La disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia

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Mario Pulimanti
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La disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia

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La disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia


Sono padre di due figli, Gabriele di 26 anni laureato in legge che si sta preparando al concorso per notaio ed il diciottenne Alessandro neo diplomato, che si sta iscrivendo alla facoltà di medicina.

Speriamo bene.

Cioè, speriamo che riescano a trovare un buon lavoro.

Anche perché la disoccupazione giovanile, è il vero incubo dell’Italia, come dice giustamente il Presidente del Consiglio Enrico Letta.

Infatti laurearsi non basta più per lavorare tanto che i dati Istat parlano di disoccupazione giovanile al 40%, in particolare il tasso di disoccupati laureati non è mai stato così alto.

Colpa della crisi, certo, che ha ridotto risorse e opportunità di occupazione.
In ogni caso essere laureati è ancora un vantaggio per trovare un impiego.
Tuttavia, anche per loro le difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro stanno crescendo, per una serie di ragioni che precedono di molti anni l'arrivo della crisi economica.
Innanzitutto, c'è stata negli ultimi anni una riduzione delle assunzioni nella pubblica amministrazione, che tradizionalmente ha sempre assorbito quasi un quarto degli ex-universitari in cerca di lavoro.
Inoltre, va evidenziato che in Italia c'è una forte presenza di aziende a piccola e media dimensione, che preferiscono non assumere i laureati, ma indirizzarsi su candidati con un grado di istruzione inferiore e più orientato alla formazione professionale.
Infine, non va dimenticato che non tutti i laureati hanno le stesse carte da giocarsi sul mercato del lavoro: alcuni profili, come gli informatici e gli ingegneri o i diplomati in facoltà scientifiche, sono ancora abbastanza ricercati dalle aziende mentre altri candidati, come i dottori in discipline umanistiche e sociali, faticano molto di più a trovare un impiego.
Per esempio, secondo i dati Istat oltre il 30% dei laureati in conservazione dei beni culturali è ancora disoccupato dopo un anno dalla conclusione degli studi, contro meno del 10% che si registra tra gli ingegneri o i dottori in chimica industriale.
Cresce ancora la disoccupazione, crolla ai minimi lo stipendio di chi riesce a trovare un impiego.
E lavorano senza contratto quasi il 13 per cento tra quelli che escono da medicina, architettura, giurisprudenza, chimica, farmacia.
Laureati disoccupati semplicemente perché sono figli di nessuno, di nessun professionista.
Chi lavora lo fa spesso perché lavora nello studio del padre avvocato o notaio.
Per fortuna c’è ancora chi riesce ad aprirsi la strada, al di là delle parentele.
Ma è una piccola minoranza
Comunque un messaggio sbagliato che alcuni traggono da questi dati è che “la laurea non serve”.
Nessun paese al mondo ha avuto una regressione economica così continua da cinquant´anni come l´Italia, conseguenza di una regressione culturale.
In questi anni, mentre molti paesi adattavano le strutture formative, di ricerca e produttive alle esigenze della società della conoscenza, l´Italia restava ferma, meno risorse a ricerca ed istruzione, diseguaglianze crescenti nella distribuzione di redditi e ricchezze, abbandono del Mezzogiorno, invecchiamento della popolazione.
In questa Italia ferma e vecchia, non servono né i laureati e neanche i giovani, che infatti emigrano.
Nell´Italia che vorrei per i nostri figli e nipoti serve invece più cultura e tanta buona politica.
Leggere le cifre e le proiezioni relative al numero dei disoccupati in Italia infonde sempre un’enorme amarezza.

Occorre una netta inversione di tendenza, coraggio!
:blob9:

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
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