"CHIUDIAMO LE SCUOLE!"

Bibliografie e biografie commentate dei grandi scrittori
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Michele Nigro
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"CHIUDIAMO LE SCUOLE!"

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Giovanni Papini nacque a Firenze il 9 gennaio 1881. Giovanissimo iniziò l’attività letteraria collaborando e dando vita a numerosi periodici che per circa quarant’anni caratterizzarono le tendenze culturali del Paese: il Regno di Corradini, la Critica di Benedetto Croce e il Leonardo di Papini e Prezzolini il cui fine era combattere contro “l’abbietto positivismo dei falsi scienziati” e restituire così “valore all’irrazionalità e alla fantasia”. In quel periodo Papini scrisse Il Tragico quotidiano, Il crepuscolo dei filosofi e Il poeta cieco. Nel 1908, conclusa l’esperienza del Leonardo, Papini iniziò la collaborazione alla Voce.
L’anima si chiamerà la rivista che nel 1911 fonderà insieme a Giovanni Amendola. La sua produzione letteraria in questo periodo è ricchissima comprende tra l’altro Un uomo finito, Memorie di Dio, L’altra metà, Buffonate, Cento pagine di poesia e Stroncature. Staccatosi da La Voce nel 1913 fondò con Ardengo Soffici Lacerba che divenne l’organo del futurismo italiano. Da queste pagine Papini saluta come una vittoria l’intervento dell’Italia in guerra dalla quale sperava scaturisse quel rinnovamento di vita da tempo inseguito.
Le cagionevoli condizioni di salute non gli permisero di andare al fronte e fu durante la guerra che si rivelò abile giornalista trasferendosi a Roma per entrare nella redazione del Tempo. La nostalgia di Firenze e della quiete della casa agreste di Bulciano, lo spinsero ad abbandonare la carriera giornalistica. A Bulciano scrisse il libro che ebbe un clamoroso successo in tutto il mondo, la Storia di Cristo che testimonia la sua conversazione al cattolicesimo. Nel 1929, dopo il Concordato, Papini aderì al fascismo, in nome di quell’ideale di dignità nazionale che aveva sempre perseguito.
Le Lettere di Celestino VI, la Vita di Michelangelo nella vita del suo tempo e Il Diavolo riportarono alla ribalta Papini che sembrava ormai tramontato ed escluso dalla vita letteraria a causa dei suoi trascorsi fascisti.
Nel 1956 scrisse La felicità dell’infelice. Ormai completamente paralizzato, cieco, sordo e muto Papini mantenne fino all’ultimo “indenne l’intelligenza, intatta la memoria, viva la fantasia”, forzando “la barriera dei sensi murati” per esprimere la sua invincibile resistenza spirituale di uomo, non intristito o spaventato dalla sua condizione, ma “felice nell’infelicità”.
Mori a Firenze l’8 luglio 1956. Postumi vennero pubblicati Il giudizio universale, La seconda nascita e Diario.
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"Tra i deboli di stomaco ci sono la gran parte degli abitanti delle città e quasi tutti quelli che amano le lettere." (Celso)

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