L' AVVOCATESSA - racconto erotico a puntate - 1° puntata

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marquis
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L' AVVOCATESSA - racconto erotico a puntate - 1° puntata

Messaggio da marquis »

Michela spense il pc dell’ ufficio assai presto quella sera, era stata una giornata che come tante altre in quello studio non le aveva richiesto un impegno particolare. Da qualche giorno le sue incombenze professionali non le davano davvero pensiero, e anzi erano proprio i pensieri che questo vuoto lavorativo produceva a rimescolarle l’ animo come mai le era accaduto prima d’ allora. Si guardò le calze a rete a intreccio x trovarvi qualche improbabile smagliatura e diede un occhiata agli scarponcini griffati col tacco basso che portava da qualche tempo, domandandosi perché e in quale modo si fosse convinta a non indossare più i suoi amati texani originali che d’ inverno erano un suo marchio di garanzia per la sua immagine pubblica. Uscì e si avviò verso il metrò quando ancora non erano le sei di sera.
Quel giorno in ufficio era stata sola fin dal primo mattino e un sottile senso d’ angoscia si era fatto strada nella sua mente nonostante le molte telefonate di lavoro non la lasciassero mai veramente sola. Capiva che la sua ansia derivava dal fatto che avrebbe voluto che LORO fossero lì assieme a lei, perché tra tutti i pensieri che le affollavano l’ animo inquieto il più impellente era sapere dove loro fossero e soprattutto sapere quando li avrebbe rivisti.
Era stata assunta come collaboratrice nel piccolo studio legale da appena un mese, ma gli eventi che in questo breve lasso di tempo erano successi, anzi LE erano successi come si stava abituando a pensare, non erano proprio quelli che si sarebbe aspettata da un esperienza professionale da cui si attendeva molto in termini di dare e avere a livello formativo.
Al primo colloquio si presentò in un look abbastanza sobrio per quanto glielo permettesse la sua fisicità che non passava di certo inosservata. Gli immancabili texani le fasciavano le gambe tornite al punto giusto ma piuttosto snelle, come rivelava anche l’ ondeggiare della gonna verde oliva sopra il ginocchio. Aveva deciso per una camicetta bruna non molto aderente invece di un maglioncino scuro più adatto alla circostanza e alla stagione, ma sapeva bene quanto solitamente la imbarazzasse ad un primo incontro il suo seno più che abbondante una volta racchiuso e stretto in vesti troppo attillate. I lunghi capelli castano scuri raccolti in una semplice coda le davano un aspetto abbastanza professionale e poco incline alla tentazione della seduzione. Era piacente in viso e sapeva di esserlo, ma di quella bellezza più popolana che raffinata, non avrebbe mai posato per un provino di uno stilista ma in compenso attirava a sé in ugual misura l’ attenzione di uomini e donne ammirati dalla sua indubbia femminilità che uno studioso d’ immagine avrebbe definito “mediterranea”.
Venne ad aprirle un uomo di media età, alto e leggermente brizzolato, la cui voce maschia e i modi diretti non mancarono di darle quel primo click positivo nella sua esigenza di fotografare mentalmente questo nuovo possibile soggetto di convivenza quotidiana. Non si poteva dire né bello né brutto, e Michela lo etichettò subito come quel “tipo” di uomo in cui il fascino esteriore era più determinato dai modi e dalle movenze che dal puro aspetto estetico, e comunque formante un insieme che trovò da subito piuttosto armonico e, forse, attraente.
Il colloquio con Giulio fu alquanto lungo ma grazie alla pacatezza della conversazione di lui Michela non trovò alcuna difficoltà ad esporre le sue credenziali e a rispondere alle numerose domande che il noto avvocato ebbe la pazienza e la determinazione di porle. Di certo, si disse, era un uomo assai puntiglioso e di conseguenza esigente sul lavoro. Bene, era pronta ed era quello che cercava, le esperienze precedenti le avevano finora lasciato pochi guadagni materiali e cognitivi ed in compenso la certezza di non avere alcuna certezza per il suo futuro al foro.
Durante la conversazione ebbe modo di valutare quella che era una delle cose fondamentali per lei al lavoro, cioè la sua capacità di piacere e la disposizione del suo interlocutore alla volontà seduttiva. Sapeva bene che non le sarebbe piaciuto accasarsi né con un uomo di cui già da subito intuiva che un giorno o l’ altro ci avrebbe provato, né con un soggetto troppo freddo e indifferente che le avrebbe reso le giornate meno piacevoli e soprattutto prive di quel calore umano, che, diamine, le serviva sempre per sentirsi viva. In questo senso fu soddisfatta dall’ incontro, Giulio le diede l’ impressione di un uomo-uomo, a cui certo piacevano le donne ma i cui modi non lasciavano mai filtrare una parola o un minimo accenno extra-professionale alla sua persona.
A contribuire a darle una buona impressione fu anche la foto che campeggiava sulla scrivania di fronte a lei e che ritraeva una donna dai tratti raffinati e dall’ apparente età di 30-35 anni, quindi di qualche anno più giovane di lui. Nei tratti del viso a colpirla furono soprattutto gli occhi azzurro intenso di lei e lo sguardo enigmatico. Aveva capelli biondissimi, certamente tinti, che si intuivano essere lunghi almeno come i suoi. Fu peraltro un po’ sorpresa quando lui le disse che la società la gestiva assieme alla moglie, aveva infatti pensato all’ anziano padre come socio. In verità le venne poi da pensare che avrebbe voluto vedervi anche qualche bimbo in quelle foto da scrivania, ma insomma, si disse, la sue pretese non potevano venire esaudite su tutti i punti!. Infatti l’ accordo che raggiunse con l’ avvocato Degiorgi la soddisfò senza lasciarle dubbi, ed il giorno successivo alle 9 in punto cominciò la sua finora breve esperienza presso lo studio “Degiorgi&Degiorgi”.
L’ attività dello studio consisteva soprattutto in studi di cause in materia di crimini contro la persona ed essendo lei specializzatasi da poco in criminologia legale il suo lavoro si svolgeva soprattutto in ufficio allo studio di referti e alla discussione multimediale con i collaboratori e le controparti.
Fu nel primo pomeriggio di quel primo giorno che fece la sua prima conoscenza con la socia al 50% della sua nuova occupazione. Per la verità le ci volle non poco tempo per vederla in quanto appena arrivata in ufficio Silvia, così si doveva chiamare dalla didascalia del ritratto nell’ ufficio di lui, si trattenne a lungo al telefono nel suo studio, separato da quello del marito. Di sicuro la signora portava tacchi abbastanza alti a giudicare dal rumore dei passi, e lei dalla voce se la immaginò più alta di lei anche in relazione alla statura del marito. Fu perciò sorpresa quando le si presentò nel constatare che le rendeva almeno 10 cm in minor statura, quasi del tutto compensata dal tacco dello stivale che effettivamente doveva essere di almeno 9 cm.
Rispetto a lui Silvia si avvaleva di una conversazione assai più lenta e meno cordiale, intervallando spesso pause di riflessione durante il loro primo colloquio nell’ ufficio di Michela. Rispetto alla foto sulla scrivania la notò cambiata in maniera visibile, forse doveva avere passato da poco i 40 anni e i suoi capelli avevano subito un taglio drastico, ora erano corti e lisci ma sempre biondissimi, e ciò metteva ancor più in luce gli occhi intensamente marini che brillavano di una luce propria e, valutò, assai fredda e distaccata. Ciò che però più la colpì fu il suo trucco curato, non l’ avrebbe mai vista senza mascara e rossetto in tinte marcate e la sorpresero le sue mani, molto belle e curate e con unghie decisamente troppo lunghe per un avvocato, e invariabilmente laccate di rosso vivo. Indossava una camicetta bianca sotto la giacchetta bruna di velluto, (molto tribunalizia pensò!) mentre non avrebbe definiti forensi i suoi jeans scuri di felpa, molto attillati che evidenziavano forme assai morbide dalla vita in giù. Pensò di primo acchitto che fosse una donna che non indossasse quasi mai una gonna ma come poi avrà modo di provare si sbagliava. Di certo Silvia non doveva avere problemi di reggiseni troppo stretti, si domandò se tra lei e la sua nuova datrice di lavoro ci fossero 3 o addirittura 4 taglie di differenza.
Come potè notare fin dai primi giorni l’ attività dello studio legale era suddivisa in modo preciso tra i due soci, e se Giulio si occupava prevalentemente di cause in tribunale Silvia era specializzata alla stesura delle tesi e ai contatti informali con la clientela e gli appoggi esterni. Michela avrebbe quindi passato buona parte del suo tirocinio e quindi del suo tempo fianco a fianco con l’ avvocatessa Degiorgi e con la sua capacità professionale, nonché coi molti difetti, o meglio particolarità, che la Dott.ssa Silvia metterà presto in luce.
Al terzo giorno di lavoro Michela fu convocata nell’ ufficio di Silvia, fu il loro primo vero colloquio riguardante anche temi extra-professionali., e come seppe col tempo fu solo il primo di una serie di conversazioni a dir poco non convenzionali.
“Sai da quanto mi dice Giulio le tue credenziali sono tra le migliori che ci sono pervenute, non solo ora che eravamo in cerca di un collaboratore, ma anche da qualche anno a questa parte.” Michela si schermì simulando un breve imbarazzo, Silvia continuò: ”Il genere di attività che svolgiamo ha ristretto molto il campo dei candidati , quindi….credo che a prima vista abbiamo avuto una certa fortuna a trovarti subito e disponibile a tempo pieno”. “Spero di ricambiare questa vostra fiducia, Silvia, per quanto mi riguarda c’è da parte mia una gran voglia di iniziare sul serio in questo ramo”.
Passati i complimenti reciproci le due donne si soffermarono brevemente a chiacchierare  a largo raggio sulle proprie vite e le proprie aspirazioni, senza mai scendere ovviamente in troppi dettagli personali. “L’ anno scorso sono passate ben tre ragazze in tirocinio qui, non se ne è salvata nemmeno una purtroppo sai…..” Michela tese le orecchie per un attimo, voleva capire se volesse andare a parare da qualche parte. “Bè questo mi fa presagire che da parte mia sia richiesto un impegno a tutto tondo. Per quanto mi riguarda è quello che cercavo.” “Non ne dubito, cara….” Bene, pensò Michela, la mia nuova avvocatessa-capo ama chiamare le sue tirocinanti “cara”, credo che dovrò farci il callo! Silvia continuò: “L’ ultima laureata che ha lavorato con noi, Lisa, se n’è andata il mese scorso. Credo che adesso…..si mi pare sia tornata nel suo vecchio studio…..per la verità più che andarsene ho dovuto fare in modo di allontanarla io, diciamo che gliel’ ho fatto capire”. Michela ora era certa che qualcosa bollisse in pentola, e all’ ansia di questa conversazione non prevista si univa la curiosità di sapere, e pensò che il modo migliore era di lasciarla proseguire senza troppe domande. Non si sbagliava, Silvia amava dialogare spesso a una voce sola come avrebbe poi imparato, gradendo solo brevi interruzioni ben giustificate dal dialogo e possibilmente non troppo devianti dall’ oggetto della discussione. “Un pomeriggio torno in studio senza preavviso dopo un mancato volo x Roma, ….” Si alzò e con teatralità si preparò ad assumere una posa ben precisa. Mi scostò e si mise col ventre appoggiato sul tavolo, sprofondandosi sempre più quasi ad appoggiarsi verticalmente su di esso. “E la trovo così, centimetro più centimetro meno, con mio marito sulla sedia a leggerle una relazione di lavoro e lei attenta a non perdere una parola.” Mi guarda come per aspettarsi un commento o una reazione, che mi limito a darle con un accenno con lo sguardo come a dire “Ma va!” “Solo che a differenza di me, quel giorno aveva una mini modello ultrashort e appena entrata dalla porta le potevo vedere anche il mal di stomaco che le prese”. Michela non seppe trattenere una breve risatina di cui Silvia si compiacque, le piaceva raccontare ma soprattutto indurre in reazione positiva la sua interlocutrice. “E davanti aveva una scollatura sul genere passaggio del Mar Rosso, una tetta era praticamente sul foglio di lavoro”, incalzò senza simpatia. A questo secondo particolare Michela fu più cauta e si limitò ad annuire scuotendo il capo in segno di disapprovazione, poi si sentì in dovere di dire la sua: “Immagino tu sia stata molto felice di trovarli così”, disse ironica. “Oh certo cara, anzi ero tentata di tornarmene quatta quatta sui miei passi e lasciare i piccioncini alle loro cose….peccato solamente che il mio carattere sia troppo burrascoso per soprassedere a certe situazioni”. “Devo dedurne che quella scena abbia influito negativamente sul vostro rapporto di lavoro”, disse Michela, che in realtà avrebbe voluto chiedere se l’ avesse cacciata subito o con preavviso, ma Silvia la sorprese e la anticipò: “No non è come credi, non feci nulla allora per allontanarla da noi, per quella volta se la cavò con qualche bacchettata”. Bacchettata? Aveva capito bene, non c’ era dubbio. Pensando si riferisse ad una strigliata morale data quel giorno alla sua collaboratrice non potè trattenersi dal compiacersi con lei per la scelta fatta: “Bè non posso certo biasimarti se l’hai ripresa in modo energico, forse avrei fatto lo stesso, Silvia”.
L’ avvocatessa la fissò qualche secondo prima di replicare, sentiva i suoi occhi chiari su di lei, la stava studiando come un aquilotta reale segue in volo la corsa della piccola cerbiatta. “Mi fa molto piacere che tu comprenda cara, sai non vorrei passare per una dispotica capufficio e per di più gelosa della prima tipa che prova a ingraziarsi il mio distratto maritino e che per questo trova il pretesto per punirla”. Michela annuì, e quel riferimento a una pratica lavorativa poco usuale come la “punizione” non mancò di agitarla leggermente, ma certo era una terminologia tipica di lei, non c’era bisogno per pochi accenni innocenti di animare immagini di medioevo e santa inquisizione,  e che sarà mai…..nel frattempo Silvia finì di rimettere in ordine le proprie pratiche e invitò Michela a portarle il fascicolo sulla causa che avrebbero dovuto esaminare quel giorno. Quando Michela tornò dal suo ufficio con il materiale si sedette alla scrivania di fronte a lei e solo allora si accorse di qualcosa che la fece sobbalzare sulla sedia interiormente e che per poco non le causò la caduta del fascicolo: a destra di Silvia sopra la Guida Giudiziaria era appoggiata una bacchetta, nera. O forse era un frustino, sta di fatto che aveva la certezza che fino a un minuto prima non ci fosse. Silvia non pareva far caso a questo momento di incertezza di lei e la sollecitò gentilmente ad indicarle alcuni estremi di quella pratica. Di certo quella bacchetta, o quella…cosa l’ aveva tirata fuori nel breve periodo in cui lei era uscita per prendere la pratica, pensò Michela mentre scartabellava per trovare l’ oggetto del suo lavoro. Il frustino sembrava di pelle, molto sottile e con l’ estremità biforcuta, come aveva spesso visto nei cavallerizzi o in certe riviste erotiche. Cercò di concentrarsi sul lavoro che per quel giorno la assorbì a sufficienza per non farle pensare a quelle due o tre strane percezioni avute in quel primo colloquio con l’ avvocatessa. Alla sera, stanca ma soddisfatta per quella leggera sensazione di pienezza che suole darci un nuovo ambiente di lavoro che ci promette un buon successo professionale, prima di coricarsi cercò di riflettere su quei pochi punti che oggi in ufficio l’ avevano un po’ sorpresa, in particolare riguardo al carattere di Silvia. E’ vero che se un lessico come bacchettata o punizione non è usuale, è anche vero che in ambito forense o giudiziario si sente spesso parlare in questi termini simbolici, pensava. E poi nulla le vietava di pensare che Silvia potesse essere un’appassionata di cavalli, insomma un’ amazzone e questo spiegherebbe (in parte) la presenza del frustino. Ma più che altro pensava a questa Lisa, in quel momento era davvero curiosa di sentire la sua versione dei fatti su quell’ episodio pseudo-erotico sulla scrivania del marito di lei. Le avrebbe telefonato senz’ altro ma diamine non la conosceva nemmeno. Si disse che nei prossimi giorni avrebbe provato a rintracciare le sue generalità in ufficio, tanto così per assicurarsi una maggiore visuale sulla situazione dei suoi rapporti con i due avvocati. Morfeo quella notte la ghermì placida, e per quella strana mistura di realtà e immaginario che solo i sogni sanno creare sognò l passaggio del Mar Rosso, che era in realtà stato compiuto da Tom Cruise, che al suo arrivo in Israele si rivelava però una Nicole Kidman distesa su un sudario che doveva essere la Sacra Sindone. Si diceva che quella donna fosse Lisa, la compagna del Messia, e che fosse stata Maria in persona a volerla presso la Sacra Famiglia, ma che la sua incapacità di dare un erede al Re dei Re l’ aveva ora condotta su quel sudario. Il tutto con le musiche di Brian Eno in sottofondo.
L’ indomani la giornata si presentò subito impegnativa, sia Giulio che Silvia erano in ufficio tutto il giorno per cui non le rimase molto tempo per pensare ad altro. L’ avvocato si confermò in quei giorni di carattere abbastanza energico e diretto ma senza mai essere scortese nei toni e nelle circostanze. Dal canto suo Silvia si confermò quella donna dai modi più freddi e distaccati ma registrò comunque un buon affiatamento complessivo con la coppia. Nulla poi che le facesse pensare a quegli strani accenni del primo colloquio con Silvia, non trovò né frustini né riferimenti a punizioni o altre cose anomale nel suo comportamento. Il tentativo di conoscere maggiori dettagli sulle precedenti esperienze di Lisa e delle altre ragazze che avevano lavorato lì rimase per ora sospeso perché non trovò tracce utili a identificarle.
Alla sera di venerdì la sua prima settimana era terminata, e Michela era conscia di avere iniziato un progetto lavorativo che non l’ avrebbe delusa, o almeno non da parte sua.
Nelle tarde serate prima di coricarsi era solita guardare agli avvenimenti dei giorni trascorsi, non tanto dal loro aspetto professionale o del quotidiano spiccio ma per quanto il suo intimo ne fosse stato toccato. Si accorse che quel dubbio generato dai comportamenti di Silvia nel primo giorno non si stava dissolvendo, anzi la sua curiosità cresceva con l’ apparente assenza di nuovi indizi su ciò che aveva visto e sentito.
Quella donna doveva essere di un’ astuzia inquietante se era riuscita a metterla fin dall’ inizio sull’ avviso su un qualcosa che, peraltro, esulava dalla sfera del suo lavoro. E perdipiù trovando come contropartita da lei frasi di approvazione. Ci pensò ancora su, in effetti avrebbe potuto capire un simile discorso da parte sua se solo fossero esistiti dei validi motivi per farlo, ma Michela certo non gliene aveva dati finora. Già, finora….la sua curiosità la stava spingendo a mettersi alla prova e a fare altrettanto con Silvia, del resto v’ era la prospettiva che avrebbero potuto frequentarsi a lungo, forse per anni, e non era bene rimanere con un dubbio così fin dal primo giorno. Forse si era ingannata, si, aveva colto lei quegli accenni e li aveva amplificati per il semplice fatto che erano inusuali, ma spesso ci sono persone a questo mondo sono ben più strane.
Prese la decisione alfine, il dubbio non era mai un buon compagno di viaggio. Lunedì, complice la stagione che avanzava, si sarebbe presentata in ufficio con un look ben meno castigato di quello di questi giorni, voleva sapere….chiarire….indagare su di lei e sui suoi nuovi colleghi.
Giulio fece per prendere la cartuccia di toner scaduta che stava in fondo allo scaffale nel disimpegno dello studio, e così chinandosi l’ occhio fotografò un immagine di Michela che subito giudicò inedita per quel poco che la conosceva. Stava infatti attraversando il suo ufficio di ritorno dal bagno e sfoggiava quel lunedì mattina una splendida silhouette fatta di autoreggenti a doppia rete e stivale basso color nocciola scuro, che ben si intonava con la gonna di camoscio lunga qualche dita sopra il ginocchio.
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