Vladimir Vladimirovic Majakovskij

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hombre sincero
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Vladimir Vladimirovic Majakovskij

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Vladimir Vladimirovic Majakovskij

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Nato a Bagdadi [Georgia] nel 1893, dopo la morte del padre ispettore forestale, nel 1906 si trasfer? a Mosca dove continu? gli studi ginnasiali fino al 1908. Iscritto al partito bolscevi co, sub? tre arresti. Nel 1911 entr? nella scuola di pittura scultura e architettura di mosca. Qui conobbe il pittore D. Burljuk che lo incoraggi? alla poesia e lo mise in contatto con il gruppo dei futuristi, insieme ai quali, nel 1913-14 comp? una lunga turn? nella Russia meridionale. Con i suoi atteggiamenti provocatori e la prepotente personalit?, divenne presto, insieme a V. Chlebnikov, la figura centrale del gruppo. Dopo la rivoluzione, da lui accolta con entusiasmo, fu membro dell'IZO, sezione delle arti figurative del commissariato per l'educazione pubblica; nel 1919-1923 lavor? alla ROSTA, l'agenzia telegrafica russa, per la quale realizz? oltre 3000 "finestre", manifesti di propaganda con immagini e slogan. Nel 1923 ? direttore della rivista ?LEF? organo del fronte di sinistra delle arti. In questo periodo di intensa attivit? organizzativa, comp? numerosi viaggi all'estero. Nel 1925 fu in america. Nel 1928 il LEF cess? in pratica di esistere: alla sua chiusura non furono estranei gli attacchi della RAPP, in cui Majakovskij entr? agli inizi del 1930. Il 14 aprile 1930 Majakovskij, a Mosca, si tolse la vita con un colpo di pistola al cuore.


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Eppure
La via sprofond? come il naso d' un sifilitico.
Il fiume era lascivia sbavata in salive.
Gettando la biancheria sino all' ultima fogliuzza,
i giardini si sdraiarono oscenamente in giugno.
Io uscii sulla piazza
a mo' di parrucca rossiccia
mi posi sulla testa un quartiere bruciato.
Gli uomini hanno paura perch? dalla mia bocca
penzola sgambettando un grido non masticato.

Ma, senza biasimarmi n? insultarmi,
spargeranno di fiori la mia strada, come davanti a un profeta.
Tutti costoro dai nasi sprofondati lo sanno:
io sono il vostro poeta.

Come una taverna mi spaura il vostro tremendo giudizio!
Solo, attraverso gli edifici in fiamme,
le prostitute mi porteranno sulle braccia come una reliquia
mostrandomi a Dio per loro discolpa.

E Dio romper? in pianto sopra il mio libriccino!
Non parole, ma spasmi appallottolati;
e correr? per il cielo coi miei versi sotto l' ascella
per leggerli, ansando, ai suoi conoscenti.

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La blusa del bellimbusto
Io mi cucir? neri calzoni
del velluto della mia voce.
E una gialla blusa di tre tese di tramonto.
Per il Nevskij del mondo, per le sue strisce levigate
andr? girellando col passo di Don Giovanni e di
[bellimbusto.

Gridi pure la terra rammollita nella quiete:
"Tu vieni a violentare le verdi primavere!"
Sfider? il sole con un sogghigno arrogante:
"Sul liscio asfalto mi piace biascicar le parole!".

Sar? forse perch? il cielo ? azzurro
e la terra mia amante in questa nettezza festiva,
che io vi dono dei versi allegri come ninnoli,
aguzzi e necessari come stuzzicadenti.

Donne che amate la mia carne e tu, ragazza
che mi guardi come un fratello,
coprite me, poeta, di sorrisi:
li cucir? come fiori sulla mia blusa di bellimbusto.
---

Pena
In una vaga disperazione il vento
si dibatteva disumanamente.
Gocce di sangue annerendosi
si gemmavano sulle labbra d' ardesia.
E usc?, a isolarsi nella notte,
vedova la luna.

---
La nostra marcia
Battete in piazza il calpestio delle rivolte!
In alto, catena di teste superbe!
Con la piena d' un nuovo diluvio
laveremo le citt? dei mondi.

Il toro dei giorni ? pezzato.
Il carro degli anni ? lento.
Il nostro dio ? la corsa.
Il cuore ? il nostro tamburo.

Che c' ? di pi? celeste del nostro oro?
Ci punger? la vespa d' un proiettile?
Nostre armi sono le nostre canzoni.
Nostro oro le voci squillanti.

Prato, distenditi verde,
copri il fondo dei giorni.
Arcobaleno, da' un arco
ai cavalli veloci degli anni.

Vedete, il cielo s' annoia delle stelle!
Senza di lui intrecciamo i nostri canti.
Ehi, Orsa Maggiore, esigi
che ci assumano in cielo da vivi!

Bevi le gioie! Canta!
Nelle vene la primavera ? diffusa.
Cuore, batti la battaglia!
Il nostro petto ? rame di timballi.

---
Qualche parola su me stesso
Amo guardare come muoiono i bambini.
L' avete mai vista la brumosa onda della risacca del riso
dietro la proboscide della tristezza?
Io, invece,
nella biblioteca delle strade
ho sfogliato cos? spesso il volume delle tombe.
La mezzanotte
palpava con fradicie dita
me
e il chiuso steccato,
e con la calvizie della cupola imperlata dall' acquazzone
galoppava la cattedrale impazzita.
E vedo: Cristo fuggiva dall' icona,
e la fanghiglia baciava in lacrime
il lembo della tunica sbattuto dal vento.
Io grido contro il muro,
conficco il pugnale delle parole frenetiche
nella polpa del cielo inturgidito:
"Sole!
Padre mio!
Abbi tu almeno piet?, non tormentarmi!
? il sangue mio da te versato che scorre sul lungo cammino.

? la mia anima
in quei brandelli della lacerata nuvola
sull' arrugginita croce del campanile
nel cielo riarso!
Tempo!
Almeno tu, sciancato pittorucolo di icone,
dipingi la mia immagine
nel sacrario del secolo deforme!
Sono solitario come l' ultimo occhio
di un uomo in cammino verso la terra dei ciechi! ".

---
Dietro una donna
Spostato su col gomito un lievito di nebbia,
Colava biacca da una fiasca nera
E a briglia sciolta nel cielo
Canuto e greve caracollava fra le nuvole.

Nel fuso rame di case stagnate
A stento si contengono i tr?miti delle vie,
Stuzzicati da un rosso mantello di lussuria,
I fumi diramavano le corna dentro il cielo.

Cosce-vulcani sotto il ghiaccio delle vesti
Messi di seni mature gi? per il raccolto.
Dai marciapiedi con ammicchi malandrini
Frecce spuntate insorsero gelose.

Stormo che a un colpo di tacco si levi a volo nel cielo
Preghiere di altezze presero al laccio Iddio:
Con sorrisi da topi lo spennarono
E beffarde lo trassero per la fessura d' una soglia.

L' Oriente in un vicolo le scorse,
Pi? in alto risospinse la smorfia del cielo
E il sole dalla nera borsa strappato fuori
Pest? con cattiveria le costole del tetto.

Buonanotte all'Angelo Carrettaio,
Hombre Sincero
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