Malumori passeggeri

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Mario Pulimanti
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Malumori passeggeri

Messaggio da Mario Pulimanti »

MALUMORI PASSEGGERI

Mi chiamo Mario.
Mario Pulimanti.
Sono di Ostia.
E sono un uomo senza qualità.
Però ho molti amici.
Uno dei migliori è Ferruccio
Milanista doc nonché marito di Silvia.
E uomo senza contraddizioni.
In questo momento stiamo assistendo a un comizio elettorale a piazza Anco Marzio.
Sta parlando un giovane politico.
In giacca verde.
Incomprensibile: sta leggendo il suo rapporto irto di dettagli politici a una velocità tale che tanto sarebbe valso recitare il Credo in russo a una classe di allievi dal rendimento scolastico mediocre.
Una volta concluso il paragrafo finale, porge con disinvoltura il documento ad un suo collega di partito, scende cautamente i gradini del palco ed esce di buon passo dalla piazza e dal comizio.
Ora è il turno di un altro candidato.
Io e Ferruccio lo conosciamo bene: com’é piccolo il mondo!
Senza re né regno: lo sentiamo dire che non votare è un diritto, ma la storia insegna che l'astensionismo non ha mai contribuito né a migliorare la politica né a cambiare i governi.
La democrazia si esprime attraverso il voto e finora, benché molti si sono applicati allo studio di questa materia, strumenti alternativi egualmente efficaci non ne sono stati individuati.
Come diceva Churchill: "La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta però per tutte le altre forme di governo finora sperimentate".
Mmmmh.. Ragionevoli dubbi.
Rose, rose.
Belle parole, certo.
Però, dico a Ferruccio sottovoce, se a meno di una settimana dal voto del 24-25 febbraio, l'incertezza è tanto diffusa e tanto diffusa è anche la tentazione di disertare le urne da parte di cittadini che pure hanno sempre espresso il proprio voto, la responsabilità non è da attribuire a noi elettori, ma a una classe politica che prima non è stata neppure in grado di modificare la legge elettorale e poi, in larghissima parte, ha impostato e condotto una campagna elettorale lontana dalla realtà e scarsamente credibile.
E ora, a pochi giorni dalle elezioni, si scopre preoccupata del voto di protesta e dell'astensionismo.
Mentre parlo con Ferruccio, la mia irritazione verso quel giovane ganimede che sta ancora parlando vira ormai verso un’aperta animosità.
Che razza di mollusco è questo politico!
Ferruccio, che lo conosce molto bene, mi sta dicendo che la relazione di questo aspirante deputato con una sua collega di partito si é arenata diventando una passione sporadica, seguita dai soliti rimorsi e da ipocrite promesse di farla finita.
Senza dubbio, mi dice Ferruccio, é stato lui a far precipitare la situazione, eppure di fatto quando facevano l’amore (a questo punto del discorso di Ferruccio. io chiudo la porta in faccia alle mie fantasie) sapeva che lei era felice.
Secondo Ferruccio lei é una donna capace di darsi interamente a un amore puramente fisico.
Per lui sarà senz’altro stata un’esperienza meravigliosa e in precedenza non gli sarà mai certamente capitato niente del genere, afferma sogghignando il buon Ferruccio.
Ma, trascorso il momento della passione, lei si è ritirata sempre nell’indifferenza, in una specie di freddezza.
Non ha mai neanche provato a mentire sulle ragioni per cui si dava a lui: era un rapporto di natura esclusivamente sessuale.
Non si era mai parlato d’amore, e neanche di un affetto profondo.
La moglie del giovane politico (Ferruccio ne é sicuro) non sospettava minimamente la sua infedeltà, anche se doveva essersi accorta (era naturale!) che il trasporto spensierato dei loro primi anni di matrimonio era svanito, forse per sempre.
Che razza di uomo spregevole!
Con quei capelli rossi e lisci, gli occhiali in tartaruga, le dita affusolate, quasi femminili.
Ma tanto ho deciso: voterò per Beppe Grillo.
E venerdì andrò a vederlo a piazza San Giovanni, dove terrà l'ultimo comizio della sua campagna elettorale.
Cavolo, mi sono ricordato che ho una visita medica.
Ce ne andiamo, senza voltarci.
Il dottore alza lo sguardo dalla sua scrivania. “Ha i trigliceridi alti. Quante bustine di zucchero consuma a settimana?”
“Cinque”.
E’ una piccola bugia bianca. Sono arrivato a cinque bustine lunedì, ma poi ho smesso di contare, così sono rimasto a cinque bustine.
“Niente zucchero. Niente alcool. Per un paziente con i suoi valori di trigliceridi, il rischio di attacco al cuore, infarto o trombosi cresce drasticamente.”.
Improvvisamente sono tanto, tanto spaventato.
Il cuore batte violentemente.
Sudore sulla fronte. Il dottore alza lo sguardo.
I suoi occhi sono finestre su un cielo di pieno inverno.
“Lei appartiene a un gruppo statistico con rischio elevato.”
Fuori dallo studio medico si sta facendo buio e fa veramente freddo.
Il traffico è rumoroso nell’aria umida di Ostia.
Salutandomi, mentre dava un’occhiata all’orologio, il dottore mi ha ricordato che a causa della mia età…e dei miei trigliceridi… si manifesteranno presto vertigini, stanchezza e perdita della libido.
E’ tutto finito.
Io sono finito.
Scandaloso.
Un senso di paura cresce dentro di me.
Terrore esistenziale.
Lo zucchero, l’alcool, il sesso: senza di loro, cos’altro rimane?
Mi sento vecchio, stanco e inutile e persino spaventato.
Non desidero una vecchiaia olimpica e senza strida, come una sonata per violino eseguita da un linfatico violinista svizzero.
Preferisco morire gridando.
Quando mi porteranno al mattatoio comincerò a ululare, a bestemmiare e a insultare.
Al pub sotto casa prendiamo un paio di birre.
Doppio malto, scure.
Poi Ferruccio mi saluta: torna a casa sua, all’Infernetto.
Lo moglie lo aspetta per cena: “ubi Silvia, Marius cessat!”
Entro a casa.
Simonetta non c’é.
Gabriele nemmeno.
Alessandro sta studiando in camera sua.
Entro in salotto.
Mi siedo sul divano.
Accendo lo stereo.
Ascolto “Over the Rainbow” (anche nota con il titolo “Somewhere Over the Rainbow”).
Il titolo significa letteralmente "Oltre l’arcobaleno”.
La versione originale è cantata da Judy Garland per il film “Il mago di Oz” del 1939, ma quella che sto ora ascoltando è la famosa versione del cantante hawaiano Israel “IZ” Kamakawiwo’ole, soprannominato “Gigante buono”, morto nel 1997 all'età di 38 anni.
Nell'ultima parte della sua vita Iz divenne obeso e arrivò anche a pesare 340 Kg.
Versione stupenda.
Voce meravigliosa.
E' una delle poche canzoni che riesce a farti venire i brividi, una ballata dolcissima con la quale Iz ti culla delicatamente.
E l'ukulele come unico strumento, col suo suono particolarissimo, rende indimenticabile una canzone già unica.
Ascolto la musica, con gli occhi chiusi.
E penso.
Penso agli anni ottanta.
Il pranzo domenicale di mia suocera.
Opulento, straripante, ipercalorico.
Prosciutto, salame e salciccia matta per cominciare; due minestre, asciutta la prima e in brodo la seconda, rigorosamente cappelletti, strozzapreti, tagliatelle al ragù, bollito, a dir misto lo si penalizza, agnello fritto e scottadito, cappone, testina di vitello, coratella, piccioni arrosto ripieni, cervello, cotechino, manzo; poi polli arrosto e salsicce ai ferri, con una varietà di patate, in umido, arrosto, fritte, al forno, e verdura a piacere, dai pomodori alla lattuga; pane fragrante appena sfornato dal suo forno a legna; ciambella, zuppa inglese alta una esagerazione e un po’, crema, savoiardi con l’alchermes, cioccolata, savoiardi con l’alchermes, dolci a forma di pesca con l’alchermes, cioccolata e crema…
Vino naturalmente, vini Colli Sabini DOC Rossi e Bianchi, Malvasia Bianca, spumanti, amaro Viparo ...Grappa.
E alla fine qualcuno recitava poesie di Trilussa e qualcuno, semplicemente, finiva sotto il tavolo semisvenuto.
Trenta persone intorno a un tavolo, ogni commensale uguale ai suoi due vicini di sedia in nome del sentimento che ha sempre dominato in tutte le famiglie sabine, la compassione è certamente il ricordo più bello, quello che più di ogni altro mi riscaldava il cuore: ed era in nome di quel calore che ancora mi arriva dal passato che cerco di ricordare oggi le scene di un tempo, le persone che amavo intorno allo stesso tavolo, persone scelte sulla base dell’affetto che le legava, il DNA ha ben poco a che fare con i sentimenti.
Rosato, mio suocero.
Presidente della Confraternita di San Bernardino.
Uomo di gran buon cuore, aveva sempre destinato una buona parte delle sue rendite alla beneficenza ed era pieno di amici che lo apprezzavano e gli volevano bene.
Questo era un uomo.
Non io.
Io che chiaramente non sono saggio come Marco Aurelio Antonino, imperatore filosofo e valoroso.
Non so tenere una conversazione brillante, ma forse un ho pregio ce l’ho: sono abituato a contare solo su di me senza aspettarmi mai favori piovuti dal cielo, come mi aveva insegnato Nonna Jole.
Non posso dimenticarmi il suo volto saggio e profumato, gli occhi celesti e i capelli grigi raccolti dietro la testa.
Brrr.
Mi sento gelare a questi ricordi.
Lasciamo stare.
Simonetta è una donna che si preoccupa di tutto.
La lista delle cose di cui si preoccupa in ogni dato momento è interminabile: il benessere dei figli, per esempio, o l’inadeguatezza del nostro stipendio, o il taglio delle spese scolastiche minacciato nella scuola di nostro figlio Alessandro, o la macchia d’umidità sopra la finestra, o lo scricchiolio delle sue giunture ogni volta che si alza la mattina, o il libro che da tempo nostro figlio Gabriele deve restituire alla biblioteca comunale e non riesce più a trovare, o il riscaldamento del pianeta.
Ma in questo momento particolare ci sono due cose che le danno ulteriori motivi di preoccupazione: la minacciosa certezza dell’avanzare del tempo (Tempus fugit!) nonché lo stato della salute mentale di suo marito (vale a dire, del sottoscritto).
Mi dice: “Guardati intorno. Ci sono uomini che fanno jogging, che coltivano ortaggi, che vanno in bicicletta, che costruiscono case. La tua specialità è quella di essere negato per qualsiasi lavoro manuale”.
Questo vale anche per l’educazione dei figli.
Mi accusa di essere come Ulisse, l’Odisseo che lascia il figlio appena nato e quando lo riabbraccia ha venti anni e si è fatto uomo: Telemaco.
Difatti, a suo dire, mi sono ritrovato Gabriele e Alessandro maggiorenni senza aver fatto nulla, perché ha pensato sempre a tutto lei.
Del resto dice che la mia filosofia di vita è l’utilitarismo spinto.
In poche parole sarei un integralista dell’edonismo estremo.
Ognimodo ho due figli svegli.
Beh, per dirla giusta a volte non mi sento del tutto realizzato nella vita professionale e in quella creativa.
Comincio a analizzare ogni mio pensiero, cercando qualcosa di anormale o di alterato.
Mi costringo a star sveglio di notte perché ho paura dei miei sogni.
I sogni sembrano reali e non lo sono, e mi rendo conto che sono molto vicini alla pazzia.
Malumori passeggeri.
Non c’è nient’altro da pensare.
Non ho nient’altro da dire.
Alla prossima!
Giurin giuretto, parola di lupetto.
Sforzandomi di sorridere, simpaticamente vi saluto.


Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
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