello che si nasconde dietro quello che accade ogni giorno. Quel quotidiano che ? il particolare della vita, il luogo di manifestazione di ogni verit?. Un quotidiano che, nel narrare poetico di Bagnoli, diventa sempre intuizione generosa delle forme dell?etica.







3. DUELIBRI a cura di Gianfranco Fabbri






























Il libro di Pierre Lepori, QUALUNQUE SIA IL NOME (Casagrande Editore, 2003) offre ai lettori una provocazione stilistica, mentre a me d? modo di innescare una micro-polemica sulla scelta dei temi. Per quanto mi riguarda, trovo un po? difficile condividere una delle tesi del prefatore Fabio Pusterla, il quale parla di riscatto, all?interno di una storia autobiografica. Non ho avvertito questa cifra narrativa, mentre mi sono trovato d?accordo con lui quando ha definito questa poesia, la poesia del gesto e del corpo. Forse, conoscendo l?autore, egli avr? avuto modo di conoscerne la vita; provate per? a mettervi nei panni di un lettore occasionale e vedrete, questi, cosa potr? dirvi sul mistero insito in un tale progetto! Dico subito che il dettato dell?autore ? in molti punti pregevole; aggiungo anche la mia nota entusiastica sul tono fermo, da poeta ormai saldo. Lo scarto retorico, all?interno di questo QUALUNQUE SIA IL NOME ? alto; le sinestesie si tagliano a fette, mentre le allitterazioni e le assonanze (specialmente in ?ato, -ate, ati ecc.) danno alla scrittura un tono un po? querulo e ansioso. I colori sono, appunto, ?assordanti? e appartengono a un sole ?che si schiuma? nel bianco indisponente della neve. Il viaggio ? di frequente ricordato, e parrebbe sempre un viaggio-lutto, mentre la situazione contingente e la ?location? dei fatti parrebbero appartenere all?onirismo pi? convinto. I sogni per? sono autentici incubi rattenuti, come cristallizzati in una sorta di cronicit? latente. Il poeta fugge da qualcuno o da qualcosa (e qui i riferimenti alla famiglia, al luogo della radice, potrebbero rivelarsi in parte pi? probabili); il suo dire ? quello di un incatenato, di un posseduto dal male, o dalla malattia del vivere: in definitiva, vi ? in lui una sorta di ?possessione creativa? che lo apparenta, se vogliamo, al Dante della fuga dai luoghi deputati all?Inferno (palese in Dal Purgatorio). All?interno di un simile lavoro, l?irrealt?, o l?iperrealt?, ? all?ordine del giorno. L?incredibile sofferenza cade come un velo sui luoghi montani, sulle case e i loro interni. Ogni oggetto ? suscettibile di energia malevola, di cripticit? allusiva molto convincente, nonch? di maledetta fascinazione. Il rituale ? geniale; la solidit? delle intenzioni, granitica. A mio avviso, le due raccolte qui unite (quella che d? il titolo a tutto il volume, e l?altra, intitolata ?Fratelli?, sono un unico progetto, all?interno del quale non ravviso particolari scarti di stile o di poetica. Questa fatica di Lepori mi piace definirla una storia oggettiva, di origine umana, in cui l?uomo (appunto) tenta di scarnificarsi e di uccidersi, pur di togliersi da un contesto innaturale e doloroso. E?, in definitiva, la metafora della nostra vita di poveri cristi della modernit?, della parola sottratta e della speranza amputata. Speriamo che QUALUNQUE SIA IL NOME possa fungere da monito per noi tutti.




























Filippo Davoli ? tornato, nonostante il proprio desiderio di isolamento dal mondo letterario, sul palcoscenico editoriale, grazie alla sua ultima raccolta di poesie, resa in forma privata e destinata alla cerchia degli amici pi? intimi. Il libro, di buona confezione, si intitola A tempo nuovo e presenta testi che coprono l'arco di tempo che va dal 2001 al 2005. Il giro di vite cui l'autore allude riguarda pi? la cifra del vissuto che quella della scrittura, la quale, a tratti, pare avere difficolt? a prendere il volo. Parliamoci chiaro: riconosco all'autore di Macerata la consueta perizia tecnica del "dire": di lui ? nota la duttile capacit? di indurre la lingua italiana a prove smaglianti. E infatti, l'inizio della raccolta ? assai suggestivo, con quegli indugi sulle immagini dell'infanzia e delle estati adriatiche. Davoli ? bravo soprattutto quando insiste sui nodi concavi relativi alla famiglia (si veda il suo capolavoro, Una bellissima storiA, cameo dedicato alla fine terrena della madre). In tali frangenti il nostro autore sa inanellare immagini imperdibili, che bene si imparentano con una forma vitrea di lucidit? che non permette, a chi legge, di uscire dall'ambito narrativo. Tuttavia, come gi? appena detto, la parte centrale del libro non riesce a "farsi avanti": la sensazione ? quella di assistere a recite deja vu, come "...la neve scalda il cuore, lo sorprende", e "...il mare si allarga di calma", le quali vietano di scrivere quello che al momento pare essere "indicibile". Vi sono, poi, certi "atteggiamenti" chic (come ad esempio il trovarsi al mare con accanto libro di Giampiero Neri, "Erbario con figure") che paiono a chi legge un poco autocompiaciuti. Peccato veniale, certo, per? la poesia ? un magma cos? flebile, fragile e indifeso, che bastano pochi vezzi a farla vacillare. E' anche vero che, attraverso tali legamenti inconsapevoli (inconsapevoli?) si vorrebbe affidare al testo un codice di "vita" , di semplice contingenza, di realt? a breve distanza: rimane per? il sottile tedio del sapere il lavoro letterario caduto in zone dove ? difficile che se la possa cavare. Il libro va comunque oltre, e nello scatto finale ritrova la cifra inconfondibile del talento davoliano: ovvero, quello che vive sugli appuntamenti parentali, sulla perdita umana e sul tempo che va dissolvendosi. Dopo la pagina 68, le poesie riacquistano la voglia di fotografare i noduli umani nei loro anfratti pi? riposti. Ecco quindi il padre morente, o il padre all'interno della pace universale. Vive adesso una felicit? dell'anima che attiene alla condizione del "ritrovarsi": un'euforia positiva che ci fa sospettare una dimensione straordinaria dei destini dell'uomo e che ci induce a credere che la memoria sia il sacello pi? conforme alla "conservazione" di chi non c'? pi?.








4. TURNO DI GUARDIA a cura di Marco Ercolani










Vite interrotte



L?estate scorsa avevo ipotizzato, con Stefano Massari, una breve antologia di giovani poeti che hanno interrotto la loro vita. Non volevo promuovere un?apologia romantica del suicidio o inventarmi un nuovo marketing della morte volontaria. N? mi interessava, pur essendo psichiatra, il valore testimoniale della sofferenza psichica. Mi incuriosiva e mi incuriosisce guardare dove oggi ? troppo facile distogliere la vista. In tempi di eccellenti versificazioni tecniche, con i poeti che si autonominano esegeti della loro carriera, attenti alla segnalazione nel prossimo premio locale o alla presenza nella futura antologia dei ?migliori?, a me piace puntare lo sguardo su qualche minima verit?, almeno per il tempo di dire quello che ? urgente dire.



Morire, naturalmente, non ? meglio di vivere. Ma chi interrompe la sua vita e ha a che fare con la poesia, deve vivere una doppia incandescenza: quella del suo dolore personale e quella della vocazione poetica. La poesia, come la vita, non immunizza e non protegge: espone. Ci consente di usare il linguaggio come una bomba disinnescata e non come un abito da cerimonia. Questo ci insegnano i poeti disperati e ?imperfetti? che si sono tolti la vita, da Beppe Salvia a Nadia Campana, da Giuseppe Piccoli a Remo Pagnanelli, da Vittorio Reta a Lorenzo Pittaluga. Non si tratta di un cimitero di lapidi spente ma di un semicerchio di fuochi sempre accesi.



? ancora possibile che chi soffre troppo insegni qualcosa a chi soffre poco, e gli suggerisca che l?assenza di dolore non ? un?insperata fortuna ma, talvolta, un?assenza di passione vitale. Se questo ? un tempo difficile per la poesia, lo ? per vilt? e miseria morale: la maggioranza dei poeti non custodisce nulla, al di fuori dei prossimi libri da offrire ai recensori. Le lettere di Marina Cvetaeva, gli appunti di Paul Celan, le prose di Amelia Rosselli, non erano l?elenco di libri da pubblicare ma il segno, ardente ed esatto, che a loro, come poeti del loro tempo, toccava un compito, che ? lo stesso nei secoli: custodire la poesia come cosa urticante, aspra, inattuale.



Le vite interrotte dei giovani poeti lo testimoniano ancora, bench? sia forte il rimpianto per le loro opere future, rese impossibili dalla morte fisica. Ma questo conta meno. Loro, pur non promuovendosi pi? sul mercato letterario, tengono acceso il fuoco che serve a noi per vivere ancora la poesia come stupore per la parola. N? noi n? loro siamo diventati classici da antologia, licheni da museo, argomenti per tesi di laurea. Ma di quella dolorosa energia e di quel tragico destino, che in certi casi pu? essere chiamato follia, non dobbiamo e non possiamo fare a meno.
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segnaliamo due prossimi incontri che si terrano a Bologna

presso la libreria LIBRINCONTRO, via San Vitale 4

(pieno centro, due passi dalle due torri)

gioved? 23 febbraio, ore 18.30

RAFFAELLI EDITORE

presentazione della collana di poesia contemporanea

diretta da Gianfranco Lauretano. Saranno presenti l'editore Walter Raffaelli

e numerosi degli autori pubblicati: Sabrina Foschini, Gianni Fucci, Stefano Maldini,

Stefano Massari, Paola Turroni,Valerio Fabbri e molti altri





www.raffaellieditore.com





......



gioved? 2 marzo, ore 18.30
presentazione del libro

Narciso nell?accordo estremo dei flauti (Azimut, 2005)
del grande poeta spagnolo Leopoldo Mar?a Panero

interverranno Nicola Vacca e Giancarlo Sissa, il traduttore Ianus Pravo e gli editori
Adriana Merola e Guido Farneti









www.fuoricasapoesia.blogspot.com
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Bollettino N.3/2006



progetto e realizzazione

Alberto Bertoni - Stefano Massari

Giancarlo Sissa



collaborano:

Marco Ercolani - Gianfranco Fabbri Pier Damiano Ori - Nicola Vacca



spedito: marzo 2006

copie: 6746




www.fuoricasapoesia.blogspot.com


La voce dei bambini noi non la conosciamo. La voce dei bambini rapiti e dei bambini scordati. La voce dei bambini rimbalza in un silenzio di specchi. Se la conoscessimo ci strazierebbe. Per questo la poesia non riposa. Passa le mani fra l?erba. Ne cerca il buio, il battito profondo. Sulle dita rimane il duende senza incanto, l?incandescenza di ci? che continua a significare sconfitta. L?infanzia irrimediabile dei mattini. Il silenzio di tutte le voci nell?attesa del mondo. Ali che fioriscono nel sangue. ?le sirene di Ulisse sono belle fuori e vecchie dentro? (un bambino). Ci lasciamo alle spalle l?abisso, nella monotona schiavit? dell?Occidente.

Giancarlo Sissa

1. setti viti comu i jatti di Angela Bonanno







Il dialetto siciliano di Angela Bonanno spacca la realt? da dentro. E? l?esatto contrario dell?espediente letterario. E? la bestemmia della poesia inarresa, la sua lucidit? inappellabile, la chirurgia in risposta agli urti della vita. L?apparente minimalismo svela e indaga l?apparenza, ne sputtana l?ipocrisia. La poesia recupera cos? la sua urgenza di altra verit?. La Bonanno non si nasconde, non fa l?anima bella, mostra la carne cruda della ferita, esegue la musica del tempo che passa oltre il quotidiano. Le sue finestre spalancate sull?Etna innevato da una parte e sul mare dell?isola dall?altra cambiano l?aria a quel po? di mondo che, comunque, compete anche ai poeti. Non ci sono altre scritture da accostare a questa. E? una scrittura sola, insulare, e dunque assoluta. Fa male, ha fame, mangia dagli occhi.

Giancarlo Sissa





na parola ditta mali

mi cangia a iurnata

? ca certi voti

mi susu cc?u stortu

accussi senza mutivu

a pparti u fattu ca nun aiu n?omu

ca sugnu rancida comu na bbizzocca

e bona sulu ppi fari u broru

certu di l?occhi

si virunu i me anni

intra di mia per?

mi sentu di vint?anni

cu ccu ma pigghiu

povera me matri

ca mi sumporta

m?arraggiu e cantu

comu na caccarazza

sugnu menza 'ntontira

e mi sucu a cucuzza



una parola detta male / mi cambia la giornata / e che certe volte mi alzo in malo modo /

cos? senza motivo / a parte il fatto che non ho un uomo / e sono amara come una zitella /

buona solo per il brodo / certo dagli occhi / si capiscono i miei anni /dentro per? /

mi sento di vent?anni / con chi me la prendo / povera mia madre / che mi sopporta /

mi danno e canto / come una gazza / sono mezza scema / e mi succhio la zucca





ppi finiri

ma nun ? chista

l?ura di finiriccilla

vulissi essiri semplici

comu na suttana

e farivi spacinziari

ccu milli lazzi di sciogghiri

na catinedda ? coddu

di livari e mettiri

e muta muta mi staiu

su nun mi vuliti fari parrari

ma vulitimi

macari ca mi vuliti mali



per finire / ma non ? questa l?ora di finirla / vorrei essere semplice / come una sottana / e farvi spazientire / con mille nastri da sciogliere / una catenina al collo / da levare e mettere / e zitta zitta me ne resto / se non volete farmi parlare / ma voletemi / anche se mi volete male





u cani d? vicini

pari ca mi picc?a

e daticcilla na badda di vilenu

vulissi nesciri

ma nun pozzu guidari

nun sugnu orva ppi finta

nun ci viru ppi ddavveru

a lurdia a toccu

e m? addannu a cuscienza

cchi fazzu a fari

senza ?ncazzu di fari

scrivu e non taliu

ti vogghiu quannu l? aiu a copiari

mancu n? amicu cani ca mi cerca

e l? unicu cani veru

i? u vulissi ammazzari



il cane dei vicini / sembra che mi piange / e dateglielo un po? di veleno / vorrei uscire / ma non posso guidare / non sono cieca metaforicamente / non ci vedo per davvero / la sporcizia la tocco / e mi danno la coscienza / cosa faccio / senza un cazzo da fare / scrivo e non guardo / ti voglio quando dovr? ricopiare / nemmeno un amico cane che mi cerca / e

l?unico cane vero / io lo vorrei ammazzare





s?allonga a notti

e soprattutto a fami

chimica cortisonica

di miricinali

soffru davanti o friggurifuru apertu

gelatina di frauli

alivi e salami

chiangiu

ma nun mangiu

u sacciu ca nun servi a nenti

ma bedda vulissi moriri

e ccu tutti i renti

e vabbeni

cci aiu giratu 'ntornu

m?assettu e torna.....

nun t? amu nun ti pensu

comu quannu a mmumenti

cci lassavu i pinni

ma ancora soffru pp?a

to indifferenza



si allunga la notte / ed anche la fame / chimica cortisonica / di medicinali / soffro davanti al frigorifero aperto / gelatina di fragole / olive e salame / piango / ma non mangio / lo so che non serve a niente / ma bella vorrei morire / e con tutti i denti / e va bene / ci abbiamo girato intorno / mi siedo e torna.../ non ti amo non ti penso / come quando a momenti / ci lasciavo le piume / ma ancora soffro per / la tua indifferenza





da NUATRI



`nfunnu `nfunnu

tu non mi piaci

non mi piaciunu i to capiddi

e tant?assai mancu l?occhi

e parri troppu alleggiu

e mi sentu scema a diriti ah?

cchi dicisti ?

ma appoi passa u ventu

e pari u to ciatu

arreri a ricchi



in fondo in fondo / tu non mi piaci / non mi piacciono i tuoi capelli / e nemmeno gli occhi / e mi sento scema a dirti ah? / cosa hai detto ? / ma poi passa il vento / e mi sembra il tuo fiato / dietro l?orecchio





`nta na gnuni

vistuti

senza rispirari

facemu chiddu ca voi

ma facemulu prestu



in un angolo / vestiti / senza respirare / facciamo quello che vuoi / ma facciamolo presto





i? non scrivu a tempu persu

u tempu ppi scriviri

m?u scippu do? rriloggiu

u tempu ppi scriviri

i? u pavu

non mangiu

non stiru

e a televisioni avi tri ghiorna

ca n?addumu

e cert voti non mi lavu

picchi u tempu ca peddu

ppi lavarimi

mi sciddica d?incoddu cc?u sapuni

i?

u tempu ppi scriviri

m?u ppuntu che spimmuli `nte manu



io non scrivo a tempo perso / il tempo per scrivere / me lo strappo dall?orologio / il tempo per scrivere / io lo pago / non mangio / non stiro / e la televisione non l?accendo da tre giorni / e certe volte non mi lavo / perch? il tempo che perdo / per lavarmi / mi scivola di dosso / col sapone / io il tempo per scrivere / lo appunto con gli spilli nelle mani





i munzignarii

su? cosi duci

di mangiari a notti

di sulu a sulu

pp?addummiscirisi

ca panza china

i munzignarii

si rricanusciunu

quannu arrivunu

d?o burdellu ca fanu

ma a mmia mi pari

u stissu na festa

i munzignarii

su? ccappotti di lana

quariunu

e non mi scummigghiati

ppi favuri

e facitivi i cazzi vostri



le bugie / sono cose dolci / da mangiare la notte / da soli / per addormentarsi / a pancia piena / le bugie / si riconoscono / quando arrivano / dal bordello che fanno / ma a me sembra / comunque una festa / le bugie scolano dalla bocca / di chi le dice / io me le lecco / sono acqua fresca / io me le bevo / le bugie sono cappotti di lana / riscaldano / e non mi scoprite / e per favore / e fatevi i cazzi vostri




Angela Bonanno

? nata vive e lavora a Catania.

Ha esordito nel 2003

con una silloge di poesie

in dialetto siciliano, ?Nuatri?

(Premio letterario S. Basso per l?inedito, Ed. Prova d?Autore).

Del 2005 ? ?Sette viti comu i jatti? (edizione Prova d?Autore).






2. FUORIRIGA a cura di Nicola Vacca



Ma che c?entra la poesia? Ma che c?entra Raboni?



Oramai L?antiberlusconismo ? divenuto un vero e proprio fenomeno editoriale. Scrittori, saggisti, polemisti intingono la penna sempre pi? livorosi e indignati tra le piume della loro oramai irrinunciabile gallina dalle uova d?oro: il Cavaliere. Sperando forse di dar nuova linfa alla loro creativit? esaurita da tempo. Cosa scriverebbero, per esempio Umberto Eco, Giorgio Bocca e Franco Cordelli se non ci fosse il Cavaliere? Non pensavamo davvero che anche la poesia potesse finire in maniera vergognosa sotto le pericolose grinfie della strumentalizzazione politica.

Il pi? autorevole quotidiano italiano monta un caso letterario-politico sui versi postumi di Giovanni Raboni, appena pubblicati da Garzanti. E guarda caso affida il pezzo sui testi inediti del poeta (Ultimi versi, pp.59, euro 9) ad un intellettuale antiberlusconiano doc, Franco Cordelli che qualche anno fa dedic? un romanzo al presidente del consiglio. Il Raboni politico rifiutato da Einaudi, questo ? il titolo d?apertura delle pagine culturali del Corriere della sera di gioved? 23 febbraio, in cui Cordelli racconta le vicissitudini del libro appena dato alle stampe dalla casa editrice milanese. I versi che mettono alla berlina il > furono affidati a Einaudi che li rifiut? mettendone in discussione la qualit? letteraria. Einaudi, casa editrice del gruppo Mondadori che fa capo a Berlusconi, sostiene che i versi di Raboni non convincono dal punto di vista letterario e non c?? nessuna motivazione di ordine politico. Nessuna censura, soltanto un giudizio di merito.

L?indignazione di un intellettuale gramsciano come Cordelli non tiene conto di queste affermazioni e prestando fede alle regole del marketing editoriale (creare un caso a tutti i costi) scrive: Da un punto di vista editoriale, meno frequente, per non dire raro, o rarissimo, che a un autore della statura di Raboni l?editore cui viene proposto il libro, lo rifiuti. Il libro fu offerto ad Einaudi. Da libero editore qual ?, Einaudi declin?. Non conosco le motivazioni, ma le posso immaginare. Non ? un libro. E? meno di un libro. Un argomento su cui non c?? niente da dire. Se non fosse per il tema di Ultimi versi insospettisce. Personalmente non credo che Einaudi sia un libero editore. Credo, al contrario, che sia condizionato n? pi? n? meno che il fratello maggiore, Mondadori, dal suo proprietario che ? guarda caso, l?oggetto di satira, o di risentimento, del libro di Raboni.

Leggendo i versi del poeta milanese pubblicati da Garzanti si comprende come l?accusa lanciata da Cordelli sia strumentale alla polemica politica del momento. Essi davvero non convincono e non hanno nulla a che vedere con l?altezza stilistica dell?ultimo Raboni. Gridare alla censura politica ? l?atteggiamento arrogante tipico di quei soliti intellettuali che sono ancora convinti di essere i rappresentanti snob dei poteri forti della cultura. Se Einaudi, appellandosi alla libera scelta editoriale ha deciso di non pubblicare il libro, Garzanti invece ha ritenuto opportuno farlo. Gli Ultimi versi di Giovanni Raboni sono arrivati in libreria senza che nessuno ne impedisse la pubblicazione. Forse lo avrebbe impedito il poeta stesso, se fosse ancora in vita.

Questa vicenda ci conferma una tristissima verit?: il modello gramsciano della cultura a cui s?ispirano numerosi intellettuali, con le loro consorterie, regole e addomesticamenti progressisti, oggi ? morto. Forse per questo Cordelli, Eco e Bocca sperano, per le loro fortune editoriali, che il > rivinca le elezioni. Ma ? la poesia a farne le spese, cos? programmaticamente bistrattata da quotidiani e televisioni, si ritrova male rappresentata (come sistematicamente capita, quando capita, sui grandi quotidiani) come oggetto di polemica davanti a incolpevoli lettori del corsera, da un libro inutile e per niente rappresentativo del prestigio del suo autore. Lettore che incuriosito magari comprer? l?oggetto della miserevole tenzone e finir? col trovarci davvero cos? poca poesia e cos? poco tutto per giustificare tanta gazzarra. La poesia, per favore, rimanga fuori da tali sciocche beghine di palazzo e da queste loro basse speculazioni politiche.

















3. DUELIBRI a cura di Gianfranco Fabbri



A me sembra che oggi in poesia prevalgano due grandi linee: una ? quella che si affida al versante della visionariet? opulenta; l?altra ? quella che consiste nel dettato minimale sugli oggetti e sui momenti personali, il quale, negli autori pi? capaci, riesce ad essere ?di tutti?. L?impressione che se ne trae, della prima linea, ? quella di una scarsa adesione alla realt? (naturalmente, pure qui, il difetto va direzionato verso i mediocri).

Rilevo questa impressione nel leggere le opere di molti poeti viventi (soprattutto di coloro che hanno attorno ai trent?anni). L?ultimo libro che mi conferma la generale panoramica ora detta ? quello di Lorenzo Chiuchi?, un giovane poeta perugino, classe 1973, autore di talento. Nel suo IRIDE INCENDIO (Niebo, Ed La Vita Felice, Milano 2005) ? infatti possibile rilevare lo spessore delle immagini, nota che lo pone al riparo da ogni sospetto qualitativo. Naturalmente questa sua fatica non ? immune da difetti, il meno veniale dei quali sembra essere l?esorbitante scialo delle note e dei colori. Se si dovesse fare l?indagine sulla ricorrenza dei vocaboli maggiormente usati, la palma d?oro andrebbe senz?altro al sostantivo ?sangue?. Esso, infatti, ? presente in molte composizioni (con i derivati e i surrogati, o da solo). Comunque sia, il libro di Lorenzo rimane memorabile per la capacit? di esprimere un pensiero, affidato non alla ragione, ma alla sapienza del cuore. Un tipo di poesia, questa, che pare non avere riscontri negli echi novecenteschi. Le parentele, semmai, sarebbero da ricercare in un tipo di letteratura nordico-immaginifica, innestata per? con il dna di una goticit?, quella italiana, di marca tosco/umbra, medioevale.

Un versificare abbondante, quindi, che fa gemellaggio, nella pittura, con la cifra michelangiolesca (ma pure con quella caravaggesca) ? io sono il primo sangue ?, io sono l?idea del seme, ?, amo le vene nel marmo e il rosso bruciante sulle tempie, ?, ferocia della piet?, ?// ? o ancora ?ma i pensieri serpenti attorcigliati / sono scheletri / di logica, carne fredda viva / muoversi ?/. E? conveniente un periodare in versi di siffatta consistenza? Serve ogni cifra, in poesia. L?essenziale ? che la comunicazione (vuoi psichedelica, vuoi pseudo classica, vuoi anglicizzante alla Carter) riesca a filtrare il nocciolo dell?animo umano e del mondo. Coinvolto il lettore, coinvolti tutti. Un libro, questo IRIDE INCENDIO, che, a dispetto del proprio percorso, lancia sull?ultima pagina un testo che ? programmatico e quasi istanza di una poetica ben definita. Si intitola Forse nella grafia l?assoluto e parla di una sfida letale: quella in atto tra la Poesia e la Morte che distrugge i libri e beve gli inchiostri. Profezia? Forse. Dio sa quanta ne servirebbe, al giorno d?oggi.





Quel che c?era da dire del Roberto Sanesi colto, e forse anche un poco iper-letterario, l?ha gi? detto molto bene Giancarlo Ricci nell?introduzione del libro di cui stiamo per parlare, Dialogo di Yuste, l?opera appunto di Sanesi, pubblicata da Book Editore (Castelmaggiore) nell?ormai lontano 1991. Ricci parla di ascendenze nobili da attribuire a D?Annunzio ed Eliot, i quali scrissero poesia-teatro analoga a questa di oggi.

Vediamo adesso cosa potrebbe pensare di questo prezioso volumetto l?uomo della strada (il lettore non occasionale, ma comunque non erudito). Il Dialogo di Sanesi potrebbe benissimo offrirsi come la sfida tra l?uomo e la propria ombra ; come tra l?individuo e la propria coscienza. Il protagonista della storia ? preso in prestito dalla figura storica dell?imperatore Carlo V, quando questi, giunto nella citt? spagnola di Yuste, nel 1558, ovvero dopo essersi sgravato delle responsabilit? della corona, pensa di aggiustare il proprio equilibrio psichico, in attesa della fase finale della sua esistenza. Il Dialogo prevede un quasi sempre fulmineo ?botta e risposta? tra lo stesso imperatore e il Gentiluomo, la figura di cui non ? chiaro il ruolo: - se quello dell?ombra del sovrano, o quello della coscienza, o infine quello di un Socrate che aiuti a partorire, secondo il modo psicoanalitico, l?imperatore, in crisi di astinenza da Potere - . Carlo, infatti, teme la stasi temporale; teme che il grande meccanismo che misura il tempo possa ingolfarsi a causa di un granello di polvere, oppure a causa della marcia umidit? dello stesso tempo ambientale. Il Vuoto della sovranit? gli fa avvertire strani fruscii: la sua mente riformula il tempo secondo la propria principale aspettativa, ovvero: che il tempo stesso fosse, appunto, una sorta di presente eterno ed immutabile. Il Dialogo diviene, a livello analogico, una specie di monologo. Ma la scena somiglia pure al fotogramma famoso di Ingmar Bergman del suo capolavoro, l? dove, in riva al mare, l?uomo gioca la sua ultima partita a scacchi con la Morte sicura di vincere. Nel Dialogo di Sanesi si coglie un Carlo filosofo e speculatore. In esso si parla della vanitas del tempo: di quanto, cio?, il trascorre degli attimi sia invisibile nel formulare il Presente, e di quanto invece sia visibile nell?attimo successivo: lo scemare della sovranit? e il declino stesso dell?uomo. Egli, infatti, chiede a gran voce quale possa essere la coordinata con cui confrontarsi. Gli risponder? il Gentiluomo che il culto dell?Ego potr? causargli la perdita di punti fermi, situati all?esterno del s?. E quali sarebbero questi punti fermi, Si chiede Carlo?. La Pace, la Guerra il Passato?. ?Tutto deve accadere: tutto deve sempre accadere risponde l?imperatore. E neppure il medico saltimbanco riuscir? a fornire una ricetta persuasiva, che non sia fatta di sole, vane parole e non di farmaci, ovvero di fatti concreti.

Opera raffinatissima, questa di Sanesi, nella quale si coglie il senso estremo e sfinito, del pensiero che abita il pensiero. E dove si sancisce il concetto che la memoria ? un ricominciamento, cos? come si trattiene pure quest?altra frase: come potresti fuggire allo sguardo che ? tutto dentro di te?

L?imperatore, metafora del fattore umano, risulta apparire come l?introiezione del mondo nel ?singolo individuo?; come un preludio dell?assorbenza di tutti gli eventi nel centro del cerebro, per poi procedere in direzione della Morte e del Buio.

E con il secondo di questi due sostantivi, il BUIO appunto, termina il dialogo dell?Io sovrano, il quale ha permesso al Tempo - al Fato, al Destino - di trarlo a s?, al di fuori di ogni altro contesto e di ogni altra inquietudine.


































4. TURNO DI GUARDIA a cura di Marco Ercolani



Racconti di fate

Lo psichiatra che percepisce le voci di qualche matto, durante il suo turno di guardia, sente sillabe ripetute, urla stereotipate, cantilene. Niente di drammatico o di poetico. Succede che chi soffre non abbia nessuna voglia di rappresentare la sua sofferenza e se ne liberi o con una nenia o con un grido.

Occorre rispettare anche questo.

Io conosco uno schizofrenico, ex ingegnere nucleare, che nelle fasi deliranti crede di essere un Agente dei Servizi Segreti.

? un uomo intelligente, consapevole della sua malattia. In un recente colloquio mi riferisce che ha scritto dei racconti e mi invita a entrare nel suo sito web.

Negli scorsi giorni l?ho fatto, incuriosito, sperando di trovarvi qualche suggestiva allucinazione, e mi sono scoperto a leggere raccontini che parlavano di bambini, fiori, animali, regali natalizi. Cosucce graziose.

Per un attimo ho sorriso, provando pena per quel prodotto mediocre, ma poi mi sono vergognato del mio sorriso di sufficienza. Un uomo come ? quell?uomo, ossessivamente consapevole della sua sofferenza psichica, non ha nessuna voglia di rappresentarla ? e quindi di riviverla - nei suoi racconti. Che invece, nel tentativo di respingere ai margini dell?io quel dolore, simulano lo stato di grazia di un paradiso infantile. Senza importanza, per chi frequenta i fatti della letteratura, ma essenziale, per chi percepisce la scrittura come evento psichico.

Cos?, per disinnescare le loro distruttive follie, Robert Walser scriveva racconti ossequiosi e gentili e Friedrich H?lderlin firmava con il nome di Scardanelli tranquille quartine paesistiche.

Solo chi non sta troppo male ha ancora voglia di parlare del suo inferno. Chi ? dentro i sintomi fino al collo, ha bisogno di sollievi semplici - calipso, sambe, isole dei famosi, racconti di fate.

Forse occorrer? ricordare che il classico Proust non sdegnava le canzoni mediocri, suscettibili di scatenare imprevedibili madeleines nel ricordo.









5. POLITICHE DELLA SCRITTURA a cura di Pier Damiano Ori



Scrittura e Parole



premessa



Parliamo di amici ? No che non parliamo di amici. Scrittura e parole sembrano amici perch? vivono sullo stesso pascolo, si nutrono degli stessi cibi e alla fine, hanno lo stesso scopo: svelare, velare, chiarificare, confondere; hanno anche le stesse pulsioni di partenza: vanit?, irresolutezza, fragilit?, volont? di potenza, richiesta di amore (riceverlo e darlo)?

Ma proprio per questo comune pascolo non sono amici, la concomitanza territoriale e morale di due forme differenti ma affini crea competizione. Scrittura o oralit?, modernit? o tradizione, antichit? o mobilit?, profeti o poeti. In questo pascolo che poi ? il pascolo dell?Io non ci possono essere alleanze.



Tesi: sul campo di battaglia. Ovvero: le forze in campo



La scrittura sfugge la parola. La scrittura non ? costruita dalle parole. La scrittura non serve le parole. La scrittura non ? al servizio delle parole, come non ? al servizio del pensare. La parola ? al servizio del pensare, del comunicare; la parola per sua natura servile si pone al servizio naturalmente, anche per il solo fatto che il suo essere pronunciata ? frutto, s? di uno sforzo cerebrale, ma anche di uno sforzo fisico, di un segreto, occulto movimento di corde vocali e glottidi, di un oscuro fare del corpo.

La parola dipende dalla fisiologia, e insieme ha i difetti, la frettolosit?, l?impudenza, dell?immediatezza. Manca, pu? mancare, ? fatta per mancare di pensiero e invece per esprimere l?istinto, l?urgenza attraverso uno sforzo fisico primordiale, inconsapevole, un dono naturale che ? insieme conquista dell?evoluzione e automatismo inconsapevole. Quindi la parola ? obbligatoriamente al servizio del comunicare.

La scrittura no. La scrittura ? al servizio delle proprie tracce. Della propria traccia. La traccia ? il segno ? il segno che lascia; che lascia in noi, scrittori o lettori, ma anche che lascia, che rilascia, fa fuoriuscire nella realt?; in quella realt? che non coincide con la scrittura e con la lettura, ma che pure esiste; anzi quella realt? ? la realt? che abitiamo, il mondo purgato dal discorso sul discorso, la realt? dei padri e delle madri, delle strade, dei mobili, degli oggetti che ci circondano, delle scelte che facciamo lungo un sentiero, percorrendo un sentiero dove il pensiero, il pensare, ? solo uno sfondo, una quinta intravista, un non obbligatorio, un non necessario, un demandato ad altri, meglio se sconosciuti, meglio se nascosti: attivit? inquietante e segreta.

Questa ? la realt? delle parole, che spesso sono mute.. Non dette, non pronunciate, non ascoltate; ma parole mute poich? gi? dette da altri in tempi immemorabili o forse solo nell?immemorabilit? dell?infanzia, dentro di noi e quindi da noi ripetibili, ripronunciabili solo con un gesto o anche solo con la volont? del gesto, o col solo desiderio di evocare, di usare la parola che tramite l?antenato (che magari siamo noi stessi nella figura di quell?altro che siamo stati nell?infanzia) che l?ha a suo tempo pronunciata, ci preesiste.

La parola pronunciabile all?infinito, stoccata in un magazzino universale delle infanzie dei ricoveri sanitari degli amori dei lutti delle sconfitte e delle ebbrezze. La parola ? ripetere ci? che ? gi? stato detto. Non esiste la Prima Parola, prima della parole c?? sempre stato qualcuno, prima della parole c?era un grugnito, prima del grugnito uno sguardo, prima dello sguardo una zampata, prima della zampata, la volont? che tutto questo prima o poi ci fosse, la volont? o il caso o la determinazione dello stesso futuro che voleva nascere.

La scrittura no; la scrittura prescinde da questa catena naturale, fisiologica, determinata. La scrittura ? un atto dell?intelligenza,la parola ? un atto della necessit
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INCURSIONI NELL?APPARENZA

Nicola Vacca

(Manni Editore, 2006, prefazione di Sergio Zavoli)



presentazione



gioved? 04 maggio 2006, ore 18.00

libreria LIBRINCONTRO

Via San Vitale 4, Bologna



ne parlano con l?autore

Alberto Bertoni, Stefano Massari, Giancarlo Sissa



? una poesia civile dai toni alti, con parole essenziali rispetto alla verit? del mondo. In questa raccolta di versi Vacca lascia intravedere una sorta di coscienza offesa, di pronuncia quasi estorta a se stesso ?per l?esplicitezza urgente e allarmante? che riconduce a qualcosa di lontanamente foscoliano, senza invettive, n? rampogne virtuose, ma annunciando che nella nostra storia va addensandosi il pi? subdolo dei peccati umani, il disincanto. Sergio Zavoli











HO VISTO PERDERE VARENNE

Alberto Bertoni

(Manni Editore, 2006, prefazione di Niva Lorenzini)



presentazione



marted? 9 maggio 2006, ore 18.00

libreria LIBRINCONTRO

Via San Vitale 4, Bologna



ne parlano con l?autore

Roberto Galaverni



In queste poesie, una proustiana, personalissima recherche, una scrittura lirica condotta come genere davvero nuovo: resoconto e racconto, piuttosto, partitura ritmica, anomala biografia, romanzo di formazione condotto tra autoironia e sarcasmo. Il viaggio testuale si articola cos?, nelle sei sezioni della raccolta, in modo dinamico ed imprevedibile, attraverso una apparente ?casualit?? pilotata con discrezione. Tra i depistaggi e le occasioni del quotidiano, insomma, senza ricercarne un senso, una compiutezza: al pi? accumulando indizi, tracce, dettagli, istantanee, di s? e del vivere, per comporne ogni volta, con accanimento paziente e sapientissimo mestiere, una provvisoria mappatura. Niva Lorenzini
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Bollettino N.4/2006

FuoriCasa.Poesia MAGAZINE



progetto e realizzazione

Alberto Bertoni

Stefano Massari

Giancarlo Sissa



collaborano:

Marco Ercolani - Gianfranco Fabbri

Pier Damiano Ori - Nicola Vacca



spedito: maggio 2006

copie: 7913




venti di guerra opera di Anandamide




compito di un seme ? scomparire . interamente . di tutto questo al momento giusto non dovr? restare niente . per ora : fare - innescare - scegliere - collegare le forze migliori che nel cammino incontriamo ci pare ancora nostra viva attitudine : desideriamo insistere . fare la nostra parte . per questo ecco l?inizio di una nuova prova su WEB : FuoriCasa.Poesia MAGAZINE (www.fuoricasapoesia.blogspot.com) progetto che tenter? di dare corpo definitivo ad uno degli obiettivi che sin dall?inizio ci siamo posti : creare un territorio libero - una piazza - dove agire ? discutere ? costruire con coloro che - incontrati durante il cammino - in questi anni hanno dato disponibilit? nelle pi? diverse forme a condividere uno spazio di dialogo : condizione indispensabile per chi oggi attraversa e vive la poesia ? propria e altrui ? prima di tutto come necessit? espressiva . fuori da ogni verticismo ? fuori da ogni tentativo di canone ? fuori davvero da ogni ridicola intenzione di primato ma con la precisa responsabilit? di scegliere . ? un tentativo di intrecciare e concretizzare il percorso - le letture - le tensioni : ognuno dentro la propria idea di ricerca - ognuno dentro il proprio desiderio di libert? ma con la disponibilit? a confrontarne e verificarne autorevolezza tenuta e limite su un campo aperto - contaminato e pericoloso come FuoriCasa.Poesia . inoltre : al MAGAZINE saranno collegati altri due spazi che daranno notizia di quanto ? successo (ALBUM) e di cosa succeder? (NEWS) .... in ultimo : siamo qui davvero onorati di ospitare una traccia del cammino in atto di Francesca Serragnoli voce eccezionale e in crescita che meriter? certamente scenari pi? adeguati e compiuti di quelli che finora le sono stati riservati ? torna il segno di anandamide sul volto del nostro bollettino ? e giunge a conclusione ? per ora ? l?indagine sulla parola condotta fin qui da Pier Damiano Ori ? che ritroveremo sul MAGAZINE con altri interventi . grazie a tutti del vostro ininterrotto riscontro . ci conforta e ci spinge a fare sempre meglio . finch? sar? possibile . finch? avr? senso . a presto .

Stefano Massari

1. sei poesie di Francesca Serragnoli







Io ti aspetto sotto la pioggia

con l?ombrello azzurro

e la gonna di capodanno

aspetto l?auto nera, l?inseguimento

la prima parola che dirai.



Io ti aspetto sotto la pioggia

e non ho nemmeno freddo.

Ogni tanto mi sembra

che muovi la porta a soffietto della cucina

lo so che ci sei.

Sono quella con l?ombrello azzurro.



***



Che bella luce sei

in questa posizione pesante

grammo di mondo, cielo neonato

che fai la neve

sopra di me. Piccolo Goldrake

a cui raccoglierei le margherite

come se potessi diventare

subito il mese di maggio.



Ma il tuo petto

? gi? una nube

dove non vedo pi?

il gheppio dondolare

e sulle tue braccia

dove una volta incominciava il bosco

corro avanti e indietro

come un animaletto impazzito

che non trova pi?

la crepa della sua casa.



Forse la paglia era poca

e le mani bagnate bruciavano male

e il vento, il gheppio

non lo vedevo pi? tracciare

il volare di una cometa.



Non posso lasciare

su un biglietto appoggiato al frigo

?ricordati di vegliare?



***



Ci vorrebbe proprio tutto

il tempo di cucire un bottone

quel fermarsi

in quel punto della camicia

su e gi? con l?ago

e il filo lungo che va in alto e scende.



L?andare al di l?

e tornare basterebbe.

il viaggio di una madre

l?astronave innamorata

della sua mano che scende

davanti alla finestra

e sale un filo

che fra le dita

sembra attraversare niente.



Io ti ho stretto la mano

nella panca della chiesa dei servi

sentivo che piangevi

non sapevo come ricucire

il fiore sdraiato del tuo respiro

con tutte quelle radici al vento

rosse, negli occhi.



***



C?? chi

quando ? contento

lava anche tutti i piatti

e ci sta tutta la sera

girato di schiena

sul lavello

perch? un sorso di felicit?

muove tutto il corpo

e ognuno balla come sa.

La gioia ? un ospite

che accende il ridere

come si accende un cerino nella notte.

Anche gli astronauti si voltano.



***



Giovanna, via Poerio 100

(Natale 2003)



Stanza 10, casa

viso in due

gallerie lunghissime.

Il tuo corpo ha le funi slacciate

il piede gonfio

una redine di fiato trattiene

l?ultimo desiderio a cavallo

con le zampe in alto

che venga la gioia

con fulmini e alluvioni?



Qui c?? la finestra

dove guardiamo i colombi volare

da un cornicione all?altro

dell?orizzonte di via Poerio.



Non mangi pi?

nei tuoi occhi il pane ? il tempo

che avviene oltre il vetro

e pare distante, ma tu

ne vedi le lische contro luce

l?altare dove posare un canto

come chi posa le ali pregando

che qualcuno ne chiami il volo

che il cielo lo liberi

nel viaggio che fa tremare gli alberi.



Natale,

il popolo che cammina male

sembrano soldati chiamati

a dire presente, ci sono

muovono appena un ciclamino

sulla chioma della bocca.



Poi mi guardi

come se avesse grandinato.

qui aspetti il tragitto, la linea

non pi? di fumo, piallata

per i tuoi piedi lenti.

Il tuo corpo ? scavato come

chi ha pensato il letto di un fiume

picconato, e ci sar? l?alluvione

quel tornare verso il mare, fuori Roma.



E? l? che slegano le campane

come sbendassero le tue gambe

dalle sottane di questo letto

ora che la croce ? vuota

ed ? quasi domenica.



(le parole in corsivo sono citazioni tratte da poesie di Giovanna Sicari)



***





Eccola arrivare

con le caviglie sottili di un uccello

che va a prendere la comunione.

E quel vecchio come si chiama?

Si chiamer? Primo?

Con l?occhio destro tutto rosso?

e quella con la calza elastica

che si gira con l?ostia in bocca

e rompe la fila

strisciando via le pantofole.

Ma quando arriveranno dall?altra parte

senza capelli, con la dentiera che scossa,

quando moriranno e qualcuno ci pensa

con quel fiato corto corto

che arriva fino alla sedia

e dice le preghiere, che chiama

ancora prima di essere chiamato.

Cos?? il paradiso?

che lei si senta chiamare: Giuseppina!

E la vedo allargare le braccia secche e consumate

?Sgnour, at?aspeteva, a so? steda tant mel

a?hio sufert tant per e mi basterd!?

?Al so al so, tat fa ancora mela la ghemba??

?No adess no, adess a stag propri ben.

A pos ster cun te? At voi ben Sgnour?

?Svan?!?

?Sgnour!?

?Set ch?aiaveva mel a?un och, ma adess le pas?;

A pos ster a que a sider? A voi aspet? Primo, e mi amigh?

Chi mi dice che non sar? cos??

Che il Signore non parler? in dialetto

che mio zio, che aveva solo noi cinque al funerale

non incontrer? il Signore

che gli chiede ?Enzino,

vieni qui, raccontami del cane da trifola?

Perch? Giuseppina, Ugo, Rina, Primo

quei vecchi dal nome facile

non possono parlare con Dio

come si fa quando si prega?

Il nulla non lo vuole nemmeno

il cane che abbaia al vento

perch? anche l?odore promette un senso.




Francesca Serragnoli

? nata a Bologna nel 1972.

Si ? laureata in Lettere Moderne

nella stessa citt?. Lavora

dal 1997 presso il

Centro di poesia contemporanea

dell?Universit? di Bologna.

Suoi testi sono apparsi in varie

riviste letterarie (Frontiera,

clanDestino, Specchio della Stampa,

Graphie, Tratti etc) e nell?antologia

I cercatori d?oro (Forl?, La Nuova

Agape, 2000). Per i Quaderni

di clanDestino, a cura

di Davide Rondoni, ? uscito

nel 2003 il suo primo

libro di poesie dal titolo

Il fianco dove appoggiare un figlio

(Bologna, ReEnzo).

Una silloge di sue poesie

rientra nell'antologia

Nuovissima poesia italiana

(Mondadori 2005)






2. FUORIRIGA a cura di Nicola Vacca



Antologia della poesia turca contemporanea

a cura di Necdet Adaba?,

(Manni editori, pp.149, euro 13)

Parliamo di un prezioso volume che presenta per la prima volta nella nostra lingua quarantotto autori importanti che hanno fatto la storia della letteratura in versi di questo paese.

Mancava uno studio documentato sulla ricchezza della poesia turca. Questo libro colma una lacuna editoriale, con il merito di aprire una finestra sulle letterature del mondo poco conosciute ai nostri contesti culturali. Sfogliando le pagine di questo lavoro prezioso la poesia turca non avr? pi? segreti, e rimarremo sorpresi dalla ricchezza interiore di questo affascinante mondo lirico. Emerge infatti un?idea forte, unitaria di una letteratura in versi che parte da un?intimit? diffusa per approdare alle istanze sociali, ai problemi pi? generali dell?uomo e del mondo. Nell?ampio studio introduttivo che precede la scelta degli autori e dei loro testi, il curatore analizza il profilo generale della poesia turca. Adaba? traccia le tappe fondamentali della storia della poesia turca dalle origini ad oggi. E? trattata ampiamente la poesia turca prima dell?Islam, quando non era stata inventata la scrittura, questa si tramandava oralmente.

Non mancano cenni approfonditi alla poesia turca sviluppata sotto l?influsso della civilt? islamica. Periodo che va dall?XI secolo alla met? del XIX secolo .Questa ? la fase pi? lunga della letteratura turca che coincide con la vittoria degli Arabi musulmani contro i Cinesi che volevano conquistare il Turchest?n. Ampio spazio ? dedicato alla poesia ottomana sviluppata sotto l?influsso della civilt? occidentale. Questo periodo iniziato all?incirca nel 1860, dura fino ai nostri giorni. L?Impero Ottomano per frenare il proprio arretramento nei confronti degli Stati Europei decise di servirsi della cultura e delle civilt? europee.

La poesia, in prima persona, risente direttamente dell?influenza culturale del mondo occidentale. Basta leggere i quarantotto poeti di quest?antologia per comprendere il percorso lineare e variegato della poesia turca contemporanea: pur rispettando il rapporto con il patrimonio storico tradizionale i poeti non trascurano l?incontro con le novit? del mondo moderno e la contaminazione artistiche con le culture diverse, comprese quelle occidentali. La sintesi significativa di questi passaggi importanti ? la peculiarit? fondamentale della poesia turca dei nostri giorni fatta di voci che realizzano in breve tempo tante novit? e prove artistiche sorprendenti per la forma, per i contenuti, per la tecnica, per il linguaggio e soprattutto per lo stile. La lettura dei quarantotto poeti mette in risalto il notevole progresso che la poesia turca ha realizzato raggiungendo una straordinaria unit? culturale, letteraria e artistica, anche grazie ad una complessa ricchezza di fermenti culturali. Tra questi, senza dubbio, spicca la stagione dei poeti indipendenti. In questa corrente si sono ritrovati tutti quei poeti che non hanno aderito a nessun movimento o ideologia ma hanno sempre perseguito l?idea di una poesia pura.



Uno dei principali esponenti della poesia indipendente turca ? Chait Stiki Taranci. Il linguaggio e lo stile della sua opera colpiscono per la loro disarmante semplicit?. Nelle sue poesie affiorano i temi della paura della morte, dell?annullarsi, dell?amore per la natura e per il prossimo, il senso della solitudine, un pessimismo velato che comunque apre alla gioia d vivere.



Un altro poeta indipendente prestigioso ? Bechet Necatigil. Nella storia della letteratura turca non a caso egli ? stato definito il ?poeta?. Non aderendo a nessuna corrente letteraria e a nessun movimento si ? sempre considerato un poeta realista popolare che ha sempre cercato di rappresentare i problemi del ceto medio a cui appartiene. Nelle sue poesie si incontrano spesso temi relativi alla casa, alla famiglia, all?infanzia, alla giovinezza, alla vecchiaia, all?amore, alla solitudine, ai ricordi, alla letteratura, all?arte.

I poeti indipendenti sono dei veri e propri poeti autentici che privilegiano il lirismo, il simbolismo il fattore estetico che cerca il senso del bello. Il peso culturale dei poeti indipendenti nella storia della poesia turca si caratterizzer? per la sua rilevante portata innovativa, che finir? per influenzare il linguaggio, lo stile e soprattutto i contenuti. Saranno proprio loro ad aprire la poesia turca ad una contaminazione con la cultura umanista del mondo occidentale.

Il poeta turco - osserva Adaba? - ? la forte voce della necessit? interiore di comunicare agli altri le proprie idee espresse con tecniche diverse. La lingua turca, grazie a questi grandi poeti, ? notevolmente cresciuta e progredita, ? diventata insomma un mezzo di espressione fine, dinamica e ricca.

Questo libro documenta la modernit? della poesia turca contemporanea. Una modernit? alla quale guardano con favore tutti i musulmani che credono nella cultura del dialogo dell?Islam moderato.

















3. DUELIBRI a cura di Gianfranco Fabbri



Stefano Raimondi, nel presentare il suo libro La citt? dell?orto (Casagrande Editore, 2003) usa diversi frammenti appartenenti a scrittori e intellettuali famosi. Si va da Walter Benjamin all?apostolo Giovanni; da Ungaretti a De Montaigne. Tutti questi colossi danno conto, succintamente, di ci? che il nostro poeta vuole significare in questa sua densa raccolta del dolore. Segreto e mistero sono appunto le ?riprese? scritte da Ungaretti, il quale afferma: ?Di minuto in minuto / nel suo segreto semplice ?/?, incrementando l?idea che il lettore va facendosi a poco a poco attorno al contingente fragile e quotidiano di Stefano; un contingente costituito di piccoli, inenarrabili calvari, ma anche di cose dette al di sopra della soglia acustica dell?urlo, senza alcun pudore. Le note amare, in questa bella e umanissima impresa, scialano. Il progetto ? costituito in tre parti, rispettivamente intitolate: Una lettura d?anni, Notti e La citt? dell?orto. In un susseguirsi di appelli accorati, il poeta fa emergere due massimi personaggi: il padre morente (o comunque malato) e la citt? di Milano, alter-ego forse della madre. Raimondi inizia subito a parlare usando i tempi del passato. Dice, gi? dalle primissime pagine: ?Mio padre, leggeva di continuo?, ponendo una virgola dove non avrebbe dovuto (tra il soggetto e il predicato), ma non rinunciando a fornire un esempio felice di pausa-cesura che sta per straniamento. Continua con ?La notte aveva per me / il peso di un foglio girato/ ?/ Dalla sua stanza la luce / era una mano per me / senza mani?, un passo che appare come un?apertura di credito alla figura paterna -specie di faro luminoso, nella notte dell?ignoranza-. A mano a mano che si procede nell?analisi dei testi, questo rapporto subisce pi? involuzioni che spiegamenti positivi. Si nota una decisa nota ?contraria?, che va nella direzione figlio-padre, la quale consiste nell?approvvigionamento di territorio e di sovranit?, ordito dal primo a discapito del secondo. Emblematico, in tal senso, il passaggio che segue: ??/ -la domenica ? / da un momento all?altro / l?estrema calma - / ?/ e nel giardino mi legge vicino / senza nessuna piet? /?.

Nella seconda sezione della raccolta, Notti, il confronto tra i due protagonisti diviene del tutto precario e indecifrabile. All?insofferenza del figlio, si alternano adagiamenti passivi della fragilit? paterna. Il re ? stanco e malato: l?altro ? invece diviso tra l?ansia della successione e l?immensa tenerezza di chi sta per perdere un punto fermo. Stefano spiega molto bene questa atmosfera: ?/ ? e adesso passa / passa anche tu / se lo vuoi. /?. Naturale che il duello sia soprattutto un rapporto d?amore. La misura filiale ? sempre impietosa, ma pi? per la rabbia di vedere il vecchio padre abdicare alla sconfitta, che per antagonismo in s?. Il nostro poeta, su questo punto, ? chiaro e afferma: ? ? e sei l? / fermo a contarti gli anni / su una mano sola. Sono / ?/ quelli che ti restano / da dirci, quelli / che da me a te lanci / per la tregua. / ?/ perdona il perdono, fallo / diventare pietra. /.

E? intorno a queste ?Notti? di indagine e di dolore che Raimondi realizza un?impietosa auto riflessione: vengono a galla sassi di memorie intollerabili, come il seguente: ? / Ogni regalo / era come un?offesa. Niente / ti bastava. Eri cos?; / l?avresti meritato poco / sempre ??. Altrove si isolano altri grumi, come quello di pagina 38, che intona : ?Sputi come per tirar fuori il mondo / Togli la luce alla finestra / e cerchi di pulire il vetro / che quasi pi? s?appanna?. L?autore dimostra in tal modo di possedere un grande capacit? di condurre fino in fondo lo scandaglio psicologico sui personaggi, passando, di volta in volta, a un diverso soggetto poetico, senza che il lettore ne avverta le discrepanze. Dopo un passaggio difficile come quello delle ?Notti?, si giunge quindi alla parte che d? il titolo al libro intero, La citt? dell?orto. Chi scrive ? ora alle prese con il femminino della propria citt?, (Milano), intravista come una colossale madre, concava e riluttante. Dalla ritenzione espressiva dei primi testi si arriva un po? alla volta a dichiarazioni pi? dirette, come se il poeta fosse riuscito a staccarsi dalle filacce proteiche della placenta per indirizzarsi sull?analisi tenera, ma anche critica, del luogo che lo ha rigettato alla luce dell?esistenza. Fitti appaiono i frammenti ?cappelli?, in testa ad ogni pagina: quasi fosse, il loro insieme, una ?raccolta-ombra? che d? opportune indicazioni su quella ufficiale. Uno di questi frammenti intona: ?Su tetti fitti al Garibaldi / si andava dopo aver rubato gli occhi / agli anni e un po? di chiaro?. Un altro dice: ?Giro giro tondo / casca il mondo / casca la terra / tutti gi? per terra./?. Qui il libro assume una vaga aria di tardo neo-realismo, spostato in avanti nel pieno degli anni Settanta. Si legge di macerie che s?interfacciano con il cielo e viceversa. Una sorta di ragazzo della via Gluck.

Questa raccolta ci insegna la vita e tanto altro ancora. Ci dice del tempo e dell?uomo; della fragilit? del mondo e di quella di chi sta appoggiato al davanzale della finestra, (per sineddoche il mondo stesso). ?Le stagioni si chiudono a cerchio / e tu stai come in un assedio. / Nessuno fa il conto vero degli inverni / passati con poca acqua/?. E? comunque la bellezza dei temi scelti, nonch? la leggerezza delle note usate, che ci fa aver caro questo poeta milanese, cos? apparentemente diverso dalla scuola dei suoi pi? vecchi corregionali (escluso forse un certo Raboni, dalla milanesit? soffusa e impietosa). Stefano Raimondi ricerca qui un equilibrio che tende ad essere la metafora di un equilibrio pi? generale, oggettivo. Vale, a tal proposito, come cifra universalizzata, la ricerca del padre e la sottaciuta lievitazione della madre-citt?. Vale anche la declamazione dell?inverno come il superamento dei nodi temporali e dolorosi; vale il senso della coppia, il farsi endiadi, il sottoscrivere ?insieme?, il tendere la mano verso gli altri per trovare il coraggio di chiedere aiuto. Vale il Tutto, secondo il magico e inavvertibile tocco che d? a questo lavoro la forza necessaria di resistere al tempo.












Daniele Mencarelli mi perviene in lettura per la prima volta solo in occasione di questa mia analisi al suo ultimo libro, intitolato Guardia alta (Niebo, Ed. La vita felice, Milano, 2004). Mi definisco quindi ?vergin lettore? della sua opera, di cui nulla so. Questo autore mi ? parso, sin dai primi versi, un poeta dotato di un notevole senso del genuino: tanto, da legare a questa qualit? l?esistenza stessa del proprio dire. Gi? dalle primissime pagine egli ? riuscito a introdurmi nello scenario geo-sociale della sua terra, il Lazio e Roma stessa. A pagina 16 d? cenno di fotografie relative alla stupefacente bellezza di quella regione. Daniele parla molto dei vicini, della famiglia; canta di strade e muriccioli che, statici e inesprimibili, lo accompagnano nella sua formazione generale. Una simile poetica del ?nido? potrebbe indurmi a considerarlo un nuovo Pascoli, al netto delle inquietudini del Grande Romagnolo. Poi ci ripenso e mi dico che sbaglio. Mencarelli canta la poetica del ?branco sociale?, del bacino umano e fisiologico. La sua canzone ? serena, non scioglie propositi di sottrazioni, ma, al contrario, aggiunge alla vita una sicura qualit? dell?uomo che bene sa quanto sia lunga la propria gamba. Naturalmente, nella successione dei quadri, la raccolta offre anche acquerelli casalinghi, come il pregevole dopo-pranzo di pagina 17. Qui egli si adagia con sorniona ironia sul protocollo consueto di abitudini post prandiali, tipiche dell?Italia di mezzo: parla cio? di come intingere il pane sul fondo del piatto per fare la succosa ?scarpetta?, rendendo cos? il lettore edotto in piccoli riti. Leggiamo insieme questo frammento che aiuta a capire meglio quello che ho adesso accennato. ?Eccoci arrivati alla fine / alle ciambelle d?anice di mio padre / ai piatti ripassati e molliche ovunque / alla fine di questo rito consumato ?/? . Delizioso e semplice. Disarmante e intelligente ?pieno di umana misura-.

C?? quindi in quest?opera una vocazione paesana al dipingersi, all?interno della quale, accanto al rito puntuto e ripetitivo del ?tutto previsto?, svetta una stasi che potrebbe tendere la mano a una simpatica forma di ipo-eternit? ?? / Cammino per questo viale di terra / percorso che ha visto un?intera giovinezza, / divenuto corridoio sempre pi? angusto / per via delle siepi che prima non c?erano, / ?. Il libro ? tagliato in tre sezioni: quella di cui ho dato cenno adesso porta il titolo di I giorni condivisi e giustifica il senso di appartenenza al branco, di cui sopra. La seconda parte s?intitola invece: Patria madre e non ? che la prosecuzione tematica di ci? che ? gi? stato detto in precedenza. Le annotazioni poetiche di pagina 27 si espandono come il sorriso di un bambino: sono cio? di un candore disarmante, ma non ingenuo. Il dettato si alterna tra colpi di luce primitiva e frescura linguistica. Talvolta la mano, felice per avere trovata una soluzione convincente, scappa veloce al di fuori del ?controllo? emotivo e verga, nero su bianco, perdonabili, e non frequenti, luoghi-comuni come, ad esempio ?L?emorragia del tempo?, sintagma gi? sperimentato da moltissimi autori. Piccolezze, comunque. Alle feline risolvenze stilistico-fantastiche, del tipo: ??/ ora ti sto a una distanza / che il passero comunque copre / al massimo in cento battute d?ali, ?/? fa da felice contraltare una quotidianit? morbida e anonima, che si auto-rigenera come ordito narrante ?oggettivo?. Mencarelli giunge al proprio tempo attraverso una sorta di ossimoro con il tempo degli altri ?convulso e fanatico- e ci arriva in virt? di una tessitura che ? sempre frutto di un impianto/progetto di buona lega fotografica, nel cui nodo dei pixel fa gustare una punteggiatura orfana di punti e ricca invece di virgole veloci che tendono ad offrire al testo una serena ambiguit? e uno sbandamento sintattico che rende il tutto ammiccante. Insomma Daniele ? poeta efficace che bene indaga nell?universo degli umili e di chi rinuncia, in qualche modo, a partecipare alla vita convulsa e iper-trafficata della metropoli in agguato. Il suo mondo, come del resto la propria scrittura, appare felicemente abbandonato a se stesso e alle piccole cose. Egli non affabula, non seduce in modo ruffiano, o per calcolo, ma conduce la poesia nella naturalezza delle cose, di cui appare egli stesso ?sede naturale?. E? comunque l?occasionalit? del destino una delle pi? felici note di questo poeta laziale e delizioso che scorge, nel vivere, un punto di vista combinatorio delle probabilit?. Un tale metodo, condotto con sapienza mediante i colori della quiete vivace, fornisce una scrittura esemplare per chi voglia attingere dagli ?annali dei poveri cristi? la verit? comune di chi vive la vita nell?umido caldo della propria coscienza.







4. TURNO DI GUARDIA di Marco Ercolani



Mulini a vento



Non mi dispiacerebbe scrivere una lettera a chi abita a pochi metri da me, nella corsia dell?ospedale, almeno per questa notte. Ma so che scriverei una ?lettera a nessuno?. Ricordo che, un giorno, cercai di persuadere un uomo di trentasei anni, in preda a una crisi di megalomania delirante in cui credeva di essere Ges?, Budda o Gandhi, a raccontarmi ci? che provava, a scriverne qualcosa su un taccuino. Lui mi osserv? con sospetto, poi rispose: Io non scrivo, io sono. Aveva gi? tracciato, per i giorni a venire, il suo programma: dimostrare di avere ragione contro chi gliela negava, e pagare il prezzo di questa lotta. Il segno pi? evidente della psicosi ? che ogni parola pronunciata non appartiene alla sfera del linguaggio, e tantomeno all?universo della metafora, ma ? verit? rivelata.

Chi si sente messaggero di questa verit? guarder? con sospetto sia i funzionari di potere - poliziotti e psichiatri - che lo invitano a tradirsi, sia i compagni di follia - estranei che proferiscono verit? diverse dalla sua. L?uomo di cui parlo ha sofferto per mesi di un?infezione alla gamba sinistra che solo per caso non si ? trasformata in cancrena. Per mesi, pur zoppicando, ha negato la realt? di quella ferita. Non era un problema. Lo avrebbe risolto quando avesse voluto. Solo dopo, il dolore lo ha spinto a farsi curare, di malavoglia e per pochi giorni.

Il ?matto? intraprende sempre una lotta ostinata contro le convenzioni della sofferenza, del pensiero, della percezione: una lotta esagerata, destinata al fallimento. L?esagerazione, maniacale e donchisciottesca, ? comune, in campi diversi ma contigui, anche all?arte. Se non si esagera lottando con i mulini a vento contro una uniforme pianura noiosa, se non si vive fino in fondo l??energia dislocante della poesia? (Ren? Char), accettare le regole della vita e del linguaggio ? un atto di sottomissione a codici gi? scritti e pensati, una sconfitta umiliante e banale, anche se non clamorosa e violenta come quella del matto. Il problema nasce quando - parzialmente sani - cerchiamo di sfruttare, con pazienza e con affanno, l?energia vorticosa dei mulini.







5. POLITICHE DELLA SCRITTURA di Pier Damiano Ori



Scrittura, confine e propriet?



Uno

Noi viviamo di bordi; non ai bordi (quella di vivere sul confine, qualsiasi confine ? una scelta o, un caso). No noi, noi donne e uomini viviamo di ci? che il bordo, il confine ci dona e ci dona la regola e lo spazio dove esercitarla: sapere che fare e dove farlo.

La scrittura ? uno dei ?come? farlo. La scrittura come prassi ? la scrittura quando ? soprattutto consapevole dei confini.



Due

Una volta stabilito sia il confine, sia l?interesse della scrittura per quel confine, una volta insomma che la scrittura ha riconosciuto il territorio in cui ? chiamata a formalizzarsi (il romanzo, il trattato, l?articolo di opinione, ma anche uno spirito di denuncia o al contrario di propaganda, la preghiera e l?invettiva?. tanti territori quanti sono i desideri degli scriventi) allora la scrittura inizia ad assolvere la propria stessa funzione di confine. All?interno di questa funzione la scrittura delimita il non detto, traccia il confine fra detto e non detto escludendo il pensato che non si fa scrittura; ma non delimita il non dicibile. Non regola, non stabilisce norme, anzi: la scrittura ? il mezzo del non dicibile. Il grimaldello che usa per venire alla luce ci? che se detto ? inudibile.



Tre

Ma se al confine serve la scrittura per essere attraversato da un senso, alla scrittura non serve il confine. La scrittura non ha necessit? per la propria vita di territori, ha necessit? di territori solo quando intende essere formalizzata o la si vuole formalizzare.

E? vero invece il contrario: il confine esiste perch? esiste la scrittura, una scrittura. Il confine per essere ha bisogno di essere tracciato e prima ancora raccontato. Prima narrato e poi tracciato: non sfugge a questo meccanismo il confine, il racconto del confine ? imprescindibile coma la fecondazione per la nascita. Tra scrittura e confine c?? una insuperabile alleanza, ma anche una sudditanza: dove il confine ? colui che chiede di nascere e la scrittura lo consente, dona vita. E facendolo, consentendolo, fecondando il confine, smentisce se stessa. Si nega all?infinito, s?inchina al tempo. Tempo e confine sono fratelli.



Quattro.

Il confine non ? questione di libert?, come il tempo non ? questione di morte. Il confine ? una linea, il solo fatto di tracciarla, di pensare che pu? essere tracciata, ? esercizio di saggezza, dove la saggezza ? ammettere la linea non il confine. La realt? (la linea) senza il suo significato (il confine). Si pu? essere nemici di una linea? Si pu? avere, esercitare un?opinione su una linea. E la scrittura, all?inizio del suo inizio, cosa ? , cosa ? stata se non l?opinione su una linea? Un?opinione che dice che la linea ha un senso, se rotta, fratta, mossa, agita, usata, trasformata in lettere, in segni: un continuo spezzato dai pensieri, dal taciuto che vuole essere detto, dal non dicibile, che non pu? che essere scritto: la linea che diventa scrittura, tramite l?opinione che il tracciante la linea ha avuto su di essa, ? il luogo in cui interviene il tempo, si manifestano le cronologie e le previsioni. Diventa lecito ricordare e sperare o temere.



Cinque

Ma il confine ? anche un bordo. Il bordo ? un confine che chiede di essere trasgredito. Il bordo consente il brivido. Consente il contrabbando, il passaggio, lo scambio. Il trasloco di un pensiero da un pensiero all?altro.



Sei

La scrittura smentisce il diritto di propriet? assoluta. La scrittura smentisce l?autorit?, se cos? non facesse non potrebbe perpetuare la propria funzione. Una volta scritta una scrittura non ci sarebbe spazio n? ragione per ulteriori scritture. E infatti la scrittura non ? sacra, la scrittura ? un viandante. E viaggiando la scrittura d? vita, inventa lo spazio, in questo modo la scrittura ci sazia di possibilit?, non di norme. La scrittura crea un bordo esercitando se stessa e promuove la libert?, affermando la propria replicabilit? infinita: il bordo esiste per essere violato, contraddetto, negato, reclamato, cancellato, ripristinato. La propriet? ? lecita solo nell?atto in cui ? strettamente necessaria: quello dello scrivente mentre sta scrivendo e quello del lettore mentre sta leggendo. Confine e bordo, insieme. Territorio di lavoro e pensiero e suo oltrepassamento. Ricerca del naufragio per approdare oltre.



Sette

Senza scrittura non c?? confine, senza confine non c?? bordo, senza bordo non c?? naufragio, senza naufragio non c?? senso.
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FuoriCasa.Poesia MAGAZINE

Bollettino n.06/2006

on line su www.fuoricasapoesia.blogspot.com



a cura di Alberto BERTONI, Stefano MASSARI, Giancarlo SISSA

collaborano: Filippo DAVOLI, Marco ERCOLANI, Gianfranco FABBRI, Nicola VACCA



giugno 2006 / copie 8075





restare in ascolto . sottrarsi dall?assillo ricorrente di rispondere a ogni sollecitazione colpo dopo colpo . commento dopo commento . ordine dopo ordine . con calma - partecipazione e fermezza . anche tacendo ma con trasparenza . disobbedire a ogni obbligo di perpetua connessione e contingenza . crescere e mantenere l?ascolto su pi? piani . perch? l?ascolto ? spazio . recuperare e ritessere quel tempo impreciso di adeguata maturazione di ogni cosa - quando tutto corre : sospendere ? depositare ? arginare . quando tutto ? fermo : correre ? colpire - accogliere . accogliere e resistere e nel frattempo restare sempre nel punto dove presente e sentire ? memoria ed esperienza ? quotidiano e storia : continuano a parlarsi ad agirsi a finirsi . per fare quello che stiamo facendo si deve passare di qui . affinch? poesia sia ancora essere nel nascere e morire di ogni uomo ? donna - mondo . buona estate . buona resistenza .

Stefano Massari









ALESSANDRO DI PRIMA (Catania, 1973)



Nel 1997 ha vinto la sezione giovanile del premio di poesia ?Aldo Spallicci?. Nel 1999, presso Book Editore, ha pubblicato la sua opera prima di poesia, Per luce residua, con una nota di Alberto Bertoni (Premio ?Faro d?argento?, Premio Speciale ?Lectura? Citt? di Resana, segnalato al ?Montale?). E? presente nell?antologia ?kusma ? forme della poesia contemporanea, Metauro Edizioni, Pesaro, 2000; e nel volume La responsabilit? della poesia, Edizioni Atelier, Borgomanero (No), 2001. ? inoltre presente nell?antologia poetica on line Settanta (2003), nello speciale ?poesia contemporanea italiana? di Matit? rivista on line (2004) e nell?antologia Trent?anni di Novecento, a cura di Alberto Bertoni, Book Editore, Bologna, 2005. Suoi testi sono apparsi per diverse riviste su carta e su web; ? stato redattore della rivista di letteratura e critica letteraria ?Versodove? di Bologna, e suoi interventi sono stati pubblicati in diversi periodici e inserti culturali. Nel febbraio 2003, ancora per Book Editore, ha pubblicato il secondo libro di versi, atlante del padre, con una nota di Sara Ventroni (Premio ?Lo stormo bianco?, premiato al ?Giuseppe Sunseri?, ?San Domenichino?, ?Lectura? Citt? di Resana, segnalato al Premio internazionale ?Citt? di Marineo?;). Da aprile a luglio 2005, per il Comune di Sant?Agata li Battiati (CT), ha ideato e diretto la rassegna di eventi culturali ?Campi Magnetici. Arte-Musica-Poesia-Teatro?.




quattro inediti



Baia li Cuti



a L.

nel buio

nella luce

del suo nome



e poi un giorno, se voltandoti

di lato, se voltandoti di lato solo

un poco, l?aria pi? dura

(e uno che parla e parla e

scuote la testa) a un freddo

passaggio di voli, se voltandoti

di lato tu ritrovi

luce che in luce dall?acqua risale e

sempre s?incupa, e invade e arriva

dal mare alle braccia, alle mani

(ma come fa, alle volte, la luce

di vetro) alle braccia, alle mani

bordo crinali del corpo dove dici

anche adesso di stare, dove di noi

nessuna voce di noi del mondo

arriva (la mano spinge l?aria

incontra spesso un nulla

di materia) e la vita a poco a

poco tu la dici addosso, alla fatica

del lavoro arresa, perch? da qui sia storia

e amore, e acqua che si pianti

germoglio di casa tutto il tempo

(e del resto) Rosa di brezza, Rosa

d?inverno, disegno non proprio

preciso il nostro, ma sincero

del nostro scavando informare

orme di terra a una memoria (il numero

altrimenti) di nomi liquidi, scomparsi ? Beslan

Madrid, vuoto di fedi intelligenti

le infinite devote rappresaglie ?

e mai e mai, se mai

c?? Dio, che si trovi sempre uguale

nel profilo o quasi del cuore

litorale, ma in moto piuttosto

e rivoli disgiunti, per dirti sfare

raccontare il niente che ci tiene

o vita che ci appare (e a quale pace

scavando pace dare se non c??

che scendere l?inganno) in un abisso

acquoso di passato, se voltandoti

di lato, l?opera ? pi? a fondo

a un argine segno da abitare ?

perch? segnare il tempo a un

tempo ? fatica, misura dentro

il gesto ? buio di luce

nominare: il bene il male il

nulla della vita

l?amore immenso





a L., ancora una volta



dunque a un pi? preciso gioco

di lettere e non detto

a un disperato sentimento

di anni ad altro spesi,

a un?esegesi

di noi che diamo a credere

(di noi come si fa, mi chiedo) io

che qui da sempre

al poco tolgo il poco,

ad ogni giorno il nostro meno

io che qui sto dietro a un pi? di te

che si squaderna ? quanto vento

e tempo che cammina (io di casa

ormai straniero) ? ma poi come tornando

di nuovo in te a me ripeto ?luce fonte

del tuo mistero? posto

esatto dove ? a un nulla ?

setacciare la tua voce,

nel cosa di questa vita il come

(o ignota, ignota goccia

di tanto amore?)







Quello che oggi si sconta

non ? tanto una crisi della critica in s?,

quanto quella di un programma critico?

(Mario Lavagetto)



stasera proprio no, non ce la faccio

a sopportare qui di noi un?altra sera

d?imbrogli e formule allocate

a uso domestico e civile, il gesto

preciso dell?inganno e risatine

per di pi?, a un nostro pi? sommerso

crepacuore quotidiano?

stasera no, mi spiace, alla tv

si accende la vacanza di ogni idea e

non un atto che sia d?amore non

un angelo da poco questa sera

mia miseria ripartita e pena

pu? sostare qui a ripagare

le cose che fissando stanno,

le cose che distanti fanno

di me dal fondo di ogni spesa

quel nulla che rimane d?infinita

attesa (mia sola a me rimasta scellerata

ultima meta?)



(Galway, febbraio 2006)





Ecco che indecifrabile si fa

Il disegno del mondo in matto mutare

(Giovanni Giudici)



e quale mistero, quale possibile

vita portare, in questa luce d?inizio

novembre cosa mai potrei fare

se dirmi straniero o diverso

? l?uguale gelido vento

che vesto ogni giorno autunnale

tra Cross Street e la pioggia il soffio

profondo del mare, cuore del mondo

che tu chiami tempio (goccia

di buio da custodire, quando all?ambra

degli occhi si scioglie il mattino) e

quale fiducia, altro nome abitare

per dirti ti amo non sembrare cretino

sbagliando comunque pronuncia,

provando comunque a chiamare se

da errore ad errore rinasce l?amore

a quale mistero, o nuova perfetta

purezza di voce far dire la casa

la mela i bambini la strada, se ogni cosa

con cura ritorna al suo senso

facciamo un patto io e te, di fine

giornata, ad ogni parola mancata

un sorriso, un silenzio condiviso con calma

perch? da noi sia una la terra,

o sua disciplina

nel respiro augurale di dono di perdita

abitare una lingua mai tua, la parola che indosso

prima o poi ci rivela (guarda l?, verso Salthill

una nave ritorna) e sia luce

da luce lontana, ancora una volta.



(Galway, 2005-2006)





? Soizik

????????

(ton nom est il correctement ?crit?...)



e a te, che di luce mi parli

di Provenza dentro il nero del giorno

in lingua di lilla e filari

con gesto di cordiale abbandono,

da questo segreto rispondo

che la vita ? anche qui come altrove



che il poco dal poco nel tutto

si compie - che sono amore questi anni,

spine e corona al pensiero

gli auspici non proprio avverati,

che in te mi pianto parola

gemma e fiore a un domani



per tutto quel buio stellato

che muove le cose, le cambia

nel cuore, fino all?ultimo iato



(pi? tardi nel vuoto

ricordare il tuo nome

volare alla radice del volo)



(Galway, febbraio 2006)











FUORIRIGA di Nicola VACCA







La poesia italiana contemporanea sta tentando di diventare leggibile attraverso la sperimentazione di nuove forme di comunicazione che la conducono verso la prosa. Questa tesi la sostiene Alfonso Berardinelli, in un articolo apparso recentemente sul Foglio. Il critico, analizzando le chiare tendenze della poesia odierna, afferma che: Quando si prova a mettere tutto in versi, il problema sono appunto i versi. Sono le regole ritmiche, le strofe, i confini di poesie che diventano poemi e possono andare avanti per pagine e pagine. E? certamente vero che in questi ultimi anni la poesia italiana, soprattutto quella minimalista, ha sperimentato la tecnica della dilatazione all?infinito del verso. Ma il risultato ? stato completamente devastante. Il risultato ? la pubblicazione di libri antipoetici che hanno finito per uccidere il senso ultimo della poesia, che noi crediamo essere ancora una delle possibilit? vitali del mondo contemporaneo in grado di affermare valori che passano per la via dell?essere. Il tentativo di diventare leggibile, a nostro avviso, non passa assolutamente per questo appiattimento della poesia nei confronti della prosa. Lo dimostra l?illeggibilit? di alcuni autori che in questi ultimi anni hanno pubblicato i lori libri di poesia, ignorando che questi si scrivono con i versi: Aldo Nove, Maurizio Cucchi, Franco Buffoni, Valentino Zeichen soltanto per citarne alcuni. Il problema, per chi scrive poesie, non pu? mai essere il verso. Anzi il contrario. E? apprezzabile il tentativo del poeta che rimanendo fedele al proprio registro lirico, intraprende la sperimentazione di nuovi registri che tengono assolutamente conto della lingua contaminata di diverse scritture. Prosa e poesia devono amalgamarsi mantenendo salve le proprie identit?. La poesia non pu? diventare prosa. Altrimenti perde totalmente le sua capacit? interiore di affermare sempre una cosa nuova. Si ? vero, esiste questa tendenza della poesia a tendere verso la prosa, ma non sono d?accordo con Berardinelli quando scrive che attraverso questa fase la poesia starebbe cercando di diventare pi? leggibile. I nuovi esperimenti a cui allude il critico letterario del Foglio hanno generato una poesia in forma di prosa che ? profondamente illeggibile, proprio perch? ha completamente avvertito la misura del verso come un problema. E gli esempi di questa preoccupante tendenza sono proprio i libri che Berardinelli cita nel suo articolo: La tagliola del disamore di Jolanda Insana e Animali in versi di Franco Marcoaldi. I versi che si prostituiscono alla prosa servono a tutto ma non a fare della buona poesia. Per fortuna che esistono poeti che non avvertono il verso come un problema. Sono questi che, alla fine, scrivono una poesia che inventa e che non descrive. Passa per la sapienza lirica di questi poeti la certezza antinichilista che la poesia racchiude sempre la necessit? etica che vale la pena tenere in vita, perch? essa ? l?ultima occasione che abbiamo per uscire dalle tenebre. Per occuparsi di poesia bisogna assolutamente credere nella sua salvezza, altrimenti si finisce sempre per cadere nei luoghi comuni del poetichese e del critichese. Chi non vuole concedere alcuna possibilit? all?azione creativa della poesia ? pregato cortesemente di mettersi da parte.





DUELIBRI di Gianfranco FABBRI





-uno.

Alfabeto di cenere ? una breve raccolta di Corrado Benigni (Lietocolle libri, 2005), che indica in modo parossistico l?espressionismo corporale in una sorta di convulsione epilettico-poetica, la quale contempla la fitta ripetizione di nomi, secondo lo spiegamento di un mini alfabeto, appunto. I termini usati sono pochi: innanzitutto salta all?occhio la condensazione della parola ?mani?. Esse (le mani) sono rese vitalit? peculiare dell?uomo urlante, all?interno di un universo avaro di buone note. Ecco uno scampolo di sequenza ripetitiva: le mani ?vengono scavate dall?acqua?, ?hanno respiro?, ?afferrano il buio?, ?sono sepolte?, ?vengono incendiate?, ?sono nude e urlano? e ?hanno sonno?. Vi pare poco? In questa raccolta ? gigantesca sinestesia, ricchissima fra l?altro di preposizioni che dichiarano appartenenza e introduzione in volumi concavi - esiste per davvero il senso della paternit? e della maternit? negate (bastino, per tutti, i seguenti versi: ??che non sia il vento / chi dir? che siamo stati / se da qualche parte / una madre ? silenzio?...//?. Gli altri termini ripetuti sono la luce, la notte, le carni e gli occhi. La luce ?ha memoria?, ?? smangiata?, ?si fa ruggine?. La notte ?riconduce su tracce di nessun luogo?. Le carni ?sono gettate nella febbre? (bellissima immagine). Benigni attua cos? un concerto sinfonico, al centro del quale l?uomo moderno fibrilla le proprie istanze, rotte e dirompenti, alla ricerca di un significato sulla motivazione ad esistere. ?Riposeremo annegati?, dice ad un certo punto l?autore; ?Battesimo di sudore e brine?, afferma altrove. Come potremo, noi uomini moderni, risalire la china da un simile decadimento esistenziale? Il pianeta Occidente dovr? chiederselo con la stessa forza con cui Benigni chiede aiuto ai propri lettori.



-due.

Vi sono dei libri che al primo incontro scansano il lettore a causa della tonalit? criptica adottata. Ad aumentare questa sensazione di ?difficolt?? ci si mette poi anche il ?momento sbagliato?, ovvero l?attimo in cui avviene l?impatto tra il libro stesso e il suo fruitore. Tra l?uno a l?altro, di questi punti temporali, esiste infine quello che io amo definire ?il punto del miracolo?, ovvero il momento in cui il lettore, da disperato che era, diviene pi? speranzoso per la graduale apertura che l?opera gli d?. Sono meccanismi poco spiegabili, quelli che riguardano il feeling tra chi legge e il prodotto finito (l?ultima redazione). Tra il ?me? dell?uomo comune che legge poesia e l?ultimo volume di Massimo Scrign?li, Lesa maest? (Marsilio, 2005) ? successo all?ingrosso proprio una cosa del genere. Dapprima l?insormontabile ostacolo retorico ha dato un fiero colpo alle mie ali; poi, a poco a poco, la combinazione della serratura automatica si ? fatta chiara e la raccolta di questo bravo poeta di Ferrara ha schiuso i suoi tesori e me li ha mostrati a suo modo (come io li ho goduti, secondo la mia interpretazione del tutto personale). Gi? a pagina 10 mi era chiaro il senso del male che nasce (o pu? nascere) insieme all?Io poetico, secondo la traiettoria dell?esistenza. Questa avventura in versi di Scrign?li ? intesa come il viaggio che parte da un punto d?esordio particolare, ovvero la sezione n.1, intitolata ?Lapsus??, per proseguire nel punto interrogativo e nella parola stessa lapsus, (errore inconscio) che la dice lunga sul significato della tematica. Si parte quindi da un dubbio di sbagliare, forse legato al luogo e alle circostanze di questa sorta di nascita. In questo punto iniziale, il poeta costringe ?alla resa l?influenzabile? il soggetto e il suo venir meno (la sua morte?). In tale punto l?autore parla ad una terza persona, mentre egli stesso sembrerebbe attendere l?incontro con se stesso. La felice ambiguit? del dettato si ritrova puntualmente a pagina 22, dove Massimo parla di corpi e di golosit?. E? erotismo? Di appetiti si accenna con certezza. C?? pure qualcuno ?che nasce nel sangue?, ma non ? chiaro chi possa essere. Una segnatura del Fato parrebbe comunque risultare pi? limpida di altre dichiarazioni. Eccola. ?Forse per tradire e arrendersi / Bisogna gi? essere segnati, riconoscibili / nel destino?.

La seconda sezione prende a pretesto un frammento tratto da ?Desiderio di diventare indiano?, un racconto di Kafka. Il testo del grande praghese sembrerebbe costituire, per Scrign?li, una sorta di vademecum scritto al fine di potere entrare in una gamma di situazioni esistenziali, perfette sia sul fronte ?formativo? che su quello etico, pi? in generale. Qui il poeta rintraccia l?ideale di donna e la chiama Jennifer-Rosa. Vi ? tutta una sintassi giocoso-infantile, come ad esempio la prova di dolore nel tagliarsi il dito pi? piccolo della mano: ??il pi? piccolo, come fanno gli indiani / quando perdono un figlio. / Come gli indiani / quando si lasciano sottrarre i morti / dal sole ?/?. Insomma, nel popolo nuovo l?autore vede una sorta di formazione perfetta per essere uomo novissimo e integrale. Rivolgendosi alla Jennifer-Beatrice (?) egli dice: ?Tu puoi. Taglia i fili che ti legano alla luna / non sei perduta ? Che cosa importa se intorno i tuoi capi muoiono. / Nel tuo ventre esistono altre terre / ??. In definitiva ? come se Massimo parlasse a se stesso, per incitarsi alla fuga dalle radici della partenza ?lapsus-interrogativa? e direzionarsi verso la ricostruzione del ?s??.

La sezione terza ?Voci esposte a nord? mutua due espressioni famose: la prima ? l??avvicinarsi? eracliteo e la seconda, di Heidegger, contempla l? ?Andare nella prossimit??, frase in cui c?? tutto il senso di questo passaggio. A pagina 63, ne ?L?avvio?, Scrign?li sembrerebbe dedito a ricercare le cause dell?esistenza del mondo. La conoscenza che s?espande affronta il gelo e lo squaglia. Le voci esposte al gelo sono le parole della verit? ?parole che invocano quattro m?nadi: l?acqua, il fuoco, la terra e l?aria-. Pure Jennifer ? m?nade, ovvero elemento indivisibile e indistruttibile. Poi l?autore pare perdersi in situazioni contorte, all?interno delle quali anche la sintassi soffoca. Nonostante ci?, a pagina 65, egli ausculta e riporta con efficacia le corde vocali della Natura e delle presenze che la abitano. ?Forse pi? distratta che lontana / va a spegnersi la pioggia, ma non subito ?// ? ; ? Sembra dunque che sia gi? arrivato / il fruscio delle visite notturne ?//?.

Occorrerebbe studiare con pi? attenzione il ruolo degli aggettivi, in questa raccolta. Infatti, essi hanno una diretta responsabilit? sulla natura di molte, sontuose sinestesie, le quali apportano fascino ma anche difficolt? di lettura. Curiose appaiono le ?catenarie? di reiterazioni, come ad esempio quelle costituite dalla frazione ?che?, sia come relativo che come congiuntivo. Questo tipo di stile si agglutina, si condensa, e riesce efficace nel fornire al testo una sensazione di graduale ?freddo? che non si sente, ma si vede. L?autore si appresta cos? a pennellare il luoghi ?nuovi? di questa ulteriore regione, cos? simile a quella dell?Oltre. Da qui in avanti ogni elemento corre via per suo conto; a pagina 69 si legge di una voce che ? come cornice: possiede bordi ove limitarsi; nel medesimo testo si apprende di un sonno speciale, quasi geometrico e frutto della mente. Pur correndo velocemente verso la parte finale del libro, Scrign?li non intende affatto allentare il freno retorico e si spinge in metafore e sinestesie, le pi? avanzate possibili. Catenarie di verbi messi al futuro danno, a pagina 71, un senso di litania querula che finisce per affaticare il lettore, ormai ubriaco di geniali immagini. Ma tutto ci? serve per mettere in sesto l?architettura dell?edificio.

La sezione quinta d? il titolo a tutta la raccolta. Siamo adesso nelle vicinanze dell??Estremo?, nel punto del quasi non ritorno. Dopo aver vissuto gli esordi e la immaginifica vita ideale, ecco il poeta alle prese con la fase del The End. Egli inizia qui a creare la scenografia che dovr? accogliere la lesione della Maest?. Mi piace pensare questa location simile a quella dove Scrign?li vive nella realt?, ovvero la zona di pianura padana tra Bologna e Ferrara ?un sito geografico piatto, metafisico e quasi oltremondano- che ? anche la terra di un notevole poeta del primo novecento, estroso come il nostro autore nel produrre immagini fantastiche e sinestesie corposissime: Corrado Govoni. Massimo per? ha un calibro intellettuale sconosciuto al grande ferrarese di cent?anni prima: ne deriva, nella poesia del Nostro, un connubio che a molti parr? peregrino, quello tra uno Celan in punta di riflessione e appunto un Govoni, pittore a buon mercato, raffinatissimo nella propria abbondanza.

La fine ? giunta: di stagione in stagione, la sovranit? dell?uomo viene attaccata dal virus, producendone una lesione fatale. Il libro si chiude con queste parole:

?Ancora estremo il punto, notte / abbagliante di quanto qui / trova riparo e il buio solleva / da ogni ritorno./ ?.

Le carni sollevano le sorti di chi legge.

?

Il Re ? morto ? Viva il Re! (e cos? la propria sovranit? ? cos? la propria maest?).





turno di guardia di Marco ERCOLANI



Terramobile
In casa di quella pazza, ex hostess, bulimica, sdentata, grassa, reclusa in quattro stanze piccolissime, erano in quattordici oggi, magistrato, medici, avvocati, parenti, a decidere del suo destino, tutti in piedi in sei metri quadrati, e lei che guardava tutti con la bocca spalancata, l?occhio innocente, la bava alla bocca, scrollando il testone, e lui, lo psichiatra, logico e ansioso, a dirimere e spiegare, ma si sentiva la voce opaca, chiusa in gola, a cosa serve, pensava, a cosa serve mettere steccati, creare filosofie del limite, parlare di cose ragionevoli o sciocche, avvelenato da famiglie morte in morte case di campagna a guardare il buco della psiche torcersi nei sordidi riti di sempre.

Scrive di loro, di quei pensieri senza pensiero, di quei corpi senza corpo, ma non sa cosa scrive, si sente sempre ricacciato l?, dove il padre ammazza l?idiota, il fratello trucida il fratello, la madre nega tutti i desideri. L? ? la sua terraferma, la sua terramobile. Pu? anche tornare a casa, un bel tramonto negli occhi, magari a Nervi o Portofino, con il mare che scintilla freddo e chiaro, ma non sa che farci, la luce gli cola dalle ciglia, inservibile, dentro l?occhio gli restano i matti, che non sanno che lui scrive di loro, i suoi matti. Se lo sapessero come riderebbero! Lo inviterebbero a casa, gli preparerebbero una minestra calda, gli chiederebbero perch? non scrive di cose belle, loro hanno tanto bisogno di alberi in fiore, spiagge blu, donne nude, non che qualche medico gli ripeta nelle orecchie la stessa tragedia di sempre, gli stessi, stupidi orrori, ma che noia, dottore, non sar? che lei ? un po? stupido, non sar? che lei ? uno di noi?





FIORETTO di Filippo DAVOLI





Dalla corrispondenza di Italo Calvino con Angelo Guglielmi, ne Il Menab? 6, 1963.
?Mi vuoi convincere, Beckett e Robbe-Grillet alla mano, che la realt? non ha senso? Io ti seguo, contentissimo, fino alle ultime conseguenze. Ma la mia contentezza ? perch? gi? penso che, arrivato all?estremo di questa abrasione della soggettivit?, l?indomani mattina potr? mettermi ? in questo universo completamente oggettivo e asemantico ? a reinventare una prospettiva di significati, con la stessa giuliva aderenza alle cose dell?uomo preistorico che, di fronte al caos di ombre e sensazioni che gli baluginava davanti, a poco a poco riusciva a distinguere e definire: questo ? un mammuth, questa ? mia moglie, questo ? un fico d?india, e dava inizio cos? al processo irreversibile della storia. Abbi dunque un saluto cordiale.?



Da La visitatrice di Fulvio Tomizza (Mondadori, 2000)

?Seneca, come quasi tutti gli intellettuali di professione, mi si rivelava un consumato esperto nell?arte consolatoria, salvo smentirsi, perdendo dignit? e altro, quando cadeva in disgrazia presso l?imperatore. Era un processo contrario a quello degli eletti da autentica sofferenza i quali si provavano a mettere sulla carta quanto li attanagliava. Io non nutrivo tale pretesa, ero un uomo comune con le mie colpe, qualche merito e tante contraddizioni, il quale sui sessant?anni era stato ghermito da un male che non perdona. Ma l?esperienza accumulata e la condizione presente mi consentivano di distinguere tra abilit? oratoria e confessione bruciante, tra palestra e calvario.?
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FuoriCasa.Poesia MAGAZINE

Bollettino n.07/2006

on line su www.fuoricasapoesia.blogspot.com



a cura di Alberto BERTONI, Stefano MASSARI, Giancarlo SISSA

luglio 2006 / copie 8137




quasi un anno dopo ci ritroviamo intorno ad un?assenza dura . dura da accettare . se non forse con un gesto momentaneo delle labbra che si stringono . uno sguardo che si abbassa e si svuota . una domanda che si apre in gola - ma raggela e rifiuta di lasciarsi pronunciare . a volte non rimane che ?naturalmente? tentare di trasformare un?assenza in una forma altra di presenza . di tenerla attiva nel fare e nel sentire . ?naturalmente? . non per celebrare - ma per mantenere tesi e vividi i segni che l?assente nel suo cammino ha disseminato . a volte ? non sempre ? ma a volte ?fare? la poesia concede questo assurdo privilegio : il privilegio di oltrepassare un pianto ? e mantenere salde le forze migliori che ogni persona amata e ammirata ha costruito e condiviso dentro noi . per vedere se si riesce ancora a convocare ? a liberare - una parola che ci tenga interamente umani di fronte al vuoto che assedia . il 30 luglio 2006 a cesenatico (casa moretti) paola malavasi - l?assente ? sar? convocata ? partecipata ? attraversata da un gruppo di giovani persone che hanno scelto quella esile imperfetta e magnifica forma di dialogo con il destino che ? la ?poesia? . l?incontro ricalcher? nella formula quello voluto da lei stessa lo scorso anno : stare uno di fronte all?altro ? parlarsi - esporre i propri segni ? tentare di capirsi ? dividersi ancora e di pi? ? o magari anche unirsi . nel frattempo ? apparso il suo ultimo libro ? di cui ospitiamo sul nostro MAGAZINE (www.fuoricasapoesia.blogspot.com) una lettura accesa e coinvolta dell?amico nicola vacca . qui vi lasciamo alcune sue poesie ? i dettagli di questo incontro e in ultimo la rassegna di poesia in cui questo appuntamento ? incluso ? voluto con lucida caparbiet? e generosa ostinazione da ennio cavalli . a presto .

stefano massari







PAOLA MALAVASI



Ha pubblicato le raccolte di versi ?In una stanza? (1999) , ?Le altre? (Interlinea 2003), il romanzo per ragazzi ?Sei mai stato a Occhichiusi?? (2003) e le antologie scolastiche ?I ribelli. Maledetti, futuristi e beat? (2000) e ?I luoghi del mito? (2001). Ha vinto i premi Montale e Lerici-Pea per l?inedito Ha tradotto poesie del polacco Adam Zagajewski e dell?olandese Willem van Toorn. ? scomparsa a Venezia il 18 settembre 2005, a quarant?anni. Il libro postumo uscito da Interlinea si intitola ?A questo servono le lacrime?.




Domenica 30 luglio CESENATICO, Giardino Casa Moretti - ore 17.00
?Riunione nell?Orto?, per ricordare Paola Malavasi. Riflessioni e letture con critici e poeti.
Con la collaborazione di Isabella Leardini e Stefano Massari. Intervengono:

Davide Argnani, Martino Baldi, Corrado Benigni, Roberta Bertozzi, Maria Grazia Calandrone, Tiziana Cera Rosco, Lorenzo Chiuchi?, Filippo Davoli, Gianfranco Fabbri, Matteo Fantuzzi, Pietro Federico, Sabrina Foschini, Massimo Gezzi, Gianfranco Lauretano, Franca Mancinelli, Alessandro Mosc?, Daniele Piccini, Francesca Serragnoli, Vanessa Sorrentino, Mariarita Stefanini, Paola Turroni, Matteo Zattoni. Letture dal libro A questo servono le lacrime (Interlinea 2006) a cura di Valentina Montanari

A questo servono le lacrime

(Interlinea, 2006)



Ora che siete fermi nell?aria di acciaio

e un silenzio di echi e pochi sogni strappa le parole

e sottrae alla mia vista i sorrisi che eravate,

prover? a costruire la macchina dei morti.

Una leva poderosa, per portarvi indietro.

Emozioni ferrose, incudini di fede.

Cucir? una corazza d?aria,

macchina, macina, toppa per anime.





EUROPA, DI NOTTE



Fermo sulla cinta della Terra, il custode si alza.

Ha un fuoco nelle mani, richiama gente. Ricordi?

come faceva il porto con le strade bianche.

Gli alberi sono bandiere. I sogni, foglie del suo regno.

Stringe l?orizzonte del giorno, ? un gran cerimoniere

un odore di deserto annuncia il sabato alle porte

e all?improvviso c?? molto di noi in tutto questo.

L?affarista impaziente accelera clessidre, polvere a volo

di rondine, fiumi di terra e latte. La paura e le forze crescono

fino a farci volare, lasciandoci vivi. Siamo vivi?

C?? chi dorme per non morire, chi si risveglia con l?ansia

nelle mani. Il padrone di casa non trova le chiavi.

Quanti di noi, dentro contorni simili?



Una donna malinconica viene spinta in metropolitana,

incontra qualcuno ed ? finalmente il terzo giorno. Piange.

Ha visto uomini rigidi di fame, oltre il cortile della chiesa,

oltre le mura.

Cos? la pioggia pu? risparmiare ponti e vestiti

perch? si posa su di lei, acquitrino di colpe.

Madrid si stringe ai tori sacrificali, Leopoli ai suoi poeti,

Barcellona al profeta delle linee tonde e dei profili storti.

I poveri bevono e si mettono le scarpe, dettano regole

immortali e verit? scandite. Sempre loro, per primi.

L?oceano si scioglie, il cielo ricopre il prato e gli uomini

sono fiori con perle negli occhi. Tutto ? compiuto ed ? perduto

quando le cortine si spalancano, la voce del buongiorno

arriva scura. Improvvisa, la mattina.

In fretta i sassi nascondono ogni forma e un soffio di luce li blocca.



Il custode ? nel sacco. I poveri restituiscono le scarpe,

ci siamo noi in tutto questo.

Traffico, appuntamenti. La notte porta via le dichiarazioni.

Il giorno ? quieto nella luce reale, tornano i colori pietosi.

Li seguono il caff? del mattino e un po? di buona educazione.





IL NOSTRO VERO NOME



Al vincitore dar? la manna nascosta, e

un ciottolo bianco sul quale ? scritto un

nome non conosciuto da nessuno fuorch?

da chi l?ha avuto.

(Apocalisse)



Ascoltiamo il silenzio come se fosse il nostro vero nome.

Nelle sue lettere ampie stanno le valli, i piccoli merli scandiscono

cori e le onde che spalmano il mare su briciole

senza memoria ? un tempo monti, un tempo, ma ora cosa importa? ?

Il nome scorre lento, mentre ere e fiumi tagliano paesi.

Rimanda a nuove mete, pi? lontane, alla bocca del barbone

che copre con il mantello di cartone la notte bagnata

fin nella barba, alla pioggia di capelli accatastati

dalla scopa del barbiere, corpi della citt? gelata.



Il vero nome ci schiva come fossimo scintille.

Ma le parole ci abitano e confidiamo nella rivelazione.

Nominano il viale segnato di passi, l?area dei destini.

Perch? il nome non ? nascosto, ? largo, disteso

nel corpo rotondo del vento, nel suggerimento

di una corolla mentre apre i petali.

Vacilla sui picchi come bandiera e segue

i passi tra le montagne, lo tratteggiano rondini come pennini,

a partire dal cielo di mari lontani fino al nostro balcone:

cos? ci rendono segni parziali.

Il gatto ci fissa stupiti, ignaro di musiche e televisione

con la saggezza di un interprete.

Possiede la furbizia del silenzio e la pigrizia del suo spreco.

Il nostro nome si alza all?alba prima del risveglio

quando a leggerlo intero riesce l?allodola.





NELLA CASA DI PIETRA



Ti ho lasciato che dormivi su un fianco.

Lungo, accoccolato come il gatto, il muso buono del sonno.

La casa di pietra custodisce il tuo risveglio.

? alta, solida, un tempio, una fortezza.

In cima alla salita, tra mattoni e cemento,

al piano alto,

solo gli uccelli oggi hanno il diritto

di entrare nei tuoi sogni, fischiando.





INFANZIA



Si sta nell?infanzia come nel cristallo il piombo,

a bassa concentrazione.

Negli anni che durano secoli, mentre altri dicono

il nome delle cose e il nostro nome.



Poi di notte una goccia di sangue,

il marmo di un abbraccio ci fa di sasso,

l?aria di carta lucida scricchiola.



Quando tornerai nell?infanzia, sar? nel tepore che cala.

C?? chi dimentica, chi custodisce.

Ma il piombo ? fuori dal ritorno.

Cos? accade anche l?ultimo giorno.





_____ qui di seguito gli altri appuntamenti

della SETTIMANA DELLA POESIA EUROPEA ?Marino Capacci?

Direttore Artistico Ennio Cavalli

Venerd? 28 luglio CASTROCARO, Giardino Grand Hotel Terme - ore 21.00
Roberto Amato, Ennio Cavalli, Rosita Copioli, Milo De Angelis.
G.R.M. ospite a sorpresa.

Sabato 29 luglio CESENATICO, Giardino Casa Moretti - ore 21.00
Roberto Amato, Alberto Casiraghy, Ennio Cavalli, Rosita Copioli, Milo De Angelis, G?zim Hajdari, Alexandra Petrova.

Domenica 30 luglio BERTINORO, Anfiteatro del ?Giardino dei Popoli? - ore 21.00
Alberto Casiraghy, Ennio Cavalli, G?zim Hajdari, Alexandra Petrova.
S. M. ospite a sorpresa

Luned? 31 luglio CASTROCARO, Giardino Grand Hotel Terme - ore 21.00
Incontro col poeta greco Nasos Vaghenas, in compagnia di Ennio Cavalli.
Letture di Valentina Montanari.

Marted? 1 agosto FORL?, Giardino Hotel della Citt? - ore 21.00
Incontro col poeta greco Nasos Vaghenas, in compagnia di Ennio Cavalli.
Letture di Valentina Montanari.

Luned? 7 agosto CESENATICO, Giardino Casa Moretti - ore 21.00
Incontro con Sergio Zavoli e la sua poesia, in compagnia di Ennio Cavalli.

I PROTAGONISTI

Roberto Amato. Col primo libro, ?Le cucine celesti?, edito da Diabasis, ha vinto nel 2003 il Premio ?Viareggio? per la poesia. Nel 2004, con lo stesso editore, ha pubblicato la plaquette ?Gli sposi? e nel 2006 ?L?agenzia di viaggi?. Collabora con ?Paragone? e ?Nuovi Argomenti?.

Alberto Casiraghy. ? l?artefice delle raffinate edizioni ?Pulcinoelefante?. Autore di aforismi e di poesie nel dialetto della Brianza, suona il violino e dipinge. Tra i suoi libri, ?Qu?nd ul b?sch al sguagn?s? (LietoColle 2006) e ?I nostri amici?, con i disegni di Alberto Rebori.

Ennio Cavalli. Scrittore e giornalista. ?Libro di sillabe? (Donzelli 2006) ? la sua ultima raccolta di poesie. Con l?autoantologia ?Cose proprie? ha vinto il Premio Pascoli 2004, con il romanzo ?Quattro errori di Dio?(Aragno 2005) il Premio Campiello-Selezione Giuria dei Letterati. Ha inoltre pubblicato ?La Bibbia in lattina? (Sansoni 1992, con una lettera di Federico Fellini), ?Il romanzo del Nobel?(Rai-Eri 2000, con una nota di Dario Fo), ?Se nascevo gabbiano? era peggio?(Feltrinelli Kids 2001) e il romanzo di viaggio ?Il divano del Nord? (Feltrinelli 2005).

Rosita Copioli. Ha pubblicato i libri di poesia ?Splendida lumina solis?(Forum 1979), ?Furore delle rose?(Guanda 1989), ?Elena?(Guanda 1996). In prosa: ?I giardini dei popoli sotto le onde?(Guanda 1991), ?Il fuoco dell?Eden?(Tema celeste 1992), ?La previsione dei sogni?(Medusa 2002). Ha curato di Leopardi il ?Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica? (Rizzoli 1998 e 2001), di Goethe ?Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister?(Medusa 2005), di Yeats ?Il crepuscolo celtico? (Bompiani 2001).

Milo De Angelis. ? autore delle raccolte: ?Somiglianze? (Guanda 1976), ?Millimetri? (Einaudi 1983) e, da Mondatori, ?Terra del viso? (1985), ?Distante un padre? (1989), ?Biografia sommaria? (1999), ?Tema dell?addio? (2005). ?Dov?eravamo gi? stati? si intitola l?antologia poetica uscita da Donzelli nel 2001. Dirige la collana ?Niebo? per le Edizioni La Vita Felice.

G?zim Hajdari. Poeta, narratore, saggista e traduttore. La sua attivit? letteraria si svolge all?insegna del bilinguismo, in italiano e albanese. Ha vinto i premi Montale e Dario Bellezza. Tra le sue opere di poesia, ?Maldiluna?e ?Spine nere?.

Alexandra Petrova. Nata a Leningrado, ha vissuto a lungo in Israele e dal 1999 risiede in Italia. Nel 1994 ha pubblicato la raccolta ?Punto di distacco? e nel 2000 il libro di prose e poesie ?Permesso di soggiorno?. Si intitola ?Altri fuochi? la pi? recente opera di poesia (Crocetti 2005).

Nasos Vaghenas. ? nato a Drama, nella Grecia settentrionale. Insegna Teoria e critica letteraria all?Universit? di Atene. Ha esordito nel 1974 con la raccolta ?Campo di Marte?, a cui hanno fatto seguito: ?Biografia? (1978), ?Le ginocchia di Roxane?(1981), ?Vagabondaggi di un non viaggiatore? (1986), ?La caduta dell?uomo in volo? (1989), ?Odi barbare?(1992), ?Ballate oscure?(2001). Tra i suoi saggi, ?Il poeta e il ballerino? (1979), sulla poesia di Seferis e ?Conversando con Kavafis?(2000).

Sergio Zavoli. Grande inviato, scrittore e saggista, ? stato presidente della RAI ed ? senatore della Repubblica. Tra i suoi libri, ?Nascita di una dittatura? (1972), ?Socialista di Dio? (1982), ?La notte della Repubblica? (1989), ?C?era una volta la Prima Repubblica? (1998), ?Se Dio c??? (2000), ?Diario di un cronista? (2002). Tre, finora, le raccolte di versi: ?Un cauto guardare? (1996, Premio Alfonso Gatto), ?In parole strette? (2000) e ?L?orlo delle cose? (2004).
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FuoriCasa.Poesia MAGAZINE

on line su www.fuoricasapoesia.blogspot.com



a cura di Alberto BERTONI, Stefano MASSARI, Giancarlo SISSA

ottobre 2006 / copie 8856



TRASFORMAZIONE in corso . lavoriamo a un cambiamento ambizioso . a un progetto che contiamo di mettervi a disposizione dall’inizio del prossimo anno . abbiamo l’obiettivo di potenziare e ampliare lo scenario dentro questo nostro metodo di lavoro su e per la poesia . non possiamo ancora fornire coordinate chiare ma non mancheremo . appena avrà senso informarvi su cosa possiamo concretamente proporre . nei prossimi mesi il nostro bollettino avrà prettamente carattere informativo . il MAGAZINE su web continuerà ad accogliere interventi e contributi nostri e degli autori che hanno deciso di essere complici e di dialogare dentro questo ‘luogo’ . un’evoluzione - uno sviluppo il più possibile efficace – ampio – dinamico - di questa esperienza . nel tentativo di allargare il più possibile il campo di azione e di semina . senza perdere niente delle nostre radici . lo faremo con rigore e massima apertura . lo dobbiamo ai tanti che ci hanno seguito fin qui con stima e fiducia crescenti . faremo di tutto per continuare a meritare la vostra attenzione . è un compito . un desiderio . un modo di stare al mondo . sperando di ritrovarvi tutti vicini quando sarà il momento . nel frattempo alcune news . a presto .

stefano massari



1.





Alberto Bertoni insegna Letteratura italiana contemporanea nell'Università di Bologna. Autore di alcuni libri di poesia, ha pubblicato anche numerose opere critiche sulla letteratura del Novecento, fra le quali ricordiamo "Dai simbolisti al Novecento. Le origini del verso libero italiano" (Il Mulino, 1995) e l'antologia "Trent'anni di Novecento. Libri italiani di poesia e dintorni (1971-2000)" (Book, 2005). Ha inoltre curato i "Taccuini 1915-1921" di Filippo Tommaso Marinetti (Il Mulino, 1987).






Bologna, martedì 17 ottobre 2006, ore 17.30

Emeroteca del Mulino

Vicolo Posterla, 1



La Società Editrice il Mulino invita alla presentazione del volume

LA POESIA

come si legge e come si scrive

di Alberto Bertoni

....sia detto senza ombra di moralismo, viviamo in un’epoca che dedica ingenti energie fisiche, economiche, spirituali al cosiddetto fitness, a pratiche di gioco sempre più assortite e raffinate o alle svariate iniziazioni (il più delle volte esotiche invece che esoteriche) a “religioni” estemporanee (dallo yoga alle tecniche orientali di simulazione e di esorcismo del combattimento, sino al diffondersi delle sette): dunque non si capisce come sia possibile accostarsi da attori prima che da spettatori a un’arte di respiro plurimillenario come la poesia, senza quella propensione all’allenamento che coincide con la disponibilità ad acquisire una competenza umile e adeguata e il giusto rispetto per un’attività linguistica (profondamente ed esclusivamente umana) preziosa e profonda come poche: in una parola, senza essere diventati in primo luogo dei lettori. In questa prospettiva, la pratica della scrittura dovrebbe venire intesa e accolta come una sorta di premio o di traguardo alla fine di una giusta esperienza di apprendistato. Solo a questo prezzo (nella stragrande maggioranza dei casi, dentro il contesto contemporaneo) si può diventare poeti veri.


Il rapporto tra chi legge e chi scrive poesia, oggi in Italia, è circa di uno a mille. Naturalmente non è possibile insegnare a diventare poeti. Tuttavia, questo libro intende dimostrare - con esempi tratti dagli autori più grandi della tradizione occidentale, da Dante a Leopardi, da Petrarca a Ungaretti, da Baudelaire a Pessoa, da Celan a Brodskij - che un'autentica, possibile e anzi auspicabile educazione alla poesia può darsi solo se, dai primi tentativi di creazione in proprio, si impara a muovere verso l'acquisizione di una capacità vera di lettura del testo poetico. E leggere la poesia, per poi magari prendere a scriverla in prima persona secondo la competenza nel frattempo acquisita, equivale a possedere tutte le tecniche che innervano il suo "fare", le necessarie nozioni storiche, ma anche una rinnovata disponibilità all'ascolto. Accogliere in sé la voce dell'altro, infatti, non è un esercizio meramente estetico, ma - più propriamente - etico: di questo è da sempre capace la parola poetica.








2.





su FUCINE MUTE WEBMAGAZINE (www.fucine.com) è on online un ampio speciale sulla poesia contemporanea, con interviste testi e video, curato da Christian Sinicco e Luigi Nacci. Ecco di seguito il link per accedere direttamente allo spazio:



http://www.fucine.com/network/fucinemut ... php?fma=78





Il numero ospita le interviste a importanti poeti del panorama italiano e internazionale raccolte nel corso del 2005 e 2006 all'Absolute Poetry Festival, a Pordenonelegge.it, a Parco Poesia e al Circuito Europeo di Reading, nonché numerose registrazioni video/audio di performance e letture. Infine un cospicuo numero di saggi e recensioni che fanno il punto sulla trasformazione dell'ambiente della poesia negli ultimi anni.

Lo speciale è stato curato da Luigi Nacci e Christian Sinicco, con la collaborazione di Enrico Baravoglia (Direttore Responsabile della rivista) e Serena Smeragliuolo (Caporedattrice); e con i contributi di: Matteo Danieli, Sara Gherbitz, Ambra Zorat, Dome Bulfaro, Adriano Padua, Stefano Guglielmin, Marianna Marrucci, Piers Hugill, Michele Obit, Marijana Sutic, Roberto Dedenaro.

Hanno sostenuto l’iniziativa: il Comune di Monfalcone, che ha fornito tutto il materiale multimediale della prima edizione di Absolute Poetry; l’Associazione Culturale “Periferia Nordest” che ha realizzato le riprese del festival omonimo; la casa editrice Mesogea, che si è adoperata al fine dell’intervista a Moncef Ghachem e che ha concesso le registrazioni del gruppo Dounia.
Sono state di supporto per altri materiali: le manifestazioni Parco Poesia e Pordenonelegge; l’Associazione Culturale “Gli Ammutinati”, il Centro di Poesia Cultura e Arte di Reggio Emilia e “ib_project for the arts”; le riviste “FuoriCasa.Poesia”, “Reception”, “Pagina Zero”, “La gru” e “La clessidra”.


3. segnaliamo la recente nascita di due nuove importanti riviste di letteratura su WEB:




L’attenzione per una nuova civiltà letteraria (www.lattenzione.com) fondata da

Fabiano Alborghetti, Fabrizio Centofanti, Marco Guzzi, Gian Ruggero Manzoni

Massimo Orgiazzi, Antonella Pizzo, Alessandro Ramberti, Massimo Sannelli




Fili d’aquilone (www.filidaquilone.it) coordinata da Alessio Brandolini con la collaborazione di Giuseppe Ierolli e Ambra Laurenzi.


4. sta raccogliendo numerosi e meritatissimi consensi, segnaliamo di seguito una prossima vicina presentazione di questo libro :





LA BIBLIOTECA DELLE VOCI

interviste a 25 poeti italiani,

a cura di Luigi Cannillo e Gabriela Fantato, Editore Joker


Milano, martedì 17 ottobre ore 21,00

Palazzina Liberty, in Largo Marinai d'Italia


Interventi di Luigi Cannillo e Gabriela Fantato, in collaborazione con Silvio Aman e Annalisa Manstretta.


Molti dei poeti intervistati leggeranno alcuni loro testi, tra cui

Maurizio Cucchi, Umberto Fiori, Franco Loi, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri...



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carlo
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Messaggio da carlo »

land‡



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land‡ nel nuovo spazio web inagura la sua attività con un lungo periodo di attenzione dedicato a Giovanna Sicari (www.land-1.blogspot.com) . saranno progressivamente postati materiali articoli e contributi intorno alla sua figura e alla sua poesia – finché non ci sembrerà compiuto un giusto primo lavoro di omaggio approfondimento e analisi (per quanto siamo in grado e ci è concesso fare) di un percorso poetico tra i più coinvolgenti e importanti in italia negli ultimi trent’anni . grazie dell’ascolto . land‡ .
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