Esercizio numero cinque
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Esercizio numero cinque
Composizione di un racconto di circa 1000 battute (il limite è indicativo, non perentorio) in cui Tempo della Storia e il Tempo della Narrazione coincidano. Provare a organizzare poi l’identico racconto in modo da NON far coincidere Tempo della Storia e Tempo della Narrazione, ad esempio per mezzo di analessi o prolessi.
Il racconto non deve per forza essere originale, potete riciclare o adattare quanto già scritto.
Ci provo anch'io.
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Re: Esercizio numero cinque
L'annuncio del Frecciarossa non aveva ancora raggiunto l'ultima parola che lei era scesa dall'ultima carrozza.
Vedendola, provò una stretta al cuore: gli abiti firmati, i capelli ben curati, un rossetto marcato. Ma, soprattutto, lo sguardo dritto che pareva bucare la folla e il suo rapido muoversi verso l'uscita. Presto furono uno di fronte all'altra.
Si abbracciarono.
Lui non poté fare a meno di deglutire per schiarirsi la voce:
-"Ciao amore."
-"Ciao, pà."
-"Come sei bella. E quanto tempo! Il viaggio?"
-"Non me ne parlare: da dimenticare. A volte ti chiedi dove diavolo vada tutta questa gente ogni santo giorno."
-"Tranquilla. La mamma ha preparato un pranzo di quelli che piacciono a te. Ci sono perfino i..."
-"No pà, lo vedi anche tu, ora ho raggiunto il peso forma e non posso lasciarmi andare."
-"Sì è vero, sai scendendo dal treno mi sono chiesto dove fossero finite quelle belle guanciotte che mi facevano impazzire."
-"Che vuoi, sono partite per non tornare più. E poi sai, non me ne volere, piacevano solo a te! Ma aspetta, ho visto una cosa interessante."
Mentre Liliana osservava la vetrina, lui fu sopraffatto dall'emozione e dovette asciugare gli occhi con un fazzoletto, per riporlo subito dopo nel taschino. Liliana non si accorse di nulla e tornando da lui esclamò:
"Che stupida che sono, pà. Andiamo: il tempo è denaro!"
Vedendola, provò una stretta al cuore: gli abiti firmati, i capelli ben curati, un rossetto marcato. Ma, soprattutto, lo sguardo dritto che pareva bucare la folla e il suo rapido muoversi verso l'uscita. Presto furono uno di fronte all'altra.
Si abbracciarono.
Lui non poté fare a meno di deglutire per schiarirsi la voce:
-"Ciao amore."
-"Ciao, pà."
-"Come sei bella. E quanto tempo! Il viaggio?"
-"Non me ne parlare: da dimenticare. A volte ti chiedi dove diavolo vada tutta questa gente ogni santo giorno."
-"Tranquilla. La mamma ha preparato un pranzo di quelli che piacciono a te. Ci sono perfino i..."
-"No pà, lo vedi anche tu, ora ho raggiunto il peso forma e non posso lasciarmi andare."
-"Sì è vero, sai scendendo dal treno mi sono chiesto dove fossero finite quelle belle guanciotte che mi facevano impazzire."
-"Che vuoi, sono partite per non tornare più. E poi sai, non me ne volere, piacevano solo a te! Ma aspetta, ho visto una cosa interessante."
Mentre Liliana osservava la vetrina, lui fu sopraffatto dall'emozione e dovette asciugare gli occhi con un fazzoletto, per riporlo subito dopo nel taschino. Liliana non si accorse di nulla e tornando da lui esclamò:
"Che stupida che sono, pà. Andiamo: il tempo è denaro!"
Ultima modifica di Robennskii il 26/04/2023, 14:30, modificato 3 volte in totale.
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Re: Esercizio numero cinque
Tutto aveva immaginato, tranne che quel giorno così atteso lui sarebbe uscito dalla stazione con le lacrime agli occhi.
Quando lei scese dal treno poco mancò che non la riconoscesse. Trilli, quante volte l'aveva chiamata così: la sua principessa, il sogno di una vita intera.
Adesso la vedeva procedere con il passo deciso, sicuro, lo sguardo concentrato anche tra quella folla di passeggeri.
Si erano salutati lì tre anni prima. Poi, tutto pareva aver accelerato in un istante: la pensione, qualche viaggio con sua moglie per tradire la solitudine.
Stati Uniti, India, perfino Giappone.
Ora stavano per incontrarsi di nuovo. Di colpo lui realizzò che non sapeva cosa dire.... deglutì.
-"Ciao amore."
-"Ciao, pà."
-"Come sei bella. E quanto tempo! Il viaggio?"
-"Non me ne parlare: da dimenticare. A volte ti chiedi dove diavolo vada tutta questa gente ogni santo giorno."
Lui faticò a non mostrarsi sorpreso. Un pensiero gli era esploso d'un colpo nella memoria, quello di lei che, non più alta di un metro, rincorreva spensierata i piccioni in una piazza affollata. Ma si impose di non lasciare spazio alla malinconia.
-"Tranquilla. La mamma ha preparato un pranzo di quelli che piacciono a te. Ci sono perfino i..."
-"No pà, lo vedi anche tu, ora ho raggiunto il peso forma e non posso lasciarmi andare."
-"Sì è vero, infatti scendendo dal treno mi sono chiesto dove fossero finite quelle belle guanciotte che mi facevano impazzire."
-"Che vuoi, sono partite per non tornare più. E poi sai, non me ne volere, piacevano solo a te! Ma aspetta, ho visto una cosa interessante."
Mentre lei si accostava alla vetrina, lui brancolò nel buio. Cercò di ricostruire mentalmente gli ultimi anni: l'Università, il master, poi l'offerta di lavoro all'estero. Dov'era finita la sua bambina? Fu sopraffatto dall'emozione e, approfittando di quell'attimo in cui Liliana era distratta, si asciugò rapidamente gli occhi con un fazzoletto.
Lei non si accorse di nulla. Tornando da lui, esclamò:
"Hai ragione papà, che stupida sono. Andiamo: il tempo è denaro!"
Quando lei scese dal treno poco mancò che non la riconoscesse. Trilli, quante volte l'aveva chiamata così: la sua principessa, il sogno di una vita intera.
Adesso la vedeva procedere con il passo deciso, sicuro, lo sguardo concentrato anche tra quella folla di passeggeri.
Si erano salutati lì tre anni prima. Poi, tutto pareva aver accelerato in un istante: la pensione, qualche viaggio con sua moglie per tradire la solitudine.
Stati Uniti, India, perfino Giappone.
Ora stavano per incontrarsi di nuovo. Di colpo lui realizzò che non sapeva cosa dire.... deglutì.
-"Ciao amore."
-"Ciao, pà."
-"Come sei bella. E quanto tempo! Il viaggio?"
-"Non me ne parlare: da dimenticare. A volte ti chiedi dove diavolo vada tutta questa gente ogni santo giorno."
Lui faticò a non mostrarsi sorpreso. Un pensiero gli era esploso d'un colpo nella memoria, quello di lei che, non più alta di un metro, rincorreva spensierata i piccioni in una piazza affollata. Ma si impose di non lasciare spazio alla malinconia.
-"Tranquilla. La mamma ha preparato un pranzo di quelli che piacciono a te. Ci sono perfino i..."
-"No pà, lo vedi anche tu, ora ho raggiunto il peso forma e non posso lasciarmi andare."
-"Sì è vero, infatti scendendo dal treno mi sono chiesto dove fossero finite quelle belle guanciotte che mi facevano impazzire."
-"Che vuoi, sono partite per non tornare più. E poi sai, non me ne volere, piacevano solo a te! Ma aspetta, ho visto una cosa interessante."
Mentre lei si accostava alla vetrina, lui brancolò nel buio. Cercò di ricostruire mentalmente gli ultimi anni: l'Università, il master, poi l'offerta di lavoro all'estero. Dov'era finita la sua bambina? Fu sopraffatto dall'emozione e, approfittando di quell'attimo in cui Liliana era distratta, si asciugò rapidamente gli occhi con un fazzoletto.
Lei non si accorse di nulla. Tornando da lui, esclamò:
"Hai ragione papà, che stupida sono. Andiamo: il tempo è denaro!"
Ultima modifica di Robennskii il 26/04/2023, 14:28, modificato 7 volte in totale.
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Re: Esercizio numero cinque
Per inciso, mi è completamente passato di mente, nella partizione a cui ho dato il titolo Il Tempo avevo inserito uno schema esplicativo che però non sono riuscito a replicare qui nel sito rispetto a come lo avevo preparato con il foglio word. E quindi anziché uno schema è venuto fuori un brano sconclusionato e senza molto senso. Avevo dimenticato di avvisarvi. A ogni modo, lo schema replicava la spiegazione già dettagliata prima e dopo delle sequenze in cui è possibile agire sul tempo narrativo rallentandolo o accelerandolo o fermandolo del tutto o saltandolo.
Allora, Roberto. Il tuo primo racconto, se non sbaglio, è una lunga scena. Il titolo però indica per primo un rallentamento e quindi mi è sfuggito qualcosa.
Allora la Scena è corretta con il dialogo in cui il Tempo della Storia e quello della Narrazione sono in equilibrio.
Nella seconda versioni introduci la figura dell'ellissi narrativa con quel si erano salutati tre anni prima.
Ora, secondo me questa non è un'ellissi narrativa, ma un semplice ricordo. Non c'è un salto temporale, o un'accelerazione, ma un rallentamento. Il ricordo, i pensieri, le riflessioni, le retrospezioni, tutto ciò che risulta alla stregua di un monologo interiore, è una pausa narrativa.
Una pausa, non un'ellissi narrativa. Sia nell'una che nell'altra il tempo della narrazione è comunque fermo, mentre il tempo della storia si muove velocemente.
Se tu, dopo quel Si erano salutati tre anni prima, avessi descritto quel che era accaduto, seppur brevemente, avremmo avuto una analessi. Il tempo della narrazione sarebbe andato avanti, ma quello della storia sarebbe tornato indietro.
In realtà l'esercizio numero cinque riguarda sì il tempo, ma l'ORDINE del tempo (quindi Fabula e Intreccio, Tempo della Storia e Tempo della Narrazione), non la sua DURATA. Il riferimento a prolessi e analessi non era casuale.
Scrive Genette: "Studiare l'ordine temporale di un racconto significa operare un confronto tra l'ordine di disposizione degli avvenimenti o segmenti temporali del discorso narrativo e l'ordine di successione che gli stessi avvenimenti o segmenti temporali hanno nella storia."
Faccio un esempio classico. Prendiamo L'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Il quale inizia con la celebre Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori.
Il narratore presenta subito, in un veloce sommario, l'antefatto boiardesco già alla quinta ottava.
Orlando, che gran tempo innamorato
fu de la bella Angelica, e per lei
in India e in Media, in Tartaria lasciato
avea infiniti et immortal trofei,
in Ponente con essa era tornato,
dove sotto in gran monti Pirenei
con la gente di Francia e de Lemagna
re Carlo era attendato alla campagna
E prosegue, per carità non farmelo scrivere tutto lo trovi ovunque in PDF. Leggi la sesta, la settima, l'ottava e la nona ottava del primo canto.
Quindi, Orlando, innamorato di Angelica (A), compie in Oriente mirabili imprese per lei (B), quindi decide di tornare in Francia (C) mentre re Carlo si accampa sotto i Pirenei (D), pronto ad affrontare i Mori ((E).
Allora, la sequenza C sembra prolettica rispetto a D mentre E è analettica rispetto a C e D. L'ultimo verso della Sesta ottava (F) indica una nuova sfasatura, perché il narratore non racconta i fatti in ordine cronologico.
E continua, per altre due ottave sino alla lettera O.
Dunque, se noi dovessimo invece considerare il tempo cronologico, il tempo della storia, e non quello della narrazione avremmo.
1) Orlando è innamorato da gran tempo di Angelica 2) compie mirabili imprese in Oriente 3) Marsilio e Agramante si preparano alla guerra invadendo terre cristiane 4) Carlo si accampa sotto i Pirenei 5) Orlando ritorna in Francia con Angelica e si unisce a Carlo 6) sorge una contesa tra Orlando e Rinaldo e così via sino al n.12
A B C D E F G H I L M N O TEMPO DELLA NARRAZIONE
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 TEMPO DELLA STORIA
Allora, A e B sono accordate con 1 e 2, C con 5, D con 4, E con 3, F con 10, G con 7, H con 6, I con 8, L con 9, M con 13, N con 11, O con 12.
O12 è la fuga di Angelica che avviene durante la battaglia N11 e prima della sconfitta dei cristiani M13.
Insomma, se si potessero legare i fili avremmo un vero e proprio intreccio temporale con un susseguirsi di ottave prolettiche e analettiche.
La struttura prolettica delle prime quattro ottave è tipica peraltro dei proemi, dove si riassume o anticipa il contenuto informativo che il racconto svolgerà gradualmente.
Ricorda ancora Genette: " È il racconto in prima persona che si presta meglio di ogni altro all'anticipazione, proprio per il fatto stesso del suo carattere retrospettivo dichiarato, tale da autorizzare il narratore a delle allusioni al futuro, in particolare alla sua presente situazione che fanno parte integrante del suo ruolo."
Per esempio, Il fu Mattia Pascal di Pirandello comincia a vicenda conclusa. Con questo artificio Pirandello sottolinea la distanza che separa il Tempo della Narrazione da quello della Storia. Avverte immediatamente il lettore che vi sarà questa discrepanza. La temporalità della storia è la rievocazione della vita del Fu Mattia Pascal, sin dal titolo.
Spero di esser stato minimamente chiaro. Ordine del Tempo, come differenza tra Tempo della Narrazione e Tempo della Storia. E differenza, pertanto, tra ORDINE e DURATA.
Se i concetti non sono chiari, Roberto, fammelo sapere e spero di non aver scritto troppi strafalcioni.
Allora, Roberto. Il tuo primo racconto, se non sbaglio, è una lunga scena. Il titolo però indica per primo un rallentamento e quindi mi è sfuggito qualcosa.
Allora la Scena è corretta con il dialogo in cui il Tempo della Storia e quello della Narrazione sono in equilibrio.
Nella seconda versioni introduci la figura dell'ellissi narrativa con quel si erano salutati tre anni prima.
Ora, secondo me questa non è un'ellissi narrativa, ma un semplice ricordo. Non c'è un salto temporale, o un'accelerazione, ma un rallentamento. Il ricordo, i pensieri, le riflessioni, le retrospezioni, tutto ciò che risulta alla stregua di un monologo interiore, è una pausa narrativa.
Una pausa, non un'ellissi narrativa. Sia nell'una che nell'altra il tempo della narrazione è comunque fermo, mentre il tempo della storia si muove velocemente.
Se tu, dopo quel Si erano salutati tre anni prima, avessi descritto quel che era accaduto, seppur brevemente, avremmo avuto una analessi. Il tempo della narrazione sarebbe andato avanti, ma quello della storia sarebbe tornato indietro.
In realtà l'esercizio numero cinque riguarda sì il tempo, ma l'ORDINE del tempo (quindi Fabula e Intreccio, Tempo della Storia e Tempo della Narrazione), non la sua DURATA. Il riferimento a prolessi e analessi non era casuale.
Scrive Genette: "Studiare l'ordine temporale di un racconto significa operare un confronto tra l'ordine di disposizione degli avvenimenti o segmenti temporali del discorso narrativo e l'ordine di successione che gli stessi avvenimenti o segmenti temporali hanno nella storia."
Faccio un esempio classico. Prendiamo L'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Il quale inizia con la celebre Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori.
Il narratore presenta subito, in un veloce sommario, l'antefatto boiardesco già alla quinta ottava.
Orlando, che gran tempo innamorato
fu de la bella Angelica, e per lei
in India e in Media, in Tartaria lasciato
avea infiniti et immortal trofei,
in Ponente con essa era tornato,
dove sotto in gran monti Pirenei
con la gente di Francia e de Lemagna
re Carlo era attendato alla campagna
E prosegue, per carità non farmelo scrivere tutto lo trovi ovunque in PDF. Leggi la sesta, la settima, l'ottava e la nona ottava del primo canto.
Quindi, Orlando, innamorato di Angelica (A), compie in Oriente mirabili imprese per lei (B), quindi decide di tornare in Francia (C) mentre re Carlo si accampa sotto i Pirenei (D), pronto ad affrontare i Mori ((E).
Allora, la sequenza C sembra prolettica rispetto a D mentre E è analettica rispetto a C e D. L'ultimo verso della Sesta ottava (F) indica una nuova sfasatura, perché il narratore non racconta i fatti in ordine cronologico.
E continua, per altre due ottave sino alla lettera O.
Dunque, se noi dovessimo invece considerare il tempo cronologico, il tempo della storia, e non quello della narrazione avremmo.
1) Orlando è innamorato da gran tempo di Angelica 2) compie mirabili imprese in Oriente 3) Marsilio e Agramante si preparano alla guerra invadendo terre cristiane 4) Carlo si accampa sotto i Pirenei 5) Orlando ritorna in Francia con Angelica e si unisce a Carlo 6) sorge una contesa tra Orlando e Rinaldo e così via sino al n.12
A B C D E F G H I L M N O TEMPO DELLA NARRAZIONE
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 TEMPO DELLA STORIA
Allora, A e B sono accordate con 1 e 2, C con 5, D con 4, E con 3, F con 10, G con 7, H con 6, I con 8, L con 9, M con 13, N con 11, O con 12.
O12 è la fuga di Angelica che avviene durante la battaglia N11 e prima della sconfitta dei cristiani M13.
Insomma, se si potessero legare i fili avremmo un vero e proprio intreccio temporale con un susseguirsi di ottave prolettiche e analettiche.
La struttura prolettica delle prime quattro ottave è tipica peraltro dei proemi, dove si riassume o anticipa il contenuto informativo che il racconto svolgerà gradualmente.
Ricorda ancora Genette: " È il racconto in prima persona che si presta meglio di ogni altro all'anticipazione, proprio per il fatto stesso del suo carattere retrospettivo dichiarato, tale da autorizzare il narratore a delle allusioni al futuro, in particolare alla sua presente situazione che fanno parte integrante del suo ruolo."
Per esempio, Il fu Mattia Pascal di Pirandello comincia a vicenda conclusa. Con questo artificio Pirandello sottolinea la distanza che separa il Tempo della Narrazione da quello della Storia. Avverte immediatamente il lettore che vi sarà questa discrepanza. La temporalità della storia è la rievocazione della vita del Fu Mattia Pascal, sin dal titolo.
Spero di esser stato minimamente chiaro. Ordine del Tempo, come differenza tra Tempo della Narrazione e Tempo della Storia. E differenza, pertanto, tra ORDINE e DURATA.
Se i concetti non sono chiari, Roberto, fammelo sapere e spero di non aver scritto troppi strafalcioni.
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Re: Esercizio numero cinque
Tutto chiaro. Rimodulati i due piccoli testi: il primo resta una scena, quindi neutra nel discorso diretto
Nella seconda inserita una prolessi, variata l'ellissi, mantenuta l'analessi.
Sì ho realizzato il concetto, il ricordo rallenta mentre l'ellissi accelera.
Vorrei con questa rapida correzione effettuata rassicurarti sulla comprensione del salto temporale. Rileggendo le due brevissime sequenze, se corrette, potremo essere soddisfatti entrambi. Altrimenti vuol dire che non ci sono arrivato.
Nella seconda inserita una prolessi, variata l'ellissi, mantenuta l'analessi.
Sì ho realizzato il concetto, il ricordo rallenta mentre l'ellissi accelera.
Vorrei con questa rapida correzione effettuata rassicurarti sulla comprensione del salto temporale. Rileggendo le due brevissime sequenze, se corrette, potremo essere soddisfatti entrambi. Altrimenti vuol dire che non ci sono arrivato.
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Re: Esercizio numero cinque
Ciao, Roberto. Felice di esserci intesi. Essere i signori del tempo non è facile. Allora, la prolessi la vedo, ed è corretta.Roberto ha scritto: ↑26/04/2023, 14:36 Tutto chiaro. Rimodulati i due piccoli testi: il primo resta una scena, quindi neutra nel discorso diretto
Nella seconda inserita una prolessi, variata l'ellissi, mantenuta l'analessi.
Sì ho realizzato il concetto, il ricordo rallenta mentre l'ellissi accelera.
Vorrei con questa rapida correzione effettuata rassicurarti sulla comprensione del salto temporale. Rileggendo le due brevissime sequenze, se corrette, potremo essere soddisfatti entrambi. Altrimenti vuol dire che non ci sono arrivato.
L'analessi finale c'è, ma mi pare introdotta in modo meno efficace rispetto alla prolessi: "Cercò di ricostruire mentalmente gli ultimi anni: l'Università, il master, poi l'offerta di lavoro all'estero. Dov'era finita la sua bambina? Fu sopraffatto dall'emozione e, approfittando di quell'attimo in cui Liliana era distratta, si asciugò rapidamente gli occhi con un fazzoletto."
Il cercò di ricostruire mentalmente gli ultimi anni funziona come uno stacco di montaggio cinematografico, che introduce un flashback, per cui dalla scena principale ci si ritrova in una secondaria nel passato. E va bene, ma il termine ricostruzione mentale mi riporta ancora al ricordo.
Sia ben chiaro, il ricordo è sempre analettico, retrospettivo, ma dura un istante.
L'analessi deve narrare qualcosa, qualche vicenda, qualche fatto illuminante per il proseguo della narrazione.
Io avrei scritto: Brancolò nel buio, e la vide, nel giorno della laurea, quando... e poi aggiungere qualche altro fatto, qualche avvenimento significativo da poter riportare nella sequenza presente a chiarimento della situazione presente. La funzione dell'analessi è quella di chiarire, quando non è invece adoperata per confondere il lettore, per cambiare le carte in tavola.
La prolessi è perfetta.
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Re: Esercizio numero cinque
Sì è vero, mentre la prolessi è un lanciare in avanti il racconto e quindi resta nei binari giusti, per l'analessi la commistione con il ricordo tende a sfumare il tutto.
Se lo scopo dell'esercizio era questo, cioè far comprendere come un flashback possa divenire snodo narrativo, per quanto mi riguarda ci siamo. Ma è davvero difficile impostare una analessi in tal modo. Ci provo qui:
-Ci fu un solo attimo nella gioventù di Trilli in cui era accaduto qualcosa di incomprensibile. Quando sottrasse, alla sua compagna delle elementari, un astuccio colorato...
Solo per esprimere il concetto, se ho indovinato.
Se lo scopo dell'esercizio era questo, cioè far comprendere come un flashback possa divenire snodo narrativo, per quanto mi riguarda ci siamo. Ma è davvero difficile impostare una analessi in tal modo. Ci provo qui:
-Ci fu un solo attimo nella gioventù di Trilli in cui era accaduto qualcosa di incomprensibile. Quando sottrasse, alla sua compagna delle elementari, un astuccio colorato...
Solo per esprimere il concetto, se ho indovinato.
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Re: Esercizio numero cinque
Hai indovinato, e hai adoperato l'espressione corretta: snodo narrativo. Questa me la segno. Scusa se ho insistito.Roberto ha scritto: ↑26/04/2023, 19:53 Sì è vero, mentre la prolessi è un lanciare in avanti il racconto e quindi resta nei binari giusti, per l'analessi la commistione con il ricordo tende a sfumare il tutto.
Se lo scopo dell'esercizio era questo, cioè far comprendere come un flashback possa divenire snodo narrativo, per quanto mi riguarda ci siamo. Ma è davvero difficile impostare una analessi in tal modo. Ci provo qui:
-Ci fu un solo attimo nella gioventù di Trilli in cui era accaduto qualcosa di incomprensibile. Quando sottrasse, alla sua compagna delle elementari, un astuccio colorato...
Solo per esprimere il concetto, se ho indovinato.
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Re: Esercizio numero cinque
Un identico racconto (o almeno il suo incipit) diviso in due.
La prima parte il tempo storico e quello della narrazione non coincidono.
Ho adoperato un'analessi.
Nel secondo i due tempi coincidono.
Nel primo c'è quindi un passaggio retrospettivo, non sappiamo il tempo presente quando sia, né perché l'autore abbia fatto questa scelta narrativa.
Nel secondo l'autore sceglie di far vedere al lettore il protagonista nel suo presente seguendolo passo passo alla scoperta di cosa accade.
Questa scelta non è neutra, ma serve a offrire al lettore uno scenario da vivere all'istante piuttosto che uno già vissuto, finito, concluso.
Erano passati anni da quando la Grande Bomba, così l’aveva sempre chiamata lui, era calata sulla Terra. Una mattina era tornato su, sfinito, dalle catacombe di Porta d’Ossuna e aveva trovato corso Alberto Amedeo deserto.
Il turno era stato lunghissimo, ma i lavori di restauro procedevano veloci e ipotizzava che entro un anno la sezione sarebbe stata ultimata.
La luce del sole, dopo tanto prolungato buio rischiarato dall’unica luce artificiale direzionata agli anfratti su cui stava lavorando, continuava a ferirlo agli occhi anche dopo interi minuti all’aperto. Aveva inforcato gli occhiali da sole, intontito per il sonno arretrato, continuando a camminare per il corso e guardandosi intorno: non un’auto né una bicicletta in movimento, montagne di mezzi parcheggiati ai lati della via, finestre per lo più chiuse, nemmeno i netturbini rompevano il silenzio con il loro sbatacchiare metallico di cassonetti.
Era già l’alba, ma quel silenzio mortifero e innaturale lo allarmava. Si diresse al bar più vicino, quello ad angolo colla via del Papireto: gli piaceva quell’assaggio dissonante della brioche calda unita alla granita gelida e cremosa dal sapore di mandorla o di gelsi rossi. La trovò chiusa e tornò a guardare l’ora. Strano, il vecchio Gaetano non teneva mai chiuso dopo le sette.
Si incamminò verso la piazza del Palazzo di Giustizia con un sospiro. Avrebbe fatto colazione a casa. Intorno a lui era il deserto, qua e là sbatacchiava qualche giornale lasciato sulle panchine e alcuni fogli già sfilavano capricciosi portati da refoli di vento. Nessun suono di clacson, nessuna sirena, il Tribunale pareva disabitato. Si chiese se per caso non fosse Natale oppure se non fosse scoppiata la Gran Bomba.
Quella mattina era tornato su, sfinito, dalle catacombe di Porta d’Ossuna, e aveva trovato corso Alberto Amedeo deserto.
Il turno era stato lunghissimo, ma i lavori di restauro procedevano veloci e ipotizzava che entro un anno la sezione sarebbe stata ultimata.
Era già l’alba, ma quel silenzio mortifero e innaturale lo allarmava. Si diresse al bar più vicino, quello ad angolo colla via del Papireto: gli piaceva quell’assaggio dissonante della brioche calda unita alla granita gelida e cremosa dal sapore di mandorla o di gelsi rossi. La trovò chiusa e tornò a guardare l’ora. Strano, il vecchio Gaetano non teneva mai chiuso dopo le sette.
Si incamminò verso la piazza del Palazzo di Giustizia con un sospiro. Avrebbe fatto colazione a casa. Intorno a lui era il deserto, qua e là sbatacchiava qualche giornale lasciato sulle panchine e alcuni fogli già sfilavano capricciosi portati da refoli di vento. Nessun suono di clacson, nessuna sirena, il Tribunale pareva disabitato. Si chiese se per caso non fosse Natale oppure se non fosse scoppiata la Gran Bomba.
La prima parte il tempo storico e quello della narrazione non coincidono.
Ho adoperato un'analessi.
Nel secondo i due tempi coincidono.
Nel primo c'è quindi un passaggio retrospettivo, non sappiamo il tempo presente quando sia, né perché l'autore abbia fatto questa scelta narrativa.
Nel secondo l'autore sceglie di far vedere al lettore il protagonista nel suo presente seguendolo passo passo alla scoperta di cosa accade.
Questa scelta non è neutra, ma serve a offrire al lettore uno scenario da vivere all'istante piuttosto che uno già vissuto, finito, concluso.
Erano passati anni da quando la Grande Bomba, così l’aveva sempre chiamata lui, era calata sulla Terra. Una mattina era tornato su, sfinito, dalle catacombe di Porta d’Ossuna e aveva trovato corso Alberto Amedeo deserto.
Il turno era stato lunghissimo, ma i lavori di restauro procedevano veloci e ipotizzava che entro un anno la sezione sarebbe stata ultimata.
La luce del sole, dopo tanto prolungato buio rischiarato dall’unica luce artificiale direzionata agli anfratti su cui stava lavorando, continuava a ferirlo agli occhi anche dopo interi minuti all’aperto. Aveva inforcato gli occhiali da sole, intontito per il sonno arretrato, continuando a camminare per il corso e guardandosi intorno: non un’auto né una bicicletta in movimento, montagne di mezzi parcheggiati ai lati della via, finestre per lo più chiuse, nemmeno i netturbini rompevano il silenzio con il loro sbatacchiare metallico di cassonetti.
Era già l’alba, ma quel silenzio mortifero e innaturale lo allarmava. Si diresse al bar più vicino, quello ad angolo colla via del Papireto: gli piaceva quell’assaggio dissonante della brioche calda unita alla granita gelida e cremosa dal sapore di mandorla o di gelsi rossi. La trovò chiusa e tornò a guardare l’ora. Strano, il vecchio Gaetano non teneva mai chiuso dopo le sette.
Si incamminò verso la piazza del Palazzo di Giustizia con un sospiro. Avrebbe fatto colazione a casa. Intorno a lui era il deserto, qua e là sbatacchiava qualche giornale lasciato sulle panchine e alcuni fogli già sfilavano capricciosi portati da refoli di vento. Nessun suono di clacson, nessuna sirena, il Tribunale pareva disabitato. Si chiese se per caso non fosse Natale oppure se non fosse scoppiata la Gran Bomba.
Quella mattina era tornato su, sfinito, dalle catacombe di Porta d’Ossuna, e aveva trovato corso Alberto Amedeo deserto.
Il turno era stato lunghissimo, ma i lavori di restauro procedevano veloci e ipotizzava che entro un anno la sezione sarebbe stata ultimata.
Era già l’alba, ma quel silenzio mortifero e innaturale lo allarmava. Si diresse al bar più vicino, quello ad angolo colla via del Papireto: gli piaceva quell’assaggio dissonante della brioche calda unita alla granita gelida e cremosa dal sapore di mandorla o di gelsi rossi. La trovò chiusa e tornò a guardare l’ora. Strano, il vecchio Gaetano non teneva mai chiuso dopo le sette.
Si incamminò verso la piazza del Palazzo di Giustizia con un sospiro. Avrebbe fatto colazione a casa. Intorno a lui era il deserto, qua e là sbatacchiava qualche giornale lasciato sulle panchine e alcuni fogli già sfilavano capricciosi portati da refoli di vento. Nessun suono di clacson, nessuna sirena, il Tribunale pareva disabitato. Si chiese se per caso non fosse Natale oppure se non fosse scoppiata la Gran Bomba.
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Re: Esercizio numero cinque
Buonasera, Gaetano, questa è il primo esercizio, ovvero tempo della storia e della narrazione coincidono (o almeno credo).
Per domani spero di riuscire a fare l'altro.
Grazie mille.
Quanto odio i lampeggianti blu…e pensare che da giovane mi piacevano.
- Roncato, finalmente siete arrivato!
La faccia gialla del Busi è più gradevole se illuminata di blu, soprattutto in casi come questo che è notte e non c’è un lampione acceso neanche a pagarlo.
- Sono arrivato venti minuti fa, Busi.
Spero si beva la bugia, lo vedo con la cosa dell’occhio mentre mi scruta con la sua faccia da cretino domandandosi come sia possibile che non mi abbia visto.
- Ho fatto il giro dell’isolato – continuo io evitando il suo sguardo – questa storia non mi piace.
Busi non risponde mentre io gli do le spalle facendo finta di cercare qualcosa in auto, finalmente rompe il silenzio dicendo:
- Ha notato qualcosa?
Mi volto e dico ostentando sicurezza:
- No, non dovrebbero esserci cose che non vanno nello spazio attiguo alla casa.
Busi mi ascolta, poi distoglie lo sguardo, so che non gli piace essere guardato dritto negli occhi.
- Ma guarda chi abbiamo qua!
Cerco di mantenere la mia espressione invariata fissando il vuoto, ci mancava solo quel deficiente di Natta.
- Roncato, credo che dopo molti anni di onorato servizio abbia ormai imparato che quando c’è un urgenza bisogna precipitarsi sul luogo dell’emergenza.
Quanto gli piacerà dire la parola “emergenza”? Eccolo lì, Federico Natta, mentre fa lo slalom fra le volanti per venirmi a fare l’ennesima parte di merda. Io lo saluto facendo un cenno con la testa, che lui ovviamente non ricambia.
- Roncato, ne abbiamo già parlato, vero?
Dopo aver ignorato il mio saluto si è piantato a meno di mezzo metro da me, puntando la sua faccia da cazzo su tutta la mia figura, sapendo benissimo che mi da fastidio quando la gente mi si avvicina troppo.
- Tenete Natta, stavo giusto dicendo a Busi che ho approfittato della presenza di tre volanti per fare un veloce sopralluogo intorno alla casa.
Natta trasalisce e poi lascia che l’aria esca piano dalle sue maledette narici facendo rumore, nella speranza che io ne sia intimidito. Vorrei solo spaccargli la faccia.
- Roncato,- dice Natta incrociando le braccia- lei non deve fare sopralluoghi, né lenti e nemmeno veloci senza che io la sappia. Dentro quella casa la situazione è critica, siamo in emergenza, cosa sarebbe successo se uno degli occupanti le avesse sparato.
- Tenente Natta, io il sopralluogo l’ho fatto a piedi lasciando l’auto lontana da qua. È per questo che sono arrivato tardi.
Forse sono riuscito a fregare sia Busi che Natta, quest’ultimo stringe la mascella credendo di essere un pit-bull.
- Bene, ha notato qualcosa? mi chiede liberando la mascella dalla posa da falso duro.
- No, tenente Natta. Non ci sono persone qua intorno. È un deserto.
Le mie parole fanno ridere Natta, forse mi trova buffo il coglione.
- Roncato, lo so benissimo che questo è un deserto – esclama Natta con tono fastidiosamente sarcastico – è per questo che lei doveva presentarsi qua sul posto invece di farsi una romantica passeggiata notturna, ed è sempre per questo che lei deve arrivare entro quindici minuti dalla chiamata di emergenza e non quasi quaranta minuti dopo.
- Perché questo posto è un deserto?
- No Roncato, perché questi sono i miei cazzo di ordini, e lei deve ubbidire.
Natta ha l’ultima parola, come sempre, io annuisco e sotto il suo sguardo rabbioso raggiungo Busi che nel frattempo sta parlando al telefono col questore riparato dietro ad una volante. Arrivo da Busi incespicando fra le tre volanti, in un deserto sono riusciti a creare del traffico.
- Roncato….
- Mi dica Busi…
I suoi occhi sono puntati sul terra-tetto dipinto di quello che alla luce degli abbaglianti sembra un avorio. Decido di imitare Busi fno a che il cervello non gli riparte. La casa è bella, un gioiellino nel nulla circondato da una siepe in alloro. Le luci blu illuminano anche un piccolo barbeque in muratura, probabilmente abusivo.
- Roncato…
Vorrei bestemmiare, ma mi hanno già richiamato per questo.
- Busi mi dica quello che ha da dire senza chiamarmi per nome!
Lo senti deglutisce.
- Pare che in quella casa ci abiti un certo Covoni, un elemento instabile. Ci potrebbero essere dei problemi…
- Certo che ci potrebbero essere dei problemi, Busi! – urla Natta che nel frattempo si era avvicinato- cosa crede che ci abbiamo mandati qua a vedere quanto è bella questa casa del cazzo?
Natta è come un gatto, né io né Busi lo abbiamo sentito arrivare.
- E’ stata la convivente di questo Covoni a chiamarci, noi andremo a suonare il campanello e chiederemo di parlare con questo soggetto, se non avremo risposte irromperemo, è un emergenza!
Busi annuisce io faccio lo stesso, gli altri agenti, tutti in divisa a differenza nostra, non annuiscono, hanno la faccia troppo tesa.
- Roncato, vada a suonare a Covoni e rimanga lì fino a che non le dico io cosa fare. Tenga il telefono in viva-voce così che possa sentire tutto.
- Come vuole, tenente Natta.
- Naturalmente ho già disposto e ordinato ad un collega di avvicinare l’auto al muro del citofono, se dovessero esserci dei problemi si riparerà dietro l’auto.
Vorrei tanto sapere se quel coglione di Natta ha prima ordinato o magari solo disposto una cazzata del genere, ma sarebbe fiato sprecato.
Per domani spero di riuscire a fare l'altro.
Grazie mille.
Quanto odio i lampeggianti blu…e pensare che da giovane mi piacevano.
- Roncato, finalmente siete arrivato!
La faccia gialla del Busi è più gradevole se illuminata di blu, soprattutto in casi come questo che è notte e non c’è un lampione acceso neanche a pagarlo.
- Sono arrivato venti minuti fa, Busi.
Spero si beva la bugia, lo vedo con la cosa dell’occhio mentre mi scruta con la sua faccia da cretino domandandosi come sia possibile che non mi abbia visto.
- Ho fatto il giro dell’isolato – continuo io evitando il suo sguardo – questa storia non mi piace.
Busi non risponde mentre io gli do le spalle facendo finta di cercare qualcosa in auto, finalmente rompe il silenzio dicendo:
- Ha notato qualcosa?
Mi volto e dico ostentando sicurezza:
- No, non dovrebbero esserci cose che non vanno nello spazio attiguo alla casa.
Busi mi ascolta, poi distoglie lo sguardo, so che non gli piace essere guardato dritto negli occhi.
- Ma guarda chi abbiamo qua!
Cerco di mantenere la mia espressione invariata fissando il vuoto, ci mancava solo quel deficiente di Natta.
- Roncato, credo che dopo molti anni di onorato servizio abbia ormai imparato che quando c’è un urgenza bisogna precipitarsi sul luogo dell’emergenza.
Quanto gli piacerà dire la parola “emergenza”? Eccolo lì, Federico Natta, mentre fa lo slalom fra le volanti per venirmi a fare l’ennesima parte di merda. Io lo saluto facendo un cenno con la testa, che lui ovviamente non ricambia.
- Roncato, ne abbiamo già parlato, vero?
Dopo aver ignorato il mio saluto si è piantato a meno di mezzo metro da me, puntando la sua faccia da cazzo su tutta la mia figura, sapendo benissimo che mi da fastidio quando la gente mi si avvicina troppo.
- Tenete Natta, stavo giusto dicendo a Busi che ho approfittato della presenza di tre volanti per fare un veloce sopralluogo intorno alla casa.
Natta trasalisce e poi lascia che l’aria esca piano dalle sue maledette narici facendo rumore, nella speranza che io ne sia intimidito. Vorrei solo spaccargli la faccia.
- Roncato,- dice Natta incrociando le braccia- lei non deve fare sopralluoghi, né lenti e nemmeno veloci senza che io la sappia. Dentro quella casa la situazione è critica, siamo in emergenza, cosa sarebbe successo se uno degli occupanti le avesse sparato.
- Tenente Natta, io il sopralluogo l’ho fatto a piedi lasciando l’auto lontana da qua. È per questo che sono arrivato tardi.
Forse sono riuscito a fregare sia Busi che Natta, quest’ultimo stringe la mascella credendo di essere un pit-bull.
- Bene, ha notato qualcosa? mi chiede liberando la mascella dalla posa da falso duro.
- No, tenente Natta. Non ci sono persone qua intorno. È un deserto.
Le mie parole fanno ridere Natta, forse mi trova buffo il coglione.
- Roncato, lo so benissimo che questo è un deserto – esclama Natta con tono fastidiosamente sarcastico – è per questo che lei doveva presentarsi qua sul posto invece di farsi una romantica passeggiata notturna, ed è sempre per questo che lei deve arrivare entro quindici minuti dalla chiamata di emergenza e non quasi quaranta minuti dopo.
- Perché questo posto è un deserto?
- No Roncato, perché questi sono i miei cazzo di ordini, e lei deve ubbidire.
Natta ha l’ultima parola, come sempre, io annuisco e sotto il suo sguardo rabbioso raggiungo Busi che nel frattempo sta parlando al telefono col questore riparato dietro ad una volante. Arrivo da Busi incespicando fra le tre volanti, in un deserto sono riusciti a creare del traffico.
- Roncato….
- Mi dica Busi…
I suoi occhi sono puntati sul terra-tetto dipinto di quello che alla luce degli abbaglianti sembra un avorio. Decido di imitare Busi fno a che il cervello non gli riparte. La casa è bella, un gioiellino nel nulla circondato da una siepe in alloro. Le luci blu illuminano anche un piccolo barbeque in muratura, probabilmente abusivo.
- Roncato…
Vorrei bestemmiare, ma mi hanno già richiamato per questo.
- Busi mi dica quello che ha da dire senza chiamarmi per nome!
Lo senti deglutisce.
- Pare che in quella casa ci abiti un certo Covoni, un elemento instabile. Ci potrebbero essere dei problemi…
- Certo che ci potrebbero essere dei problemi, Busi! – urla Natta che nel frattempo si era avvicinato- cosa crede che ci abbiamo mandati qua a vedere quanto è bella questa casa del cazzo?
Natta è come un gatto, né io né Busi lo abbiamo sentito arrivare.
- E’ stata la convivente di questo Covoni a chiamarci, noi andremo a suonare il campanello e chiederemo di parlare con questo soggetto, se non avremo risposte irromperemo, è un emergenza!
Busi annuisce io faccio lo stesso, gli altri agenti, tutti in divisa a differenza nostra, non annuiscono, hanno la faccia troppo tesa.
- Roncato, vada a suonare a Covoni e rimanga lì fino a che non le dico io cosa fare. Tenga il telefono in viva-voce così che possa sentire tutto.
- Come vuole, tenente Natta.
- Naturalmente ho già disposto e ordinato ad un collega di avvicinare l’auto al muro del citofono, se dovessero esserci dei problemi si riparerà dietro l’auto.
Vorrei tanto sapere se quel coglione di Natta ha prima ordinato o magari solo disposto una cazzata del genere, ma sarebbe fiato sprecato.