le news di Reno Bromuro e "IL BARICENTRO"
Inviato: 17/04/2006, 14:00
CRISI DEI VALORI UMANI DELLA POESIA
di Reno Bromuro
Probabilmente il dramma per la nostra generazione ? di non poter vivere appieno l'estraneit? degli avvenimenti che determinano un'epoca.
La "babele" in cui ci aggiriamo ? l'inconfutabile Tragedia della poesia contemporanea. Non c'? esercizio di libert? per la mente, che procede per associazioni libere, divagazioni idiosincratiche, eccentriche annotazioni.
La nostra contemporaneit? minaccia la parola musicale e la distrugge, perch? ci viene meno il tempo della lettura in cui la parola ? gustata. La poesia che altro ? se non la parola che crea musicalit? e immagini? Che altro se non la parola che prende gusto e sapore? E noi dovremmo leggerla di pi?, gustarla e masticarla lentamente per estrarne i suoi liquidi doni; ma, essendo pi? scrittori che lettori, ci neghiamo questo piacevole dono: gustare la poesia, centellinandola come un elisir meraviglioso e unico.
Ho detto: siamo pi? scrittori che lettori. Questa ? la pietra che sostiene la letteratura oggi e vediamo estraneandola, togliendola dalle mura montanti di questo "palazzo senza fondamenta" che cosa accade. Sono certo che tutto crollerebbe lasciando un cumulo di macerie, di polvere che il vento del futuro spazzerebbe e del nostro passaggio non rimarrebbe nulla. Questi sono gli elementi esterni, gli indizi chiari dell'importanza di fare poesia oggi: autobiografia nemmeno trasfigurata.
Importante ? scrivere, questo ? il motto dei contemporanei. Perch? leggere Bertolucci, Caproni, Sereni, Penna, Zanzotto, Pasolini, Bevilacqua, Montale, Luzi, Selvaggi, Strona e Borghi Santucci? tanto per fare qualche nome. Questi Maestri potrebbero insegnarci, ma c'? il dubbio che qualche loro verso rimanga nella memoria e inconsapevolmente si potrebbe scriverlo. Bella scusa per rimanere quello che si ?: ignoranti.
L'argomento della poesia ? sempre autobiograf?a della propria condizione umana. La storia delle pubblicazioni e delle elaborazioni d?ogni lirica pu? confermare la veridicit? poetica - morale di quest?affermazione, sapendo bene che la purezza dell'arte non ? elemento da ritrovare nel laboratorio e che l'arte non esclude, l'umanit? e la storicit? e che il suo sigillo individuale ? il riassunto delle aspirazioni collettive in cui la novit? ? l'inedito del sentimento, non la singolarit? esteriore dell'immagine.
Non considerando questi principi fondamentali per un'arte maggiore, l'artista contemporaneo rischia di pagare a caro prezzo la sua ambizione.
Viene spontaneo pensare a Benedetto Croce quando afferma che "l'arte ? intuizione"; ma Croce si riferiva, nella sua prima estetica, di far coincidere l'arte con un?intuizione primitiva. Molti nostri contemporanei hanno preso alla lettera l'affermazione crociana, per puro comodo; ecco perch? non leggono e non si erudiscono; ecco perch? scrivono tutto quello che passa loro per la mente dimenticando che l'affermazione di Croce va intesa sotto l'aspetto spirituale del puro idealismo. Un fatto ? scrivere poesie, altro ? capire la Poesia.
Un innegabile aspetto negativo della situazione consiste nel voler possedere una biblioteca con tanti, libri le cui copertine ben s'intonano con il colore delle pareti e con il mobilio. A questo hanno pensato un certo numero di editori che hanno messo a portata delle medie borse i classici della letteratura italiana e straniera, in edizioni durevoli e non ingombranti.
Ma chi li legge? Essi sono l?, per fare buon?impressione sui visitatori, sugli amici, quale tappezzeria. La persona che vuole veramente erudirsi non ha bisogno di quelle edizioni robuste e durevoli, egli acquista i tascabili, i "BUR" o gli "Oscar" e li legge religiosamente, al punto che, quando ha finito di leggerli, sembrano ancora nuovi, mai aperti; e se non fosse per qualche sottolineatura giureresti che non sono stati mai aperti. Sono considerazioni materiali, ? vero, ma tutt'altro che irrilevanti.
In questo stato di cose qualcuno pu? scorgere una reazione psicologica dell'uomo medio normale all?inflazione dei premi letterari. Quindi vale la pena esaminare il caso.
Innegabilmente, ai premi letterari e di pittura sono collegati anche interessi di carattere non prettamente culturale. Case industriali di varia natura, stazioni climatiche, gruppi locali di prestigio ed anche di potere, si mettono in gara fra di loro per organizzare il premio letterario e per distinguersi con questa o con quella procedura di giudizio e di premiazione, la cui singolarit? attiri sul premiante, pi? che sul premiato, l'attenzione pubblica. Ma quanti dopo qualche tempo ricorda il nome del premiato o il titolo dell'opera premiata, a questo o quell'altro premio? Un fatto curioso, ma realissimo, ? l'abitudine di comprare il libro ampiamente premiato, ma non certo per leggerlo, o farlo leggere a persona cara cui si vuole regalarlo.
Con questo presupposto nasce il "Premio Briccone": l'industriale Caio ha in animo un giovane artista, che crede abbia talento, organizza un "Premio" raccoglie intorno a s? le firme pi? prestigiose, paga profumatamente e la firma perde la sua prestigiosit?. Ma l'artista alle prime armi queste cose non le sa e se anche ne ha sentito parlare, fa finta di ignorarle; chiede un prestito in banca, fa stampare il "suo" libro dal primo editore che gli ha fatto un prezzo accessibile, concorre al "Premio" e solo dopo anni scopre che quel suo libro non ? stato neanche visto n? dal presidente la "Giuria Esaminatrice", ne dai coadiutori. Allora subentra il disorientamento intrinseco e imbarazzante per un critico che voglia garantirsi una piena e costante libert?. Ma, un critico, umanamente parlando, non desidera d'essere accusato di non aver capito niente della destinazione dell'arte e di essersi venduto puntando sul cavallo perdente, pur sapendo che fra di loro non possono esimersi dal criticarsi a vicenda.
Viene da osservare che nel campo letterario, prerogative d'autorit? sono state monopolizzate da gruppi di prestigio, o di potere molto energici nell'aiutare i protetti e nel combattere gli avversari, come pure molto scaltri nel far pagare a caro prezzo il loro appoggio a chi si sia arreso a cercare la loro alleanza.
Per combattere questo stato di cose che io chiamo "Racket dell'arte" si rafforzi, o si crei un?organizzazione socio - culturale efficiente, che metta in valore il giudizio, che ne ratifichi l'autorit?, che ne difenda le ragioni e che, in questa difesa non agisca alla carlona.
Per questo; grazie al Presidente del Centro Letterario del Lazio: Paolo Diffidenti, noi c?incontriamo una volta il mese, per sensibilizzarci a capire dov'? la disonest? e a saperla discernere scegliendo: per esaltare o condannare.
Per spiegare il primo punto di questo scritto e cio? "il dramma" della nostra generazione, cercher? di farlo con semplicit?, com'? mia abitudine, enunciando le condizioni dello scrittore, oggi. Vi dir? cose ovvie, anche cose crude, quasi brutali, perch? desidero soltanto mettere un po? di chiarezza dove vedo confusione.
Mi ? capitato di notare, in questi ultimi tempi, che alcuni scrittori ed artisti che operano una rottura con il passato, nel senso delle forme ed anche dei contenuti, che si sono chiusi pi? di quello che potrebbero essere i conservatori; chiusi intendo, di fronte all'arte di domani.
La posizione dello scrittore, oggi, ? tutt'altro che comoda, ed ? qui la drammaticit? d?essere artista! Allora dobbiamo reagire. Ecco, la "Talentiade" ? una forma, ? un modo per reagire e ribellarsi a questo stato di cose. "Occorre - come dice Selvaggi - avere la convenzione del mondo moderno e trovare il coraggio di fare un'operazione selettiva" affinch? la cultura di massa non abbia il sopravvento perch? essa ? non cultura e l'arte di massa ? la non arte; perch? l'arte non potr? mai essere collettiva. Essa ? frutto soggettivo dell'intelletto umano e solo quando la soggettivit? si oggettivizza diventa "arte pura". Questo si ottiene solo se lo scrittore ha profondit? d'intelligenza e libert? d'invenzione e fantasia. Questa la difficolt?. Questa la solitudine. Con ci? non voglio dire che in Italia manchino testimonianze notevoli fra gli scrittori. Ho voluto solo denunciare una situazione di carattere generale e dire che, se noi avremo buona volont?, se avremo coraggio, potremo preparare l'avvento di quegli scrittori di cui in questo momento, particolarmente, si sente il bisogno.
Grave scompiglio ci viene anche dalla radio, specialmente da quella privata o libera che si vuole. Lo scompiglio (lo chiamerei disordine) viene dal fatto che, come ho detto prima, tutti scriviamo, ma chi si prende la briga di leggere tra quelli che soffrono di protagonismo e che frequentano pi? attivamente la radio libera? Quasi nessuno. Eccetto qualcuno che il libro lo usa solo per mettere insieme e costruire un collage di versi fra Neruda e Pr?vert; fra Machado e Jimenez per apparire bravo ad una "ciurma" di donne libidinose. Ci sono alcuni che pretendono di far scrivere versi su tema prestabilito, creando una gran confusione tra arte e scopiazzature; ma permettono al "libidinoso di protagonismo" di sfogliare libri di poesie, solo per rubarne i versi.
Quali le conseguenze? Bloccate e negate le verit? supreme, con quelle morali e spirituali; distrutto ogni ideale, annullate le estasi suscitate dalla contemplazione della vera poesia. Si ? precipitati nel deserto e nello squallore.
Quali i risultati? Quelli di una poesia non poesia che capovolge nei termini e nei valori linguistici, formali e contenutistici, nei risultati timbrici, per un indirizzo sicuramente amorale.
Una poesia non poesia con la parola che esclude le vibrazioni e le partecipazioni del cuore e del sentimento, si perde in un "guazzabuglio" di contraddizioni e di contenuti inconcludenti. Contraddizioni sconcertanti per fini irrazionali, fuori della logica delle cose della vita. Cos? si tende alla distruzione della poesia, contaminandone la bellezza e la presenza, convinti che il prepotere riduca l'uomo a robot, in un distacco preconcetto dalla sensibilit? e dalla carica umana che lo fa vivere e intendere.
Occorre associare progresso e valori umani e non esaltare soltanto l'avanzata del progresso in funzione della distruzione dei valori umani. Per questo la vera poesia ? sempre stata ed ? stupefacente veicolo ai rifugi e alle folgorazioni spirituali, agli impeti d'amore e di elevazione, alle contemplazioni e ai sentimenti di natura interiore, con i riflessi esterni della natura e degli stupori dell'universo. Omero ancora una volta avverte, con una potenza e un valore di poesia sempre e universalmente contemporanea, anche se, pi? volte, gli si sono voltate le spalle. Forse ? la mancanza dell'uomo - genio, dell'uomo prodigio che porta al non senso di molte opere letterarie smarrite nella ricerca dell?artificio.
Per ritrovare l'equilibrio ci vorr? un formidabile lavoro di creazione intellettuale per reinventare un sistema di razionalizzazione dell'arte, di un'arte che sia rispettosa di tutte le speranze dell'uomo; un'arte che sia competitiva, che funzioni lasciando campi innovativi e pi? vasti possibili a tutti i veri artisti togliendo, o dimezzando, il potere editoriale che fa il bello e il cattivo tempo esaltando il raccomandato, o l'amico dell'amico, penalizzando chi vale veramente, chiedendogli 5-6 milioni di lire, che il poveretto non ha, facendo s? che la sua opera, giudicata buona da quello stesso editore che gli ha chiesto milioni di lire, rimanga ancora nel cassetto. Questo significa che la libert? di esprimere le proprie idee non esiste: ? solo una parola di sette lettere come la giustizia ? di nove. La volont? di assicurare la non marginalizzazione degli scrittori "handicappati" ? solo utopia. Intanto, il caos continua! Vanno sul mercato libri che non sono tali. Un giorno bisogner? pur affrontare questo problema: affermare il primato del diritto. Ma come? Non c'? una legge che protegga chi veramente vale, il cui talento ? stato provato da centinaia di recensioni e da consensi editoriali. E lo scrittore povero ha le sue opere, qualificate tali da critici importanti di riviste specializzate, nel cassetto, perch? la stampa ufficiale lo ignora perch? non appartiene a nessuna scuderia di risonanza internazionale.
Parlo per mia esperienza personale, ma chiss? quanti si trovano nella stessa condizione.
Gi? nel 1974 inviai il manoscritto di "Occhi che non capivano" (poesie scritte nell'arco dai cinque ai tredici anni) a cinque editori di risonanza internazionale; tutti e cinque si dissero compiaciuti di "quella poesia" (non credevo ai miei occhi!), ma che non avevano una collana in cui inserirla. Presi il coraggio a due mani, tirai la somma delle mie tasche sempre vuote; trovai un tipografo e feci stampare il volumetto; per? fui costretto a togliere 24 poesie perch? i soldi non bastavano. Vendetti 1680 copie; vinsi il "Premio Citt? di Roma" del 1975; il "Villa Alessandra", nel 1976; il "Pavaglione", nel 1982. Ricevetti molte lettere dai lettori occasionali e oltre 135 recensioni. Questa situazione si ? verificata altre volte. "Camminare cantando" premiata a "II Letterato" di Cosenza nel 1973, non potetti pubblicarlo perch? l'editore Pellegrini mi chiedeva 275.000 lire ed io non le avevo. L'ho pubblicato nel 1989, con i soldi del premio vinto al "Citt? di Palestrina"; ma quando riuscir? a pubblicare "Dove vai, Uomo?" che ha vinto il premio "Citt? di Palestrina"? E qui il dramma atroce della contemporaneit?! Dramma che, raccontato in questo modo, potrebbe anche essere scambiato per farsa se in esso si scoprisse I?ironia.
Dunque, essere scrittore, oggi, ? facile: basta avere dei soldi. Non interessa la storia che si narra, come la si narri; non si guarda pi? neanche al lessico: di questi libri ne ? infestato il mercato! A questo punto, meglio se i giovanissimi non leggono questi libri; come sarebbe meglio che non ascoltassero le radio n? vedessero le TV private.
Se in tanta "spazzatura" si riuscisse a trovare qualcosa! Perci? vale la pena tentare di pubblicarla in proprio (perch? gli editori di grido chiedono, minimo sei milioni, quale collaborazione alle prime spese), ma appena il libro esce dalla tipografia comincia la farsa. Invii le copie per la recensione (170 minimo), e aspetti. Intanto solo di spese postali hai tirato fuori dal portafogli oltre un milione di lire, pi? le copie che non hai venduto, per una recensione che non arriver? mai perch? il recensore fa lo scrittore di professione e vuole essere pagato. Mentre aspetti cerchi un distributore, non lo trovi neanche se il libro glielo regali: sono tutti accaparrati dai grandi editori. E la farsa diventa tragedia! Per tale motivo, non mi meraviglio pi? di avere alle pareti, infiniti riconoscimenti, nella teca coppe e targhe; un medagliere, tra cui tre medaglie d'oro, mentre le opere rimangono nel cassetto perch?, ripeto, non ho i soldi che un editore (il quale farebbe circolare la mia opera perch? ha infiniti canali di distribuzione), mi chiede. Eppure nella sua proposta di edizione dice: "Abbiamo esaminato la sua opera e, avendola trovata interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonch? per i valori estetici, ci fa piacere comunicarle che ? nostra intenzione fare uscire il libro in una delle nostre collane?. Nella copia del contratto allegata ? specificato: art. 9: "L'autore verser? all'editore la somma di lire 5.300.000 da pagarsi: un terzo alla firma del presente accordo, un terzo entro trenta giorni dalla firma dell'accordo, un terzo (a saldo) alla restituzione delle bozze di stampa". Il che vuol dire pagare e aspettare un anno perch? dopo un anno... c'? l'art. 21 che giustifica la mossa "l'editore chieder? all'autore (che potr? accettare o meno) se intende ritirare gratuitamente le copie invendute con a suo carico soltanto le relative spese di trasporto". Cosa significa ci?? Che l'editore in questione ? un tramite tra lo scrittore e il tipografo. Non lo sar? di certo tra l'autore e il lettore. Ma quest?editore appartiene alla categoria dei piccoli. I cosiddetti grandi, invece, chiedono di acquistare un tot numero di copie all'atto della firma del contratto e che, per dieci anni non potrai tentare neanche di venderle per rifarti in parte della spesa affrontata perch? devi rispettare l'art. 6. Ma la cosa pi? assurda ? che, dall'alt. 10 del medesimo contratto, risulta che lui, l'editore, ha pubblicato il tuo libro dandoti un anticipo sui diritti di autore, pari al 10%. Ora ditemi voi se non ci sarebbe da impazzire! Ma ? meglio ridere.
Questo perch? non esiste una societ? letteraria, una legge che difenda l'autore. La Siae lo tutela, ? un'altra cosa. E' chiaro adesso che per diventare autore di grido, o almeno farsi conoscere occorre essere ricchissimi? Eh, s?! L'esperienza la pago sempre sulla mia pelle. Se per caso ti ribelli a questa consuetudine ci rimetti anche l'osso del collo; ma per rimettercelo devi prima possedere 100.000.000 di lire, minimo.
Approdato che in Italia le cose stanno sotto quest?aspetto non potremo mai sperare in un consumo di produzione letteraria. Il meccanismo adottato non consente il raggiungimento di finalit? culturali, valide, nemmeno modeste, ad un ceto di consumatori che si propone scopi semplici o di evasione.
Le innovazioni nel sistema di vendita (vedi le cedole librarie) inducono la gente a maggior fiducia, ? vero, ma per la tappezzeria della casa.
Nell'acquisto di periodici che, letti una volta, poi si buttano via, sono spese somme di danaro che sarebbero forse erogate meglio, se fossero destinate a comprare libri, ma per leggerli.
I grandi quotidiani che danno informazioni sui libri pubblicati dai soliti - e solidi - editori assumono, di fronte al nuovo, atteggiamenti assurdi e inaccettabili: ignorandoli.
Quanto riguarda alla radio e alla TV recherebbe un importante apporto alla fornitura di materiale da sottoporre ad un esame critico pubblico; ma rubriche come l'Approdo e come quelle del Terzo Programma Radio danno solo notizie, suggerimenti e informazioni che senza la radiotelediffusione, rimarrebbero confinate ad una stretta cerchia di specialisti, di scrittori super-protetti; ma non prendono in considerazione libri di scrittori senza editore.
Certo, nel trattare questo tema, cos? vasto e cos? presente, che non pu? fare a meno di toccarci tutti coloro che svolgono un'attivit? creativa, ? stato presentato, naturalmente, direi ineluttabilmente, con il punto di vista troppo personale, ma ho fatto di tutto per porgerlo in linea generale. I problemi porti cos? in linea personale sono stati variati e contraddittori, che non mancano per? della testimonianza di prima mano, che ? pur sempre significativa della condizione in cui opera lo scrittore, oggi.
Credo che tutto quanto si va creando (parlo di creazione, non di scopiazzature o di collage) ? sempre utile e valido; una voce del nostro tempo, o per lo meno ? materiale utile per stabilire il "nostro tempo". Che lo scrittore sia libero nel produrre, di mutare le sue chiavi espressive, i suoi interessi, le sue prospettive, le sue gerarchie dei valori; sia libero di proclamare il tramonto o la morte di certi valori, non ? certo libero di stabilire ci? che oggi ? voce del nostro tempo.
Ebbe a dire Pirandello, in un discorso tenuto a Torino nel 1922, che:
"I problemi del tempo non esistono per chi crea poich? il vero creatore ? colui che si tiene nella norma: il mio regno non ? di questa terra e tuttavia afferma di averne uno. lo sono uno di quegli scrittori che non si appagano del gusto di narrare una vicenda o un personaggio, ma che oltre quel gusto sentono un pi? profondo bisogno spirituale per cui non ammettono figure, vicende, paesaggi che non s'imbevano per cos? dire, d'un particolare senso della vita, e non acquistino con esso un valore universale. Sono scrittori di natura pi? propriamente filosofica. Io ho la disgrazia di appartenere a questi ultimi. "
Ignazio Silone ? per una permanenza della sostanza dell'uomo. "Sono i piccoli innovatori che spesso hanno messo e continuano a mettere a rumore e a soqquadro il panorama della vita culturale, sono i piccoli rivoluzionari che tengono quasi sempre comizio e si sbracciano minacciosamente, ma quando poi giungono i veri rinnovatori, eccoli ritornare alle antichissime matrici dell 'uomo e riproporle nelle forme di una fantasia nuova che, quasi inavvertitamente, utilizza, s?, e si serve delle esperienze nuove che sono state sbandierate, ma le utilizza al modo d'un sarto che con la stessa stoffa preziosa e durevole inventa tagli nuovi, introduce altre fogge, e le arricchisce di nuovi bottoni, "
L'arte, amici miei, ? il regno delle forme, siamo d'accordo, ma a patto che non si dissolva l'essenza della forma.
La fantasia ? in crisi, si sente dire in continuazione da tutti i pulpiti, mentre ? in auge la cultura della persuasione. Ma ne deriva una persuasione che lascia insoddisfatti il persuasore e il perseurante. La scarsa efficacia di ragionamento ? un'arte che annoia per scarsit? di fantasia e autenticit? di sentimento.
L'artista dovrebbe operare e agire in un ambiente di estrema libert?. Ma il condizionamento che gli deriva dalla sua condizione di uomo basta a relegarlo in una prigione senza sbarre e senza via d'uscita: l'ambiente in cui si ? formato, il luogo, la casa, gli interessi.
Il creatore, l'artista se preferite, ha necessit? di operare in una forma unitaria, l'una integrata all'altra, solo cos? produce nella sua interezza, nella sua capacit? di equilibrio produttivo. Ma le facolt? hanno sub?to un processo di dissociazione e operano, oggi, nella maggior parte dei casi, ognuno per proprio conto. Di qui la crisi della fantasia.
La fantasia e l'immaginazione sono correnti che si sviluppano nella misura che coinvolgono tutte le facolt? dell'uomo, simultaneamente, armonicamente.
Si tratta, quindi, di ripristinare nello scrittore, l'integrit? del suo composto umano e, senza la preparazione culturale non potr? mai avvenire, per? come afferma Silone "? necessario ritornare all'uomo, quell'uomo che non muta e ritorna a riproporsi come il soggetto e l'oggetto della creazione artistica. "
Questo vogliamo noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" pur sapendo che, proprio questo ? il punto che non esito a chiamare drammatico e tragico della vita, ancor pi? di quello che l'ingiustizia sociale. Questo ? il nodo tragico: lo spettacolo della mancanza di una giustizia nei punti cruciali della letteratura, in quella che ? la giustizia verit?. Proprio questa mancanza mi d? la spinta a credere in un'altra giustizia: irrobustire l'associazione culturale che pi? fa gli interessi dello scrittore senza editore, per formare "la cultura della citt? nuova?.
Gi? quindici anni fa ebbi modo di proporre, durante la redazione dello Statuto, di costituire una Cooperativa che avesse i seguenti scopi: Autofinanziare la pubblicazione e la distribuzione delle opere degli iscritti. Allora sembr? utopia, oggi se ne sente la necessit?, la certezza. Se vogliamo sopravvivere e sconfiggere il "Racket dell'arte" uniamoci perch?, come si sa: l'unione fa la forza.
Aspetto le vostre proposte, discutiamone. Difendiamo la nostra libert? di artisti, facciamo in modo che anche le nostre opere sentano il profumo della libreria, ma per essere comprati e letti. Questo pensiero mi assilla da sedici anni, ? giunto il momento di realizzarlo.
Vi faccio un esempio pratico. Dodici fra scrittori, poeti e pittori decidono di pubblicare una loro opera o di fare una personale o una collettiva, si leggono e si criticano a vicenda scegliendo la prima opera da pubblicare, la seconda, la terza, e cos? via. Cos? anche per le arti figurative. La si stampa e la si fa camminare per canali amicali tramite una cedola di prenotazione libraria, in modo da avere la certezza del ricavo della spesa sostenuta. Con l'incasso si stampa la seconda opera, pubblicizzandola alla stessa maniera, cos? con le altre, dando modo alla Cooperativa di avere un suo fondo spesa, trattenendo il 30% della vendita di ogni opera (meno della percentuale che prende un libraio, che ? del 40%); cos? per le mostre di pittura. La Cooperativa organizza la personale o la collettiva e trattiene il 30% sul venduto. Sono certo che entro un anno i soci fondatori, non solo riavranno i soldi anticipati, ma hanno anche ottenuto lo scopo di essersi fatti conoscere.
Lo dico con convinzione di fede: ? questa l'unica strada che pu? percorrere, oggi, un autore senza editore.
La civilt? del XXI secolo ? una civilt? industriale ed il progresso dell'umanit? - cui l'artista tende con la sua opera - ? nell'esaltazione dei valori umani e spirituali che pur da soli possono realizzare un vero processo evolutivo della societ? che sia affermazione e sublimazione dell'uomo.
L'attenta osservazione della realt? che ci circonda, di cui ho ampiamente parlato, ci fa costatare che sull'altare dell'arte sono stati bruciati molti valori umani.
L'ansia di rinnovamento, il frenetico divenire; l'esigenza di produrre, hanno fatto perdere, alla maggioranza degli artisti, la caratteristica dei valori umani dell'uomo. E' la folla moderna la grande livellatrice di individualit?; la massa dominata dalla macchina che essa stessa ha creato, la massa che ha perduto le pi? alte aspirazioni intellettuali. E noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" di fronte a tale massa, a questa umanit? senza volto, senza anima, senza vita ci sentiamo alfieri della concezione spirituale della vita, credenti nei valori umani dell'arte, consapevoli che soltanto il ritorno di tutti gli uomini alla concezione spirituale della vita, permetter? all'umanit? di progredire, spronando l'uomo a realizzare la sua personalit?.
Urge, quindi, unirsi, cooperare avendo lo stesso ideale e operare affinch? la concezione spirituale della vita sia patrimonio di tutti gli uomini e perch? ci? avvenga i nostri libri stampati li tramutiamo in libri parlati, se necessario, affinch? l'uomo pur stando in auto pu? leggere ed aggiornarsi sulla letteratura contemporanea. Ce lo possiamo permettere, abbiamo alle spalle una compagnia di prosa, che pu? benissimo assolvere a tale compito.
A mio avviso, l'adesione consapevole e totale degli "artisti senza editore" alla concezione di una Cooperativa con alti scopi umanitari e artistici ? il solo modo perch? il progresso futuro non sia esaltazione del caos tragicamente imperante in questa societ?, ma sia, invece, affermazione dei valori e sublimazione dell'uomo e del divino che ? in esso.
La societ? letteraria si ? divisa in due classi: l'una che viveva e vive esclusivamente all'ombra di magnati e di politici (e per questo diventa industriale) ed ha dimenticato il vero valore umano dell'arte; l'altra che viveva e vive nella speranza che il frutto del suo lavoro intellettuale sia riconosciuto. Quindi due classi che non avevano e non hanno rapporti tra di loro, comportandosi come Cenerentola e la matrigna. Un altro aspetto, ma a s? stante, ? che ci si lamenta che nei poeti oggi manca l'attenzione alla politica e alla societ?; ma questo ? un altro discorso, una diceria messa in giro da quegli stessi critici che ignorano "Cenerentola", cio? gli scrittori senza editore.
Noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" sentiamo che ? nostro dovere realizzare un nuovo ordine in cui la dignit? di diritto diventi effettiva garanzia per la dignit? di fatto. La riabilitazione dello scrittore senza editore rendendo possibile il rinnovamento della societ? (vedi poeti come Tietto, laccarino, Strona, Giuseppe Selvaggi, che gi? nel 1961 intu? poeticamente l'uomo europeo). Nella misura in cui noi sapremo operare perch? la nuova societ?, l'umanit? nell'arte, sia realt? viva e luminosa dell'epoca contemporanea avremo risposto alle ragioni dei nostri propositi avremo risposto agli intendimenti dell'A.I.A. "Poesia della Vita".
II cammino ? aspro, duro e costellato di drammi e di tragedie, mobilita la sfera della sapienza, nell'ansia della sua perfettibilit?. Per? se sapremo essere umili e coscienti del benessere che apporteremmo alla societ?, se riuscissimo veramente ad unirci cooperativisticamente, allora non solo le nostre coscienze sarebbero paghe, ma costringeremmo al cambiamento anche coloro che vivono all'ombra della protezione dei politici e dei magnati (in pieno sole), a fare vera arte.
Roma 10/3/90
"Premio S?larus 1991" con la seguente motivazione:
"Disinvolto ed istintivo, pi? che un saggio "Crisi dei valori umani della poesia" protesta; accusa ed elenca i drammi di chi oggi ha l'esigenza di scrivere e di pubblicare. L'opera ? originale, filante, ben concatenata".
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di Reno Bromuro
Probabilmente il dramma per la nostra generazione ? di non poter vivere appieno l'estraneit? degli avvenimenti che determinano un'epoca.
La "babele" in cui ci aggiriamo ? l'inconfutabile Tragedia della poesia contemporanea. Non c'? esercizio di libert? per la mente, che procede per associazioni libere, divagazioni idiosincratiche, eccentriche annotazioni.
La nostra contemporaneit? minaccia la parola musicale e la distrugge, perch? ci viene meno il tempo della lettura in cui la parola ? gustata. La poesia che altro ? se non la parola che crea musicalit? e immagini? Che altro se non la parola che prende gusto e sapore? E noi dovremmo leggerla di pi?, gustarla e masticarla lentamente per estrarne i suoi liquidi doni; ma, essendo pi? scrittori che lettori, ci neghiamo questo piacevole dono: gustare la poesia, centellinandola come un elisir meraviglioso e unico.
Ho detto: siamo pi? scrittori che lettori. Questa ? la pietra che sostiene la letteratura oggi e vediamo estraneandola, togliendola dalle mura montanti di questo "palazzo senza fondamenta" che cosa accade. Sono certo che tutto crollerebbe lasciando un cumulo di macerie, di polvere che il vento del futuro spazzerebbe e del nostro passaggio non rimarrebbe nulla. Questi sono gli elementi esterni, gli indizi chiari dell'importanza di fare poesia oggi: autobiografia nemmeno trasfigurata.
Importante ? scrivere, questo ? il motto dei contemporanei. Perch? leggere Bertolucci, Caproni, Sereni, Penna, Zanzotto, Pasolini, Bevilacqua, Montale, Luzi, Selvaggi, Strona e Borghi Santucci? tanto per fare qualche nome. Questi Maestri potrebbero insegnarci, ma c'? il dubbio che qualche loro verso rimanga nella memoria e inconsapevolmente si potrebbe scriverlo. Bella scusa per rimanere quello che si ?: ignoranti.
L'argomento della poesia ? sempre autobiograf?a della propria condizione umana. La storia delle pubblicazioni e delle elaborazioni d?ogni lirica pu? confermare la veridicit? poetica - morale di quest?affermazione, sapendo bene che la purezza dell'arte non ? elemento da ritrovare nel laboratorio e che l'arte non esclude, l'umanit? e la storicit? e che il suo sigillo individuale ? il riassunto delle aspirazioni collettive in cui la novit? ? l'inedito del sentimento, non la singolarit? esteriore dell'immagine.
Non considerando questi principi fondamentali per un'arte maggiore, l'artista contemporaneo rischia di pagare a caro prezzo la sua ambizione.
Viene spontaneo pensare a Benedetto Croce quando afferma che "l'arte ? intuizione"; ma Croce si riferiva, nella sua prima estetica, di far coincidere l'arte con un?intuizione primitiva. Molti nostri contemporanei hanno preso alla lettera l'affermazione crociana, per puro comodo; ecco perch? non leggono e non si erudiscono; ecco perch? scrivono tutto quello che passa loro per la mente dimenticando che l'affermazione di Croce va intesa sotto l'aspetto spirituale del puro idealismo. Un fatto ? scrivere poesie, altro ? capire la Poesia.
Un innegabile aspetto negativo della situazione consiste nel voler possedere una biblioteca con tanti, libri le cui copertine ben s'intonano con il colore delle pareti e con il mobilio. A questo hanno pensato un certo numero di editori che hanno messo a portata delle medie borse i classici della letteratura italiana e straniera, in edizioni durevoli e non ingombranti.
Ma chi li legge? Essi sono l?, per fare buon?impressione sui visitatori, sugli amici, quale tappezzeria. La persona che vuole veramente erudirsi non ha bisogno di quelle edizioni robuste e durevoli, egli acquista i tascabili, i "BUR" o gli "Oscar" e li legge religiosamente, al punto che, quando ha finito di leggerli, sembrano ancora nuovi, mai aperti; e se non fosse per qualche sottolineatura giureresti che non sono stati mai aperti. Sono considerazioni materiali, ? vero, ma tutt'altro che irrilevanti.
In questo stato di cose qualcuno pu? scorgere una reazione psicologica dell'uomo medio normale all?inflazione dei premi letterari. Quindi vale la pena esaminare il caso.
Innegabilmente, ai premi letterari e di pittura sono collegati anche interessi di carattere non prettamente culturale. Case industriali di varia natura, stazioni climatiche, gruppi locali di prestigio ed anche di potere, si mettono in gara fra di loro per organizzare il premio letterario e per distinguersi con questa o con quella procedura di giudizio e di premiazione, la cui singolarit? attiri sul premiante, pi? che sul premiato, l'attenzione pubblica. Ma quanti dopo qualche tempo ricorda il nome del premiato o il titolo dell'opera premiata, a questo o quell'altro premio? Un fatto curioso, ma realissimo, ? l'abitudine di comprare il libro ampiamente premiato, ma non certo per leggerlo, o farlo leggere a persona cara cui si vuole regalarlo.
Con questo presupposto nasce il "Premio Briccone": l'industriale Caio ha in animo un giovane artista, che crede abbia talento, organizza un "Premio" raccoglie intorno a s? le firme pi? prestigiose, paga profumatamente e la firma perde la sua prestigiosit?. Ma l'artista alle prime armi queste cose non le sa e se anche ne ha sentito parlare, fa finta di ignorarle; chiede un prestito in banca, fa stampare il "suo" libro dal primo editore che gli ha fatto un prezzo accessibile, concorre al "Premio" e solo dopo anni scopre che quel suo libro non ? stato neanche visto n? dal presidente la "Giuria Esaminatrice", ne dai coadiutori. Allora subentra il disorientamento intrinseco e imbarazzante per un critico che voglia garantirsi una piena e costante libert?. Ma, un critico, umanamente parlando, non desidera d'essere accusato di non aver capito niente della destinazione dell'arte e di essersi venduto puntando sul cavallo perdente, pur sapendo che fra di loro non possono esimersi dal criticarsi a vicenda.
Viene da osservare che nel campo letterario, prerogative d'autorit? sono state monopolizzate da gruppi di prestigio, o di potere molto energici nell'aiutare i protetti e nel combattere gli avversari, come pure molto scaltri nel far pagare a caro prezzo il loro appoggio a chi si sia arreso a cercare la loro alleanza.
Per combattere questo stato di cose che io chiamo "Racket dell'arte" si rafforzi, o si crei un?organizzazione socio - culturale efficiente, che metta in valore il giudizio, che ne ratifichi l'autorit?, che ne difenda le ragioni e che, in questa difesa non agisca alla carlona.
Per questo; grazie al Presidente del Centro Letterario del Lazio: Paolo Diffidenti, noi c?incontriamo una volta il mese, per sensibilizzarci a capire dov'? la disonest? e a saperla discernere scegliendo: per esaltare o condannare.
Per spiegare il primo punto di questo scritto e cio? "il dramma" della nostra generazione, cercher? di farlo con semplicit?, com'? mia abitudine, enunciando le condizioni dello scrittore, oggi. Vi dir? cose ovvie, anche cose crude, quasi brutali, perch? desidero soltanto mettere un po? di chiarezza dove vedo confusione.
Mi ? capitato di notare, in questi ultimi tempi, che alcuni scrittori ed artisti che operano una rottura con il passato, nel senso delle forme ed anche dei contenuti, che si sono chiusi pi? di quello che potrebbero essere i conservatori; chiusi intendo, di fronte all'arte di domani.
La posizione dello scrittore, oggi, ? tutt'altro che comoda, ed ? qui la drammaticit? d?essere artista! Allora dobbiamo reagire. Ecco, la "Talentiade" ? una forma, ? un modo per reagire e ribellarsi a questo stato di cose. "Occorre - come dice Selvaggi - avere la convenzione del mondo moderno e trovare il coraggio di fare un'operazione selettiva" affinch? la cultura di massa non abbia il sopravvento perch? essa ? non cultura e l'arte di massa ? la non arte; perch? l'arte non potr? mai essere collettiva. Essa ? frutto soggettivo dell'intelletto umano e solo quando la soggettivit? si oggettivizza diventa "arte pura". Questo si ottiene solo se lo scrittore ha profondit? d'intelligenza e libert? d'invenzione e fantasia. Questa la difficolt?. Questa la solitudine. Con ci? non voglio dire che in Italia manchino testimonianze notevoli fra gli scrittori. Ho voluto solo denunciare una situazione di carattere generale e dire che, se noi avremo buona volont?, se avremo coraggio, potremo preparare l'avvento di quegli scrittori di cui in questo momento, particolarmente, si sente il bisogno.
Grave scompiglio ci viene anche dalla radio, specialmente da quella privata o libera che si vuole. Lo scompiglio (lo chiamerei disordine) viene dal fatto che, come ho detto prima, tutti scriviamo, ma chi si prende la briga di leggere tra quelli che soffrono di protagonismo e che frequentano pi? attivamente la radio libera? Quasi nessuno. Eccetto qualcuno che il libro lo usa solo per mettere insieme e costruire un collage di versi fra Neruda e Pr?vert; fra Machado e Jimenez per apparire bravo ad una "ciurma" di donne libidinose. Ci sono alcuni che pretendono di far scrivere versi su tema prestabilito, creando una gran confusione tra arte e scopiazzature; ma permettono al "libidinoso di protagonismo" di sfogliare libri di poesie, solo per rubarne i versi.
Quali le conseguenze? Bloccate e negate le verit? supreme, con quelle morali e spirituali; distrutto ogni ideale, annullate le estasi suscitate dalla contemplazione della vera poesia. Si ? precipitati nel deserto e nello squallore.
Quali i risultati? Quelli di una poesia non poesia che capovolge nei termini e nei valori linguistici, formali e contenutistici, nei risultati timbrici, per un indirizzo sicuramente amorale.
Una poesia non poesia con la parola che esclude le vibrazioni e le partecipazioni del cuore e del sentimento, si perde in un "guazzabuglio" di contraddizioni e di contenuti inconcludenti. Contraddizioni sconcertanti per fini irrazionali, fuori della logica delle cose della vita. Cos? si tende alla distruzione della poesia, contaminandone la bellezza e la presenza, convinti che il prepotere riduca l'uomo a robot, in un distacco preconcetto dalla sensibilit? e dalla carica umana che lo fa vivere e intendere.
Occorre associare progresso e valori umani e non esaltare soltanto l'avanzata del progresso in funzione della distruzione dei valori umani. Per questo la vera poesia ? sempre stata ed ? stupefacente veicolo ai rifugi e alle folgorazioni spirituali, agli impeti d'amore e di elevazione, alle contemplazioni e ai sentimenti di natura interiore, con i riflessi esterni della natura e degli stupori dell'universo. Omero ancora una volta avverte, con una potenza e un valore di poesia sempre e universalmente contemporanea, anche se, pi? volte, gli si sono voltate le spalle. Forse ? la mancanza dell'uomo - genio, dell'uomo prodigio che porta al non senso di molte opere letterarie smarrite nella ricerca dell?artificio.
Per ritrovare l'equilibrio ci vorr? un formidabile lavoro di creazione intellettuale per reinventare un sistema di razionalizzazione dell'arte, di un'arte che sia rispettosa di tutte le speranze dell'uomo; un'arte che sia competitiva, che funzioni lasciando campi innovativi e pi? vasti possibili a tutti i veri artisti togliendo, o dimezzando, il potere editoriale che fa il bello e il cattivo tempo esaltando il raccomandato, o l'amico dell'amico, penalizzando chi vale veramente, chiedendogli 5-6 milioni di lire, che il poveretto non ha, facendo s? che la sua opera, giudicata buona da quello stesso editore che gli ha chiesto milioni di lire, rimanga ancora nel cassetto. Questo significa che la libert? di esprimere le proprie idee non esiste: ? solo una parola di sette lettere come la giustizia ? di nove. La volont? di assicurare la non marginalizzazione degli scrittori "handicappati" ? solo utopia. Intanto, il caos continua! Vanno sul mercato libri che non sono tali. Un giorno bisogner? pur affrontare questo problema: affermare il primato del diritto. Ma come? Non c'? una legge che protegga chi veramente vale, il cui talento ? stato provato da centinaia di recensioni e da consensi editoriali. E lo scrittore povero ha le sue opere, qualificate tali da critici importanti di riviste specializzate, nel cassetto, perch? la stampa ufficiale lo ignora perch? non appartiene a nessuna scuderia di risonanza internazionale.
Parlo per mia esperienza personale, ma chiss? quanti si trovano nella stessa condizione.
Gi? nel 1974 inviai il manoscritto di "Occhi che non capivano" (poesie scritte nell'arco dai cinque ai tredici anni) a cinque editori di risonanza internazionale; tutti e cinque si dissero compiaciuti di "quella poesia" (non credevo ai miei occhi!), ma che non avevano una collana in cui inserirla. Presi il coraggio a due mani, tirai la somma delle mie tasche sempre vuote; trovai un tipografo e feci stampare il volumetto; per? fui costretto a togliere 24 poesie perch? i soldi non bastavano. Vendetti 1680 copie; vinsi il "Premio Citt? di Roma" del 1975; il "Villa Alessandra", nel 1976; il "Pavaglione", nel 1982. Ricevetti molte lettere dai lettori occasionali e oltre 135 recensioni. Questa situazione si ? verificata altre volte. "Camminare cantando" premiata a "II Letterato" di Cosenza nel 1973, non potetti pubblicarlo perch? l'editore Pellegrini mi chiedeva 275.000 lire ed io non le avevo. L'ho pubblicato nel 1989, con i soldi del premio vinto al "Citt? di Palestrina"; ma quando riuscir? a pubblicare "Dove vai, Uomo?" che ha vinto il premio "Citt? di Palestrina"? E qui il dramma atroce della contemporaneit?! Dramma che, raccontato in questo modo, potrebbe anche essere scambiato per farsa se in esso si scoprisse I?ironia.
Dunque, essere scrittore, oggi, ? facile: basta avere dei soldi. Non interessa la storia che si narra, come la si narri; non si guarda pi? neanche al lessico: di questi libri ne ? infestato il mercato! A questo punto, meglio se i giovanissimi non leggono questi libri; come sarebbe meglio che non ascoltassero le radio n? vedessero le TV private.
Se in tanta "spazzatura" si riuscisse a trovare qualcosa! Perci? vale la pena tentare di pubblicarla in proprio (perch? gli editori di grido chiedono, minimo sei milioni, quale collaborazione alle prime spese), ma appena il libro esce dalla tipografia comincia la farsa. Invii le copie per la recensione (170 minimo), e aspetti. Intanto solo di spese postali hai tirato fuori dal portafogli oltre un milione di lire, pi? le copie che non hai venduto, per una recensione che non arriver? mai perch? il recensore fa lo scrittore di professione e vuole essere pagato. Mentre aspetti cerchi un distributore, non lo trovi neanche se il libro glielo regali: sono tutti accaparrati dai grandi editori. E la farsa diventa tragedia! Per tale motivo, non mi meraviglio pi? di avere alle pareti, infiniti riconoscimenti, nella teca coppe e targhe; un medagliere, tra cui tre medaglie d'oro, mentre le opere rimangono nel cassetto perch?, ripeto, non ho i soldi che un editore (il quale farebbe circolare la mia opera perch? ha infiniti canali di distribuzione), mi chiede. Eppure nella sua proposta di edizione dice: "Abbiamo esaminato la sua opera e, avendola trovata interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonch? per i valori estetici, ci fa piacere comunicarle che ? nostra intenzione fare uscire il libro in una delle nostre collane?. Nella copia del contratto allegata ? specificato: art. 9: "L'autore verser? all'editore la somma di lire 5.300.000 da pagarsi: un terzo alla firma del presente accordo, un terzo entro trenta giorni dalla firma dell'accordo, un terzo (a saldo) alla restituzione delle bozze di stampa". Il che vuol dire pagare e aspettare un anno perch? dopo un anno... c'? l'art. 21 che giustifica la mossa "l'editore chieder? all'autore (che potr? accettare o meno) se intende ritirare gratuitamente le copie invendute con a suo carico soltanto le relative spese di trasporto". Cosa significa ci?? Che l'editore in questione ? un tramite tra lo scrittore e il tipografo. Non lo sar? di certo tra l'autore e il lettore. Ma quest?editore appartiene alla categoria dei piccoli. I cosiddetti grandi, invece, chiedono di acquistare un tot numero di copie all'atto della firma del contratto e che, per dieci anni non potrai tentare neanche di venderle per rifarti in parte della spesa affrontata perch? devi rispettare l'art. 6. Ma la cosa pi? assurda ? che, dall'alt. 10 del medesimo contratto, risulta che lui, l'editore, ha pubblicato il tuo libro dandoti un anticipo sui diritti di autore, pari al 10%. Ora ditemi voi se non ci sarebbe da impazzire! Ma ? meglio ridere.
Questo perch? non esiste una societ? letteraria, una legge che difenda l'autore. La Siae lo tutela, ? un'altra cosa. E' chiaro adesso che per diventare autore di grido, o almeno farsi conoscere occorre essere ricchissimi? Eh, s?! L'esperienza la pago sempre sulla mia pelle. Se per caso ti ribelli a questa consuetudine ci rimetti anche l'osso del collo; ma per rimettercelo devi prima possedere 100.000.000 di lire, minimo.
Approdato che in Italia le cose stanno sotto quest?aspetto non potremo mai sperare in un consumo di produzione letteraria. Il meccanismo adottato non consente il raggiungimento di finalit? culturali, valide, nemmeno modeste, ad un ceto di consumatori che si propone scopi semplici o di evasione.
Le innovazioni nel sistema di vendita (vedi le cedole librarie) inducono la gente a maggior fiducia, ? vero, ma per la tappezzeria della casa.
Nell'acquisto di periodici che, letti una volta, poi si buttano via, sono spese somme di danaro che sarebbero forse erogate meglio, se fossero destinate a comprare libri, ma per leggerli.
I grandi quotidiani che danno informazioni sui libri pubblicati dai soliti - e solidi - editori assumono, di fronte al nuovo, atteggiamenti assurdi e inaccettabili: ignorandoli.
Quanto riguarda alla radio e alla TV recherebbe un importante apporto alla fornitura di materiale da sottoporre ad un esame critico pubblico; ma rubriche come l'Approdo e come quelle del Terzo Programma Radio danno solo notizie, suggerimenti e informazioni che senza la radiotelediffusione, rimarrebbero confinate ad una stretta cerchia di specialisti, di scrittori super-protetti; ma non prendono in considerazione libri di scrittori senza editore.
Certo, nel trattare questo tema, cos? vasto e cos? presente, che non pu? fare a meno di toccarci tutti coloro che svolgono un'attivit? creativa, ? stato presentato, naturalmente, direi ineluttabilmente, con il punto di vista troppo personale, ma ho fatto di tutto per porgerlo in linea generale. I problemi porti cos? in linea personale sono stati variati e contraddittori, che non mancano per? della testimonianza di prima mano, che ? pur sempre significativa della condizione in cui opera lo scrittore, oggi.
Credo che tutto quanto si va creando (parlo di creazione, non di scopiazzature o di collage) ? sempre utile e valido; una voce del nostro tempo, o per lo meno ? materiale utile per stabilire il "nostro tempo". Che lo scrittore sia libero nel produrre, di mutare le sue chiavi espressive, i suoi interessi, le sue prospettive, le sue gerarchie dei valori; sia libero di proclamare il tramonto o la morte di certi valori, non ? certo libero di stabilire ci? che oggi ? voce del nostro tempo.
Ebbe a dire Pirandello, in un discorso tenuto a Torino nel 1922, che:
"I problemi del tempo non esistono per chi crea poich? il vero creatore ? colui che si tiene nella norma: il mio regno non ? di questa terra e tuttavia afferma di averne uno. lo sono uno di quegli scrittori che non si appagano del gusto di narrare una vicenda o un personaggio, ma che oltre quel gusto sentono un pi? profondo bisogno spirituale per cui non ammettono figure, vicende, paesaggi che non s'imbevano per cos? dire, d'un particolare senso della vita, e non acquistino con esso un valore universale. Sono scrittori di natura pi? propriamente filosofica. Io ho la disgrazia di appartenere a questi ultimi. "
Ignazio Silone ? per una permanenza della sostanza dell'uomo. "Sono i piccoli innovatori che spesso hanno messo e continuano a mettere a rumore e a soqquadro il panorama della vita culturale, sono i piccoli rivoluzionari che tengono quasi sempre comizio e si sbracciano minacciosamente, ma quando poi giungono i veri rinnovatori, eccoli ritornare alle antichissime matrici dell 'uomo e riproporle nelle forme di una fantasia nuova che, quasi inavvertitamente, utilizza, s?, e si serve delle esperienze nuove che sono state sbandierate, ma le utilizza al modo d'un sarto che con la stessa stoffa preziosa e durevole inventa tagli nuovi, introduce altre fogge, e le arricchisce di nuovi bottoni, "
L'arte, amici miei, ? il regno delle forme, siamo d'accordo, ma a patto che non si dissolva l'essenza della forma.
La fantasia ? in crisi, si sente dire in continuazione da tutti i pulpiti, mentre ? in auge la cultura della persuasione. Ma ne deriva una persuasione che lascia insoddisfatti il persuasore e il perseurante. La scarsa efficacia di ragionamento ? un'arte che annoia per scarsit? di fantasia e autenticit? di sentimento.
L'artista dovrebbe operare e agire in un ambiente di estrema libert?. Ma il condizionamento che gli deriva dalla sua condizione di uomo basta a relegarlo in una prigione senza sbarre e senza via d'uscita: l'ambiente in cui si ? formato, il luogo, la casa, gli interessi.
Il creatore, l'artista se preferite, ha necessit? di operare in una forma unitaria, l'una integrata all'altra, solo cos? produce nella sua interezza, nella sua capacit? di equilibrio produttivo. Ma le facolt? hanno sub?to un processo di dissociazione e operano, oggi, nella maggior parte dei casi, ognuno per proprio conto. Di qui la crisi della fantasia.
La fantasia e l'immaginazione sono correnti che si sviluppano nella misura che coinvolgono tutte le facolt? dell'uomo, simultaneamente, armonicamente.
Si tratta, quindi, di ripristinare nello scrittore, l'integrit? del suo composto umano e, senza la preparazione culturale non potr? mai avvenire, per? come afferma Silone "? necessario ritornare all'uomo, quell'uomo che non muta e ritorna a riproporsi come il soggetto e l'oggetto della creazione artistica. "
Questo vogliamo noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" pur sapendo che, proprio questo ? il punto che non esito a chiamare drammatico e tragico della vita, ancor pi? di quello che l'ingiustizia sociale. Questo ? il nodo tragico: lo spettacolo della mancanza di una giustizia nei punti cruciali della letteratura, in quella che ? la giustizia verit?. Proprio questa mancanza mi d? la spinta a credere in un'altra giustizia: irrobustire l'associazione culturale che pi? fa gli interessi dello scrittore senza editore, per formare "la cultura della citt? nuova?.
Gi? quindici anni fa ebbi modo di proporre, durante la redazione dello Statuto, di costituire una Cooperativa che avesse i seguenti scopi: Autofinanziare la pubblicazione e la distribuzione delle opere degli iscritti. Allora sembr? utopia, oggi se ne sente la necessit?, la certezza. Se vogliamo sopravvivere e sconfiggere il "Racket dell'arte" uniamoci perch?, come si sa: l'unione fa la forza.
Aspetto le vostre proposte, discutiamone. Difendiamo la nostra libert? di artisti, facciamo in modo che anche le nostre opere sentano il profumo della libreria, ma per essere comprati e letti. Questo pensiero mi assilla da sedici anni, ? giunto il momento di realizzarlo.
Vi faccio un esempio pratico. Dodici fra scrittori, poeti e pittori decidono di pubblicare una loro opera o di fare una personale o una collettiva, si leggono e si criticano a vicenda scegliendo la prima opera da pubblicare, la seconda, la terza, e cos? via. Cos? anche per le arti figurative. La si stampa e la si fa camminare per canali amicali tramite una cedola di prenotazione libraria, in modo da avere la certezza del ricavo della spesa sostenuta. Con l'incasso si stampa la seconda opera, pubblicizzandola alla stessa maniera, cos? con le altre, dando modo alla Cooperativa di avere un suo fondo spesa, trattenendo il 30% della vendita di ogni opera (meno della percentuale che prende un libraio, che ? del 40%); cos? per le mostre di pittura. La Cooperativa organizza la personale o la collettiva e trattiene il 30% sul venduto. Sono certo che entro un anno i soci fondatori, non solo riavranno i soldi anticipati, ma hanno anche ottenuto lo scopo di essersi fatti conoscere.
Lo dico con convinzione di fede: ? questa l'unica strada che pu? percorrere, oggi, un autore senza editore.
La civilt? del XXI secolo ? una civilt? industriale ed il progresso dell'umanit? - cui l'artista tende con la sua opera - ? nell'esaltazione dei valori umani e spirituali che pur da soli possono realizzare un vero processo evolutivo della societ? che sia affermazione e sublimazione dell'uomo.
L'attenta osservazione della realt? che ci circonda, di cui ho ampiamente parlato, ci fa costatare che sull'altare dell'arte sono stati bruciati molti valori umani.
L'ansia di rinnovamento, il frenetico divenire; l'esigenza di produrre, hanno fatto perdere, alla maggioranza degli artisti, la caratteristica dei valori umani dell'uomo. E' la folla moderna la grande livellatrice di individualit?; la massa dominata dalla macchina che essa stessa ha creato, la massa che ha perduto le pi? alte aspirazioni intellettuali. E noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" di fronte a tale massa, a questa umanit? senza volto, senza anima, senza vita ci sentiamo alfieri della concezione spirituale della vita, credenti nei valori umani dell'arte, consapevoli che soltanto il ritorno di tutti gli uomini alla concezione spirituale della vita, permetter? all'umanit? di progredire, spronando l'uomo a realizzare la sua personalit?.
Urge, quindi, unirsi, cooperare avendo lo stesso ideale e operare affinch? la concezione spirituale della vita sia patrimonio di tutti gli uomini e perch? ci? avvenga i nostri libri stampati li tramutiamo in libri parlati, se necessario, affinch? l'uomo pur stando in auto pu? leggere ed aggiornarsi sulla letteratura contemporanea. Ce lo possiamo permettere, abbiamo alle spalle una compagnia di prosa, che pu? benissimo assolvere a tale compito.
A mio avviso, l'adesione consapevole e totale degli "artisti senza editore" alla concezione di una Cooperativa con alti scopi umanitari e artistici ? il solo modo perch? il progresso futuro non sia esaltazione del caos tragicamente imperante in questa societ?, ma sia, invece, affermazione dei valori e sublimazione dell'uomo e del divino che ? in esso.
La societ? letteraria si ? divisa in due classi: l'una che viveva e vive esclusivamente all'ombra di magnati e di politici (e per questo diventa industriale) ed ha dimenticato il vero valore umano dell'arte; l'altra che viveva e vive nella speranza che il frutto del suo lavoro intellettuale sia riconosciuto. Quindi due classi che non avevano e non hanno rapporti tra di loro, comportandosi come Cenerentola e la matrigna. Un altro aspetto, ma a s? stante, ? che ci si lamenta che nei poeti oggi manca l'attenzione alla politica e alla societ?; ma questo ? un altro discorso, una diceria messa in giro da quegli stessi critici che ignorano "Cenerentola", cio? gli scrittori senza editore.
Noi dell'A.I.A. "Poesia della Vita" sentiamo che ? nostro dovere realizzare un nuovo ordine in cui la dignit? di diritto diventi effettiva garanzia per la dignit? di fatto. La riabilitazione dello scrittore senza editore rendendo possibile il rinnovamento della societ? (vedi poeti come Tietto, laccarino, Strona, Giuseppe Selvaggi, che gi? nel 1961 intu? poeticamente l'uomo europeo). Nella misura in cui noi sapremo operare perch? la nuova societ?, l'umanit? nell'arte, sia realt? viva e luminosa dell'epoca contemporanea avremo risposto alle ragioni dei nostri propositi avremo risposto agli intendimenti dell'A.I.A. "Poesia della Vita".
II cammino ? aspro, duro e costellato di drammi e di tragedie, mobilita la sfera della sapienza, nell'ansia della sua perfettibilit?. Per? se sapremo essere umili e coscienti del benessere che apporteremmo alla societ?, se riuscissimo veramente ad unirci cooperativisticamente, allora non solo le nostre coscienze sarebbero paghe, ma costringeremmo al cambiamento anche coloro che vivono all'ombra della protezione dei politici e dei magnati (in pieno sole), a fare vera arte.
Roma 10/3/90
"Premio S?larus 1991" con la seguente motivazione:
"Disinvolto ed istintivo, pi? che un saggio "Crisi dei valori umani della poesia" protesta; accusa ed elenca i drammi di chi oggi ha l'esigenza di scrivere e di pubblicare. L'opera ? originale, filante, ben concatenata".
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