La moderna narratologia, sempre molto diversificata e a volte (spesso) divergente, su di un punto sembra essere sempre concorde: “nel considerare il testo narrativo come un messaggio sotteso e organizzato da uno o più codici (l’insieme dei segni adoperati per comunicare e conosciuti e compresi sia dal mittente che dal destinatario del messaggio. Per cui comporre un testo è un’opera di codificazione e leggerlo, comprenderlo, interpretarlo un’operazione di decodificazione), trasmesso mediante un canale (il mezzo fisico adoperato per la trasmissione del messaggio) in un dato contesto (il quadro d’insieme delle informazioni e delle conoscenze comuni sia al mittente che al destinatario) da un emittente a un destinatario” (R.Jakobson, A.Marchese).
Nella comunicazione letteraria, gli elementi presenti in una situazione comunicativa, descritti da Jakobson, si possono definire secondo il seguente schema:
MITTENTE DESTINATARIO
Autore Pubblico
MESSAGGIO
Testo od Opera
CODICE
Linguaggio e Retorica
CANALE
Libro cartaceo o digitale
CONTESTO
Contesto culturale presente
Si può quindi sempre affermare che l’autore (mittente) scrive un’opera (messaggio) rivolta ad un determinato pubblico (destinatario), utilizzando un insieme di risorse linguistiche e retoriche (codice), a seconda del genere letterario cui fa riferimento, e inserendosi in un determinato contesto culturale e in una certa tradizione letteraria.
Rispetto alla comunicazione non letteraria, quella letteraria presenta delle peculiarità:
– il pubblico/destinatario non può interpellare l’autore-mittente per chiedere spiegazioni in merito al senso del messaggio: può solo interrogare il testo;
– il codice lingua usato dall’autore-mittente può essere poco chiaro al lettore e ciò può provocare difficoltà nella comprensione;
– il contesto in cui l’opera è stata prodotta è quasi sempre diverso dal contesto di riferimento del lettore: ciò può ostacolare la comprensione.
Dunque si possono identificare, in ogni testo narrativo, una comunicazione intratestuale (interna al testo scritto, che riguarda i rapporti sorti all’interno del testo scritto) e una extratestuale (che riguarda i rapporti solo mediati dal testo scritto e al di fuori di esso); un Autore Reale (lo scrittore) e un Lettore Reale, uniti dal testo scritto/letto: persona fisicamente esistente o esistita e con la sua biografia nel primo caso, la persona che materialmente legge il testo nell’altro caso.
Ma anche un Autore Implicito e un Lettore Implicito: il primo è l’autore come compare e interviene nella narrazione, le cui idee e orientamenti possono benissimo non corrispondere con quelle dell’autore reale. All’interno della finzione narrativa l’autore implicito è l’immagine dell’autore consegnata all’opera, ossia l’idea dell’autore che il lettore desume dalle informazioni presenti nel testo.
Come sottolinea Seymour Chatman (autore di Storia e Discorso... più avanti citato), «l’autore viene detto “implicito” perché è ricostruito dal lettore per mezzo della narrazione. Non è il narratore, ma piuttosto il principio che ha inventato il narratore insieme a tutto il resto della narrazione, che ha sistemato le carte in un certo modo, ha fatto succedere queste cose a questi personaggi, in queste parole o in queste immagini.»
Il corrispettivo dell’autore implicito è il lettore implicito, cioè l’idea che l’autore reale si crea circa i potenziali lettori, o l’ipotetica tipologia di lettori, della sua opera, sulla base delle scelte stilistiche e/o contenutistiche da lui messe in atto. O anche il lettore implicito può essere il lettore a cui si rivolge il narratore o l’autore implicito nel corso della narrazione.
E ancora in un testo narrativo si trovano il Narratore (o voce narrante) e il Narratario (o destinatario interno), uniti pure essi dalla narrazione.
Insomma, il racconto non solo è narrato, esposto, da qualcuno, ma si rivolge anche sempre a qualcun altro: a quello straordinario personaggio che è il narratore (colui che espone la storia) corrisponde, come istanza di ricezione interna, il narratario. Il quale alle volte è un vero e proprio personaggio intradiegetico, come nel Decameron boccaccesco, dove i dieci narratori sono anche i dieci narratari, coloro a cui la narrazione è rivolta.
Secondo Gerald Prince, invece, occorre distinguere tra un Lettore Reale (o empirico), in quanto soggetto che nella realtà legge il testo e quindi storicamente ed empiricamente variabile, e un Lettore Virtuale (o medio tipico) ipotizzato dall’Autore secondo determinate attese, categorie, ecc. E un Lettore Ideale (o modello) come ipostasi della perfetta comprensione del testo nella complessità del suo messaggio. Queste figure esisterebbero a livello di rapporti extratestuali. Mentre a livello intratestuale è possibile scorgere un Autore implicito e un Lettore implicito.
Da tale breve descrizione se ne evince che un testo letterario ha sempre più livelli di decifrazione, di decodifica.
Quello aperto e potenzialmente indefinito e infinito è quello del Lettore Reale o Empirico. Il quale varia da soggetto a soggetto, da contesto a contesto, da epoca a epoca. Un altro, più sublimato, in cui autore e lettore ideale sono due ruoli di competenza del codice di produzione e decifrazione dell’opera.
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