Gli integralisti del politicamente corretto

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Mario Pulimanti
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Gli integralisti del politicamente corretto

Messaggio da Mario Pulimanti »

Gli integralisti del politicamente corretto

Non mi interessa essere politicamente corretto.
A costo di apparire un po' bacchettone e moralista, dico che non sono d'accordo.
La tolleranza è una grande virtù, da esercitare e coltivare.
Ma è come il vino: se si esagera, poi fa male.
E si trasforma in indifferenza.
Detesto, infatti, la tirannia del politicamente corretto che negli ultimi anni si è impossessata della cultura occidentale.
Disprezzo, appunto, che qualcuno dall’alto stabilisca cosa in un determinato frangente storico sia da ritenersi giusto e cosa sbagliato, e sfruttando la cassa di risonanza della cultura di massa induca le persone ad aderire ad una serie di dogmi laici spacciati per imperativi etici, quando in realtà sono solo strumenti al soldo di una strategia socio-politica.
Sia chiaro: non voglio criticare il politicamente corretto in sé, anzi ne apprezzo alcuni risultati passati (tipo la diffusione del termine “disabile” al posto del brutale “minorato”).
Ne critico, però, le esasperazioni che mi sembrano usare gli stessi metodi delle dittature.
In realtà mi offende, il fatto che si debba essere più accondiscendenti e tolleranti, anche di fronte a certe situazioni discutibili.
Trovo ridicolo del resto il presunto bisogno di dover tutelare l’altro, anche quando non esiste alcunché da tutelare.
Elogiare, ad esempio, il pomodoro padano non equivale ad un’accusa alla qualità di quello campano, parlare bene della famiglia tradizionale non dovrebbe risultare come un’offesa per il diverso, sgridare giovanissimi zingarelle urlanti colte in flagranza di borseggio nei confronti di una povera vecchietta nella metro cittadina non è un atteggiamento nazista.
E’ inoltre eccessivo imporre che tutto sia politicamente corretto: dai comportamenti sessuali ai gusti letterari, al modo di parlare, di vestirsi, di scrivere.
Questi integralisti del politicamente corretto ci obbligano a pensare che ci sia un solo modo giusto di fare le cose, essendo insofferenti nei confronti di tutto ciò che ha una qualità, e per questo motivo stesso si distinguono, operando una discriminazione verso tutto il circostante.
E’ interessante notare come agli esponenti di spicco dell’informazione, della cultura e della politica italiana tenda infatti a sfuggire il concetto che la stabilità di governo, feticcio della correttezza politica in ambito economico e amministrativo, non sia un pregio di cui una democrazia possa andar fiera, specie se ottenuta mediante appositi congegni elettorali introdotti da personaggi non eletti dal popolo.
La stabilità politica istituzionalizzata è roba da dittature e monarchie assolute, non da democrazie.
La correttezza politica è l’opposto di ciò che finge di essere; sembra uno strumento di democrazia, mentre invece é è un’arma repressiva, essendo chiaramente pericolosa la loro presunta correttezza politica, che non è altro invece che un giochetto opportunistico ad esclusivo appannaggio di chi manovrando la cultura di massa vuol mantenerci divisi e farci credere che la sua soluzione sia anche l’unica soluzione, imponendoci -loro malgrado- la dittatura di idee ed atteggiamenti.
Tanto è vero che gli amanti del politicamente corretto sono convinti di avere la verità in tasca e non si rendono conto di essere invece diventati strumenti politici nelle mani di una tirannia occulta.
Anche la più scalcinata democrazia non può prescindere da una sana e vitale instabilità, dalla eterogeneità, dalla dialettica, altrimenti si ha a che fare con un totalitarismo, sia esso indotto con la forza o con la propaganda.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)
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