L’amore graffia il mondo

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Mario Pulimanti
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L’amore graffia il mondo

Messaggio da Mario Pulimanti »

:binkybaby: C’è silenzio.
Poi, con un grugnito, il Bau Bau si sposta.
Non cerco di alzarmi, non mi interessa più.
Resto steso di schiena con il braccio penzolante, floscio, lungo il fianco e le dita sul pavimento e lascio vagare lo sguardo sul soffitto.
Lassù vedo città e montagne.
Vedo stelle e nubi.
Levito, volo e nient’altro conta.
Non conta che da qualche parte, nell’angolo della stanza, il Bau Bau stia inserendo la spina dell’apparecchio nella parete.
Non conta quando sento il rumore della sega elettrica.
Tutto ciò che conta è continuare a volare, sicuro di poter raggiungere le stelle.
Over the rainbow.
Esco sul balcone, facendo finta di stare attento a non calpestare le formiche, perché Gabriele, di nuovo single, mi sta guardando.
Sì, è vero: l’amore graffia il mondo.
Mi stanno sul cazzo le formiche.
Rientro a casa, sudato.
Vado in cucina.
Mi siedo a riflettere davanti a un bicchiere d’acqua.
Prendo del ghiaccio per raffreddarla, altrimenti mi sembrerebbe tiepida come urina di cane.
Pochi passi e sono nell’altra stanza.
Sul tavolo c’è una rivista di Alessandro, “Storia Illustrata”.
La sfoglio, distrattamente.
Cavolo, la storia del Minotauro, del labirinto e del filo di Arianna.
Secondo il mito, il Minotauro venne concepito da Pasifae, moglie di Minosse re di Creta, che per accoppiarsi con il toro di cui si era invaghita entrò nel simulacro di una vacca, costruito appositamente per lei dall’architetto Dedalo.
Rinchiuso nella camera segreta di un impenetrabile labirinto, il frutto di quella unione bestiale -un mostro dal corpo umano sormontato da una testa di toro- pretendeva ogni nove anni in sacrificio sette fanciulli e sette fanciulle greci.
A ucciderlo fu infine Teseo, che uscì indenne dal labirinto grazie al filo di cui lo aveva provvisto Arianna, la figlia del re che dell’eroe si era perdutamente innamorata.
Già, l’amore!
Bella storia!
Sì, è vero: l’amore graffia il mondo.
Gli attori ci sono tutti, penso.
La commedia può cominciare.
Sto prendendo coscienza della vulnerabilità e della fragilità dell’essere umano al cospetto di una natura rigogliosa e brulicante di insidie.
Sottili stupori.
Normalmente sono risoluto a vedere il bicchiere mezzo pieno anche quando altri lo avrebbero trovato quasi vuoto.
A volte, però, il Fato capriccioso si diverte a far cadere sull’ottimismo la mannaia pesante di un colpo inatteso.
Soprattutto se c’è qualcuno che mi trama contro alle spalle.
Maledetto lestofante! grido furioso.
Puah, niente attenuanti.
Stavolta ti spello.
Ti metto in croce.
Ti inchiodo al remo.
Ti faccio a fette.
Ti affondo nelle miniere di sale.
Ti getto in pasto ai coccodrilli.
Ti lapido.
Proprio così!
Poi esco di casa e mi avvio tutto triste sulla spiaggia, lasciandomi inghiottire dal mare.
A me il vento, piace.
Mi fermo, ricevendo in viso le prime raffiche.
Guardo il cielo.
Più alto del mare.
Dopodiché sembra che tutto si oscuri.
Abbasso la testa, contrito.
Riprendo a camminare in silenzio.
Immergendomi nel profumo del vento arrivo all’albero degli impiccati.
Intorno a me, indolenti nuvole grigie sembrano galleggiare nell’aria, sospinte dal vento umido, leggero.
Quasi a volermi salutare, una grande quercia regala al vento una manciata di foglie multicolori, che scivolano a lungo mollemente, dietro a me, sul lastricato.
“No, Mario” mi dice il vento. “No, ascolta: non puoi cambiare la realtà”.
Sorrido: “Non temere, vento. Non ci sono problemi. Come vedi, non devi preoccuparti di nulla”.
Sono stanco di vivere nell’incertezza.
Decido saggiamente che è preferibile rallentare il passo, piuttosto che importunare chi mi condanna.
Esito un momento, lancio le ultime grida di sfida, spingo la mia rabbia.
E abbandono la via dei boschi.
Detesto caldamente le polemiche.
Evito di fornire troppe spiegazioni.
Senza ostilità, me ne vado.
Nella luce fioca diffusa dal mare.
Dimenticando ogni cosa.
Lentamente.
Sì, è vero: l’amore graffia il mondo.
Incontro un amico.
Lorenzo.
Mi invita a casa sua.
Davanti ad un Damoiseau Rhum invecchiato 15 anni inizia a parlare.
Di Nicole.
La donna con cui stava ricominciando a vivere dopo che Luna se ne era andata via.
A Melbourne.
Australia.
Con Jacopo.
Dannazione!
Nicole.
La donna che un incidente gli aveva portato via insieme al suo sorriso, la sua dolcezza, la sua forza d’animo.
La sua morte lo aveva privato di una tranquillità che sentiva riaffiorare, di quel tepore che trasmetteva il sentirsi amati.
Di un parte di umanità.
Ora c’è Desirée.
Ma le cose tra loro non vanno come vorrebbe.
Ci sono troppi ostacoli legati al passato, troppe sofferenze con cui confrontarsi.
Troppi ricordi.
Gli stessi che, ogni anno, lo fanno tornare a Collevecchio, in quel cimitero per alimentare una nostalgia a cui è impossibile sottrarsi.
Un lamento interiore che sibila come vento attraverso le imposte.
Un sussurro lontano, proveniente dagli abissi della solitudine.
E del vuoto.
Nicole.
Tu ormai così lontana.
Giochi con le stelle.
Fai capriole sulle nuvole.
Non conosci più l'amaro sapore dell'inverno.
Mmmhhh…Woody Allen dice: “La vita si divide in orrori e miserie.”
Mah!
Nicole.
Mi dice che penserà a lei, quando deciderà di spararsi un colpo in testa con una Glock 30.
Nel frattempo Desirée è entrata in casa e, prendendogli la mano, si è immersa nei nostri discorsi.
Stravede per Lorenzo e vorrebbe che lui non pensasse più a Nicole.
Cominciano a discutere di questo.
Capisco che sono di troppo.
Esco.
Ave atque vale: ciao e statemi bene!
Intanto Lorenzo si libera dalla mano di Desirée, provando a sfuggire da quella discussione.
Una donna una volta gli aveva detto che era questo il mio modo di affrontare le questioni più importanti.
Girarci intorno.
Fingere che non esistano, nell’attesa che spariscano: ma ci sono argomenti che non sembrano prestarsi.
Desirée lo tira su in piedi con dolcezza.
La lascia fare mentre pensa se Desirée sia stata la scelta giusta?
Del resto la loro vita insieme sembra appesa ad un filo sottilissimo.
Si domanda anche se prima aveva sbagliato con Luna, da costringerla a tradirlo.
Dove aveva sbagliato?
E, mentre queste domande gli martellano la mente come se nel suo cervello si sia installato un interlocutore che non si lasci zittire, Desirée lo conduce in camera da letto, chiude le tende e mette il suo mondo in pausa. Non fanno sesso.
Fanno l’amore.
Per la prima volta.
Quando finiscono, pensa che le lacrime siano sue.
Fino a che non capisce che sono quelle di Desirée.
Sì, è vero: l’amore graffia il mondo.
Frattanto io passeggio.
Sul lungomare.
E grido.
Grido senza sentire la mia voce.
Schegge di consapevolezza mi lacerano dall’interno, graffiando il torpore stagnante della mia mente.
Sono in trappola.
Completamente in trappola.
E non so come uscirne.
Mi sento come un pesce nella rete di un pescatore esperto che non ha fretta di agguantare la preda.
Sì, sono in trappola.
Più di quanto lo sia mai stato in vita mia.
Sento i pensieri rimbombarmi in testa, tutt’intorno, trasportati da una strana eco che non riesco a riconoscere.
Il nulla mi circonda o è dentro di me?
Un alito di vento mi accarezza il viso, leggero come un sussurro.
Sta accadendo qualcosa…
Un angelo.
Simbolo di libertà.
Lo vedo avanzare come in un sogno.
Bianco, candido, puro.
Talmente splendente da riflettere i raggi del sole.
I suoi movimenti aggraziati non tradiscono la minima incertezza.
Per un attimo vorrei essere come lui.
Ora che lo vedo così da vicino, é più bello di quanto vorrei.
Il suo sguardo è troppo dolce e profondo per non fare male.
Mi lascia senza fiato.
“Era un pò di tempo che ti stavo aspettando” sembra dirmi.
“Dove sei stato tutto questo tempo?”
Taccio.
Non ho parole per rispondere alla sua domanda. Ma solo un semplice gesto.
Una carezza.
Un gesto che suona come un: “Lo so…mi dispiace averti fatto attendere così a lungo…”
O che forse, non ha altri significati oltre a quello della sua estrema naturalezza.
Il luogo non ha nessuna importanza…non l’ha mai avuta.
Finalmente me ne rendo conto.
Lascio che i pensieri dell’angelo apparso di fronte a me crescano, saturino l’aria.
Li trovo bellissimi.
Armoniosi come uno spartito di note invisibili.
E non posso fare altro che ascoltare.
Quando l’essenza delle cose riesce a sfiorarti, é sufficiente lasciarsi prendere
per mano senza voltarsi indietro.
Senza tormentarsi sulla causalità di un incontro.
O di un addio.
Ora ho le chiavi per abbandonarmi alla carezza del vento.
Oltre l’orizzonte.
E non posso smettere di sorridere.
Sì, è vero: l’amore graffia il mondo.


Mario Pulimanti
(Lido di Ostia-Roma)
Allegati
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