D'ora in avanti posso solo invecchiare

gli articoli di riflessione e attualità di M. Pulimanti
Rispondi
Avatar utente
Mario Pulimanti
Scrittore
Scrittore
Messaggi: 849
Iscritto il: 12/04/2006, 16:50
Località: Lido di Ostia -Roma

D'ora in avanti posso solo invecchiare

Messaggio da Mario Pulimanti »

:angry4: D’ora in avanti posso solo invecchiare



“Nel mezzo del cammin di nostra vita…
…mi ritrovai per una selva oscura…
…che la diritta via era smarrita”.
Chiudo la doccia, resto un istante a gocciolare e ad assaporare la beatitudine.
Mi chiamo Mario.
Sono romano, nativo testaccino.
Svezzato alla Garbatella.
Uomo delle contraddizioni.
Origini materne trasteverine da antenati scribi romani
Collevecchio: un tranquillo paese del Lazio.

Paterne origini sabine da dandy raccontafiabe, rossi tulipani, divoratori di disincantati amori.
A Ostia dopo lunga marcia: da trent’anni abitante del Lido della Città Eterna.
Ostia, storia di un amore.
E’ andata così.

L’ora dei ricordi.

Calligrafo.

Falsario nido vuoto.

Scrittore.

Scrivano ingannatore.

All’ombra di mio padre.
Sarà l’età, ma mi accorgo di stare cominciando a pensare alla velocità di una tartaruga artritica e ad agire con la prontezza di un bradipo mezzo addormentato.
Pratiche di disgusto.
La spiaggia è deserta.
Spiaggia di sabbia romana e, sullo sfondo, il cielo e il mare che giocano a chi fa più orizzonte.
Cose di Ostia e di lidensi.
“Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente”.

La strategia migliore è mantenere la calma e aspettare.
La ballata dei pellegrini.

Scaramucce.

Stati di sospensione.

Pista di ghiaccio.

Senza re né regno.

Io e i veleni del lavoro.
Ho indossato una giacca nuova: mia sorella fa uscire un fischio da una bocca chiusa a sedere di gallina.
Il mondo è dei furbi.
Fuga dalla realtà.

Palazzaccio.

Via del paradiso.

Il giornale di ieri.

Il tradimento di oggi.

La finestra di domani.

Giungla del pensiero.

Un inverno di rabbia.

Un cammello che piange.

La corda.

La sentenza.

L’incredibile storia di un illuso.

Cinematografo.

Vedovi.

La marcia dei solitari.

Un esperimento.


“Giustizia mosse il mio alto fattore:
facevi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
Se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”.


A Collevecchio con Simonetta.

Simonetta: sbalorditivamente sicura di sé. Armoniosa.

Papà: una giacca verde. Poeta. Irripetibile, indescrivibile. Insomma, un grande.

Mamma: occhi stellanti. La traccia dell’angelo.

Bisnonna Cannella: bizzarra, ironica.

Zia Navina: delicata.

Nonna Jole: scorciatoia per il paradiso.

Zia Valeria: un viaggio a Lourdes. Realista.

Zio Fausto e Zio Peppe: gli uomini che non si voltavano. Pratici.

Rita: zia-cugina. Bella, ma morta troppo presto.

Pelé: l’impronta del gatto.

Pilù, Vespa & Polverino: furbi, dolci, affettuosi, intelligenti.

Alan, Bacco & Birillo: giocherelloni, simpatici, coccoloni, golosi.

Zio Orlando: poliedrico.

Zio Memmo: anarchico.

Zio Pompeo: pungente.

Zio Alessandro: euforico.

Antonella, cognata: onesta.

Io: il canto dell’orco.

Alessandro: strategie di fuga. Ambizioso, ingegnoso, organizzato.

Gabriele: la divina foresta. Responsabile, forte, allegro.
Francesca: gli uomini se la divorano con gli occhi e le donne la bruciano viva.
Rosato: super.

Venia: la misura delle cose.

Nonna Leonella: protezione.

Zia Felly: la bambola.

Nonno Angelino: Gradevole e divertente. Un sonaglio.

Antonella, sorella: archeologi racconti.



“Io sono al terzo cerchio,
de la piova etterna,
maledetta, fredda e greve;
regola e qualità
mai non l’è nova”.


Perché corre Salvatore?

Francesco: leale. Un candeliere.

Giovanni: una luna di carta. Positivo.

Valter: tutto okay.

Liliana: raggiante e ansiosa. E trasparente: così bianca da non accettare due fustini in cambio di uno.

Don Aurelio Galoppo: come il tonno della pubblicità, si poteva passare parte a parte con un grissino.

Ida e Arzito, nonni materni di Simonetta: pezzi di cuore.

Barbara e Francesco, nonni paterni di Simonetta: accenni di sollievo, dietro sguardi preoccupati.

Mariolino: passata la festa, gabbato lo santo.

Zia Olga: una voce così accorata che faceva sembrare arrogante quella della Piccola Fiammiferaia.

Don Vincenzo Josia: un parroco.

Dottor Gnocchini: insostenibile.

Nonno Gigiotto: un uomo al balcone.

Zio Romolo: ha fatto cadere le mura di Gerico.

Zia Franca: ha affondato la portaerei.

Cinzia: leggende del mare.

Maurizio: ottimo.

Franco e Roberto: mosche d’inverno.

Sandro: ragionevoli dubbi. Essenziale.
Serena: bella come la madre, alta e slanciata come il padre e furba come la nipote di Ulisse. Non so se mi spiego.
Sara e Valerio: innocenza.
Fulvio: ascoltarlo è un piacere.
Marco e Rita: com’é piccolo il mondo!
Alessia: sorridente.
Marcello: creativo.
Rodolanda: la casa di carta.
Hassan: carisma.
Bisnonno Primo: evocativo.
Zoraide: tolleranza.
Signora Erminia: solare
Valentino, Fabiola & Rosaria: speciali.
“Grandine grossa,
acqua tinta e neve,
per l’aere tenebroso si riversa;
pote la terra che questo riceve”.

Luciano, Paolo e Felice: arrivati dal cielo di Ostia come la cometa di Halley, che si vede ogni duecento anni.
Teatro Manfredi: strepitoso.
Fara Nume: stimolante
Maestro Serafini: efficiente. Coraggioso.
Ferruccio & Silvia: vita sentimentale tra un ingegnere e una psicologa.
Mario & Aurora: sorrisi di trionfo.
Giorgio: perfezioni provvisorie.
Pino & Sandra: si fregano le mani come boy-scout col legnetto per accendere il fuoco.
Stefano: fratello, amico. Speciale.
Stefano: guarda l’avversario con i pugnalini negli occhi come Zio Paperone nei fumetti.
Nonno Vittorio: in trappola. Intrigante.
Zio Gianni: sagace. Touché.
Norma: pazienza.
Stefano, Paolo, Claudio, Filippo & co: i cugini Pulimanti.
Zio Mario & Zio Giulio: entusiasmanti.
Mauro, Paolo, Massimiliano & Marco: questi sono uomini.
Collega 1: Sembra Nerone che dopo aver cantato si fosse beccato un coro di pernacchie dai centurioni. Se ne va risentito, sbattendo leggermente la porta. Probabilmente sarebbe uscito e sarebbe andato a incendiare Roma.
Collega 2: sguardo spontaneamente estraneo.
Collega 3: il suo interlocutore, Satana a parte, non può che avere la peggio.
Zia Margherita: energica.

Confessione: adoro il teatro dell’assurdo.

Samuel Barclay Beckett: aspettando Godot.

Jean Tardieu.

Arthur Adamov.

Georges Schehadé.

E, più di tutti: Eugène Ionesco: La cantatrice calva. Giacomo o la sottomissione. La lezione. Le sedie. Vittime del dovere. Amedeo o come sbarazzarsene.
In un'atmosfera grottesca, i personaggi di Ionesco pronunciano dialoghi incoerenti e banali, in cui si accumulano i luoghi comuni in un crescendo che giunge al parossismo del non senso puro, sino a far apparire l'inquietante assenza della realtà, il nulla, rivelando l'angoscia metafisica che sottende la comicità.
Ok, Ionesco: ionesco puro.
Un teatro assurdo, fatto di un linguaggio comico.
Nel teatro proclamato da Ionesco, il linguaggio fallisce il suo obiettivo di facilitare la comunicazione, e, insieme all’oridne sociale, diventa una fonte di alienazione per l’uomo.
Signora Martin: Specie di quaquoni, specie di quaquoni.
Signor Smith: Marietta, culo di marmitta!
Signora Smith: Krishnamurti, Krishnamurti, Krishnamurti.
Signor Smith: Il papa derapa! Il papa non ha sottopapa. Il sottopapa ha il papa. Signor Martin: Bazar, Balzac, barazzazà!
Signor Martin: Bizzarro, balzano, barzotto!
Signor Smith: A, e, i, o, u, a, e, i, o, u, a, e, i, o, u, i!
Signor Martin: B, c, d, f, g, l, m, n, p, r, s, t, v, w, x, z!
Signora Martin: Dall’ululo all’elica, dall’ala all’isola!
Signora Smith, imitando un treno: Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff.
Signor Smith: Non!
Signora Martin: È!
Signora Martin: Di!
Signora Smith: Là!
Signor Smith: Ma!
Signora Martin: È!
Signor Martin: Di!
Signora Smith: Qua!
Tutti insieme: Non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma é di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua! Sto sulla riva e guardo con occhi astiosi il sole che tramonta. ( da “La Cantatrice calva”).

Ognuno muore solo.

Odore di chiuso.

Amori.

Senso comune.
Stasera il mare sembra scosso da una corrente molto forte.
Anch’io mi sento scorrere via come se stessi dentro una barchetta di cristallo.
Tra poco scenderà la classica notte lidense.

Che ne ho fatto del mio senso dell’umorismo?

Quanto mi hanno dato al Monte di Pietà?

Sono stato al Catechismo e conosco il vangelo: fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te.

Riuscirò anche a porgere l’altra natica?

Domani vengo: é una scusa che fa più acqua del Titanic dopo la collisione.

Stefano dice: “Mario, quando sei in moto e ti prude la testa, non di nessun sollievo grattare il casco”.
Forse è filosofia con cui ci puoi avvolgere le caldarroste.
Però debbo ammettere che in fondo non ha tutti i torti.
Anche se, cavolo…..é tutto falso.
Intorno a me, un bastimento carico di simulazioni, frodi.
Inganni.
Menzogne.
Trappole colorate.
Il gioco degli specchi.
Giorni d’amore e inganno.
Imitazioni di rose rosa.
Libellule contraffatte.
Copia di terroristi.
Il nome di finte parole.
Nebbia simulata sul mare.
Per inesatta legge superiore.
Lady fasulla.
Profeta inesistente.
La carta più alta: sbagliata.

Non vera.

Le torri di Sodoma: ingannevoli.

La verità sul rapimento alieno: falso.

Una calda notte adulterata.

Tutto rifatto: ne sanno qualcosa le centinaia di signore di Roma bene che portano in giro bocche siliconate che parevano il becco di Paperina e stanno in spiaggia a Ostia con seni al vento che risultano rifatti anche al passeggero di un aereo.

“Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole carinamente latra
Sovra la gente che quivi è sommersa.
“Guarda” mi disse, “le feroci Erini”.
“Quest’è Megera dal sinistro canto…”
“Quella che piange dal destro è Aletto…”
“Tisifone è nel mezzo”.

Sono al Pontile.

Con la Pulimanti’s family al gran completo: incredibile!

Gabriele mi dice: “Non vai pazzo per il tuo lavoro, vero?”.

Faccio una specie di sogghigno.

“Non vado pazzo per il mio lavoro, effettivamente. Soprattutto per il mio stipendio”.

“Papà, se potessi cambiarlo, cosa ti piacerebbe?”.

“Mi piacerebbe essere un musicista. La musica è la cosa che mi piace più di tutte. Mi piace ascoltarla e mi piacerebbe suonare il sax, se fossi capace. In realtà non sono capace, visto che non ho mai avuto il coraggio di provarci”.

Mi piacerebbe, ma mi rendo conto che è una prospettiva irrealistica.

Simonetta, meccanicamente: “Mario, stasera ci sarà la riunione di condominio”.

Già.

Finta espressione dispiaciuta, la sua.

“Grazie per la precisazione”, replico.

Vabbè, ammetto il mio falso interesse per la stenditura illegale di bucato, la detenzione abusiva di impianti stereofonici, l’ascensore rotto, i balconi da ristrutturare.

Ok, mi ha pure infilato in corpo i germi del disagio.

Però so anche inquadrare le sue conseguenze in termini che mi suggeriscono che le risposte appropriate a tutto quello che mi circonda non sia solamente il lamento e la rabbia, ma una grande e sonora risata.

Nel frattempo Alessandro mi ricorda che domani andremo al teatro.

Ottimo.

Lancio un’ultima occhiata al mare.

Disordinatamente appagato, ritorno a casa.

Senza esitare.

Dopo tutto, se non mi sbaglio, stasera c’è un film di Nicole Kidman in tv.
E sono contento, ora.
Disgustosamente contento.
Bingo.

“Volgiti in dietro e tien lo viso chiuso;
che se il Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi
nulla sarebbe del tornar mai suso.”
Così disse il Maestro; ed elli stessi mi volse,
e non si tenne a le mie mani, che non con le sue
ancor non mi chiudessi”.
Va bene, caro amico che hai avuto il coraggio di leggermi fino a qui.
Vedo che hai addosso una pelle d’oca da sembrare un istrice.
E gli occhi pieni di lacrime.
Adesso è finita: puoi andare a casa.
A trovare la tua famiglia.
Togliti quell’espressione, non sentirti così.
Non è colpa tua.
Non potevi fare altro.
Sono tempi difficili quelli in cui viviamo.
Tutto è assurdo.
Ora basta, non ne posso più: d’ora in avanti posso solo invecchiare.
Amen.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
Allegati
Mario Pulimanti 19.jpeg
Rispondi