LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZI

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Mario Pulimanti
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LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZI

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:binkybaby: LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Ricordo gli inizi del mio lavoro quando la sola idea di un dialogo col dirigente mi procurava un’ansia tremenda, le parole che non uscivano di bocca, la lingua così asciutta che sembrava diventata una grattugia.
Ah, non mi sono presentato.
Ok, lo faccio subito: mi chiamo Mario. Mario Pulimanti.
Lavoro al Ministero dell’Agricoltura.
Da 32 anni.
I primi 13 anni in Direzione, al personale.
Poi, per 18 anni sono stato all’Ufficio legislativo del Gabinetto del Ministro.
Giorni del miele e dello zenzero.
E poi è arrivato il giorno della locusta: sono stato retrocesso di nuovo al personale.
Pane amaro.
Bé, c’è dell’altro: ora l’Amministrazione ci sta valutando.
Sì, è proprio così: sono state adottate nei nostri confronti, per l’anno 2011, delle procedure con il nostro inserimento in graduatorie suddivise per fasce di merito.
La valutazione delle performance non è un tema nuovo per la pubblica amministrazione italiana.
Difatti la “riforma Brunetta” della pubblica amministrazione italiana contiene alcune novità importanti e rafforza una serie di elementi e concetti già presenti in leggi precedenti.
Una riforma che ha senz’altro qualità maggiori rispetto alle precedenti fatte negli anni ’90.
Il tema della valutazione nella Pubblica Amministrazione è sempre stato ampiamente dibattuto, ancora di più dopo che con il D.Lgs. 150/2009 ha subito importanti modifiche che non si limitano all’introduzione delle “famose” tre fasce ma estendono la valutazione su obiettivi e risultati, prima prevista solo per i Dirigenti, a tutto il personale.
Il decreto 150 è chiaro: oggetto di valutazione è la performance, nelle sue diverse dimensioni (input, output, outcome, qualità, soddisfazione del cliente ecc.) ed in particolare riferita ad una serie di soggetti che sono oggetto di valutazione: la squadra, intesa come unità organizzativa, l’allenatore inteso come il dirigente responsabile della stessa. Ed i singoli giocatori, i dipendenti che con il dirigente collaborano.
Questo implica che il valore della valutazione si declina a tre livelli diversi ed assume caratteri diversi a seconda del punto di osservazione (profondità ed ampiezza della performance).
L’importanza della valutazione sulle unità organizzative, che in sommatoria delineano il confine dell’intera pubblica amministrazione, è facile da intuire.
Più difficile da intuire è l’articolazione organizzativa che ovviamente non è omogenea tra el diverse amministrazioni.
Le amministrazioni pubbliche sono strutture ad alta intensità di personale e, quindi, valutarle significa di fatto valutare le risorse umane e se la pubblica amministrazione rinuncia a misurare e valutare gli aspetti che riguardano la gestione delle risorse umane abdica, di fatto, all’intera funzione gestionale.
Le risorse umane della pubblica amministrazione, se adeguatamente gestite, possono rappresentare una grande opportunità per le amministrazioni in cui lavorano, per l’intero paese, oltre che naturalmente per gli stessi individui.
Le risorse umane diventano opportunità se si adottano sistemi di valutazione, una opportunità che si fonda anche su una domanda latente e diffusa, ma non ancora intercettata ed organizzata, di partecipare al processo organizzativo degli stessi lavoratori.
La valorizzazione dei risultati conseguiti da chi sta svolgendo un ottimo lavoro è il meccanismo fondamentale perché il merito diventi il motore del cambiamento organizzativo e del miglioramento della performance.
Tale approccio, infatti, alimenta la motivazione al lavoro dei dipendenti in misura assai superiore
rispetto a meccanismi punitivi in caso di risultati conseguiti carenti.
Per quanto concerne i principi generali di riferimento, l’articolo 3 del decreto ne elenca molteplici, fortemente integrati tra di loro.
Nel primo comma si fa riferimento al ruolo che la misurazione e valutazione della performance ha nel processo di miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche ma anche nel processo di apprendimento e di crescita delle competenze professionali degli operatori.
Per perseguire tale finalità il sistema di valutazione deve essere introdotto nelle amministrazioni
in linea con i seguenti principi: valorizzazione del merito, sia in termini individuali che di struttura di appartenenza.
Questo punto viene successivamente ripreso nel secondo comma sottolineando che il sistema deve garantire un’adeguata pervasività in tutti i livelli dell’organizzazione fino a raggiungere il singolo operatore; la garanzia di pari opportunità di diritti, ma anche di doveri: si sottolinea non solo l’aspetto del diritto del dipendente ma anche della sua responsabilità nei confronti della collettività per il cui bene è chiamato ad operare; la trasparenza nei risultati conseguiti.
Quest’ultimo punto viene ripreso nel terzo comma e successivamente in altri articoli del decreto.
Il tema della trasparenza e della comunicazione dei risultati risulta essere uno dei perni fondamentali del sistema di valutazione proposto e questo per vari motivi.
Essa infatti è considerata quale leva determinante per l’accountability, ossia si ritiene che la misurazione dei risultati conseguiti possa tradursi in un processo di responsabilizzazione degli operatori nella misura in cui si lega alla pubblicazione dei dati e quindi ad un ritorno informativo sia alle pubbliche amministrazioni ed ai suoi operatori e sia ai cittadini.
In questa prospettiva con il termine accountability si intende appunto il rendere conto del proprio operato con misurazioni oggettive, chiare e trasparenti.
Nel quarto comma dell’articolo tre si dichiara un altro principio di riferimento del sistema di rilevanza cruciale, a mio parere.
In questo comma infatti si chiarisce che i criteri con cui le amministrazioni pubbliche definiscono i metodi e gli strumenti per misurare, valutare e premiare la performance individuale ed organizzativa devono strettamente tener conto del soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi.
Il concetto sembrerebbe ovvio ma lo è solo in teoria.
Nella pratica spesso le pubbliche amministrazioni si organizzano tenendo conto più degli interessi
dei dipendenti che degli utenti.
Gli esempi sono infiniti: gli orari scolastici organizzati in base alle esigenze dei docenti e non alle capacità di apprendimento degli allievi, l’organizzazione dei servizi ospedalieri, fatta per facilitare i turni degli operatori e non la qualità di vita del paziente, costretto per esempio a mangiare ad orari inusuali o a riposare con i tempi imposti dall’organizzazione.
Nelle organizzazioni che operano sul mercato in contesti competitivi il cliente riesce, con il suo diritto di scelta, ad occupare una posizione di preminenza e di potere tale da indurre le organizzazioni stesse ad impostare tutta la loro azione in termini di risposta ai suoi bisogni.
I risultati economico finanziari di breve, ossia in primo luogo il profitto, risultano già indicatori precisi della capacità aziendale di essere efficace, ossia in grado di rispondere alle esigenze della domanda.
Nella realtà delle pubbliche amministrazioni, che nella maggior parte dei casi operano in situazione di monopolio, le possibilità di scelta del cliente/utente sono estremamente limitate e sicuramente scarsamente facilitate dall’operatore pubblico.
Inoltre l’utente si trova in molti casi in situazione di asimmetria informativa, ossia in possesso di informazioni, conoscenze e competenze assi minori rispetto al soggetto erogatore e quindi incapace di dare un giudizio consapevole sulla qualità del servizio ricevuto.
Un allievo in formazione può valutare la qualità di un percorso formativo e del contenuto di una lezione ricevuta?
Un paziente non medico può giudicare la qualità della diagnosi ricevuta e del trattamento terapeutico a cui è stato sottoposto?
Un cittadino può giudicare la correttezza con cui un atto pubblico è stato redatto?
In molti casi poi l’utente del servizio solo a distanza di tempo potrà esprimere un giudizio corretto sul servizio ricevuto considerando l’utilità di quanto appreso o lo stato della sua salute.
Nel breve sarà portato ad esprimere un giudizio solo su ciò che è in grado di presidiare, che spesso risulta essere gli aspetti accessori e non centrali del servizio stesso.
Le organizzazioni che erogano servizi infatti non si limitano ad offrire un servizio ma in realtà propongono un sistema di servizi, dove gli aspetti centrali sono integrati da componenti accessorie, spesso di uguale rilevanza agli occhi dell’utente.
Il giudizio dell’utente, per diventare di aiuto alle scelte strategiche ed organizzative delle aziende che erogano servizi di pubblica utilità, deve essere articolato nel dettaglio, per cogliere tutti gli aspetti centrali ed accessori che sono importanti per soddisfare
i suoi bisogni e che quindi meritano attenzione nella valutazione del servizio.
Solo così si può procedere verso un riorientamento sia dei servizi offerti, sia soprattutto delle
modalità con cui questi sono offerti.
L’obiettivo è che il cittadino sia sempre più protagonista del processo di erogazione del servizio stesso in cui deve risultare il soggetto centrale.
Strumenti quali la carta dei servizi sono in passato spesso falliti proprio perché non hanno rappresentato un vero e proprio contratto con l’utenza in cui la Pubblica
Amministrazione si prendeva precisi impegni in termini di livello di servizio in linea con le esigenze dell’utenza.
Questi strumenti si sono in realtà trasformati in documenti con una lista di recapiti telefonici (spesso sbagliati) con la rappresentazione degli organigramma delle amministrazioni pubbliche spesso incomprensibili ai più per il loro linguaggio criptico e pieno di sigle.
Partire dalle esigenze dei cittadini nella progettazione del sistema di valutazione impone quindi l’attivazione di una serie di strumenti atti a raccogliere sistematicamente la voce dell’utenza.
Sistematicamente in quanto i bisogni si evolvono e si modificano nel tempo e quindi la loro definizione necessita di verifiche ripetute nel tempo.
Gli strumenti per far ciò si dividono in due tipologie da integrare: analisi quantitative per capire composizione e caratteristiche dei propri utenti, e qualitative, per riconoscere i bisogni specifici e le aspettative di ogni segmento a cui l’amministrazione si rivolge.
Per esempio un ente locale potrebbe decidere di attivare, oltre al servizio allo sportello, anche un servizio di recapito postale nel caso in cui riconosca che vi è un numero significativo di cittadini interessati a questa nuova tipologia di servizio.
Questo processo è possibile solo se l’Amministrazione si attiva sistematicamente a raccogliere giudizi, proposte e valutazioni degli stessi utenti sui servizi che eroga.
Nel quinto comma dell’articolo tre si fa riferimento tra i principi cardine del decreto alla necessaria coerenza tra il sistema di valutazione della performance e l’erogazione dei premi legati al merito.
Anche questo principio potrebbe sembrare in teoria ovvio ma è noto quanto nel contesto pubblico sia stato disatteso nella pratica, con erogazione di premi a pioggia tra i dipendenti senza riferimenti quantitativi ai risultati effettivamente conseguiti.
Le modalità con cui evitare che questo avvenga nuovamente vengono descritte successivamente negli articoli seguenti del testo.
Molti hanno sottolineato come sia ancora possibile una via di risanamento della pubblica amministrazione che punti sul merito, la trasparenza e la responsabilità.
La caratteristica pubblica deve essere proprio l’elemento che impone all’amministrazione un maggiore rigore nell’applicazione etica delle norme contrattuali evitando qualsiasi copertura a comportamenti opportunistici lesivi, in ultima istanza, dei diritti della collettività.
Nell’ultimo comma dell’articolo si evidenzia che la sfida dell’introduzione di un sistema di valutazione dovrà essere raccolta considerando solo e soltanto le risorse già disponibili con la legislazione vigente.
Il che non significa che la progettazione e l’implementazione di un serio sistema di valutazione non abbia costi ma che le risorse per tale finalità devono essere individuate grazie ad un processo di riallocazione interno di risorse.
Anche se, a dire il vero, il Dipartimento della Funzione pubblica, ha reiteratamente ribadito la necessità di procedere alla valutazione, senza tuttavia esplicitare in maniera chiara l’obbligo di collocare il personale nelle tre fasce di merito.
A tal proposito, anche la Corte dei Conti, pur ribadendo che l’inserimento del personale nella fascia di merito più alta costituisce titolo prioritario ai fini dell’attribuzione delle progressioni economiche e di carriera ha altresì chiarito che per quanto riguarda l’art.23 del D.Lgs 150/2009 (progressioni economiche) la possibilità di esperire progressioni economiche è rinviata alla prossima tornata contrattuale.
Inoltre, per quanto concerne l’art. 24 del D.Lgs 150/2009 (progressioni di carriera) è stato evidenziato che tali progressioni non sono in concreto applicabili in conseguenza della vigente normativa in materia di blocco di assunzioni e appare, quindi, priva di rilievo la collocazione del personale nelle tre fasce di merito.
Infine la Corte ha osservato che l’iter attuativo delle disposizioni relative alla remunerazione del merito sembra comunque destinato ad ulteriori, nuovi passaggi se si tiene conto del protocollo firmato nel maggio 2012 da Funzione pubblica, regioni, enti locali e sindacati sulla riforma del pubblico impiego i cui contenuti sono destinati a confluire in un disegno di legge di prossima emanazione che tra l’altro prevede il superamento del sistema della ripartizione dei dipendenti nelle fasce di merito destinando maggiore attenzione ai risultati dell’ufficio rispetto a quelli individuali.
Stando così le cose, auspico che le Amministrazioni diano nuove disposizioni in merito alla compilazione della graduatoria delle valutazioni individuali non prevedendo la ripartizione in fasce di merito.
Per la verità, per permettere di elevare la P.A. italiana occorre liberarla da pesi che, più che normativi, sono organizzativi e comportamentali.
La meritocrazia è fondamentale, perché serve per l’equità sociale, per elevare i talenti (da brain drain a brain gain) e per favorire i miglioramenti nelle organizzazioni pubbliche (è difficile se non impossibile migliorare ciò che non si misura).
Quindi qualità e merito sono un binomio per l’eccellenza.
Solo con buone valutazioni si favorisce l’etica del lavoro pubblico: la responsabilizzazione dei dipendenti sulle proprie azioni all’interno e all’esterno dell’organizzazione, la sfida sana sulle capacità reali come pari opportunità per tutti, l’equilibrio sociale.
L’etica del lavoro pubblico esiste se esiste l’etica della valutazione, che riguarda l’integrità personale e professionale dei valutatori.
E’ utile mettere in conto un fenomeno atteso nella pubblica amministrazione.
Ritengo, infatti, che l’introduzione e l’implementazione di un sistema di performance possa modificare l’ambiente politico, determinando la riduzione di potere di determinati attori, da un punto di vista sia istituzionale sia politico.
Ok quindi alla valutazione della performance nella pubblica amministrazione: una cosa importante.
Anzi, fondamentale.


Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
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Re: LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINIST

Messaggio da cignonero »

Condivido a pieno, essendo in transito Inps...
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Mario Pulimanti
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Re: LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINIST

Messaggio da Mario Pulimanti »

;-)
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