Charlie Parker

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Charlie Parker

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Da Jazz di Arrigo Polillo, ottobre 1997, Mondadori (edizione aggiornata a cura di Franco Fayenz).
Di lui, Robert George Reisner ha scritto: "Fu una delle persone pi? difficili che abbia mai incontrato. Era soave, astuto, cortese, affascinante e, in generale, luciferino. Troppo luciferino. Mi adulava, mi metteva quieto, e poi, tac!, il grande tradimento". E ancora: "Bird fu l'hipster per eccellenza. Si era fatto le sue proprie leggi. La sua arroganza era enorme, la sua umilt? profonda".
Nella cartella clinica che lo riguarda, conservata al Camarillo, l'ospedale psichiatrico dove fu ricoverato nel 1946, Charlie Parker ? descritto come un uomo di "intelligenza superiore", di cui vengono messe in rilieo le "tendenze paranoiche", le "fantasie sessuali" e la personalit? "estremamente evasiva". Molto simili a questi sono i termini con cui venne definto nel 1954 dai medici del Bellaveue Hospital di New York: "notevole intelligenza, ostile, evasiva personalit?, fantasie primitive e sessuali, associate all'ostilit?; pensiero di tipo paranoide in grande evidenza". Questi stessi medici conclusero che il loro paziente doveva essere considerato schizzofrenico.
Tutti, amici e nemici, dovettero riconoscere di essere stati soggiogati dal suo singolare fascino, tutti ebbero, prima o poi, qualche motivo di risentimento nei suoi confronti, e furono da lui traditi. Ma anche chi vide ricambiare col tradimento le attenzioni, l'affetto, la generosit?, fin? per perdonarlo. Perch? per tutti loro Charlie Parker era un genio. Di questa parola si ? fatto abuso, nel mondo del jazz. Parker per? fu un genio per davvero: per lo meno come Armstrong ed Ellingron e forse pi? di loro. Fu il Picasso dell'arte afro-americana, l'uomo che reinvent? la sintassi e la morfologia della musica jazz e ne devi? il corso. C'? da domandarsi quali risultati avrebbe potuto raggiungere se il colore della sua pelle non lo avesse relegato nel ghetto, fra bagasce, trafficanti e drogati, se Edgar Var?se, che pi? di una volta si era dichiarato disposto a prendersi cura della sua educazione musicale, avesse avuto davvero la possibilit? di aiutare quel sassofonista selvaggio e geniale che dormiva tanto spesso vestito e che fu ridotto alla follia dagli stupefacenti e dall'alcool.
Il suo destino era gi? segnato quando la sua famiglia, come tante famiglie negre d'America, si disgreg? mentre lui era ancora bambino. Il padre, uno scioperato guitto che aveva girato per anni con delle compagne di vaudeville finch? non si era arenato a Kansas City, aveva abbandonato la moglie e il figlioletto quando questi era ancora in tenera et?. Charlie lo avrebbe rivisto soltanto parecchi anni dopo, cadavere, quando torn? a casa per partecipare ai suoi funerali: l'aveva pugnalato a morte una prostituta.
Il ragazzo ricevette la sua educazione per le strade del ghetto negro di Kansas City: non la citt?-sobborgo dello stato del Kansas in cui era nato il 29 agosto 1920, ma l'omonima grande citt? del Missouri, al di l? del fiume Missouri, dove la famigliola si era trasferita presto. La madre, un'umile donna delle pulizie, trov? presto un lavoro che la teneva impegnata nelle ore notturne e Charlie, che frequent? per qualche anno la Lincoln High School senza entusiasmo, ne approfitt? per seguire le proprie inclinazioni, accompagnandosi con gente della peggior risma del sottomondo di Kansas City, e intrufolandosi nei cabarets del quartiere negro per ascoltare le orchestre jazz. A quindici anni era gi? sposato con una ragazza di diciannove, Rebecca Ruffin; aveva fatto le sue prime esperienze con le droghe e, avendo ormai abbandonato la scuola, poteva essere considerato un musicista professionista: un mediocre sassofonista che aveva imparato a suonare uno sgangherato strumento compratogli dalla madre. I suoi maestri, per lo pi? involontari, erano i grandi sassofonisti di Kansas City e soprattutto Lester Young e Buster Smith, detto il Professore, che, dopo aver sounato con i Blue Devils, aveva fatto parte delle orchestre di Bennie Morten e di Count Basie.
Kansas City viveva allora il suo periodo pi? fulgido, per quanto rigurda la vita notturna ed il vizio. Il potente Tom Pendergast copriva e gestiva, in proprio o per interposta persona, ogni sorta di affari, di trafici e di intrighi. La musica, ed in particolare il jazz, era un ingrediente essenziale di certi traffici e si poteva ascoltare dappertutto. C'era lavoro anche per certe orchestrine dilettantistiche di mediocre livello come quella diretta dal pianista Lawrence Keyes, che dal 1934 in poi ebbe pi? volte nelle sue file il principiante Charlie Parker.
Un altro suo caporchestra, in quel periodo di apprendistato, fu Tommy Douglas, che guidava una territorial band di una certa rinomanza, ma la sua vera scuola furono le jam session che a Kansas City, allora, erano frequentissime.
Nel 1937 Parker era gi? un musicista di rilievo, tanto da meritarsi delle scritture nelle orchestre di Buster Smith e di Jay McShann, due delle migliori della zona, e in quella di George E. Lee. Il contrabbassista Gene Ramey, che gli fu vicino sovente in quegli anni, ha ricordato: >.
Parlando della sua partecipazione a certe jam session, Jay McShann ha detto: >.
Se avesse potuto conoscere allora questi giudizi, Charlie si sarebbe ritenuto sottovalutato. A detta di chi lo frequentava a quel tempo, era ben persuaso di essere il pi? grande sassofonista del modo. Era tanto sicuro di s? da essere gi? sulla via di diventare - come lo avrebbe definito Ross Russell - il > degli anni maturi.
Era tanto consapevole del suo valore che Kansas City gli parve presto una citt? troppo picccola. A diciotto anni aveva moglie e un figlio, ma ci? non costituiva una buona ragione per farlo restare a casa.
Al contrario. Nascosto in un carro merci, come un hobo, si trasfer? a Chicago, dove suon? per qualche tempo e fu anche ascoltato da Billy Eckstine; poi si mise in viaggio alla volta di New York, dove era stato preceduto dal suo vecchio caporchestra e maestro, Buster Smith. Subito si present? a lui per avere un appoggio. >
Charlie non fu visto solo al Clarke Monroe's, in quel periodo. Per qualche mese lavor? al Jimmy's Chicken Shack, un elegante locale di Harlem frequentato dalle celebrit? del mondo negro: Ethel Wates, il pugile Joe Louis, il giornalista Dan Burley, gente cos?. I clienti erano intrattenuti da Art Tatum, non da lui. Lui faceva lo sguattero, per nove dollari alla settimana. Stava l? soprattutto perch? gli piaceva ascoltare Tatum: quando il pianista se ne and?, scritturato in un locale di Hollywood, se ne and? anche lui.
Il lavoro che trov? subito dopo era un poco meglio: fu assunto nell'orchestrina del Parisian Ballroom, una sala da ballo popolare intorno a Times Squares. Ogni pezzo suonato durava un minuto esatto, che ai clienti, che noleggiavano per un giro di danza le "ragazze taxi" in servizio nel locale, costava 25 centesimi di dollaro.
Dopo qualche esperienza in locali di terz'ordine dovette tornare a Kansas City, per prendere parte ai funerali del padre. Si guard? attorno in cerca di lavoro, ma la citt?, dopo l'arresto di Pendergast, non aveva pi? nulla da offrire a un musicista di jazz. A Charlie non rimase che intrupparsi nell'orchestra di Harlan Leonard, con cui rest? per? solo qualche settimana: giusto il tempo necessario per tornare con quella a New York.
Qaulche mese pi? tardi era di nuovo nell'orchestra di Jay McShann, e con essa suon? a lungo, facendosi notare da molti: con quella formazione comp? delle tourn?es, mise a punto il suo stile (> ha detto McShann) e incise i suoi primi dischi, nel 1940 e nel 1941. Fu quello un periodo di grande entusiasmo per Charlie: >.
Era gi? un sassofonista di classe: quando l'orchestra di McShann si esib? al Savoy di Harlem, nel febbraio del 1942, il critico Barry Ulanov non esit? a usare l'aggettivo > per definire il suo jazz, e del resto certe esecuzioni registrate con quella formazione, come Lady be good, scoperta molti anni dopo e pubblicata sotto le etichette Onyx e Spolite nel 1974, confermano che a vent'anni il jazzman di Kansas City era gi? in possesso di uno stile originale, molto simile a quello dell'et? matura.
Lasciato McShann quando questi ritorn? a Kansas City, nell'estate del 1942, Charlie ricominci? a frequentare la Clarke Monroe's Uptown House e il Minton's, dove pot? rinnovare qualche vecchia conoscenza e farne di nuove. Viveva alla giornata, e spendeva tutto ci? che guadagnava per soddisfare la sua tossicomania. Questa gli imped? di prestare il servizio militare: non c'era posto per un tipo come lui nell'esercito degli Stati Uniti.
Il mondo del jazz era meno schizzinoso. Anche se l'eroina era ancora praticamente sconosciuta ai jazzmen, chi era abituato, come i musicisti negri, alla vita del ghetto non ci faceva gran caso. Semmai Parker - ma tutti ora lo chiamavano Bird, l'Uccello, o Yardbird, uccello da cortile, gallinaceo, e non si ? mai saputo con sicurezza quale ne fosse la ragione - destava qualche curiosit? proprio perch? faceva cose diverse da tutti gli altri, perch? era hip. Quello che soprattutto colpiva i colleghi comunque era il suo talento musicale, che qualcuno giudicava gi? accezionale. Fra i suoi ammiratori e propagnadisti era Little Benny Harris, un amicone di Dizzy Gillespie: fu lui che fece conoscere il giovane sassofonista a Earl Hines, inducendo infine quest'ultimo ad assumerlo.
L'orchestra di Hines fu, come si ? gi? raccontato, la prima palestra dei futuri boppers, ma non si deve pensare che Parker, che in quella suonava il sassofono tenore, abbia dato un contributo rilevante al lavoro comune. Si distinse, invece, per la suo indisciplina. Una buona met? delle volte non compariva neppure nel luogo di lavoro, e quando arrivava era quasi sempre in ritardo. Spesso, sul podio, si appisolava: i suoi collechi assicuravano che era difficile accorgersene perch? continuava meccanicamente a muovere le dita sul sassofono, come se suonasse. Hines lo multava con regolarit?, ma non lo licenzi? mai. Lo ammirava per quello che sapeva fare e lo ricord? sempre con affetto. Lo tenne con s? per dieci imse, fino a quando Bird non se ne ancd? spontaneamete, insofferente della disciplina che la milizia in una grossa orchestra comportava. Avrebbe voluto domiciliarsi a New York, ma, non avendo ancora la tessera del sindacato locale, dovette adattarsi a lavorare qua e l? in attesa di ottenerla. Fu a Washington, poi a Chicago: finalmente fu chiamato a New York da Billy Eckstine che stava varando la sua orchestra bebop, nella primavera del 1944.
Anche con Eckstine, che era un suo ardente ammiratore, Charlie combin? qualche guaio. Il pi? grosso lo combin? al Plantation Club di St. Louis e caus? all'orchestra la brusca interruzione della scrittura. Charlie si era sentito vietare, al pari dei suoi colleghi, il passaggio attraverso l'ingreso principale del locale: di l? potevano entrare soltanto i bianchi. Si vendic? passando di tavolo in tavolo, dove erano seduti i musicisti, e mandando in frantumi, uno dopo l'altri, i bicchieri in cui questi avevano bevuto. La direzione, spiegava, non li avrebbe pi? usati perch? erano stati contaminati dalle labbra di gente dalla pelle scura.
Le grandi orchestre non erano fatte, ad ogni modo, per un individualista come Charlie Parker, che dal canto suo cap? presto che il suo destino si sarebbe giocato nei piccoli complessi che si formavano e si disfacevano nei localini della 52a Strada di New York. Il locale che avrebbe costituito per lui il trampolino di lancio fu il Three Deuces, sulla cui insegna spiccavano tre carte da gioco in una mano e un sassofono rampante. Gli affari andavano bene: aveva scritturato uno sconosciuto pianista di Pittsburgh, Erroll Garner, che piaceva al pubblico tanto quanto ai musicisti perch? aveva uno stile originale e cattivante, e in pi? aveva in cartellone un trio, costituito da un pianista italo-americano, Joe Albany, dal bassista Curly Pussell e dal batterista Stan Levey. Parker fu aggiunto al trio, che sarebbe stato completato qualche tempo dopo da Dizzy Gillespie: nel quintetto cos? formato, il pi? straordinario complessiono allora attivo nella "Strada", Al Haig aveva preso il posto di Albany.
Cominciarono in quel periodo, dal settembre 1944 ai primi mesi del 1945, le incisioni di Bird con piccoli complessi occasionali. Il primo di questi fu guidato dal chitarrista di Art Tatum, Tiny Grimes, che qualche giorno dopo l'arrivo di Parker al Three Deuces lo volle con s? assieme al pianista Clyde Hart e altri, per registrare per la Savoy alcuni pezzi tra cui Red Cross, basato sugli accordi di I got rhythm. Poi Charlie si ritrov? al fianco di Gillespie a incidere per la Guild dei brani che avrebbero suscitato molto scalpore, Groovin' high, Dizzy atmosphere e All the things you are, seguiti, a distanza di qualche mese, da Salt Peanuts, Shaw 'nuff, Lover man (con Sarah Vaughan) e Hit house, altrettanti manifesti del nuovissimo jazz.
Al giugno del 1945 risale una seduta di incisione organizzata da Red Norvo per un'altra etichetta indipendente, la Comet. Hallelujah, Congo blues e Get Happy sono le pi? significative facce registrate in quella occasione: significative soprattutto per l'apporto di Parker e di Gillespie. Molto migliori sono per? i pezzi incisi in autunno per la Savoy: Koko, Bille's bounce e Now's the time sono tre gemme nella discografia di Parker. Per molti Koko ? il suo capolavoro.
L'attivit? abbastanza intensa negli studi di incisione non significava affatto accettazione della musica di Parker e di Gillespie da parte del grosso pubblico. Gli unici che applaudissero, allora, erano gli hipster e pochi musicisti di idee aperte. Quanto agli esponenti dell'Establishment jazzistico, non nascondevano il loro disgusto per quelli che a loro sembravano soltanto suoni in libert?, e altrettanto facevano gli impresari. Ma c'era qualche eccezione, come quelle rappresentate da Symphony Sid, un popolare disc jockey, dall'impresario Monte Kay e dal giornalista Mal Braveman, che insieme costituirono una alquanto fantomatica New Jazz Foundation e che, dal maggio al giugno di quell'anno, presentarono i due primi concerti di bebop alla Town Hall di New York, con Bird e Dizzy come principali attrazioni.
Parker tuttavia aveva altri modi per consolarsi dell'incomprensione del pubblico e dei critici. Oltre alle droghe, che gli facevano compagnia giorno e notte, c'erano, in cima ai suoi pensieri, le donne. Quando era con Hines si spos? una seconda volta con Geraldine Scott, da cui si separ? presto; quando approd? alla 52a Strada si innamor? quasi contemporaneamente - amandole alternativamente - di Doris Snydor, che avrebbe sposato pi? tardi in Messico dimenticandosi di non aver divorziato da Geraldine, e di Chan Richardson, con cui visse more uxorio negli ultimi anni della sua vita. Chan era una ballerina, figlia di un guardarobiera del Cotton Club; bench? bianca, sapeva tutto sul bop e sui suoi profeti, che a ogni ora del giorno e della notte sapevano di poter trovare ricetto nell'alberghetto da lei condotto al numero 7 della 52a Strada Ovest: una specie di recapito e di quartier generale per i musicisti jazz che avessero le necessarie credenziali.
Bird non era un uomo da accontentarsi di due donne, ad ogni modo. Le sue prodezze sessuali erano motivo di meraviglia per tutti, e cos? la sua voracit? e la sua sete all'alcool. Mangiava spesso due pasti completi uno di seguito all'altro, e beveva come un otre. E poich? per soddisfare i suoi appetiti e i suoi vizi - e soprattutto quello degli stupefacenti - spendeva tutto ci? che guadagnava, era sempre in caccia di danaro. Scroccava pochi dollari per volta a chiunque gli capitasse a tiro, si dimenticava di far fronte ai suoi impegni anche dopo essersi fatto versare degli anticipi e non si preoccupava del domani.


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R: Charlie Parker

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Da: Joachim Ernst Berendt "Il Libro Del Jazz", 1979, Garzanti Vallardi

Nota: La presente biografia nel testo viene affiancata a quella del trombettista Dizzy Gillespie.

"Una settimana prima della sua morte - racconta Leonard Feather - Parker incontr? Dizzy Gillespie nel club Basin Street. Parker era profondamente disperato e si trovava in uno stato da destare compassione. insistette con Dizzy, "

"Dizzy non si d? pace per queste paole di Parker - dice Lorraine, la moglie di Dizzy - Ancora oggi quando ci pensa i suoi occhi si riempiono di lacrime. Era a casa, una settimana dopo, quando ci furono tutti quei pianti e quei lamenti, e venni a sapere che qualcuno aveva telefonato e raccontato che Charlie era morto. Io non dissi nulla. Che cosa avrei potuto dire? Cos? lo lascia solo e lasciai che si sfogasse piangendo."

Charlie Parker e dizzy Gillespie sono i due "dioscuri" del bebop.

Charlie Parker viene da Kansas City. Si da come giorno di nascita il 29 Agosto 1920, ma quando mor? nel 1955 i medici che avevano fatto l'autopsia dissero che era pi? probabile che avesse 53 anni anzich? 35.

Entrambi [Parker e Gillespie] crebbero nel mondo della discriminazione razziale e impararono sin dalla pi? tenera et? a conoscere tutte le umiliazioni.

Nessuno si cur? molto di Charlie adolescente. Durante tutta la sua giovent? gli mancarono l'amore e un senso di calore. Nessuno della famiglia di Parker era dotato musicalmente. A tredici anni Parker suonava il sassofono baritono. Un anno dopo aggiunse il contralto. Ancora oggi ? inspiegabile perch? Charlie Parker sia divenuto musicista. Il sassofono contralto Gigi Gryce - uno dei suoi migliori amici - dice: "Parker ? un genio naturake. Se fosse diventato idraulico, credo che avrebbe fatto ugualmente grandi cose". A quindi anni Charlie Parker fu costretto a provvedere a se stesso. "Dovevamo - cos? racconta - suonare ininterrottamente dalle nove di sera fino alle cinque del mattino. Normalmente ci davano 1,25 dollari per notte". Nel 1937 - a 17 anni - Parker entr? a far parte dell'orchestra di Jay McShann, una tipica orchestra di riff e blues di Kansas City. Non si sa se Parker avesse un modello. E' probabile che il modo di suonare di Parker fosse molto pronunciato sin dall'inizio, se i suoi colleghi dapprima lo giudicavano "orribile", la ragione probabilmente va cercata nel fatto che egli suonava in modo "completamente diverso da chiunque altro". La vera scuola e tradizione di Parker fu il blues. Lo sentiva quasi ininterrottametne a KAnsas City e lo suonava ogni notte nell'orchestra di Jay McShann.

Sono indicativi i titoli dei primi dischi incisi dai due musicisti:

Il primo disco che Charlie PArker incise nel 1941, quando l'orchestra di Jay McShann arriv? a New York, fu Connfessin' the blues. Charlie Parker inizialmente non si allontan? molto da Kansas City. La sua vita era tetra e difficile e, come racconta, scopr? quasi contemporaneamente gli stupefacenti e la musica. Leonard Feather crede che Charlie Parker nel 1935 - all'et? di 15 anni - fosse pi? o meno dedito agli stupefacenti. Le inibizioi e i complessi della sua vita cominciarono nel momento in cui divenne musicista. Charlie Parker suon? con Jay McShann fino al 1941. Vi furono alcune interruzioni. Una volta fu mandato in prigione per 22 giorni perch? si era rifiutato di pagare un tassista. Poi vi fu il viaggio a Chicago che assomigli? quasi a una fuga. Vi arriv? sporco e stracciato, come "se fosse sceso direttametne da un treno merci". Ma egli suonava "come non si era mai sentito prima suonare qualcuno". Per tre mesi fece lo sguattero in un locale di second'ordine di Harlem, con una paga di 9 dollari alla settimana. Spesso non aveva nemmeno uno strumento musicale su cui suonare. "Vivevo sempre in una specie di stato di panico, - ? una delle sue frasi pi? celebri - dovetti dormire nei garage. Ero completamente disorientato. La cosa peggiore era che nessuno comprendeva la mia musica." Una volta quando Parker suonava nella band di Count Basie e nessuno era d'accordo col suo modo di suonare, il batterista Jo Jones gli gett? addosso i piatti in segno di protesta e di ira. Parker si alz? e usc? piangendo. Per giorni i suoi occhi furono rossi e gonfi di pianto. Parker racconta "Non riuscivo pi? a sopportare le armonie stereotipate che allora venivano continuamente impiegate da tutti. Continuavo a pensare che doveva esserci qualche cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire qualcosa, ma non ero in grado di suoanrlo... Si quella notte improvvisai a lungo su Cherokee. Mentre lo facevo mi accorsi che impiegando come linea melodica gli intervalli pi? alti delle armonie, mettendovi sotto armonie nuove, abbastanza affini, stavo suonando improvvisamente ci? che per tutto quel tempo avevo sentito dentro di me. Rinacqui a nuova vita." Charlie, quando non suanava nell'orchestra di Jay McShann, tirava avanti con lavori occasionali. Partecipava a ogni jam session che riusciva a trovare. Nel 1941 Parker arriv? a New York con la band di Jay McShann. La band suon? nel Savoy Ballroom di Harlm.

Quella fu la sera in cui Charlie Parker e Dizzy Gillespie fecero la reciproca conoscenza.

La band di Jay McShann subito dopo lasci? New York. Parker la segu? fino a Detroit. Poi non ce la fece pi? a suonare gli arrangiamenti standard divenuti una routine. Lasci? la band senza dire niente a nessuno. Non ebbe mai grandi simpatie per le big bands.

Dopo aver lasciato la band di Jay McShann, Charlie Parker andava quasio ogni giorno al Minton's a Harlem. L? suonava una band che era composta dal pianista Thelonious Monk, dal chitarrista Charlie Christian, dal trombettista Joe Guy, dal batterista Kenny Clarker e dal contrabbassista Nick Fenton. "Nessuno - racconta Monk - si trovava l? con la consapevolezza di fare qualche cosa di nuovo. Al Minton's eravamo stati ingaggiati semplicemente per suoanre. Questo ? tutto". Ma in qualche modo in Minton's divenne il punto di cristallizzazione del bop. L? si incontrarono nuovamente Charlie Parker e Dizzy Gillepie.

Monk racconta che ci si rese subito conto delle capacit? e dell'autorit? di Parker. Tutti al Minton's avvertirono la sua genialit? creativa che operava inconsciamente. Contributo alla psicologia di Paker: sulle fotografie che lo ritraggono insieme ad altri musicisti, colpisce il fatto che la distanza tra lui e gli altri quasi sempre sia pi? grande di quella degli altri fra loro.

Charlie Parker e Dizzy Gillespie divennero inseparabili. Nel 1943 suonarono insieme nella band di Earl Hines, nel 1944 insieme in quella di Billy Eckstine. Nello stesso anno formarono un quintetto assieme che suon? alla "52nd Street". La "52nd Street" divenne la via del bop. Nel 1944 incisero inoltre il primo disco insieme.

Tony Scott racconta: "Una sera venne Bird (ormai Charlie Parker veniva chiamato quasi esclusivamente Bird) e suon? con Don bays. Suon? Cherokee e tutti i presenti andarono in delirio. Quando poi Bird e Diz suonarono regolarmente nella "Strada" tutti rimasero sbalorditi; nessuno riusciva a suonare nemmeno approssimativamente come loro. Infine Bird e Diz incisero dischi, e questo diede la possibilit? di imitarli e di costruirci sopra. Tutti facevano esperimenti intorno al 1942, ma nessuno aveva trovato uno stile. Invece Bird lo aveva trovato. L'aspetto strano dell'influenza di Bird sui musicisti della "Strada" ? che lo stile che aveva sviluppato, veniva suonato con tutti gli strumenti tranne che col suo - il sassofono contralto. La ragione stavanel fatto che Bird al sassofono contralto era superiore a tutti." Charlie Parker aveva trovato nella forma del quintetto bebop il complessiono che gli era congeniale: sassofono e tromba con il gruppo ritmico. Il quintetto di Charlie PArker divenne tanto importante per il jazz moderno quanto lo erano stati gli Hot Five di Louis Armstrong per il vecchio jazz.

Diventa sempre [si legga anche la biografia di Gillespie per una valutazione, n.d.r] pi? evidente che Dizzy Gillespie fu allora il musicista pi? citato del bebop. Certamente non ha mai dato a questa muscia gli impulsi creativi che vi diede Charlie Parker, ma le ha dato quello splendore e quel vigore senza i quali non avrebbe conquistato il mondo. Billy Eckstine dice: "Si deve a Bird pi? che a chiunque altro il modo in cui fu suonata quella musica; ma ? merito di Dizzy se fu messa per iscritto."

Con il suo "Charlie Parker Quintet" Bird fece le pi? importanti registrazioni del bebop: Koko sulle armonie di Cherokee, il brano con cui aveva attirato per la prima volta l'attenzione generale:Now's The Time sul blues; Chasin' the Bird con il fugato della tromba di Miles Davis - creando cos? la moda delle fughe e dei fugati nel jazz moderno... e innumerevoli altre. Accompagnato da Erroll Garner incise Cool Blues, stabilendo cos? gi? nel titolo il rapporto tra blues e freddezza. Il sassofono contralto di Charlie Parker divenne la voce pi? espressiva del jazz moderno - legata in ogni nota alla tradizione blues, spesso in modo imperfetto, sempre uscira dal fondo di un'anima tormentata. In un'epoca stilistica in cui si esigeva ovunque che si suonasse senza il vibrato, il musicista pi? creativo di quell'epoca suonava con un forte vibrato - il vibrato dei grandi strumentalisti del vecchio blues. Bird divenne l'incondizionato improvvisatore, l'uomo da chorus "par excellence", a cui nella interessava di pi? del volo delle sue linee melodiche. Parker aveva preso il diciottenne Miles Davis come trombettista del suo quintetto - l'uomo che sarebbe diventato l'improvvisatore dominante della successiva fase del jazz moderno: cio? del cool jazz. Parker incoraggi? Davis, che suonava ancora completamente alla maniera di Parker e Gillespie, a trovare uno stile proprio. Anni dopo, quando Parker era legato a un contratto con Granz, incise con l'orchestra di Machito. Ma quelle incisioni divennero poco rappresentative per Bird. La formula di Parker rimase il quintetto, cio? il minor numero di strumenti con cui era possibile creare una "forma", con l'unisono del tema all'inizio e alla fine, e che per il resto lasciava tutta la livert? all'improvvistazione. Charlie Parjer: "Sarei felice se quello che suono venisse semplicemente chiamato musica." Charlie Parker: "La vita ? sempre stata crudele con i musicisti. Ho saputo che Beethoven sul letto di morte ha alzato il pugno contro il mondo perch? non lo comprendeva. Nessuno all'epoca di Beethoven ha veramente compreso quello che scriveva. Ma questa ? la musica." Nel 1946 Charlie Parker ebbe il primo serio crollo della sua vita. Fu durante la registrazione di Loverman negli studi della casa discografica Dial. Quando Charlie dopo l'incisione torn? a casa, appicc? il fuoco nella sua stanza d'albergo e corso - nudo e gridando ad alta voce - nella hall. Orrin Keepnews: "Vi sono pochi dubbi che fosse un uomo tormentato, e vi sono molte persone che sottolineano la sua solitudine." Spesso rimaneva sveglio intere notti per andare solo e senza meta sulla metropolitanta. Come musicista sul palcoscenico non ? mai stato capace di "vendere" se stesso e la sua musica. Si limitava a star l? e a suonare.

Nel 1950 entrambi - Bird e Dizzy - fecero incisioni accompagnati da grandi orchestre d'archi - Bird a New York, Dizzy in California. Fu l'unico successo finanziario di una certa entit? che Parker conobbe nella sua vita. I fanatici fra i fans rinfacciarono a Bird e a Dizzy di essere diventati "commerciali". Caratteristico il modo di agire di entrambi:

Parker, che con queste incisioni accompagnate da una orchestra d'archi aveva realizzato il sogno della sua vita e per il quale gli archi portavano quell'aureola di grande sinfonia che aveva sempre veverato, soffr? molto per il giudizio discriminante dei fans. Charlie Parker non era mai contento di s?. Non sapeva mai rispondera alla domanda quale dei suoi dischi ritenesse migliore. Interrogato su quali fossero i suoi musicisti preferiti solo al terzo posto veniva un musicista di jazz: Duke Ellington. Prima di lui venivano Brahms e Schonberg, dopo di lui Hindemith e Stravinskij. Ma pi? di qualsiasi musicista amava Omar Chaijam, il poeta perisano. Leonard Feather: "Charlie si mise a bere sempre pi?, nel disperato tentativo di evitare gli stupefacenti e schivare ci? nonostante la cruda realt?"... Nel periodo in cui in tutto il mondo non c'era qualcuno che non fosse influenzato in una forma o nell'altra da Bird - e quando questa influenza si sentiva persiono nella musica da ballo e in quella canzonettistica - Parker suonava ormai solo ogni tanto. Orrin Keepnews: "Verso la fine della sua vita aveva rinunciato a lottare... Nel 1954 mand? alla sua ex moglie Doris una poesia. E' qualcosa come un Cred: "Ascolta le parole! Non le dottrine! Ascolta la predica, non le teorie... La morte ? una cosa urgente... Il mio fuoco ? inestinguibile"." Mor? il 12 marzo 1955. Si trovava davanti al televistore e aveva appenafinito di ridere di una barzelletta raccontata durante uno show dei Dorsey Brothers. Il mito di Charlie PArker inizi? quasi subito. Il disk-jockey Jazzbo Collins present? con le seguenti parole una raccolta commemorativa de dischi di Parker in cui l'opera della sua vita finalmente ordinata sistematicamente, venica presentata a un pubblico pi? vasto: "Non credo che in tutta la storia del jazz nessun musicista abbia ottenuto pi? riconoscimente e meno comprensioni di lui". "Bird Lives!", Charlie Parker vive, si dice ancora adesso e oggi. Agli inizi degli anni Settanta tutti gli artisti del jazz importanti hanno subito la diretta influenza di Charlie Parker: Ornette Coleman, Phil Woods, Lee Konitz, Sonny Stitt, Charlie Mariano, Jackie McLean, Gary Bartzm Frank Strozier, Cannonball Adderley, Charles McPherson, Antony Braxton. L'arte di Bird dimostra la sua validit? influenzando musicisti tanto differenti fra di loro. E la sua musica continua a vivere.


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