Paper underground

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digitoergosum
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Paper underground

Messaggio da digitoergosum »

Quello che segue è un racconto che vorrei partecipasse a un concorso a tema "racconto fantastico", ovvero oltre l'umano normalmente inteso. Nasce da alcuni paletti imposti su un altro forum letterario ma rispetto alla presentazione su quello l'ho ancora modificato. Ho ancora 10 giorni di tempo per inviarlo. Qualsiasi miglioramento riteneste di consigliarmi sarebbe molto gradito. Il titolo non è quello originale perché non sia rintracciabile su internet, così da preservare l'anonimato richiesto dai concorsi.

PAPER UNDERGROUND

Non potrei girare le riprese in un dannato luogo e in un periodo migliore di dove sono nata già incazzata, poi scazzata e artista. È un mezzogiorno di fuoco e fa caldo, si sta in balia di quel silenzioso e feroce solleone da frontiera, nel sonnolento paperwest, e tutto pare lento e nascosto. I pigri serpenti a sonagli smuovono la sabbia, serpeggiando più vicini alle oche di quanto loro stesse credano. Dalle pietre aride che sudano polvere si levano banchi d’aria tremolante e la residua umidità si raccoglie nei cactus spinosi, sul pelo lucido dei cavalli e sotto i rigidi vestitini della domenica costretti su adolescenti paperini accaldati. Io sto nel cesso della scuola, sempre che si possa chiamare scuola questa catapecchia: sono quindici mezzogiorni, nel mezzo del cammin, che vivo qui.
Tutto trasuda e si satura di quella polvere che a me comunque non infastidisce. Sono emancipata, so come si gira un’opera cinematografica, ma resto sempre, con orgoglio, una mosca. Dalla finestra rotta, tre giorni fa, prima del contratto, inquadravo il panorama, sempre uguale, da alcuni giorni disabitato e cercavo una difficile ispirazione. Anche i miei assistenti di regia si stavano annoiando. Potendo, avrei cercato nuovi posti per realizzare dei bei cortometraggi.
Mi sposterei, che so, nel cesso di qualche bordello con scostumate oche dagli occhi color di foglia e sudati habitué a cui vien la voglia, in un saloon frequentato da mandriani con gli stivali ancora sporchi di letame, nella stanza di un papero morente con piaghe purulente, se non fosse che sono nata con un’ala più piccola e muovermi è faticoso. D’altronde non mi occorre svolazzare più di tanto, non posso certo sognare di viaggiare poiché dal mio handicap è conseguito l’habitat. I piccoli, prima delle vacanze estive, hanno evacuato tanta colazione qui, nella fogna a cielo aperto. Una cacca fresca che profuma di fermenti lattici.
Già immagino qualche ignorante che dice: “Beata te che sai volare!” Ma che ne sanno loro? Volare è quello che fanno le farfalle, col librare elegante, la colorata livrea in bella mostra, posate su fiori variopinti, inebriate dal prezioso polline. Roba da Amelie e annessi nani da giardino che viaggiano e spediscono cartoline. Non so volare così e non sono una regista sognatrice. Quand’anche non avessi l’handicap il mio sarebbe un correre e precipitare nervoso tra vomiti e feci, uno sguazzare su acqua calda e melmosa che mi tocca per natura, roba da pulp, exploitation e cinema fetish assieme. E poi sono proprio brutta, me ne vanto e vado in giro spettinata, per rappresaglia.
“Vorrei essere una mosca per ascoltare quelli lì”, diceva una studentessa all’amica parlando di due paperi che tra loro provavano una simpatia a lor dire sospetta. Stupide! Non tengono conto che a me non frega una mazza di ciò che oche e anatre starnazzano tra loro, dei loro innamoramenti, delle loro tendenze.
Vabbè, ho firmato un contratto con la Disney e voglio onorarlo, ne va della mia carriera e della vita: noi si vive un mese se va tutto bene, se non c’imbattiamo in una lucertola. E comunque come regista e mosca non ho eguali.
- Signora Moskowitz…ehm… Non c’è un altro posto dove discutere dei termini?
No. Non c’è. Sono la migliore nel campo e se mi vogliono scritturare stanno qui, nel cesso.
- Vogliamo un format nuovo, qualcosa di diverso da X Paper, un breve cortometraggio con riprese crude, speciali e che spacchi. Vogliamo riprese volanti tipo Candid Camera. I protagonisti non dovranno accorgersi di essere filmati. Dobbiamo tenere incollati gli spettatori davanti allo schermo. Ci attendiamo scene di vita vera.
Quello che non hanno considerato nell’ingaggiarmi è che sono una regista ispirata dal realismo, quello più cinico, cattivo e fastidioso. E finalmente l’ambiente dove sono costretta si presta al progetto. Si, certo, dal mondo fantasioso dei paperi si aspettano che mostri alla platea epici scontri tra oche stupide e altre più stupide, magari un po’ più splatter, non vogliono veramente un nuovo format. Ma io sono l’artista del trash, mi hanno dato mano libera e so dove pescare il sordido. Il copione sarà basato su fatti reali a cui ho assistito e filmato due giorni fa. Le registrazioni rasentano l’incredibile. Nonostante il mio handicap, col mio team sono riuscita a riprendere le scene indisturbata in ogni dove, filmando tutti i particolari. E mi sono anche sforzata di volare dove serviva, infastidendo e assecondando la mia natura.
Soprattutto nel finale.
Con la troupe mi sono portata nell’aula dove abbiamo girato le sequenze: io seduta sulla sedia da regista, lo Steadycam Quentin Calabro per le riprese più ardite e ravvicinate, e Zanza Fassbinder, operatore di macchina.

PAPER FICTION
Un cortometraggio di Minnie Moskowitz. Con Scrooge McDuck, Macchianera, Iago Pappagallo, e con la partecipazione straordinaria della regista nelle vesti di voce fuori campo e di attrice. Durata: 7 minuti. Paperopoli, 1887.

Lei è “io”, la mosca fastidiosa e ficcanaso. Loro sono un banchiere e un meticcio mascherato. Il primo è un papero impomatato che profuma di vecchiume all’acqua di colonia e che luccica di untuosa brillantina. Ha basette folte e sudate e occhiali misteriosamente non appannati dal calore che sale dalle piume. Sotto la finanziera rossa e blu nasconde bene una moneta a cui è particolarmente affezionato, la “Numero Uno”, e una Henry Deringer, piccola pistola da donna a colpo singolo. Esibisce una cultura formale, quasi giuridica, un linguaggio spocchioso addestrato tra saloon e uffici tanto diplomatici quanto equivoci.
L’altro è un mezzosangue, fuggito dal mondo degli umani perché, alcuni dicono, Maga Magò, da lui sedotta, se n’era invaghita e voleva sposarlo nel corso di un sabba romantico. Poco credibile. Altre voci, più probabili, raccontano che sia scappato dai cacciatori di taglie. Lo inseguivano per essere stato il capo di una banda di cowboy razziatori, forse quelli della sparatoria dell’Ok Corral dove morirono agenti federali. Filiforme, sfuggente e scattante, porta sempre un vestito scuro e indossa una maschera nera che nasconde il volto sfigurato dal vaiolo, nemico sconfitto le cui ferite restano in eterno. Ricattando un senatore di PaperWhashington è riuscito a farsi nominare agente indiano presso la riserva degli Ocawa.
- Perché siamo qui, in questa scuola chiusa? – chiede il meticcio, annoiato.
Il papero studia quella figura seduta con le gambe distese e la sedia che fa dondolare senza farla cadere. In mano ha una bottiglia di tequila rubata nel saloon del paese vicino. Osserva la perfida calma del suo interlocutore, il suo umano e stravaccato agire diretto. È certamente l’uomo giusto che gli farà guadagnare una montagna di soldi.
- Signor Macchianera, intendo avvalermi dei suoi servigi ma prima dovrà firmare questo documento che l’impegna al rigoroso riserbo su quanto andrò a…
Macchianera prende il foglio e senza leggerlo lo strappa platealmente. Si cala il cappello a larghe falde per coprirsi meglio l’unica parte visibile del volto, i suoi occhi di ghiaccio. Allunga ancora di più le gambe snelle in direzione della botte dietro alla quale siede composto il banchiere, le incrocia facendo tintinnare gli speroni a rotella degli stivali e sbadiglia fingendo di schiacciare un pisolino. Scrooge è preparato, non si diventa ricchissimi senza valutare in anticipo ogni variabile di una contrattazione. Pensa che la scelta della scuola chiusa per quell’incontro riservato, di domenica, sia astuta: nessuno l’ha visto arrivare in quel luogo. Eppure non gli è sufficiente, non vuol lasciare tracce del suo passaggio, gli occorre quella dichiarazione firmata. Dalla finanziera estrae l’arma, la appoggia sulla botte, e da una borsa di cuoio, che suda anche quella, cava un’altra copia della dichiarazione di riservatezza con una bella mazzetta di banconote. Macchianera si ricompone, prende il foglio, lo legge, pesa con lo sguardo i bigliettoni, poi tende la mano e aspetta. Scrooge si strappa una piuma dal sedere, la intinge in un calamaio dimenticato alla chiusura delle lezioni e la porge all’interlocutore che firma.
- Bene, signor Macchianera. Ora mi ascolti bene…
Si distrae, poiché gli sembra di aver sentito un frullo d’ali di uccello. Può essere, quella scuola ha fessure tra le travi dalle quali avrebbero potuto entrare anche i cani randagi.
- La mia banca, vale a dire IO che ne sono il presidente e unico proprietario, ha deciso di fare una donazione alla scuola. Sostituiremo questa botte usata come scrivania con un tavolo più utile alla maestra Clarabella e regaleremo a tutti i paperini indiani e bianchi che non possono permetterselo il testo sacro dei paperi, dove potranno imparare a leggere e apprendere i sani valori della nostra fede. Gli daremo anche quaderni, penne e inchiostro per scrivere.

- Perché questo dovrebbe interessarmi, papero? Giungi al dunque.
Scrooge si infastidisce.
- Intanto mi rispetti e mi chiami “Dottore”. Ecco, vorrei che della distribuzione se ne occupasse lei. Non ho problemi con la comunità yankee ma quella indiana non si fida di me. Per scopi altruistici ho provato a convincerla a traslocare la tribù a dieci chilometri più a sud, dove c’è pascolo e terra fertile, ma il loro stregone Paperoga ha detto al suo popolo che la riserva non deve spostarsi perché il Grande Manitoca gli è comparso in sogno, l’ha messo in guardia sui miei nobili intenti e ciance varie.
Macchianera è perplesso, qualcosa gli suona strano.
- Perché proprio io dovrei occuparmene?
Scrooge non risponde.
- Tu sei famoso per la taccagneria, non faresti mai una donazione se non pensassi di ottenere qualcosa in cambio. Cosa stai tramando?
Il vecchio papero aveva fatto sondare di nascosto quel terreno, dopo che era emersa una pozza scura e maleodorante che gli indigeni usavano come combustibile lento. Già fantasticava su trivelle e barili colmi di oro nero. Purtroppo per lui, anche il banchiere rivale, Cuordipietra Famedoro, ha messo il becco su quell’affare e deve anticiparlo. Rovista ancora nella borsa e ne estrae una seconda mazzetta di banconote.
- Mi dà del “lei” o devo prendere i soldi e andarmene?

- Vada avanti Dott. McDuck, i suoi argomenti per ora sono convincenti, anche se qualcosa non mi è chiaro.

- Bene. Vedo che c’intendiamo.
Ancora un battito di ali risuona da qualche parte in quello spazio chiuso e quasi vuoto. Una mosca fastidiosa continua a posarsi sul suo becco.
- E ora, veniamo alla parte tecnica. La fornitura del materiale sarà compito mio, dovrà dare ai paperini esclusivamente la carta, le penne e le boccette d’inchiostro che le perverranno presto. Saranno calamai come questo.
Poggia sulla botte la boccetta nera, senza etichetta. Macchianera si sporge per prenderla e Scrooge, spaventatissimo, urla.
- Non si azzardi ad aprirla davanti a me!
L’agente indiano resta allibito, continua a chiedersi tanti perché, poi pensa al suo volto sfigurato e immediatamente capisce.
- Ascolti, Dott. McDuck. L’idea di scatenare una pandemia di vaiolo nella comunità indiana è già stata usata dalla Bonelli Editore con Tex Willer. Lì hanno usato coperte contaminate, ma la tecnica è quella. Avrà problemi legali con la Bonelli, l’accuseranno di plagio.

- Cosa ne vuol capire lei di problemi legali. Questi sono affari miei, non faccia mai speculazioni su come risolvo le mie faccende. Non la pago per pensare, ma per agire.

- Ci hai…ci ha pensato bene? Lo sa che insieme ai paperi indiani si ammaleranno e moriranno anche quelli bianchi? Mi risulta che questa scuola sia frequentata dai suoi nipoti Qui, Quo e Qua.

- Sempre ammesso che, per cause non attribuibili a me, ci fosse qualche contagio, sarebbero danni collaterali. Le ripeto, non sono affari suoi!
Macchianera si alza, allontana la mosca fastidiosa, si guarda intorno, sorride perfido e…
- Partner, vieni fuori.
Il frullo d’ali stavolta si avverte forte e nitido. Iago Pappagallo, dal volto sfregiato, sbuca dal nascondiglio con i suoi occhi acuminati e il becco storto.
- Hai sentito tutto?

- Si, capo. Se vuoi ripeto ogni parola, per filo e per segno.
L’umano gli fa un segno d’assenso e si rivolge al banchiere.
- Bene, papero. Ho firmato il documento di riservatezza. Ma Iago no. Mi sa che queste banconote sono troppo poche.

- Non si azzardi mai più a chiamarmi “papero”! Le ho detto che mi deve chiamare “Dottore”!
Impugna la pistola e spara a Iago. Il pappagallo cade a terra ferito, annaspando nel suo stesso sangue. Scrooge cava dalla borsa altre due mazzette di banconote, ora sono quattro sopra la botte.
- Sono centomila paperdollari. Altri centomila li riceverà al termine del lavoro.
Poi guarda Iago ferito, con cure appropriate non avrebbe più volato ma sarebbe sopravvissuto.
- Solo che ora, Sig. Macchianera, abbiamo un problema e a me i problemi non piacciono.

- Nessun problema, Signor Dottor McDuck.
Estrae un coltello nascosto nello stivale e si avvicina a Iago.
- Niente di personale, partner. Sono affari.
E dopo aver sgozzato il pennuto si rivolge ancora al vecchio.
- Non che poi m’importi tanto, a me basta che mi paghi bene e la chiamo “Dottore”, ma come può essere così cinico, Signor Dottor McDuck?
Il papero tira fuori dal panciotto la “numero uno”, la sua prima moneta coniata con l’oro fuso che aveva estratto scavando nelle miniere. La guarda. Pensa a come l’aveva guadagnata. Ricorda gli anni trascorsi tra gli uomini, quando poverissimo inseguiva il sogno della corsa all’oro e rovinava le zampe picconando le cave, quando setacciava dall’alba al tramonto le sabbie del fiume che scorreva lungo il Klondike. Rammenta come venivano trattati gli emigranti come lui: “Papero, sbrigati, cantaci il ballo del qua qua”, e gli sparavano vicino alle zampe per farlo saltare. “Negro, è vero che almeno il buco del culo lo avete bianco?” e lo spogliavano nudo, lo legavano a un albero e “controllavano” a modo loro. Così venivano trattati dai bianchi umani. Aveva imparato a essere cinico dai civili cercatori d’oro, da gente simile a Macchianera. Ma ora è ricco, ora sono gli altri disposti a saltare, a cantare e a ballare qualsiasi cosa lui voglia. Ripone via la “numero uno”. Lo guarda schifato e decide di non rispondere alla sua domanda, ma prosegue:
- Quando arriverà la merce da consegnare la farò contattare. Noi non ci vedremo più, anzi, non ci siamo mai incontrati. Ancora una cosa…
Prende dalla borsa un altro foglio e lo porge al bandito. Spinge in avanti le quattro mazzette, avvicinandole di più a Macchianera.
- Dovrà imparare a memoria queste parole.
Macchianera legge il foglio, è il testo de “Il ballo del qua qua”.
- Una canzone? E per quale motivo?

- Dovrà cantarla ai paperini mentre gli consegnerà il materiale scolastico.

- Non ci penso nemmeno, vecchio papero.
Scrooge sottrae da una mazzetta una banconota, gli dà fuoco e con quella si accende un sigaro.
- Ma certamente, Dottor Signor McDuck. La imparerò a memoria.
Afferra veloce come un coyote il pezzo di carta e il denaro, mette tutto in tasca e se ne va.
Scrooge finisce il sigaro, sembra non pensi a niente. Poi si alza e va in gabinetto, la mosca che l’ha infastidito lo segue con la troupe e la sua videocamera. Il vecchio fa quello che fanno tutti al cesso, e comincia a farne proprio tanta. Lei pensa di tuffarcisi a capofitto ma poi realizza che è un’artista con un che di realismo cattivo e tanto sudicio. Decide per un cameo trash, dal valore simbolico che definisca il personaggio. Si posa sulle sue penne calde e sudate, vicino al deretano, per le ultime riprese cinematografiche.

THE END
Carla Ebli
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Re: PAPER UNDERGROUND

Messaggio da Carla Ebli »

Premetto che i racconti fantastici non rientrano nelle mie corde.
Dal punto di vista grammaticale lo trovo corretto, le descrizioni e i dialoghi scorrono fluidi .
I personaggi sono presentati bene nelle caratteristiche e nel carattere.
Dietro questo racconto colgo spiccate nozioni culturali dell' autore. Ecco, forse , lavorerei un poco di più per farle assorbire dal racconto.
Nel complesso è, detto da una che non ama questo tipo di racconti come premesso, un lavoro egregio dove descrizioni, dialoghi e personaggi si avvicendano in maniera fluida e corretta dal punto di vista della sintassi.
Barbaluca
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Re: PAPER UNDERGROUND

Messaggio da Barbaluca »

Molto ben scritto questo racconto da una mano che dimostra di avere una bella padronanza della lingua italiana e dei ritmi di scrittura.
C'è tanto cinismo e tanta ironia mai fine a sè stessa tra le righe di un racconto che, speeure di fantasia, ci dice tante cose sulla nostra umanità e sui suoi peggiori difetti.
Il lettore disneyano come me deve fare uno sforzo per estraniarsi da un mondo che lo ha accompagnato per gran parte di infanzia e adolescenza, ma, una volta prese le distanze, lo stesso lettore non può non rimanere affscinato dalla caratterizzazione del personaggio Scrroge McDuck così umano che più umano non si può.
L'incipit sulla mosca vale da solo il prezzo della lettura.
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Susanita
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Re: PAPER UNDERGROUND

Messaggio da Susanita »

Dopo che hai distrutto dei miti cartooneschi che ti si può dire se non complimenti per come hai saputo inserirli in un racconto molto, molto particolare, con un punto di vista narrativo così originale. Una mosca. Cinismo a gogo e padronanza della scrittura, con uno stile molto personale, che denota un'ottima conoscenza del mondo dei fumetti. Certo è un racconto che va letto un paio di volte: la prima per capire "voi siete qui", la seconda per gustare il testo immaginando le scene con tanti personaggi così strani, ma bel decritti. Concorso con Barbaluca sulla scena della mosca
digitoergosum
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Re: PAPER UNDERGROUND

Messaggio da digitoergosum »

Leggo i vostri commenti. Vi ringrazio. Non colgo input per fare crescere questo racconto.
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