Daniele Barbieri intervistato da Morena Fanti

Le interviste di NA a cura di M. Di Biagio e L. Massei
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Daniele Barbieri intervistato da Morena Fanti

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Di buoni sentieri è lastricato il mondo. E anche il futuro.
un colloquio con Daniele Barbieri

di Morena Fanti



Una serata in una tranquilla biblioteca di paese nei dintorni di Bologna.
L’occasione è una ‘Conversazione con l’autore’, che in questo caso è Daniele Barbieri. Niente di più sicuro e ‘normale’, così almeno sembra. Ma l’imprevisto è spesso dietro l’angolo. Visioni pericolose e penultime verità sono sempre in agguato, in questo come in un altro mondo, o meglio ancora, in un mondo altro.
Potrei dirvi che sono stata folgorata da un uomo e dalle sue parole e sono sicura che mi credereste. E forse è davvero così, qui dove tutto è possibile.
Barbieri presentava il libro “Di futuri ce n’è tanti” (per Avverbi editrice), da lui scritto in coppia con Riccardo Mancini, un libro che è “una sorta di guida alla fantascienza” come scrive Valerio Evangelisti nella prefazione. Non avevo mai letto nulla di fantascienza e ho ascoltato con occhi particolarmente attenti l’affascinante esposizione di Daniele Barbieri, che è un vero esperto di questo genere letterario.
Mentre lo ascoltavo pensavo che forse la mia ritrosia verso queste letture era dovuta al fatto che nessuno mi aveva mai introdotto su questi “sentieri di buona fantascienza”. Ho pensato che ciò poteva essere accaduto anche ad altri e che spesso per interessarsi di un argomento serve solo una buona guida.
Una buona guida e risposte interessanti. Credo che Daniele Barbieri ce ne fornirà alcune.

· Si dice che la fantascienza stia passando un momento di flessione nei gusti e nei favori dei lettori. Cosa ha provocato questa diminuzione d’interesse per un genere letterario che in altri anni è riuscito a generare grandi entusiasmi e grandi fermenti?

«Partiamo dall’inizio? La fantascienza ovviamente è letteratura, dunque il suo principale valore è nelle buone storie e/o in una scrittura di qualità. Ma nasce, cresce, diventa “di massa” e si aggroviglia all’interno del secolo in cui trionfano la scienza e la sua cuginetta tecnologia. Il ‘900 delle grandi speranze e dei grandi incubi, anche rispetto alle scienze portatrici di libertà o di nuove oppressioni. Qui forse si può mettere un punto fermo. Detto in estrema sintesi a me e a Riccardo Mancini sembra che la crisi (poi bisognerebbe chiarire meglio questo concetto) della fantascienza nasca all’interno di un più generale buio cioè dall’idea diffusa che la storia stia “deragliando” e le speranze, i progetti, le grandi possibilità democratiche e/o sovversive della ricchezza sociale (intellettuale e materiale) vadano dimenticate. E’ un discorso lungo e non vorrei, per eccesso di sintesi, ridurlo a slogan ma è chiaro che il pensiero unico vigente sta censurando e bloccando molte teste oltreché scrittori, scrittrici, editori… Io e Riccardo siamo fiduciosi che la fantascienza possa ancora aiutarci e, più in generale che (per dirla con Eduardo De Filippo) à da passà a nuttata. Da qui la voglia di ricordare – urlare forse - che di domani ce n’è davvero tanti. Ricordarlo leggendo anche buoni romanzi e racconti è un modo piacevole per impiegare un po’ di tempo e per slacciare qualcuna delle catene attorno al nostro pensare e vivere».

· Se leggere un buon libro ci spalanca le porte di un mondo nuovo e ci apre la mente, cosa può fare per noi un buon libro di fantascienza?

«Per usare la citazione di uno dei nostri amori (ovvero scrittori e scrittrici che ci hanno preso al laccio), cioè Theodore Sturgeon, il compito della buona fantascienza è “svegliare il mondo sull’orlo dell’impossibile”. La quarta di copertina tuona e sussurra (parole di Marge Piercy) che “per conquistare un futuro bisogna prima sognarlo”. In questo intreccio proviamo a mostrare per 8 sentieri (i temi sono: città; robot; computer e dintorni; cyborg; religioni; sesso, amore e x; galere; il potere) queste potenzialità. E’ ovvio, gentile intervistatrice (detto con sorriso alla gatto del Cheshire) che se io ora le riassumessi tutto, beh l’intervista verrebbe lunghetta e poi non venderemmo una copia in più (questa la dico con tono da bottegaio ruffiano). Semplificando: la buona fantascienza è piacevole, necessaria e direi persino urgente. Wow».

· Scrivere di mondi inventati, di un futuro spesso temuto, è solo opera di una fantasia molto vivace o è anche legato ai timori che dobbiamo tollerare nella nostra anima e nella nostra vita? La scrittura diventa allora come una forma d’esorcismo?

«Mmmmmm. Io e il mio socio di scrittura crediamo (non è una gran scoperta, intendiamoci) che gli esseri umani siano sempre divisi fra paure e desideri. La percentuale di questi timori e speranze varia, ovviamente, a seconda delle persone e delle loro esperienze, del contesto storico e sociale, delle informazioni alle quali possiamo accedere o delle molte importanti di cui (pur se viviamo in democrazia) ci è negato disporre. Ogni scrittura è forse anche un esorcismo. E anche azzeccare le paure vere (non quelle strumentali agitate dal circo mediatico e dalla cattiva politica) è importante. La migliore fantascienza ci sfida a verificare paure e desideri su un’onda lunga, su alcuni dei possibili mondi che possiamo conquistare o perdere. Che la scrivano persone con competenze scientifiche o meno, che siano odiosi reazionari, simpatici riformisti o pericolosi-affascinanti sovversivi importa questo costringerci (in forma letteraria e appunto piacevole) a fare i conti con domande del tipo: “e se davvero succedesse?” oppure “se potessi scegliere un universo alternativo quale davvero vorrei?” o cose del genere. Piccola polemica: che poi noi viviamo la “nostra” vita (lei usa questa espressione) e non quella imposta da altri è una importante e drammatica questione che andrebbe seriamente discussa e non solo da romanzieri, psichiatri o politici».

· Quanto il nostro vivere nel mondo reale, e cioè la politica, l’economia, i problemi sociali, influiscono su una scrittura fantascientifica?

«L’uno e l’altro. La fantascienza influenza il reale e viceversa. Per me – e credo di poter dire anche per Mancini – non è buona cosa vivere (e/o scrivere) con tutti e due i piedi nel cosiddetto mondo reale e neppure interamente in una dimensione fantastica: l’ideale è stare un po’ qui e un po’ lì».

· Credo si possa dire che Philip K. Dick sia uno dei suoi autori preferiti, se non il preferito in assoluto. M’incuriosisce sapere cosa lo rende così eccezionale. Per dirla come una donna tradita dal marito: cos’ha Dick che gli altri non hanno?

«Per proseguire sulla metafora Dick è il mascalzone geniale che tutte e tutti vorrebbero amare, salvo ogni tanto sbottare con un “questo è troppo” per poi tornare a ri-innamorarsi. Ma se di amore vogliamo continuare a ragionare, io e Mancini confessiamo tre grandi passioni (Dick, Sturgeon e Ursula Le Guin) più una scandalosa quantità di flirt. Provare per credere.»

· Qual è il libro che consiglierebbe a chi non ha mai letto nulla di fantascienza? Non le chiedo il libro che lei ama di più, ma un libro che faccia pensare: “Com’è che non l’ho letto prima? Cos’altro mi sono perso?”

«E’ una domanda-trabocchetto. Dovrei rifiutarmi di rispondere, anzi toglierle il saluto. Oppure rispondere che il mio primo choc fu con “Cristalli sognanti” di Sturgeon: avevo, mi pare, 13 anni e da allora continuo a regalarlo o prestarlo. Una sola persona - su credo davvero centinaia - non mi ha ringraziato. Ma ci sono cascato, sto parlando di passioni e svicolo sul suo amo, sulla rete tesa. Però, gentile intervistatrice, sia franca con me: se un bipede le dicesse che non ha letto Calvino e Pasolini, oppure Shakespeare e Toni Morrison, oppure Farah e Scorza…. lei avrebbe il coraggio di dire “Ti sei perso questo”? no, credo che onestamente parlerebbe di mondi e mondi e mondi da esplorare».
· Lei ha scritto “Di futuri ce n’è tanti” in coppia con Riccardo Mancini, e sembra anche che il libro vi sia riuscito bene ;-) e che la vostra ‘coppia’ Erremme Dibbì funzioni, almeno per quanto riguarda la scrittura. In una società in cui nessuna coppia resiste e in cui tutti litigano, non è già fantascienza che due scrittori riescano a lavorare insieme?

«E’ ancora più sorprendente forse che a volte (nei momenti più tranquilli o all’opposto nelle urgenze più agghiaccianti) quando io e Riccardo lavoriamo insieme esca fuori una terza persona, idee e persino un modo di scrivere che non è la somma di Barbieri e Mancini ma appunto Erremme Dibbì. Fra l’altro, come ha notato qualche persona molto attenta, questa terza persona ha alcune caratteristiche femminili… che invece noi due, maschiacci nel bene e un po’ anche nel male, neppure sapevamo di avere».

Daniele Barbieri, giornalista e saggista, è nato a Roma nel 1948. Attualmente vive a Imola. Da sempre impegnato nei movimenti per la pace e per la giustizia, ha lavorato per numerose riviste e per i quotidiani "il manifesto" e "L’unione sarda". Attualmente è redattore del settimanale "Carta". Di recente ha animato l’agenzia online "Migra"; nel 2005 è uscito, pubblicato da Emi, il libro "Migrante-mente - il popolo invisibile prende la parola" (curato da Sabatino Annecchiarico), che raccoglie scritti di 25 fra autori e autrici, per lo più migranti, ripresi dal sito. Come reporter, e come persona impegnata contro le guerre, è stato nei Balcani, in America latina, in Africa e nell’aprile 2002 in Palestina-Israele e più volte in Africa (anche come “osservatore elettorale” nelle recenti elezioni in Congo). Ha un omonimo che insegna all’università ed è appassionato anche di fantascienza: spesso i due vengono confusi ma loro sorridono e non si offendono. Quel particolare Daniele Barbieri qui intervistato è papà di Jan e marito di Tiziana e di entrambe le cose si vanta assai (almeno per 351 giorni l’anno). Siccome ha un’incredibile faccia tosta, pur non essendo un attore, porta in giro due letture… tra fantascienza e cronaca: ma lo spazio a nostra disposizione è finito, tenetevi la curiosità.
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