L’Expo 2015 non deve essere una passarella delle multinazionali
L’Expo é un’Esposizione Universale di natura non commerciale (dunque non è una fiera), organizzata dalla nazione che ha vinto una gara di candidatura e prevede la partecipazione di altre nazioni invitate tramite canali diplomatici dal Paese ospitante.
La prima Esposizione Universale è stata quella di Londra nel 1851 e il suo successo ha spinto altre nazioni a organizzare iniziative della stessa natura, come quella di Parigi del 1889, ricordata per la Tour Eiffel. Ogni Esposizione Universale è dedicata a un tema di interesse universale.
L’Esposizione Universale si realizza in un sito appositamente attrezzato ed è un’occasione di incontro e condivisione che promuove un’esperienza unica dei partecipanti e visitatori attraverso la conoscenza e la sperimentazione innovativa del tema.
Il ruolo di un’Esposizione Universale più che esporre le maggiori novità tecnologiche è orientato all’interpretazione delle sfide collettive cui l’umanità è chiamata a rispondere.
Expo Milano 2015 è l’Esposizione Universale che l’Italia ospiterà dal primo maggio al 31 ottobre 2015 in materia di alimentazione e di nutrizione.
Per sei mesi Milano diventerà una vetrina mondiale in cui i Paesi mostreranno il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta a un’esigenza vitale: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri.
Expo Milano 2015 sarà la piattaforma di un confronto di idee e soluzioni condivise sul tema dell’alimentazione, stimolerà la creatività dei Paesi e promuoverà le innovazioni per un futuro sostenibile offrendo, inoltre, a tutti la possibilità di conoscere e assaggiare i migliori piatti del mondo e scoprire le eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica di ogni Paese.
Per la durata della manifestazione, la città di Milano e il Sito Espositivo saranno animati da eventi artistici e musicali, convegni, spettacoli, laboratori creativi e mostre.
Ritengo che Expo avrà comunque un senso solo se parteciperà chi s’impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola.
Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per vicende di cor¬ru¬zione e di cementificazione del territorio.
“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”, recita il logo di Expo.
Ma Expo è diventata una delle tante vetrine per nutrire le multinazionali, non certo il pianeta.
Come si può pensare infatti di garantire cibo e acqua a sette miliardi di persone affidandosi a coloro che del cibo e dell’acqua hanno fatto la ragione del loro profitto senza prestare la minima attenzione ai bisogni primari di milioni di persone ?
Expo si presenta come la passerella delle multinazionali agroalimentari, proprio quelle che detengono il controllo dell’alimentazione di tutto il mondo, che producono quel cibo globalizzato o spazzatura, che determina, nello stesso tempo, un miliardo di affamati e un miliardo di obesi.
Due facce dello stesso problema che abitano questo nostro tempo: la povertà, in aumento non solo nel Sud del mondo ma anche nelle nostre periferie sempre più degradate.
Expo non parla di tutto ciò.
Non parla di diritto all’acqua potabile e di acqua per l’agricoltura familiare.
Non parla di diritto alla terra e all’autodeterminazione a coltivarla.
Non si rivolge e non coinvolge i poveri delle megalopoli di tutto il mondo, non si interroga su cosa mangiano, non parla ai contadini privati della terra e dell’acqua, scacciati attraverso il land e water grabbing, (la cessione di grandi estensioni di terreno e di risorse idriche a un paese straniero o a una multinazionale), espulsi dalle grandi dighe, dallo sviluppo dell’industria estrattiva ed energetica, dalla perdita di sovranità sui semi per via degli Ogm e costretti quindi a diventare profughi e migranti.
E non cambia certo la situazione qualche invito a singoli personaggi della cultura provenienti da ogni angolo della terra e impegnati nella lotta per la giustizia sociale.
Al massimo serve per creare qualche diversivo.
In Expo a fianco della passerella delle multinazionali si dispiega la passerella del cibo di eccellenza.
Expo parla solo alle fasce di popolazione ricca dell’occidente e que¬sto ne fa oggettivamente la vetrina dell’ingiustizia alimentare del mondo, nella quale la povertà si misurerà nel cibo: in quello spazzatura per le grandi masse e in quello delle eccedenze e degli scarti per i poveri.
Per questo motivo ritengo che le autorità politiche che stanno organizzando Expo dovrebbero porre al centro la sovranità alimentare e il diritto alla terra negati dallo strapotere e dal controllo delle multinazionali, in particolare quelle dei semi.
Inoltre, sarebbe opportuno che l’Expo si pronunciasse contro gli Ogm, che sono il paradigma di questa espropriazione della sovranità dei contadini e dei cittadini, il perno di un modello globalizzato di agricoltura e di produzione di cibo che inquina con i diserbanti, consuma energia da petrolio, è idrovoro e contribuisce al 50% del riscaldamento climatico.
L’Expo dovrebbe anche affermare il diritto all’acqua potabile per tutti attraverso l’approvazione di un Protocollo Mondiale dell’acqua, con il quale si concretizzi il diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari sancito dalla risoluzione dell’Onu del 2011.
Per di più l’Expo dovrebbe rimetere in discussione gli accordi di partnership tra Expo e le grandi multinazionali, che, lungi dal rappresentare una soluzione, costituiscono una delle ragioni che impediscono la piena realizzazione del diritto al cibo e all’acqua.
In più sarebbe giusto controllare il destino delle aree di Expo non lasciandole unicamente in mano alla speculazione e agli appetiti della criminalità organizzata e che, su quei terreni, venga indicata una sede per un’istituzione internazionale finalizzata a tutelare l’acqua, potrebbe essere l’Authority mondiale per l’acqua, e il cibo come beni comuni a disposizione di tutta l’umanità.
Una sede dove i movimenti sociali, le reti mondiali dell’acqua, le organizzazioni popolari e i governi locali e nazionali discutano la politica per la vita. Una sede nella quale la Food Policy diventi anche Water Policy, dove si discuta la costituzione di una rete di città che assu¬mano una Carta dell’acqua e del Cibo, nella quale si inizi a concretizzare localmente la sovranità alimentare, il diritto all’acqua, la sua natura pubblica, la non chiusura dei rubinetti a chi non è in grado di pagare, la costituzione di un fondo per la cooperazione internazionale verso coloro che non hanno accesso all’acqua potabile nel mondo.
Una sede nella quale alle istituzioni e ai movimenti sociali, venga restituita la sovranità sulle scelte essenziali che riguardano il futuro dell’umanità.
“La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone” affermava Gan¬hi.
E que¬sta verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)
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Re: L’Expo 2015 non deve essere una passarella delle multina
Ritengo che Expo avrà comunque un senso solo se parteciperà chi s’impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola.