Sono un romano non europeizzato

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Mario Pulimanti
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Sono un romano non europeizzato

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:boxing: Sono un romano non europeizzato

Sono ormai quattordici anni che in Italia possediamo l’euro.
La moneta unica europea ci ha fatto entrare, in questo modo, pienamente in Europa. Tuttavia, l’entrata dell’Italia in Europa ha significato anche l’entrata di Roma in Europa.
E quindi di noi romani.
Ma, mentre il resto dell’Italia si sta progressivamente europeizzando, non mi sembra che lo stesso stia capitando qui da noi, “nell’urbe eterna”.
Tanto è vero che, contrariamente ai padani i quali sono ben felice di sentirsi mitteleuropei, o ai piemontesi i quali sognano di fare un po’ i francesi, o agli snob fiorentini che vorrebbero tanto chiamare le loro colline Chiantistiche, a noi romani, invece, di diventare inglesi, o francesi, o tedeschi, o per lo meno spagnoli non ci interessa per niente.
Ci sentiamo romani, e basta.
Quindi, superiori agli altri. Ed io, nativo dello storico rione del Testaccio con discendenze trasteverine, cresciuto nel quartiere “giardino” della Garbatella e da 30 anni residente ad Ostia “il mare di Roma” (quindi, profondamente romano e ben lieto di esserlo) posso affermare che noi romani, da più di duemila anni, a torto o a ragione, ci sentiamo superiori a tutti.
Del resto, come diceva il marchese Onofrio del Grillo, duca di Bracciano, “Che ci volete fare: io so io, e voi non siete un ca**o!”.
E’ un atteggiamento che fa parte della nostra storia, del nostro carattere e del nostro modo fanfarone, ma sincero, di affrontare la vita.
Ce lo vedete un romano fare la fila alla posta di Testaccio come Mr. Jones al post office di Kensington?
Ce lo vedete un romano parcheggiare la sua automobile come un danese a Copenaghen?
O ridere delle insipide barzellette fiamminghe?
E quando va in spiaggia vestirsi come quei tedeschi con sandali e calzini che incontri non solo sul lungomare di Ostia, ma anche, con lo stesso look, nel centro di Roma?
No, non è bastato certamente l’euro a convincerci che un wurstel vale una coscia d’abbacchio né che la pancetta con le uova fritte sia più saporita dei rigatoni con la pajata o della coda alla vaccinara che cucinava mia nonna Jole. E, fortunatamente, allo stesso modo la pensano anche i miei figli Gabriele e Alessandro e tanti loro amici.
Il romano è un osso duro per l’Europa.
Prima di piegarci ad un nuovo modo di vivere e di pensare passeranno molti anni, forse diverse generazioni.
E, probabilmente non ci riusciranno mai!
Del resto sono un cittadino romano, erede della grande tradizione intellettuale keynesiana che da James Meade, a Kaldor, a Godley denunciò i pericoli delle unificazioni monetarie, consapevole della necessità di preservare la flessibilità dei cambi, oltre che del controllo dei movimenti di capitale, per assicurare la possibilità nazionale di politiche di piena occupazione.
Ricerca economica di prima qualità ha recentemente ribadito l’incompatibilità di rigidi sistemi di cambio fissi con la piena occupazione, la democrazia e persino la stabilità finanziaria.
Sarebbe un sogno se i nostri governanti finissero una buona volta col considerare l’europeismo come la propria linea del Piave, perché così facendo continuerebbero a non fare gli interessi del paese ma quelli della Merkel. Vabbè, l’avete capito: mi sento romano, e basta.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)
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