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Bibliografie e biografie commentate dei grandi scrittori
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Trilussa


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Si chiamava Carlo Alberto Salustri e nacque a Roma nel 1871. Con lo pseudonimo di Trilussa divenne popolarissimo, visse di proventi editoriali e di collaborazioni giornalistiche. Efficace 'dicitore' dei suoi versi, fece lunghissime tourn?es in Italia e all'estero. Mor? a Roma nel 1950. Di carattere folklorico ? il primo volume di versi, Le stelle di Roma (1889). La sua vena, prevalentemente satirica, and? poi affinandosi. Trov? la misura pi? congeniale nel bozzetto di costume e nella favola moraleggiante di ascendenza esopiana: Qua ranta sonetti (1895), Favole romanesche (1900), Caff?-concerto (1901), Er serrajo (1903), Uomini e bestie (Ommini e bestie, 1908), Le storie (1913), Lupi e agnelli (1919), Le cose (1922), La gente (1927) ecc.

Con arguzia scettica e disincantata Trilussa ha commentato circa 50 anni di cronaca romana e italiana, dall'et? giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La satira poli tica e sociale non ? l'unico tema: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, qua e l? corretta da guizzi di ironia. Trilussa ? un rimatore che per gran parte della sua produzione si serve del romanesco. La sua attitudine ? quella umoristica, non ? certamente un eversore. Il suo atteggiamento ? quello di un cauto scetticismo di fronte allo spettacolo dei potenti, attraverso gli occhi un po' qualunquisti dei popolani romani: ?le verit? so' belle, se capisce, | ma pure in quelle ci abbisogna un freno?. Con questo scetticismo attraversa l'et? umbertina e poi il fasci smo, senza clamori n? impegni se non quelli quotidiani. Nei mo menti mi- gliori, prevale una pietas malinconica. Cos? nel stiliz zare il rapido volo di ?un'ape che se posa | su un bottone de ro sa: | lo succhia e se ne va... | tutto sommato, la felicit? | ? una piccola cosa?.

La sua produzione poetica ? raccolta in Tutte le poesie , uscita postuma nel 1951 a cura di P. Pancrazi e con disegni di Tri lussa.

Trilussa collabor? anche a piccoli giornali e riviste locali, come ?Rugantino? , ?Il don Chisciotte di Roma?, ?Il Travaso delle idee?, l'almanacco ?Er Mago de Vorgo? ecc., con i suoi componimenti ma anche con prose impressioni satire, in italiano, romanesco ma anche in maccheroniche mescolanze. Tra le cose minori sim patiche le lettere satiriche di Maria Tegami Intima , una prostituta che riceve popolani, nobili, letterati, vecchiacci ecc. (?ci fu un momento | che avevo in mano tutto il Parlamento?), che ha aspirazioni letterarie e legge la "Rivista di scienze sociali" ma annoiandosi ?perch? non c'? l'intreccio e non ci sono nemmeno le figure?. Interessante anche la favola politica ?der buffone? Picchiabb? (1927).


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EL LEONE RICONOSCENTE

Ner deserto dell'Africa, un Leone che j'era entrato un ago drento ar piede, chiam? un Tenente pe' l'operazzione. -- Bravo! -- je disse doppo -- Io t'aringrazzio: vedrai che te sar? riconoscente d'avemme libberato da 'sto strazzio; qual'? er pensiere tuo? d'esse promosso? Emb?, s'io posso te dar? 'na mano...-- E in quela notte istessa mantenne la promessa pi? mejo d'un cristiano; ritorn? dar Tenente e disse: -- Amico, la promozzione ? certa, e te lo dico perch? me so' magnato er Capitano.



LA DIPROMAZZIA

Naturarmente, la Dipromazzia ? una cosa che serve a la nazzione pe' conserv? le bone relazione, co' quarche imbrojo e quarche furberia. Se dice dipromatico pe' via che frega co' 'na certa educazzione, cercanno de nasconne l'opinione dietro un giochetto de fisionomia. Presempio, s'io te dico chiaramente ch'ho incontrato tu' moje con un tale, sar? sincero s?, ma so' imprudente. S'invece dico: -- Abbada co' chi pratica... Tu resti co' le corna tale e quale ma te l'avviso in forma dipromatica.





L'EROE AR CAFF?

? stato ar fronte, s?, ma c?r pensiero, per? te d? le spiegazzioni esatte de le battaje che nun ha mai fatte, come ce fusse stato per davero. Avressi da ved? come combatte ne le trincee d'Aragno! Che gueriero! Tre sere fa , pe' prenne er Montenero, ha rovesciato er cuccomo del latte! C?r su' sistema de combattimento trova ch'? tutto facile: va a Pola, entra a Trieste e te bombarda Trento. Spiana li monti, sfonna, spara, ammazza... -- Per me -- barbotta -- c'? una strada sola... E intigne li biscotti ne la tazza. (dicembre 1916)



ER CECO


Su l'archetto ar cantone de la piazza, ar posto der lampione che c'? adesso, ce stava un Cristo e un Angelo de gesso che reggeva un lumino in una tazza. Pi? c'era un quadro, indove una regazza veniva libberata da un'ossesso: ricordo d'un miracolo successo, sbiadito da la pioggia e da la guazza. Ma una bella matina er propietario lev? l'archetto e tutto quer che c'era, pe' dallo a Spizzichino l'antiquario. Er Cristo agnede in Francia, e l'Angeletto lo prese una signora forestiera che ce guarn? la cammera da letto.

E adesso l'Angeletto fa er gaudente in una bella cammeretta rosa, sculetta e ride nella stessa posa coll'ale aperte, spensieratamente. Nun vede pi? la gente bisognosa che je passava avanti anticamente, dar vecchio stroppio ar povero pezzente che je chiedeva sempre quarche cosa! Nemmanco j'aritorna a la memoria quer ceco c'ogni giorno, a la stess'ora, je recitava la giaculatoria: nemmeno quello! L'Angeletto antico adesso regge er lume a la signora e assiste a certe cose che nun dico!

Er ceco camminava accosto ar muro pe' nun pij? de petto a le persone, cercanno co' la punta der bastone ch'er passo fusse libbero e sicuro. Nun ce vedeva, poveraccio, eppuro, quanno sentiva de svort? er cantone ciancicava la solita orazzione coll'occhi smorti in quell'archetto scuro. Perch?, s'aricordava, da cratura la madre je diceva: -- L? c'? un Cristo, preghelo sempre e nun av? paura... E lui, ne li momenti de bisogno, lo rivedeva, senza avello visto, come una cosa che riluce in sogno...

Da cinque mesi, ar posto der lumino che s'accenneva pe' l'avemmaria, cianno schiaffato un lume d'osteria cor trasparente che c'? scritto: Vino. Ma er ceco crede sempre che ce sia er Cristo, l'Angeletto e l'artarino, e ner pass? se ferma, fa un inchino, recita un paternostro e riv? via... L'ostessa, che spessissimo ce ride, je vorebbe avvis? che nun c'? gnente, ma quanno ? ar dunque nun se sa decide. -- In fonno, -- pensa -- quann'un omo prega Iddio lo p? sent? direttamente senza guard? la mostra de bottega.



http://www.la-poesia.it/dialettali/cent ... e-menu.htm
Ultima modifica di carlo il 05/10/2005, 16:19, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da carlo »

CARITA' CRISTIANA

Er Chirichetto d'una sacrestia sfasci? l'ombrello su la groppa a un gatto pe' castigallo d'una porcheria. -- Che fai? - je strill? er Prete ner vedello -- Ce v? un coraccio nero come er tuo pe' menaje in quer modo... Poverello!... -- Che? -- fece er Chirichetto -- er gatto ? suo? -- Er Prete disse: -- No... ma ? mio l'ombrello!-


LA POESIA

Appena se ne va l'urtima stella e diventa pi? pallida la luna c'? un Merlo che me becca una per una tutte le rose de la finestrella: s'agguatta fra li rami de la pianta, sgrulla la guazza, s'arinfresca e canta. L'antra matina scesi gi? dar letto co' l'idea de vedello da vicino, e er Merlo furbo che cap? el latino spalanc? l'ale e se n'ann? sur tetto. -- Scemo! -- je dissi -- Nun t'acchiappo mica...-- E je buttai du' pezzi de mollica. -- Nun ? -- rispose er Merlo -- che nun ciabbia fiducia in te, ch? invece me ne fido: lo so che nu m'infili in uno spido, lo so che nun me chiudi in una gabbia: ma sei poeta, e la paura mia ? che me schiaffi in una poesia. ? un pezzo che ce scocci co' li trilli! Per te, l'ucelli, fanno solo questo: chiucchi?, cicc?, pip?... Te pare onesto de facce fa la parte d'imbecilli senza cap? nemmanco una parola de quello che ce sorte da la gola? Nove vorte su dieci er cinguettio che te consola e t'arillegra er core nun ? pe' gnente er canto de l'amore o l'inno ar sole, o la preghiera a Dio: ma solamente la soddisfazzione d'av? fatto una bona diggestione.



L'INCONTENTABBILITA'

Iddio pij? la fanga dar pantano, form? un pupazzo e je soffi? sur viso. Er pupazzo se mosse a l'improviso e venne f?ra subbito er cristiano ch'aperse l'occhi e se trov? ner monno com'uno che se sveja da un gran sonno. -- Quello che vedi ? tuo -- je disse Iddio -- e lo potrai sfrutt? come te pare: te do tutta la Terra e tutt'er Mare, meno ch'er Celo, perch? quello ? mio... -- Peccato! -- disse Adamo -- ? tanto bello... Perch? nun m'arigali puro quello?



FELICITA'

C'? un'ape che se posa su un bottone de rosa: lo succhia e se ne va... Tutto sommato, la felicit? ? una piccola cosa.



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http://www.trilussa.org.uk/
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Messaggio da carlo »

come ho fatto, cor mincuzzi tra li ospiti, a scordamme der trilussa?
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